madreterra numero 22 - ottobre 2011 - Madreterranews.it
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Anno II - Nr. <strong>22</strong> - Ottobre <strong>2011</strong> 16<br />
www.<strong>madreterra</strong>news.<strong>it</strong><br />
www.<strong>madreterra</strong>news.<strong>it</strong> 17<br />
Palmi&Dintorni<br />
MadreTerra<br />
CUltURA E FOlKlORE CUltURA E FOlKlORE<br />
QUELLA CHIESETTA SUL PIANORO ANTICO<br />
di Francesco Collura<br />
Foto grande - La Chiesetta di San Fantino<br />
Foto piccole - La Cripta - Il pozzo di San Fantino<br />
Anno II - Nr. <strong>22</strong> - Ottobre <strong>2011</strong><br />
Palmi&Dintorni<br />
MadreTerra<br />
Ero bambino e mia madre per mano mi conduceva con i miei fratelli<br />
la domenica a messa in quella chiesa adagiata sul pianoro<br />
di Taureana: la chiesa della Madonna dell’Altomare, per la gente del<br />
luogo di san Fantino, nome anche della contrada, dove noi avevamo<br />
casa e si trascorreva l’estate.<br />
Piccola e disadorna, raccoglieva i pochi fedeli, contadini sparsi nelle<br />
vicine campagne e, spesso, anche sparuti pescatori. Solo una volta<br />
l’anno, l’ultima domenica di luglio (prima giugno), il giorno della festa<br />
della Madonna si riempiva fino allo spazio davanti.<br />
D’estate, all’imbrunire, non più di dieci persone erano presenti alla<br />
benedizione impart<strong>it</strong>a dal parroco ed io, fanciullo già, ero tra quelle.<br />
Si tornava dal mare dopo un bagno nella sottostante e stupenda<br />
scogliera di Pietrapiana, ora scomparsa ed occupata dal porto, e si<br />
partecipava al r<strong>it</strong>o.<br />
Il silenzio riempiva la chiesa e l’odore d’incenso e di chiuso sovrastava<br />
quello della campagna intorno. L’animo mio per poco era preso<br />
da un certo timore, fino al momento della preghiera e del solenne<br />
canto del Tantum ergo…poi, il segno della croce e fuori.<br />
Intanto il sole presso l’orizzonte incendiava il mare e la sera, chiamata<br />
dal suono della campana del vespro, s’avvicinava lenta e mi<br />
portava un po’ di malinconia. Lungo la stradina del r<strong>it</strong>orno a casa,<br />
mio padre, mio zio e gli altri, spesso sostando, parlavano, raccontavano<br />
fatti che non conoscevo. Io preferivo osservare le lucertole<br />
sui muri a secco, gli ulivi lontani, i filari di v<strong>it</strong>e… e la chiesa che si<br />
allontanava piano.<br />
A casa, intorno al tavolo, la cena era schiar<strong>it</strong>a dalla luce fioca dei<br />
lumini d’argilla, tanti ad olio, posti da mia madre nelle stanze che<br />
proiettavano come un gioco curioso ombre tremolanti nelle pareti. La<br />
paura dei fantasmi, allora, r<strong>it</strong>ardava il sonno di noi ragazzi e vinceva<br />
la stanchezza dei giochi.<br />
Passava così un altro giorno. Il mattino dopo, dai balconi spalancati<br />
la luce inondava la casa ed il lungo ed atteso tintinnio della campana,<br />
mischiato al canto degli uccelli ed alle note voci rade e lontane della<br />
gente, inv<strong>it</strong>ava al lavoro ed ai nostri interminabili svaghi insieme con<br />
gli altri della stessa età. Poi, il canto stridente delle cicale e l’odore<br />
dei campi m’inebriavano ed il sole cocente della stagione mi riempiva<br />
di v<strong>it</strong>a.<br />
Gli anni e le estati passavano e diventavo adulto, tutto preso da<br />
altri impegni ed altre prove. Più in là, una nuova chiesa, intanto, era<br />
stata costru<strong>it</strong>a e la mia, quella dell’infanzia felice, abbandonata e<br />
rimpianta da chi ancora in v<strong>it</strong>a l’aveva frequentata come me.<br />
I muri scalcinati, aggred<strong>it</strong>i dai rovi e dalle erbacce, mi ricordavano,<br />
ogni qualvolta passavo accanto, che la mia prima età era fin<strong>it</strong>a e tutto<br />
di essa mutato e quasi perduto. Il parroco aveva cambiato sede, la<br />
campana ormai più lontana aveva per me un altro suono, le cicale<br />
non stridevano più e tanti volti cari mi avevano lasciato per sempre.<br />
Il mio mondo innocente era svan<strong>it</strong>o e la mia fantasia e la mia gioia.<br />
Col passar degli anni, la vecchia chiesetta, per un segreto volere del<br />
destino, è stata recuperata, a poco a poco sottratta alla vorac<strong>it</strong>à del<br />
tempo, ma messa a nuovo, trasformata in un luogo di raccolta di cose<br />
antiche: pietre, mattoni e fuori accanto esumati tratti di muro, rifatta<br />
per essere adib<strong>it</strong>a ad un freddo museo o chissà altro.<br />
Mesi addietro, trovando la porta aperta, la curios<strong>it</strong>à ed un misterioso<br />
richiamo mi hanno spinto ad entrare. Non più i fedeli ed i loro<br />
inni, ma buche nel pavimento, recinzioni, pietre antiche forse e vari<br />
reperti di poco valore sparsi qua e là. Quanto strazio! Triste ho scrutato<br />
le pareti dal colore ormai sbiad<strong>it</strong>o, ho osservato il tetto, lo spoglio<br />
e desolato altare, un tempo adorno con fiori di campo, verso cui<br />
pregavo a mani giunte. Tutto era spento e muto.<br />
Ho cercato invano di sentire l’odore d’incenso e di muffa d’una<br />
volta, scacciato da altri, a me strani. Niente. Ad un tratto, il ricordo<br />
sopraggiunto meraviglioso come la luce dell’estate e lieve come le<br />
ali delle farfalle, che inseguivo sulle siepi, ha vinto l’amarezza. Sono<br />
r<strong>it</strong>ornato fanciullo e con me piano piano ha ripreso a vivere la mia<br />
chiesetta. Dolce come una culla mi ha accolto tra le sue pareti dopo<br />
avermi aspettato tanto. Ho ud<strong>it</strong>o il canto del sacerdote, il suono del<br />
campanello ed il coro sommesso dei fedeli invocanti il Signore, le<br />
voci dei miei e di quelli che tanti anni addietro mi accarezzavano.<br />
Ho visto chiari i loro volti. Erano tutti lì per dirmi che mi volevano<br />
ancora bene.<br />
Ho compreso, allora, che quella chiesa (ed ogni altra) ha un’anima,<br />
qualcosa di divino e di umano che parla al cuore ed accompagna<br />
l’uomo nella sua dimora terrena, per cui gli appartiene. Solo in essa<br />
si possono cantare le lodi del Signore e soprattutto mai potrà essere<br />
trasformata in un museo, perché non è il luogo dell’antico, ma dell’eterno,<br />
infatti conserva come in uno scrigno divino le implorazioni, le<br />
lacrime, le attese, la fede e le storie di ogni credente. Custodisce i<br />
momenti più belli dell’esistenza di ognuno, dal battesimo al congedo<br />
da questa terra in grazia di Dio e li ridona, specie nello sconforto,<br />
consolatori.<br />
Una chiesa per un cristiano è una seconda casa, non può essere<br />
altro. La casa della comun<strong>it</strong>à devota, della car<strong>it</strong>à, della pace e principalmente<br />
della speranza, perciò in essa spesso si compiono per dono<br />
celeste certi miracoli. Sulla porta, come d’incanto, un’eco grad<strong>it</strong>a e<br />
lieve ho sent<strong>it</strong>o venire da lontano, quella della mia infanzia e della<br />
mia fanciullezza e chiamarmi come una volta la voce soave di mio<br />
padre e di mia madre.