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Zygmunt Bauman LA DECADENZA DEGLI ... - SEPHIROT

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diverse tra loro, che altrimenti non avrebbero avuto molte occasioni di incontrarsi, né tanto meno di<br />

cooperare tra di loro, nel corso delle loro attività professionali: scienziati, uomini politici, scrittori, artisti,<br />

filosofi, avvocati, architetti, ingegneri. L'elemento unificante, come suggeriva vagamente la nuova<br />

espressione, era il ruolo centrale svolto dall'intelletto in tutte queste occupazioni. La condivisa intimità<br />

con l'intelletto non solo poneva questi uomini e donne in un ambito separato dal resto della popolazione,<br />

ma determinava anche una certa somiglianza nei loro diritti e doveri. Cosa ancor più importante, dava ai<br />

titolari di ruoli intellettuali il diritto (e il dovere) di rivolgersi alla nazione in nome della Ragione,<br />

ponendosi al di sopra delle divisioni e degli interessi materiali di parte. Attribuiva inoltre alle loro<br />

affermazioni la veridicità esclusiva e l'autorità morale che solo un tale ruolo di portavoce può dare.<br />

Di notevole interesse sociologico, e meritevole di uno studio specifico, è il fatto che una tale comunanza<br />

di status e d'intenti fosse postulata in un momento in cui l'originaria unità della Ragione era già in uno<br />

stato di avanzata disintegrazione. L'inesorabile separazione dei discorsi scientifici, morali ed estetici era<br />

uno degli aspetti centrali della modernità. All'epoca in cui fu coniato il concetto d'intellettuale, la loro<br />

autonomia aveva raggiunto un livello di virtuale intraducibilità. Nelle parole di Habermas, «la<br />

pluralizzazione di universi di discorso divergenti appartiene all'esperienza specificamente moderna (...)<br />

Non possiamo ora semplicemente augurarci che questa esperienza scompaia, possiamo solo negarla (...)»<br />

(1). In apparenza è negata, e ripetutamente, in nome di alcuni presupposti, processi o effetti comuni che<br />

devono essere impliciti in tutto il pensiero razionale. La definizione (e l'entusiastica adozione) della<br />

denominazione comune di discorsi che sarebbero stati altrimenti diversi e divergenti fu un tentativo<br />

spettacolare, sebbene non l'unico, di negare (se non proprio di cancellare) un processo in corso da più di<br />

un secolo e apparentemente irreversibile.<br />

La tripartizione del discorso razionale non esaurisce l'intera storia della disaggregazione. Gli stessi nuovi<br />

discorsi avevano fatto molta strada dalla vera o supposta che fosse unità originaria. I tempi in cui ogni<br />

«persona intelligente» poteva sperare di padroneggiare, con cura adeguata, la totalità del sapere<br />

contemporaneo e di maturare un'opinione informata su tutto ciò che le scuole e i libri potevano offrire (o,<br />

perlomeno, tutto ciò su cui valesse la pena avere un'opinione informata) finirono all'inizio del secolo<br />

scorso. Da allora in poi la somma del sapere oggettivamente esistente è stata separata da qualsiasi sapere<br />

soggettivamente assimilato, effettivo o possibile. L'unità asserita del pensiero razionale cessò di essere<br />

una questione di coordinamento reciproco tra gli agenti della produzione del sapere; poteva essere solo<br />

postulata, senza che ci fosse alcun mezzo di controllo effettivo. La presenza o l'assenza di tale unità non<br />

poteva essere comprovata induttivamente. Poteva essere solo attribuita e, anche allora, solo con<br />

un'autorità ridotta.<br />

Tra le molte attribuzioni di questo tipo, la creazione (e molti degli usi successivi) del nome collettivo<br />

«intellettuali» occupa un posto speciale. Ogni denominazione divide, ma la divisione implicita nella<br />

separazione degli intellettuali come gruppo è tale da attraversare l'intera categoria della élite intelligente,<br />

pensante, colta, illuminata. Tacitamente, essa attesta un secolo o più d'inesorabile divisione del lavoro.<br />

Sullo sfondo del campo frammentato degli specialisti e degli esperti essa evoca il fantasma dei «pensatori<br />

in quanto tali», individui che vivono per le idee e delle idee, liberi da preoccupazioni legate alla funzione o<br />

all'interesse; individui che mantengono la capacità, e il diritto, di rivolgersi al resto della società (compresi

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