Zygmunt Bauman LA DECADENZA DEGLI ... - SEPHIROT
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Introduzione.<br />
GLI INTELLETTUALI: DA LEGIS<strong>LA</strong>TORI MODERNI A INTERPRETI POSTMODERNI.<br />
All'epoca in cui fu coniato, nei primi anni di questo secolo, il termine «intellettuali» rappresentava un<br />
tentativo di riprendere e riaffermare quella centralità sociale e quelle prospettive globali che avevano<br />
accompagnato la produzione e la diffusione del sapere nell'età dei Lumi. Il termine definiva un insieme<br />
disparato di romanzieri, poeti, artisti, giornalisti, scienziati e altre figure pubbliche, i quali ritenevano che<br />
fosse loro dovere morale e loro diritto collettivo intervenire direttamente nel processo politico agendo<br />
sugli intelletti della nazione e indirizzando le azioni dei suoi dirigenti politici. All'epoca in cui il termine<br />
fu coniato, i discendenti dei "philosophes" o la "république des lettres" erano già stati suddivisi in ambiti<br />
specializzati, ciascuno con i propri interessi particolari e le proprie preoccupazioni specifiche. Da quel<br />
momento in poi l'espressione costituì un grido di richiamo che risuonava al di sopra delle frontiere<br />
gelosamente custodite delle professioni e dei generi artistici; un invito a ridar vita alla tradizione (o a dar<br />
corpo alla memoria collettiva) degli «uomini di sapere» che incarnavano e praticavano l'unità di verità,<br />
valori morali e senso estetico.<br />
Al pari della "république des lettres", le cui componenti si integravano attraverso l'attività partecipe delle<br />
discussioni e il contesto comunitario in cui le questioni erano trattate, la collettività degli intellettuali<br />
doveva essere unita nel rispondere al richiamo, accettando i diritti e le responsabilità che tale richiamo<br />
comportava. Solo apparentemente quella degli «intellettuali» era intesa come una categoria «descrittiva».<br />
Non tracciava un confine oggettivo dell'area che denotava, né ammetteva la preesistenza di tale confine<br />
(anche se indicava la riserva in cui potevano essere ricercati e reclutati i volontari). Ci si aspettava<br />
piuttosto che la categoria creasse il proprio referente sollecitando interessi, mobilitando lealtà,<br />
suggerendo autodefinizioni e, in tal modo, trasformando le autorità parziali di esperti e artisti in<br />
un'autorità collettiva politica, morale ed estetica di uomini di sapere. La categoria rappresentava, per così<br />
dire, un invito molto esteso a unirsi a un certo tipo di pratica di grande rilievo sociale. E tale è rimasta sino<br />
ai giorni nostri. Non ha quindi molto senso porsi la domanda «chi sono gli intellettuali?» aspettandosi in<br />
risposta una serie di dati oggettivi o addirittura un esercizio di designazione. Non ha alcun senso<br />
compilare un elenco di professioni i cui membri sono intellettuali, o tracciare una linea all'interno della<br />
gerarchia professionale al di sopra della quale si trovano gli intellettuali. In ogni tempo e in ogni luogo,<br />
«gli intellettuali» sono il risultato di un effetto combinato di mobilitazione e autoreclutamento. Il<br />
significato intenzionale di «essere un intellettuale» è quello di porsi al di sopra degli interessi settoriali<br />
della propria professione o del proprio genere artistico e di fare i conti con le questioni globali di verità,<br />
giudizio e gusto dell'epoca. La linea che separa gli «intellettuali» dai «non-intellettuali» è tracciata e<br />
ritracciata da decisioni di rientrare in un particolare tipo di attività.<br />
Al tempo in cui entrò a far parte del vocabolario dell'Europa occidentale, il concetto di «intellettuali»<br />
traeva il suo significato dalla memoria collettiva dell'età dei Lumi. Proprio allora furono poste le basi di<br />
quella sindrome potere/sapere che è uno degli attributi più importanti della modernità. Tale sindrome era