Trattato della concupiscenza- Bossuet - Popolo di Dio in Italia
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JACQUES-BÉNICNE BOSSUET<br />
<strong>Trattato</strong> <strong>della</strong><br />
<strong>concupiscenza</strong><br />
Presentazione <strong>di</strong> Manlio Sgalambro<br />
De Mart<strong>in</strong>is & C.
Titolo orig<strong>in</strong>ale: Trnité de la concupiscence<br />
Traduzione <strong>di</strong> Gloria Beltrani<br />
O 1994 De Mart<strong>in</strong>is & C. E<strong>di</strong>tori, Catania<br />
ISBN 88-8014-012-4
Piccola glossa al <strong>Trattato</strong> <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong><br />
Le sottili ricognizioni <strong>di</strong> <strong>Bossuet</strong> sulla concupi-<br />
scenza superano il quadro cristiano-cattolico non<br />
nel senso che ne presc<strong>in</strong>dono ma nel senso che<br />
buttano oltre <strong>di</strong> esso i germogli. Una cultura che<br />
non esam<strong>in</strong>i le proprie smodatezze, si può mai con-<br />
cepire? <strong>Bossuet</strong> non patteggia nemmeno col suo<br />
cattolicesimo. Da vero rappresentante dello spirito<br />
ne esam<strong>in</strong>a anche le sregolatezze e le supponenze.<br />
E su un sapere che sia solo curiosità (e quanti sa-<br />
peri oggi non sono che <strong>in</strong><strong>di</strong>sponente curiosità) egli<br />
lancia l'anatema. Anatema contro ogni anima cu-<br />
riosa. Sviscerare la <strong>concupiscenza</strong> suppone passio-<br />
ne. Una passione dello stesso tipo. Anzi più forte,<br />
come aveva awertito Sp<strong>in</strong>oza. La critica dei sensi<br />
viene dunque affrontata sistematicamente. Ma an-<br />
cora sulla curiosità occorre <strong>di</strong>re che non è fustiga-<br />
ta soltanto quella che immag<strong>in</strong>a oggetti vani ma la<br />
più gloriosa e imponente: quella dello spirito. Co-<br />
sa <strong>di</strong>re <strong>in</strong>fatti del meraviglioso brano che magari ci<br />
strazia le carni ma che subito dopo riconosciamo ri-<br />
verenti? Sotto giu<strong>di</strong>zio è <strong>in</strong>fatti la curiosità <strong>di</strong> quel-<br />
li che « si immergono nella storia, nella filosofia o
<strong>in</strong> qualsiasi genere <strong>di</strong> lettura, soprattutto se si trat-<br />
ta <strong>di</strong> ilovità, <strong>di</strong> romanzi, <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>e o libri <strong>di</strong><br />
poesia, lasciaridosi talmente possedere dal deside-<br />
rio <strong>di</strong> conoscere da non possedersi più essi stessi.<br />
Poiché tutto questo altro non è se non una forma<br />
<strong>di</strong> <strong>in</strong>te<strong>in</strong>peranza, una iiifermità, una sregolatezza<br />
dello spirito, un <strong>in</strong>ari<strong>di</strong>mento del cuore, una mise-<br />
rabile schiavitù che non ci lascia l'agio <strong>di</strong> pensare<br />
a noi stessi ... D. I1 <strong>di</strong>sgusto <strong>della</strong> frivolezza che Bos-<br />
suet ci comunica non risparmia il lusso dello stesso<br />
spirito. Ci sentiamo dei barbari coi nostri libri, de-<br />
gli idolatri coi nostri quadri. Subiamo la tentazione<br />
delle nostre teorie, per cui sbaviamo. <strong>Bossuet</strong> ci <strong>in</strong>-<br />
duce a sospettare la fasc<strong>in</strong>atio nugan'tatis pers<strong>in</strong>o<br />
nell'amore più casto, ne1l"amore per la verità'. An-<br />
che questa dunque una tentati0 concupiscentiae? Una<br />
critica degli occhi è <strong>in</strong><strong>di</strong>spensabile. Bisogna com-<br />
pensare la delizia <strong>di</strong> questo senso con la parte del<br />
<strong>di</strong>avolo. Questi occhi avi<strong>di</strong>, mai sazi, <strong>in</strong>seguono le<br />
m<strong>in</strong>ute volute delle cose, e si <strong>in</strong>gozzano <strong>di</strong> precarie<br />
immag<strong>in</strong>i. Per una parte la vista è <strong>in</strong>utile. Per que-<br />
sta parte <strong>Bossuet</strong> è implacabile: ritira i tuoi occhi<br />
da queste cose illusorie, egli comanda. Sdegna que-<br />
sti maliziosi allettamenti, egli aggiunge. E <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e:<br />
«Non amate il mondo dove tutto è illusione e cor-<br />
ruzione <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong> degli occhi.. In que-<br />
sta teoria <strong>della</strong> vista si <strong>in</strong>seguono elementi che as-<br />
segnano al mondo quella parte che il nostro orgo-<br />
glio conferma. Noi siamo superiori al mondo. In-<br />
somma l'orgoglio dello spirito ci sembra <strong>in</strong><strong>di</strong>scuti-<br />
bile e perverso. Bossuer vede solo la perversione.<br />
Qui chi scrive <strong>di</strong>ssente. La caduta dell'uomo consi-
ste pr<strong>in</strong>cipalmente nell'orgoglio, scrive <strong>Bossuet</strong>.<br />
«Precipitando dall'alto e decadeiido dalla con<strong>di</strong>-<br />
zione <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, l'uomo cade essenzialmente su se stes-<br />
so D. Queste parole del De civitate Dei <strong>di</strong> S. Agostiiio<br />
danno la nostra misura e <strong>in</strong><strong>di</strong>cano il nostro volere.<br />
Qui ci opponiamo a S. Agost<strong>in</strong>o e a <strong>Bossuet</strong>. Noi<br />
vogliamo cadere. Sosteniamo con tutte le nostre<br />
forze il pr<strong>in</strong>cipium <strong>in</strong><strong>di</strong>viduationis legato alla caduta.<br />
L'orgoglio non è che un altro nome per la stessa<br />
volontà <strong>di</strong> cadere. Tutto ciò è descritto dallo stesso<br />
<strong>Bossuet</strong> <strong>in</strong> modo mirabile.<br />
Cosa cambia allora? La nostra accettazione al po-<br />
sto del suo rifiuto. Ma ascoltiamo <strong>Bossuet</strong>: «Dove-<br />
vamo prima cadere su noi stessi perché, come quel<br />
corso d'acqua che si rovescia prima sulla roccia e<br />
scava profondamente nel punto <strong>in</strong> cui cade, così<br />
l'anima nostra, cadendo su se stessa, produce den-<br />
tro <strong>di</strong> sé una prima piaga profonda. L'impronta<br />
<strong>della</strong> sua eccellenza, <strong>della</strong> sua grandezza ... vuol pa-<br />
scersi dello spettacolo <strong>della</strong> sua perfezione ),. Noi ci<br />
fermiamo qui, <strong>Bossuet</strong> prosegue s<strong>in</strong>o alla condan-<br />
na. Ad uii certo punto <strong>Bossuet</strong> ci dà una descrizio-<br />
ne <strong>in</strong>fernale <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong>: «Essa si muove<br />
con movimenti irregolari, a seconda <strong>di</strong> come soffia<br />
il vento. Non soltanto si vogliono cose <strong>di</strong>verse se si<br />
è sani o ammalati, se si sta vivendo l'<strong>in</strong>fanzia o la<br />
giov<strong>in</strong>ezza, la maturità o la vecchiaia, se si è <strong>in</strong> un<br />
periodo buono o cattivo; si vogliono cose <strong>di</strong>fferen-<br />
ti <strong>di</strong> notte, quando si presentano i pensieri cupi, o<br />
<strong>di</strong> giorno, quando vengono <strong>di</strong>ssipati. ... Oggi ci si<br />
trova <strong>di</strong>versi da ieri senza sapere il perché, tranne<br />
che si ama il cambiamento. Ma non si cambia per
essere migliori». Questo è il lato <strong>di</strong>sprezzabile del-<br />
la concupisceilza e non si può che convenire con<br />
<strong>Bossuet</strong>. L'altro lato <strong>in</strong>vece è tutto dalla nostra par-<br />
te. Vorremmo chiedercelo ancora: cos'è dunque la<br />
concupisceilza? L'amore <strong>di</strong> sé e <strong>della</strong> propria gran-<br />
dezza, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e. La nostra volontà al posto <strong>di</strong> quella<br />
<strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, ecco come la def<strong>in</strong>iremo. Quanto a <strong>Bossuet</strong>,<br />
la coi~cupiscenza deve scomparire davanti all'amo-<br />
re più alto, all'amore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Ma noi abbiamo or-<br />
rore per <strong>Dio</strong> e amore per la nostra grandezza.
TRATTATO DELLA CONCUPISCENZA<br />
owero spiegazione delle seguenti parole<br />
<strong>di</strong> San Giovanni:<br />
-Non amate il mondo, né ciò che è nel mondo.<br />
(dalla Prima Lttera <strong>di</strong> S. Giovanni, 11, 15, 16, 17)
Capitolo I - Parole dell'A1-)ostolo San Giovanni contro<br />
il mondo, conjrontate con altre sue parole e con quelle<br />
<strong>di</strong> Gesù Cristo. Cos'è ilamon& che 1Xpostolo ci esorta<br />
a non amare.<br />
«Non amate il mondo, né ciò che è nel mondo.<br />
Chi ama il mondo non ha <strong>in</strong> sé l'amore del Padre,<br />
poiché tutto ciò che è nel mondo è <strong>concupiscenza</strong><br />
<strong>della</strong> carne, <strong>concupiscenza</strong> degli occhi e orgoglio<br />
<strong>della</strong> vita: tutto ciò non viene dal Padre, ma dal<br />
mondo. Ora, il mondo passa » e con esso passa la<br />
<strong>concupiscenza</strong> del mondo, ma chi fa la volontà <strong>di</strong><br />
<strong>Dio</strong> dura <strong>in</strong> eterno ), '.<br />
Queste ultime parole dell'Apostolo ci fanno<br />
comprendere come il mondo <strong>di</strong> cui parla è costi-<br />
tuito da coloro i quali preferiscono le cose visibili e<br />
passeggere a quelle <strong>in</strong>visibili ed eterne.<br />
Bisogna adesso considerare a chi sono rivolte<br />
queste parole; a tal f<strong>in</strong>e basta leggere quelle che le<br />
precedono: «Scrivo a voi, figlioli, perché nel nome<br />
<strong>di</strong> Gesù Cristo vi sono stati rimessi i peccati; scrivo<br />
a voi, padri, perché avete conosciuto Colui che esi-<br />
ste f<strong>in</strong> da pr<strong>in</strong>cipio,), colui che <strong>in</strong>vero ha generato<br />
l'eternità. Scrivo a voi, giovani nella vostra prima
giov<strong>in</strong>ezza, perché avete v<strong>in</strong>to il Maligno; scrivo a<br />
voi, fanciulli, perché avete riconosciuto il Padre;<br />
scrivo a voi, giovani W , che siete nel fiore degli anni,<br />
a perché siete coraggiosi, e la parola <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> vive <strong>in</strong><br />
voi e perché avete v<strong>in</strong>to il Maligrion'. E aggiunge<br />
<strong>di</strong> seguito: Non amate il mondo n e quanto ab-<br />
biamo appena riferito.<br />
Queste parole sono conformi a quanto lo stesso<br />
Apostolo afferma all'<strong>in</strong>izio del suo Vangelo, quan-<br />
do parla <strong>di</strong> Gesù Cristo: «Era nel mondo, e il mon-<br />
do è stato creato per mezzo <strong>di</strong> lui, ma il mondo<br />
non l'ha conosciuto n! L'orig<strong>in</strong>e <strong>di</strong> tutto è nelle pa-<br />
role del Salvatore : Io vi darò M lo Spirito <strong>della</strong> ve-<br />
rità, che il mondo non può ricevere, perché non lo<br />
vuole, e non lo riceve e non lo conosce » 4, O non sa<br />
chi egli sia. E ancora: «Se il mondo vi o<strong>di</strong>a, sap<br />
piate che ha o<strong>di</strong>ato me prima <strong>di</strong> voi. Se voi foste<br />
del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; ma<br />
poiché non siete del mondo, e poiché vi ho pre-<br />
scelti traendovi dal mondo., vi ho tolti ad esso, e<br />
«per questo il mondo vi o<strong>di</strong>a D '. Nel mondo voi<br />
avrete afflizioni, ma fatevi coraggio: io ho v<strong>in</strong>to il<br />
mondon6. E <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e: «Ho manifestato il tuo nome<br />
agli uom<strong>in</strong>i che hai tratti dal mondo per darme-<br />
li ... » 7. «Non prego per il mondo, ma per quelli che<br />
mi hai donati, perché son tuoi» R. ... Io non son<br />
più nel mondo*, io ritorno a te, è giunta l'ora <strong>di</strong><br />
venire a te : N essi rimangono nel mondo, ma io ven-<br />
go a te ... » N Ho comunicato loro la tua parola, e<br />
il mondo li ha o<strong>di</strong>ati, perché essi non sono del<br />
mondo, e neanch'io non lo sono. Non ti chiedo <strong>di</strong><br />
trarli dal mondo, ma <strong>di</strong> guardarli dal male », o <strong>di</strong><br />
guardarli dal Maligno. «Essi non son del mondo,
come neanch'io sono del mondo. Santificali per la<br />
verità,,lO. ... Padre giusto, il mondo non ti ha co-<br />
nosciuto, ma io ti ho conosciuto, e costoro han ri-<br />
conosciuto che tu mi hai mandato » l'.<br />
Queste parole del nostro Salvatore fanno vedere<br />
come tutti quelli che fanno professione d'esser suoi<br />
<strong>di</strong>scepoli sono tratti dal mondo, poiché essi sono<br />
santificati per la verità: la parola <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> è <strong>in</strong> 'loro,<br />
essi la conoscono mentre il mondo non la conosce<br />
e conoscono Gesù Cristo, lo seguono e l'imitano.<br />
La vita del mondo è dunque una vita che si è al-<br />
lontanata da <strong>Dio</strong> e da Gesù Cristo, e la vita cristia-<br />
na, la vita dei <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Gesù Cristo, è una vita<br />
conforme alla sua dottr<strong>in</strong>a e al suo esempio.<br />
Questo è quanto ci spiega più approfon<strong>di</strong>tamen-<br />
te San Giovanni con queste dolci parole: a Figlioli<br />
miei n, giovani e vecchi, «ve lo scrivo P, ve lo ripeto :<br />
a non amate il mondo,,, non amate chi si lega alle<br />
cose sensibili, ai beni perituri: non amate gli uo-<br />
m<strong>in</strong>i nel loro errore, non seguiteli nel loro travia-<br />
mento: amateli per toglierveli, come Gesù Cristo<br />
ha amato i suoi <strong>di</strong>scepoli che ha tolti dal mondo,<br />
dalla corruzione; ma guardatevi dall'amarli come<br />
amatori del mondo, <strong>di</strong> accompagnarvi ad essi e <strong>in</strong>-<br />
trattenervi con loro, <strong>di</strong> accettarne le regole e <strong>di</strong><br />
imitarne l'esempio, poiché tra costoro non regna<br />
che corruzione. Eccone le tre fonti: a nel mondo<br />
non esiste che <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong> carne, concupi-<br />
scenza degli occhi e orgoglio <strong>della</strong> vita», che son<br />
tutte cose erronee, impermanenti, periture, che<br />
perdono chi vi si attacca. Io lo credo, è così: è lo<br />
Spirito Santo che parla per bocca <strong>di</strong> un apostolo,<br />
ma bisogna stu<strong>di</strong>arsi <strong>di</strong> comprenderlo, per o<strong>di</strong>are il<br />
mondo con maggiore <strong>in</strong>ten<strong>di</strong>mento.
Capitolo I1 - Che cos'è la <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong> carne:<br />
quanto il coqo è <strong>di</strong> peso all'anima.<br />
La concupiscei~za <strong>della</strong> carne è <strong>in</strong> primo luogo<br />
amore per i piaceri dei sensi, poiché questi piaceri<br />
ci legano al nostro corpo mortale, del quale S. Paolo<br />
<strong>di</strong>ceva: «Me <strong>in</strong>felice, chi mi libererà da questo<br />
corpo mortale ? n '' che ci rende suoi schiavi tanto<br />
da <strong>in</strong>durlo a chiedersi: Chi me ne libererà? ,>, chi<br />
mi affrancherà dalla sua tiraiiiiia, chi ne spezzerà i<br />
legami, chi mi torrà <strong>di</strong> dosso un giogo così pesante?<br />
«Timi<strong>di</strong> sono i pensieri dei mortali n, e me<strong>di</strong>ocri.<br />
(C Instabili sono i nostri <strong>di</strong>segni, perché il corpo corruttibile<br />
è <strong>di</strong> peso all'anima e la nostra <strong>di</strong>mora terrestre<br />
opprime la mente, che è fatta per ben ragionare,<br />
e la conoscenza medesima delle cose terrene<br />
ci è <strong>di</strong>fficile. A malapena e con travaglio penetriamo<br />
ciò che è davanti ai nostri occhi: ma le cose che<br />
son del cielo, chi <strong>di</strong> noi le penetrerà? » 13. I1 corpo<br />
fiacca i nostri pensieri sublimi e ci lega alla terra,<br />
mentre noi non dovremmo respirare che il cielo.<br />
Questo peso ci opprime, «ed è questo I'ostacolo<br />
che è stato creato per tutti gli uom<strong>in</strong>i >) dopo il peccato,<br />
C( il giogo che grava su tutti i figli d'Adamo dal<br />
giorno <strong>in</strong> cui sono usciti dal ventre materno f<strong>in</strong>o a<br />
quello <strong>in</strong> cui ritorneranno, con la sepoltura, alla<br />
madre comune », alla terra1" Pertanto l'amore che<br />
si volge al piacere sensuale e che ci lega al corpo,<br />
che per la sua caducità è <strong>di</strong>venuto il giogo più opprimente<br />
che l'anima possa sopportare, è la causa<br />
più manifesta <strong>della</strong> sua schiavitù e delle sue debolezze.
Capitolo 111 - Cos'è, secondo la Scrittura, la pesanta-<br />
za del corpo, e come essa risieda nelk miserie e nelle<br />
passioni che ci provengono da questa fonte.<br />
Questo grave giogo che opprime i figli d'Adamo<br />
non è altro, come vedremo, che la <strong>di</strong>versa natura<br />
delle <strong>in</strong>fermità derivanti dalla loro carne mortale,<br />
così descritte nell'Ecclesiastico: (C Sono le <strong>in</strong>quietu-<br />
<strong>di</strong>ni, i terrori del cuore. cont<strong>in</strong>uamente agitato,<br />
suoi malsani vapori alla testa: «è perché tali agita-<br />
zioni ., delle passioni come dei sogni, « albergano<br />
nella carne <strong>di</strong> tutti gli esseri, dall'uomo alla bestia,<br />
e si ritrovano sette volte <strong>di</strong> più nei peccatori», nei<br />
quali alle consuete <strong>in</strong>fermità <strong>della</strong> natura si unisco-<br />
no i terrori <strong>della</strong> coscienza. A tutto ciò bisogna ag-<br />
giungere «le morti violente, gli spargimenti <strong>di</strong> san-<br />
gue, le contese, le spade, le oppressioni, le carestie,<br />
le calamità e tutti gli altri flagelli <strong>di</strong>v<strong>in</strong>i. Tutto que-<br />
sto., che orig<strong>in</strong>ariamente non avrebbe dovuto tro-<br />
varsi tra gli uomiiii, «è stato creato per punire i<br />
malvagi, per colpa dei quali awenne il <strong>di</strong>luvio)). E<br />
la fonte <strong>di</strong> tutti questi mali è che «tutto quanto<br />
vien dalla terra ritorna alla terra, come le acque<br />
vengono dal mare e vi fanno ritorno » 15.<br />
In breve, la caducità apparsa col peccato ha atti-<br />
rato sul genere umano un'<strong>in</strong>ondazione <strong>di</strong> mali,<br />
un'<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita sequela <strong>di</strong> miserie donde hanno orig<strong>in</strong>e<br />
le <strong>in</strong>quietu<strong>di</strong>ni e i turbamenti delle passioni che ci<br />
tormentano, ci <strong>in</strong>ducono <strong>in</strong> errore, ci accecano.<br />
Noi, che nella nostra <strong>in</strong>nocenza avremmo dovuto<br />
essere simili agli angeli <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, siamo giunti a so-<br />
migliare alle bestie e, come <strong>di</strong>sse Davide, abbiamo<br />
perduto l'onore orig<strong>in</strong>ario <strong>della</strong> nostra natura:<br />
« Homo cum <strong>in</strong> honore esset, non <strong>in</strong>telbxit, comfiaratus<br />
est jumentis <strong>in</strong>sipientihs, et similis factus est illisn.<br />
«L'uomo che si trovava nell'onore », nella sua con-<br />
<strong>di</strong>zione orig<strong>in</strong>aria, « non comprese questo privile-<br />
gio: egli s'è uguagliato agli animali privi <strong>di</strong> <strong>in</strong>tel-<br />
letto, si è reso simile a loro n'" Ripetiamo più volte<br />
questo versetto <strong>in</strong>sieme al Salmista. Non deplorere-<br />
mo mai abbastanza le miserie e le passioni <strong>in</strong>selisa-<br />
te <strong>in</strong> cui ci getta il nostro corpo mortale; e ogni at-
taccamento ad esso, come la bramosia del piacere<br />
sensuale, ci fa amare l'orig<strong>in</strong>e dei nostri mali e ci<br />
lega allo stato <strong>di</strong> asservimento <strong>in</strong> cui ci troviamo.<br />
Capitolo IV - Perché il nostro attaccamento ai piaceri<br />
sensuali è malvagio e vizioso.<br />
Per conoscere ancora meglio il motivo per cui<br />
San Giovanili ci mette <strong>in</strong> guar<strong>di</strong>a contro gli alletta-<br />
menti <strong>della</strong> concupisceiiza <strong>della</strong> earne, cioè contro<br />
l'attaccamento ai piaceri sensuali, bisogna com-<br />
prendere come esso sia un male che vada estirpato<br />
dentro <strong>di</strong> noi, un vizio da v<strong>in</strong>cere, una malattia dal-<br />
la quale è necessario guarire. O le si cede e ci si<br />
consegna completamente a questa violenta bramo-<br />
sia del piacere sensuale, rendendosi <strong>in</strong> tal modo<br />
colpevoli e schiavi <strong>della</strong> carne e del peccato, oppu-<br />
re la si combatte, ciò che non saremmo stati co-<br />
stretti a fare se essa non fosse stata malvagia. E ciò<br />
che la rende manifestamente tale è il fatto che ci<br />
conduce al male, dal momento che ci porta a dei<br />
terribili eccessi, all'<strong>in</strong>gor<strong>di</strong>gia, all'ubriachezza e ad<br />
ogni sorta d'<strong>in</strong>temperanza. La qual cosa fece <strong>di</strong>re a<br />
San Paolo: «Io so che il bene non <strong>di</strong>mora <strong>in</strong> me,<br />
nella mia carne , 17. E ancora: a Ritrovo <strong>in</strong> me una<br />
legge. <strong>di</strong> ribellione, <strong>di</strong> <strong>in</strong>temperanza che mi fa<br />
comprendere che «quando mi <strong>in</strong>gegno <strong>di</strong> fare il<br />
bene, è il male che mi rimane attaccaton", che è<br />
profondamente <strong>in</strong>sito <strong>in</strong> me. I1 male è dunque den-<br />
tro <strong>di</strong> noi, stranamente attorto alle nostre viscere,<br />
sia che ce<strong>di</strong>amo al richiamo dei piaceri dei sensi,<br />
sia che lo combattiamo resistendo strenuamente;<br />
poiché, come <strong>di</strong>ce Sant'Agost<strong>in</strong>o, per non cadere
nell'eccesso, bisogna lottare il male f<strong>in</strong> dall'<strong>in</strong>izio,<br />
e per evitare <strong>di</strong> consentire al male, <strong>di</strong> consumarlo,<br />
bisogna resistere costantemente al desiderio, che<br />
ne rappresenta l'<strong>in</strong>izio: Ut non jat malum exceden<strong>di</strong>,<br />
resistendum est malo concu~iscen<strong>di</strong>».<br />
Una prova tremenda <strong>di</strong> questa lotta a cui sia<strong>in</strong>o<br />
sottoposti è il nostro bisogno <strong>di</strong> sostentarci col cibo.<br />
Non contenta <strong>di</strong> costr<strong>in</strong>gerci a questo necessario<br />
sostentamento, col violento dolore <strong>della</strong> fame e<br />
<strong>della</strong> sete e con le <strong>in</strong>sopportabili debolezze che<br />
l'accompagnai~o, la saggezza del Creatore ci sp<strong>in</strong>ge<br />
maggiormente a questa prova attribuendo un certo<br />
piacere alle funzioni del bere e del mangiare. Essa<br />
ricolma <strong>di</strong> beni tutta la natura, mandando N, come<br />
<strong>di</strong>ceva San Paolo l', la pioggia ed il bel tempo, e<br />
le stagioni che rendono feconda la terra e ogni sorta<br />
<strong>di</strong> frutti, colmando <strong>di</strong> gioia i nostri cuori con un<br />
cibo adeguato». E attraverso tutto ciò, come <strong>di</strong>ce<br />
lo stesso San Paolo, a <strong>Dio</strong> rende testimonianza <strong>di</strong> se<br />
stesso,,, <strong>della</strong> sua provvidenza e <strong>della</strong> sua paterna<br />
bontà, che nutre gli uom<strong>in</strong>i e gli animali e salva gli<br />
uni e gli altri nella maniera più consona a ciascuno.<br />
Ma gli uom<strong>in</strong>i, <strong>in</strong>grati e carnali, hanno fatto <strong>di</strong><br />
questo piacere un'occasione per legarsi al proprio<br />
corpo piuttosto che a <strong>Dio</strong> che li ha creati e che non<br />
ha mai cessato <strong>di</strong> sostentarli con mezzi così piacevoli.<br />
Essi sono attanagliati dal piacere del cibo:<br />
piuttosto che mangiare per vivere, sembra che »,<br />
come <strong>di</strong>ceva un antico, e <strong>in</strong> seguito lo stesso<br />
Sant'Agost<strong>in</strong>o, a non vivano che per mangiare ». E<br />
pers<strong>in</strong>o coloro i quali sanno tenere a freno i loro<br />
desideri e si recano a des<strong>in</strong>are sp<strong>in</strong>ti dalla necessità<br />
naturale, sono <strong>in</strong>gannati dal piacere, impegnano le
loro viscere ben oltre il necessario e sono trasc<strong>in</strong>a- .<br />
ti al <strong>di</strong> là dei giusti limiti. Essi si lasciano <strong>in</strong>sensi-<br />
bilmente conquistare dal loro appetito, credendo<br />
<strong>di</strong> non aver mai sod<strong>di</strong>sfatto <strong>in</strong>teramente il loro bi-<br />
sogno, tanto il cibo e le bevande stuzzicario il loro<br />
palato. Così, <strong>di</strong>ce Saiit'Agost<strong>in</strong>o, la cupi<strong>di</strong>gia non sa<br />
mai dove cessa la necessità: M Nescit cupi<strong>di</strong>tas ubi fi-<br />
n<strong>in</strong>tur necessitnsn 'O.<br />
Si tratta dunque <strong>di</strong> una malattia <strong>in</strong> cui il conta-<br />
gio <strong>della</strong> carne si riproduce nello spirito, una ma-<br />
lattia contro la quale non si deve cessare <strong>di</strong> com-<br />
battere, né <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> porvi rime<strong>di</strong>o con la so-<br />
brietà, la temperanza, l'ast<strong>in</strong>enza e il <strong>di</strong>giuno.<br />
Ma chi oserebbe pensare ad altri eccessi che si<br />
manifestano <strong>in</strong> maniera ben più pericolosa <strong>in</strong><br />
un'altra sfera del piacere sensuale? Chi, <strong>di</strong>co, ose-<br />
rebbe parlarne, chi oserebbe pensarci, dal momeii-<br />
to che non se ne può parlare se non senza pudore,<br />
né pensarvi senza pericolo, pur biasimandoli? O<br />
mio <strong>Dio</strong>, chi oserebbe, ancora una volta, parlare <strong>di</strong><br />
questa piaga profonda e vergognosa <strong>della</strong> natura,<br />
<strong>di</strong> questa <strong>concupiscenza</strong> che lega l'anima al corpo<br />
con dei lacci talmente teneri e violenti da cui ci si<br />
<strong>di</strong>stacca con tanto dolore, che causa dei <strong>di</strong>sastri co-<br />
sì spaventevoli al genere umano? Sciagura, sciagu-<br />
ra e ancora sciagura alla terra da cui cont<strong>in</strong>ua-<br />
mente si leva un fumo tanto denso, vapori così ne-<br />
ri che si <strong>in</strong>nalzano da queste passioni tenebrose, sì<br />
da nasconderci il cielo e la luce, da cui si partono<br />
altresì i fulm<strong>in</strong>i e gli strali <strong>della</strong> giustizia <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a con-<br />
tro la corruzione del genere umano !<br />
Oh, con quanta ragione il casto apostolo amico<br />
<strong>di</strong> Gesù e figlio <strong>della</strong> Verg<strong>in</strong>e madre sua, che lo
stesso Gesù sempre immacolato gli ha dato per ma-<br />
dre presso la croce gridava con tutte le sue forze ai<br />
gran<strong>di</strong> e agli umili, ai giovani e ai vecchi, ai padri<br />
e ai figli: «Noli amate il mondo, né ciò che è nel<br />
mondo, poiché tutto quanto esiste al mondo è con-<br />
cupiscenza <strong>della</strong> carne », attaccamento per la fragi-<br />
le e <strong>in</strong>gailiievole bellezza del corpo, sfrenata bra-<br />
mosia per i piaceri sensuali, che corrompono <strong>in</strong><br />
ugual misura entrambi i sessi!<br />
<strong>Dio</strong> mio, che con un giusto giu<strong>di</strong>zio hai conse-<br />
gnato la colpevole natura umana a questo pr<strong>in</strong>cipio<br />
dell'<strong>in</strong>cont<strong>in</strong>enza, con l'amore coniugale tu ci hai<br />
preparato un rime<strong>di</strong>o, ma un rime<strong>di</strong>o che fa scor-<br />
gere ancora meglio la grandezza del male, poiché<br />
all'uso <strong>di</strong> questo sacro rime<strong>di</strong>o si mescolano tanti<br />
eccessi. Esso, il matrimonio, cioè, è un bene, un be-<br />
ne immenso, poiché è un grande sacramento <strong>in</strong><br />
Gesù Cristo e nella sua Chiesa e un simbolo <strong>della</strong><br />
loro unione <strong>in</strong><strong>di</strong>ssolubile. Ma è un bene che pre-<br />
suppone un male <strong>di</strong> cui facciamo buon uso, vale a<br />
<strong>di</strong>re che presuppone il male <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong>,<br />
<strong>di</strong> cui si fa buon uso dal momento che ce ne ser-<br />
viamo per fare fruttificare la natura umana. Ma al<br />
tempo stesso esso è un bene che rime<strong>di</strong>a al male,<br />
cioè all'<strong>in</strong>temperanza, un rime<strong>di</strong>o ai suoi eccessi,<br />
un freno alla sua licenza. Quanto travaglio per la<br />
debole natura umana doversi mantenere entro i li-<br />
miti del rapporto coniugale, espresso col contratto<br />
matrimoniale! È ciò che fa <strong>di</strong>re a Sant'Agost<strong>in</strong>o<br />
«non se ne trovano più <strong>di</strong> quelli che conservano<br />
una perpetua e <strong>in</strong>violabile cont<strong>in</strong>enza, che vivono<br />
nella legge <strong>della</strong> castità coniugale ; un amore <strong>di</strong>sor-<br />
<strong>di</strong>nato per la propria moglie nasconde sovente.,
secondo il Padre <strong>della</strong> Chiesa, la segreta tentazio-<br />
ne <strong>di</strong> amare altre donne». Oh debolezza dell'uma-<br />
nità miserabile, che non si deplorerà mai abba-<br />
stanza! Questa sregolatezza ha fatto <strong>di</strong>re allo stesso<br />
San Paolo che M quelli che hanno moglie devono vi-<br />
vere come se non l'avessero»" e che, <strong>di</strong> conse-<br />
guenza, le donne devono vivere come se non aves-<br />
sero marito, vale a <strong>di</strong>re che gli uni e le altre non<br />
devono essere troppo attaccati reciprocamente,<br />
non devono de<strong>di</strong>carsi ai piaceri dei sensi né ripor-<br />
re <strong>in</strong> essi la propria felicità e farne i propri padro-<br />
ni. È ancora ciò che fa <strong>di</strong>re a San Paolo che quelli<br />
che sono nella carne, che vi sono immersi e sono<br />
attaccati nel profondo del cuore ai piaceri, non<br />
possono piacere a <strong>Dio</strong> : Qui <strong>in</strong> carne sunt, Deo pia-<br />
cere non possunt N. È un elogio <strong>della</strong> santa verg<strong>in</strong>ità,<br />
e <strong>in</strong> base ad essa Sant'Agost<strong>in</strong>o <strong>di</strong>st<strong>in</strong>gue tre stati<br />
<strong>della</strong> vita umana <strong>in</strong> rapporto alla coiicupiscenza<br />
<strong>della</strong> carne: gli sposi casti, che fanno buon uso <strong>di</strong><br />
questo male; gli <strong>in</strong>temperanti, che lo usano male e<br />
<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e quelli che praticano perpetuamente la conti-<br />
nenza, che non lo usano affatto e non concedono<br />
nulla alla bramosia del piacere dei sensi.<br />
Diciamo allora con San Giovanni a tutti i fedeli<br />
e a ciascuno a seconda dello stato <strong>in</strong> cui si trova:<br />
«Voi che vi date alla <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong> carne,<br />
smettete <strong>di</strong> farvene catturare, e voi che ne fate<br />
buon uso <strong>in</strong> un casto matrimonio, non siatene at-<br />
taccati e moderate i vostri desideri, e voi ancora,<br />
che siete i più coraggiosi e felici <strong>di</strong> tutti, non con-<br />
cedetele nulla, <strong>di</strong>sprezzatela risolutamente e persi-<br />
stete <strong>in</strong> questa casta <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione che vi rende simi-<br />
li agli angeli <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>: tutti <strong>in</strong>sieme sconfiggete que-
sta carne ribelle, la cui legge imperiosa che risiede<br />
nelle nostre stessa membra ha fatto tanto gemere e<br />
spargere lacrime a tutti i santi. Prendete esempio<br />
da Sali Paolo,, fortificatevi coiitro la coiicupisceiiza<br />
<strong>della</strong> carne coli i <strong>di</strong>giuni, mortificate la gola, fate sì<br />
che la vittoria sugli altri appetiti più violeliti e più<br />
pericolosi sia resa più facile.<br />
Capitolo V - Come la <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong> carne si<br />
dvfonde <strong>in</strong> tutto il coqbo e nei sensi.<br />
Noli cre<strong>di</strong>ate che la <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong> carne<br />
coiisista soltaiito nelle passioiii <strong>di</strong> cui parleremo: è<br />
una ra<strong>di</strong>ce awelenata che estende le sue ramificazioni<br />
<strong>in</strong> tutte le <strong>di</strong>rezioni e si <strong>di</strong>ffonde <strong>in</strong> tutto il<br />
corpo. La vista ne viene <strong>in</strong>fettata, poiché è con gli<br />
occhi che si comiiicia a <strong>in</strong>gerire il veleno dell'amore<br />
sensuale, ed è perciò che Giobbe <strong>di</strong>ce:<br />
((Avevo stretto un patto coi miei occhi, per non poter<br />
nemmeno pensare ad alcuna fanciulla»22, che<br />
San Pietro afferma che gli occhi degli impu<strong>di</strong>chi<br />
sono «pieni &adulterio~'~, e che lo stesso Gesù<br />
Cristo proclama: «Chiunque avrà guardato una<br />
donna per desiderarla, si è già contam<strong>in</strong>ato con lei,<br />
nel suo cuore » '4.<br />
Questo vizio degli occhi si <strong>di</strong>st<strong>in</strong>gue dalla <strong>concupiscenza</strong><br />
degli occhi <strong>di</strong> cui parla San Giovanni nel<br />
brano citato poiché <strong>in</strong> questo caso, <strong>in</strong> cui gli occhi<br />
si aprono per appagarsi <strong>della</strong> vista <strong>della</strong> bellezza<br />
mortale o anche per deliziarsi nel guardarla ed esserne<br />
guardati, si è dom<strong>in</strong>ati dalla coiicupiscenza<br />
<strong>della</strong> carne. Le orecchie ne sono <strong>in</strong>fettate quando,<br />
a causa <strong>di</strong> colloqui pericolosi e <strong>di</strong> canti pieni <strong>di</strong>
mollezza, si accendono o si tengono deste le fiam-<br />
me dell'amore impuro e <strong>di</strong> questa nostra segreta<br />
<strong>di</strong>sposizione alle gioie sensuali : poiché l'anima,<br />
una volta toccata da questi piaceri, perde la sua for-<br />
za, <strong>in</strong>debolisce la sua ragione e si attacca ai sensi e<br />
al corpo. Quella donna che nei Proverbi si vanta<br />
dei profumi sparsi sul suo letto e del dolce aroma<br />
che aleggia nella sua stanza per concludere subito<br />
dopo: a Inebriamoci <strong>di</strong> piacere e go<strong>di</strong>amo del desi-<br />
derio d'amore ,, '5, ben <strong>di</strong>mostra con le sue parole a<br />
cosa portano i profumi, preparati per <strong>in</strong>fiaccliire<br />
l'anima, per attrarla verso i piaceri sensuali con<br />
qualcosa che, pur senza avere imme<strong>di</strong>atamente<br />
l'apparenza <strong>di</strong> offendere il pudore, si fa accettare<br />
con m<strong>in</strong>or timore, <strong>di</strong>sponendo tuttavia l'animo al<br />
rilassamento e <strong>di</strong>stogliendo l'attenzione da ciò che<br />
deve costituire la sua naturale occupazione.<br />
I piaceri dei sensi si eccitano reciprocamente:<br />
l'anima che ne gusta uno risale facilmente alla fon-<br />
te che li produce tutti. Così i piaceri più <strong>in</strong>nocen-<br />
ti, se non sono tenuti costantemente sotto control-<br />
lo, preparano ai più colpevoli, e i più piccoli fanno<br />
presagire la gioia che si proverà con i più gran<strong>di</strong> e<br />
risvegliano la <strong>concupiscenza</strong>. Vi è pure una certa<br />
mollezza e fiacchezza <strong>di</strong>ffusa <strong>in</strong> tutto il corpo che,<br />
facendo ricercare un po' <strong>di</strong> riposo nel sensibile, lo<br />
risveglia e ne mantiene la vivacità. Noi amiamo il<br />
nostro corpo con un attaccamento che ci fa <strong>di</strong>-<br />
menticare la nostra anima e l'immag<strong>in</strong>e <strong>di</strong> <strong>Dio</strong><br />
che porta impressa nel fondo. Non riusciamo a ri-<br />
fiutarci nulla: la cura eccessiva <strong>della</strong> propria salu-<br />
te vizia tutto il corpo, e questi vari sentimenti non
sono che delle derivazioni <strong>della</strong> coiicupiscenza del-<br />
la carne.<br />
Non mi stupisco, ahimè, se San Bernardo paven-<br />
tava nei suoi seguaci la perfetta salute: egli ben sa-<br />
peva dove essa conduce, se non si sa mortificare il<br />
proprio corpo come fa l'Apostolo, e ridurlo <strong>in</strong> ser-<br />
vitù con la penitenza, il <strong>di</strong>giuno, la preghiera e la<br />
mente costantemente occupata. Le anime pu<strong>di</strong>che<br />
fuggono l'ozio, l'<strong>in</strong>curia, la mollezza, l'eccessiva<br />
sensibilità, Ie emozioni che <strong>in</strong>fiacchiscono il cuore,<br />
le lus<strong>in</strong>ghe dei sensi, le squisitezze : tutto questo, da<br />
cui San Giovanni ci mette <strong>in</strong> guar<strong>di</strong>a, non è altro<br />
che il nutrimento <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong> carne<br />
e ne alimenta il fuoco.<br />
Capitolo VI - Cos'è la carne del peccato <strong>di</strong> cui parla<br />
San Paolo.<br />
Queste <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azioni malvagie <strong>della</strong> carne hanno<br />
portato San Paolo a def<strong>in</strong>irla C carne del peccato 2 :<br />
«<strong>Dio</strong>», ha detto, «ha <strong>in</strong>viato il suo Figliolo nella<br />
carne somigliante alla carne del peccato n". Notate<br />
dunque <strong>in</strong> Gesù Cristo non la rassomiglianza <strong>della</strong><br />
carne <strong>in</strong> quanto tale, ma la rassomiglianza <strong>della</strong> car-<br />
ne del peccato. La carne del peccato è <strong>in</strong> noi, nelle<br />
impronte del peccato che portiamo nella nostra<br />
carne e nella tendenza a peccare che essa ci ispira<br />
con l'attaccamento ai sensi. È <strong>in</strong> Gesù Cristo soltan-<br />
to la carne somigliante alla carne del peccato n,<br />
poiché la sua carne virg<strong>in</strong>ale è esente da ogni srego-<br />
latezza che il peccato ha impresso nella nostra. La<br />
sua è dunque non la somiglianza <strong>della</strong> carne, poi-<br />
ché la sua carne è assolutamente reale, creata da
una donna e <strong>in</strong>vero frutto del sangue <strong>di</strong> Abramo e<br />
<strong>di</strong> Davide ; ciò che importa non è la somiglianza, ma<br />
la vera natura <strong>della</strong> carne. Anche San Paolo gli attri-<br />
buisce non la somiglianza <strong>della</strong> carne, ma la somi-<br />
glianza <strong>della</strong> carne del peccato,,, cosicché, senza<br />
avere le <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azioni perverse <strong>di</strong> cui portiamo il se-<br />
me nella nostra carne, egli ne ha assunto solamente<br />
la corruttibilità e la caducità, vale a <strong>di</strong>re la sola pena<br />
del peccato, senza averne colpa né alcuno dei desi-<br />
deri malvagi che sono nella nostra.<br />
Giu<strong>di</strong>chiamo adesso con quanta ragione San<br />
Giovanni ci raccomanda <strong>di</strong> aver <strong>in</strong> orrore il mon-<br />
do, poiché esso è pieno <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong><br />
carne. Vi è, nella nostra carne, una segreta <strong>di</strong>sposi-<br />
zione all'universale ribellione contro lo spirito : « La<br />
carne ha desideri opposti a quelli dello spirito n, co-<br />
me <strong>di</strong>ce San Paolo", vale a <strong>di</strong>re che è là che si tro-<br />
va il fondo, dopo la corruzione <strong>della</strong> nostra natura.<br />
Come abbiamo visto, tutto nutre la <strong>concupiscenza</strong>,<br />
tutto porta al peccato. Bisogna dunque o<strong>di</strong>arla co-<br />
me si o<strong>di</strong>a il peccato, che è dov'essa vuol condurci.<br />
Capitolo VI1 - Da dove ci viene la carne del peccato,<br />
vab a <strong>di</strong>re la <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong> carne.<br />
Quando San Paolo parlava <strong>della</strong> nostra carne co-<br />
me <strong>della</strong> carne del peccato, sembrava che volesse<br />
spiegarci queste parole del Salvatore: «Tutto ciò<br />
che è generato dalla carne è carne e ciò che è na-<br />
to dallo spirito è spirito. Non meravigliatevi dun-<br />
que se vi <strong>di</strong>co che voi dovete nascere <strong>di</strong> nuovo»28.<br />
Queste parole ci riportano alla primitiva istitu-<br />
zione <strong>della</strong> nostra natura. ((Id<strong>di</strong>o ha fatto l'uomo
semplice v , <strong>di</strong>ce il SaggioF', e questa semplicità con-<br />
sisteva nel fatto che lo spirito era perfettamente sot-<br />
tomesso a <strong>Dio</strong>, così come il corpo era completa-<br />
mente sottomesso allo spirito. Così tutto era <strong>in</strong> or-<br />
<strong>di</strong>ne, ed è quest'or<strong>di</strong>ne che noi chiamiamo giusti-<br />
zia e <strong>di</strong>rittura orig<strong>in</strong>arie. Poiché non esisteva il pec-<br />
cato nemmeno la pena esisteva, e per la <strong>in</strong>edesima<br />
ragione non esisteva la morte, poiché la morte era<br />
stata stabilita come pena per il peccato. E ancor<br />
meno esisteva la vergogna: <strong>Dio</strong> non aveva riposto<br />
nel nostro corpo, come altresì nella nostra anima,<br />
nulla che non fosse buono, conveniente e onesto;<br />
l'opera <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> sussisteva nel suo <strong>in</strong>tero: «L'uno e<br />
l'altra erano ignu<strong>di</strong> D, <strong>di</strong>ce la ScritturaJo, «ma non<br />
ne avevano vergogna n.<br />
Ma appena <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>rono a <strong>Dio</strong>, essi si nascose-<br />
ro: « Ho sentito la tua voce nel giar<strong>di</strong>no n, <strong>di</strong>ce Ada-<br />
mo, «e mi son nascosto, perché ero nudo». E il Si-<br />
gnore gli domandò : « Chi ti ha fatto conoscere che<br />
eri nudo? Non hai forse mangiato del frutto che ti<br />
avevo proibito <strong>di</strong> mangiare ? D 'l. I1 corpo cessò <strong>di</strong> es-<br />
sere sottomesso non appena lo spirito <strong>di</strong>subbidì;<br />
l'uomo non fu più padrone dei suoi movimenti, e<br />
la rivolta dei sensi fece conoscere all'uomo la pro-<br />
pria nu<strong>di</strong>tà: «I loro occhi allora si aprirono, essi si<br />
coprirono facendosi delle c<strong>in</strong>ture <strong>di</strong> foglie <strong>di</strong> fi-<br />
co~''. La Scrittura non <strong>di</strong>sdegna <strong>di</strong> sottol<strong>in</strong>eare e<br />
la forma e la materia del loro nuovo abbigliamen-<br />
to per farci comprendere come non se ne rivestis-<br />
sero per ripararsi dal freddo o dal caldo né dall'<strong>in</strong>-<br />
clemenza degli elementi; vi era una causa più se-<br />
greta, che la Scrittura racchiude <strong>in</strong> queste parole<br />
per risparmiare le orecchie e il pudore del genere
umano e per farci <strong>in</strong>tendere, senza <strong>di</strong>rlo, dove<br />
maggiormente venisse awertita la ribellione. Que-<br />
sta cautela <strong>della</strong> Scrittura mette ancor più allo sco-<br />
perto la nostra vergogna, che sembra non voler sco-<br />
prire per tema <strong>di</strong> confonderci troppo. Da allora,<br />
per giusta punizione <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, le passioni <strong>della</strong> carne<br />
sono <strong>di</strong>venute vittoriose e tiranniche; l'uomo si è<br />
immerso nei piaceri dei sensi, «e <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> <strong>di</strong>veni-<br />
re spirituale ailche nella carne grazie alla sua im-<br />
mortalità e alla perfetta sottomissione del corpo al-<br />
lo spirito egli, <strong>di</strong>ce Saiit'Agost<strong>in</strong>o, *è <strong>di</strong>venuto car-<br />
nale pers<strong>in</strong>o nello spirito :
nostra nascita e <strong>in</strong>sieme <strong>della</strong> nostra corruzione,<br />
per la quale siamo legati all'Adamo ribelle, all'Ada-<br />
mo peccatore, per cui siamo macchiati <strong>in</strong> quello da<br />
cui tutti <strong>di</strong>scen<strong>di</strong>amo, nell'origiiie <strong>della</strong> nostra esi-<br />
stenza. Le nostre <strong>in</strong>sensate passioni iioii si manife-<br />
stano improwisamente; il germe che tutte le pro-<br />
duce è iii noi f<strong>in</strong> dall'origiile <strong>della</strong> nostra vita, che<br />
<strong>in</strong>izia cori i sensi. Vi è qualcos'altro, nell'iiifanzia,<br />
che non sia, per così <strong>di</strong>re, carne e corpo?<br />
Ma sp<strong>in</strong>giamoci ancora oltre : nel serio materiio<br />
ci ritroveremo <strong>in</strong> certo qual modo aiicor più carne<br />
e corpo e, f<strong>in</strong> dal momento del nostro coiicepi-<br />
mento, dove non vi è ancora alcun esercizio <strong>della</strong><br />
vista o dell'u<strong>di</strong>to, che tra tutti i sensi sono quelli<br />
che possono risvegliare <strong>in</strong> maggior misura la nostra<br />
ragione, siamo privi <strong>di</strong> razioc<strong>in</strong>io e <strong>di</strong> <strong>in</strong>telligenza,<br />
pura e semplice massa <strong>di</strong> carne senza alcuna cono-<br />
scenza <strong>di</strong> noi stessi né alcun pensiero se non quel-<br />
li strettamente connessi al movimento del sangue,<br />
tanto che a malapena riusciamo a <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guerli. È<br />
dunque questo che fa <strong>di</strong>re al Salvatore che noi tut-<br />
ti siamo carne, f<strong>in</strong>tantoché nasciamo per mezzo<br />
<strong>della</strong> carne. La ragione è oppressa e come spenta<br />
<strong>in</strong> quelli che ci hanno creato; all'<strong>in</strong>izio e durante i<br />
primi anni <strong>della</strong> nostra esistenza non abbiamo la<br />
m<strong>in</strong>ima facoltà <strong>della</strong> ragione. Tutti i vizi com<strong>in</strong>cia-<br />
no a manifestarsi a poco a poco s<strong>in</strong> dal momento<br />
stesso <strong>in</strong> cui appare la ragione, e quando si com<strong>in</strong>-<br />
cia ad esercitarla con maggiore precisione, ecco<br />
che com<strong>in</strong>ciano a manifestarsi le gran<strong>di</strong> sregolatez-<br />
ze <strong>della</strong> sensualità. Questa è dunque ciò che viene<br />
chiamata la carne del peccato.<br />
Abbaiidoiiati al corpo e tutti corpo f<strong>in</strong> dal con-
cepimento, questa prima impressione fa sì che ne<br />
rimaniamo per sempre schiavi. Quale sforzo sarà<br />
necessario aff<strong>in</strong>ché possiamo <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guere l'anima<br />
dal corpo? Quanti ve ne sono tra noi <strong>di</strong> quelli che<br />
iion riusciraniio mai a conoscere o a percepire que-<br />
sta <strong>di</strong>st<strong>in</strong>zioiie? E gli stessi che emergono <strong>in</strong> qual-<br />
che misura da questa massa <strong>di</strong> carne separandone<br />
l'anima no11 vi si ritufferebbero sempre come se<br />
fosse un fatto naturale, se non si sforzassero conti-<br />
nuamente <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re alla loro immag<strong>in</strong>azione <strong>di</strong><br />
domiiiare, e non soltanto <strong>di</strong> dom<strong>in</strong>are, ma anche<br />
<strong>di</strong> fare tutto e ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> essere tutto dentro <strong>di</strong><br />
noi? Noi siamo dunque <strong>in</strong>teramente corpo e non<br />
saremmo mai altro che corpo se, con la grazia <strong>di</strong><br />
Gesù Cristo, non r<strong>in</strong>ascessimo <strong>in</strong> ispirito.<br />
Ve<strong>di</strong>amo cos'è la natura umana <strong>in</strong> quella im-<br />
mensa parte restante <strong>di</strong> popolazioni selvagge che<br />
non pensano che al loro corpo e <strong>in</strong> cui, per così <strong>di</strong>-<br />
re, ciò che vi è <strong>di</strong> più puro è il respirare. E i popoli<br />
più civilizzati e più educati escono per ciò dalla car-<br />
ne e dal sangue? Come potrebbero uscirne, se so-<br />
no così pochi i cristiani che ne escono? Come si <strong>in</strong>-<br />
trattiene, <strong>di</strong> che cosa si occupa la nostra gioventù<br />
<strong>in</strong> quell'età <strong>in</strong> cui si ha obbrobrio del pudore? Co-<br />
sa rimpiangono i vecchi, quando si lamentano dei<br />
loro anni ormai trascorsi e cosa si augurano sempre<br />
<strong>di</strong> poter r<strong>in</strong>novellare, se avessero la gioventù, se<br />
non il piacere dei sensi? Cosa siamo dunque, se<br />
non carne e sangue? E quanto dobbiamo o<strong>di</strong>are il<br />
mondo e tutto ciò che è nel mondo, secondo I'<strong>in</strong>-<br />
segnamento <strong>di</strong> San Giovanni per il quale: «tutto<br />
ciò che esiste al mondo non è che <strong>concupiscenza</strong><br />
<strong>della</strong> carne., giacché ciò che egli <strong>di</strong>ce è talmente<br />
vero !
Capitolo VI11 - Della <strong>concupiscenza</strong> degli occhi, e <strong>in</strong><br />
primo luogo <strong>della</strong> curiosi@<br />
La seconda cosa che è nel mondo, secondo San<br />
Giovanili, è la coiicupiscenza degli occhi. Bisogna<br />
iiiiiaiizi tutto <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guerla dalla coilcupiscenza <strong>della</strong><br />
carne, poiché il proposito del santo è qui quello <strong>di</strong><br />
farci scoprire uii'altra fonte <strong>di</strong> corruzione e un altro<br />
vizio apparentemente più sottile, ma <strong>in</strong> fondo<br />
altrettanto grossolano e malvagio, che consta pr<strong>in</strong>cipalmente<br />
<strong>di</strong> due aspetti, <strong>di</strong> cui l'uno è il desiderio<br />
<strong>di</strong> vedere, sperimentare, conoscere: si tratta <strong>della</strong><br />
curiosità, <strong>in</strong> una parola, mentre l'altro è il piacere<br />
degli occhi, allorquando li si nutre <strong>di</strong> oggetti<br />
<strong>di</strong> un certo splendore, capaci <strong>di</strong> abbagliarli o sedurli.<br />
I1 desiderio <strong>di</strong> sperimentare e <strong>di</strong> conoscere viene<br />
chiamato coi~cupiscenza degli occhi poiché, <strong>di</strong> tutti<br />
gli organi <strong>di</strong> senso, gli occhi sono quelli che ampliano<br />
maggiormente la nostra conoscenza. In questa<br />
categoria sono <strong>in</strong> qualche modo compresi gli altri<br />
sensi, e nell'uso che facciamo <strong>della</strong> l<strong>in</strong>gua spesso<br />
sentire e vedere sono la medesima cosa. Non si<br />
<strong>di</strong>ce soltanto : Guardate com'è bello D, ma anche :<br />
«Guardate come profuma questo fiore, com'è morbido<br />
al tocco quest'oggetto, com'è piacevole da<br />
ascoltare questa musica)). È dunque per questo motivo<br />
che, <strong>di</strong>ce Sant'Agost<strong>in</strong>o, ogni curiosità si fa risalire<br />
alla <strong>concupiscenza</strong> degli occhi ".<br />
Inteso <strong>in</strong> tal senso, vale a <strong>di</strong>re nel senso <strong>di</strong> sperimentare,<br />
il desiderio <strong>di</strong> vedere ci rituffa nella <strong>concupiscenza</strong><br />
<strong>della</strong> carne, che ci fa cercare e immag<strong>in</strong>are<br />
<strong>in</strong>cessantemente nuovi piaceri e nuovi <strong>in</strong>gre-
<strong>di</strong>eiiti per stimolare la cupi<strong>di</strong>gia. Ma questo desi-<br />
derio può <strong>in</strong>tendersi <strong>in</strong> parecchi mo<strong>di</strong>, giacché si<br />
deve <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guere questa seconda <strong>concupiscenza</strong> dal-<br />
la prima. Bisogna pertanto collocare <strong>in</strong> questa se-<br />
conda categoria tutte quelle vane curiosità sugli ac-<br />
ca<strong>di</strong>menti nel mondo, tutti quei segreti e <strong>in</strong>trighi<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura, le varie energie che falliio muo-<br />
vere alcuni <strong>di</strong> quelli che nel mondo si dailiio tanta<br />
briga, i <strong>di</strong>segni ambiziosi <strong>di</strong> altri, abilmente rivesti-<br />
ti <strong>di</strong> belle <strong>in</strong>tenzioni, spesso pers<strong>in</strong>o virtuose. O<br />
mio <strong>Dio</strong>, come si pascono <strong>di</strong> tutto questo le anime<br />
curiose, e perciò vane e deboli! E cosa mai ap<br />
prendereste che valga tanto la pena <strong>di</strong> essere co-<br />
nosciuto? È poi così straor<strong>di</strong>nario sapere ciò che<br />
muove gli uom<strong>in</strong>i, qual'è la causa delle loro illu-<br />
sioni, dei loro sogni? Quale frutto ne trarreste da<br />
queste curiose ricerche, quale beneficio vi procure-<br />
rebbero, se non dei sospetti o dei giu<strong>di</strong>zi <strong>in</strong>giusti, e<br />
una temibile materia <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio su voi stessi da par-<br />
te <strong>di</strong> colui il quale <strong>di</strong>ce: «Non giu<strong>di</strong>cate e non sa-<br />
rete giu<strong>di</strong>cati » J7?<br />
Tale curiosità si estende ai secoli passati più re-<br />
moti, da cui ci proviene quest'<strong>in</strong>saziabile curiosità<br />
<strong>di</strong> conoscere la storia. Ci si trasporta con l'immagi-<br />
nazione nelle corti dei re dell'antichità, si penetra-<br />
no i segreti dei popoli antichi, ci s'immag<strong>in</strong>a d'<strong>in</strong>-<br />
tendere le deliberazioni del senato romano, le am-<br />
biziose risoluzioni <strong>di</strong> Alessandro o <strong>di</strong> Cesare o le<br />
raff<strong>in</strong>ate trame politiche <strong>di</strong> Tiberio. E vada se si<br />
tratta <strong>di</strong> ricavarne qualche esempio utile all'uma-<br />
nità: si patisce e si trae sod<strong>di</strong>sfazione, sempre che<br />
questa ricerca sia stata condotta coi1 una certa mo-<br />
derazione. Ma se si tratta, come si può osservare
nella maggior parte dei casi, <strong>di</strong> curiosi che voglio-<br />
no nutrire la loro immagiiiazione <strong>di</strong> oggetti vani,<br />
cosa vi è <strong>di</strong> più <strong>in</strong>utile del soffermarsi a lungo sul-<br />
le vicende <strong>di</strong> chi noil è più, dell'iiidagare sulle fol-<br />
lie passate per la testa <strong>di</strong> un mortale, dell'evocare<br />
con tanta precisione quelle immag<strong>in</strong>i che Id<strong>di</strong>o<br />
nella sua città santa ha <strong>di</strong>strutto, quelle ombre che<br />
ha <strong>di</strong>ssipato, quegli adescamenti <strong>della</strong> vanità che<br />
sono ripiombati da sé <strong>in</strong> quel nulla da cui sono ve-<br />
nuti? ((Figli degli uom<strong>in</strong>i, f<strong>in</strong>o a quando avrete il<br />
cuore appesantito? Perché amate tanto la vanità e<br />
vi <strong>di</strong>lettate a ricercare la menzogna? » ".<br />
In questa categoria <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong> bisogna<br />
annoverare ancora tutte quelle scienze <strong>in</strong>fami, co-<br />
me la <strong>di</strong>v<strong>in</strong>azione me<strong>di</strong>ante gli astri, i tratti del vi-<br />
so, le l<strong>in</strong>ee <strong>della</strong> mano e cento altri mezzi altret-<br />
tanto frivoli degli awenimenti <strong>della</strong> vita che <strong>Dio</strong> ha<br />
sottomesso al particolare governo <strong>della</strong> sua prowi-<br />
denza. De<strong>di</strong>carsi a queste scienze tanto vane e per-<br />
niciose significa calpestare le prerogative <strong>di</strong>v<strong>in</strong>e, <strong>di</strong>-<br />
struggere la fiducia con cui ci si deve abbandonare<br />
alla sua volontà, abituare lo spirito a nutrirsi <strong>di</strong> fri-<br />
volezze <strong>in</strong>vece che <strong>di</strong> ciò che è valido. Non è ne-<br />
cessario far notare come un eccesso ancora mag-<br />
giore sia quello <strong>di</strong> cercare i mezzi per consultare i<br />
demoni o <strong>di</strong> mettersi <strong>in</strong> <strong>di</strong>retto contatto con loro,<br />
<strong>di</strong> apprendere i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> guarigione che si attua-<br />
no con il loro ufficio me<strong>di</strong>ante patti formali o taci-<br />
ti con questi spiriti maligni. Oltre ad essere empie<br />
e dettate da un'esecrabile superstizione, tutte que-<br />
ste forme <strong>di</strong> curiosità sono anche il risultato <strong>della</strong><br />
debolezza <strong>di</strong> una mente <strong>in</strong>ferma, cosicché si tratta
più dello spegnersi <strong>della</strong> vera luce che <strong>di</strong> seguirne<br />
<strong>di</strong> tanto false.<br />
Questo per quanto concerne le scienze vane e<br />
fallaci. Quanto a quelle vere, ci si de<strong>di</strong>ca ancora<br />
troppo ad esse, <strong>in</strong> maniera <strong>in</strong>opportuna o con pregiu<strong>di</strong>zio<br />
degli obblighi più importanti, come accade<br />
a quelli che, quando è giunto il momento <strong>di</strong> pregare<br />
o <strong>di</strong> praticare la virtù, si immergono nella storia,<br />
nella filosofia o <strong>in</strong> qualsiasi genere <strong>di</strong> lettura,<br />
soprattutto se si tratta <strong>di</strong> novità, <strong>di</strong> romanzi, <strong>di</strong> comme<strong>di</strong>e<br />
o <strong>di</strong> libri <strong>di</strong> poesia, lasciandosi talmente possedere<br />
dal desiderio <strong>di</strong> conoscere da non possedersi<br />
più essi stessi. Poiché tutto questo altro non è se<br />
non una forma d'<strong>in</strong>temperanza, una <strong>in</strong>fermità, una<br />
sregolatezza dello spirito, un <strong>in</strong>ari<strong>di</strong>mento del cuore,<br />
una miserabile schiavitù che non ci lascia l'agio<br />
<strong>di</strong> pensare a noi stessi e che è fonte d'errore.<br />
Si tratta, ancora un volta, dell'abbandonarsi a<br />
quella <strong>concupiscenza</strong> tanto biasimata da San Giovanni<br />
piuttosto che volgere i propri occhi curiosi alla<br />
ricerca del <strong>di</strong>v<strong>in</strong>o o dei misteri religiosi: .Non<br />
cercate )), <strong>di</strong>ce il Saggio, «ciò che si trova al <strong>di</strong> sopra<br />
<strong>di</strong> voi » ". E ancora : « Chi si sp<strong>in</strong>ge troppo oltre<br />
nel sondare i misteri <strong>della</strong> <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a Maestà sarà<br />
schiacciato dalla sua gloria))'0. E <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e: «Fate attenzione<br />
a non voler essere troppo saggi, ma d'esserlo<br />
con sobrietà e modera~ione,)~'. La fede e<br />
l'umiltà sono le sole guide da seguire. Quando ci si<br />
lancia nell'abisso si perisce, e quanti si son perduti<br />
nell'eccessiva me<strong>di</strong>tazione sui misteri <strong>della</strong> predest<strong>in</strong>azione<br />
e <strong>della</strong> grazia! Per poter ben pregare bisogna<br />
conoscere il necessario e non <strong>di</strong> più, e umiliarsi<br />
s<strong>in</strong>ceramente; ciò significa che bisogna rico-
iioscere che tutto il bene viene da <strong>Dio</strong> e tutto il ma-<br />
le soltanto da noi. A che cosa serve cercare con cu-<br />
riosità i mezzi per conciliare la nostra libertà con i<br />
decreti <strong>di</strong>v<strong>in</strong>i? Non è forse sufficiente sapere che<br />
Id<strong>di</strong>o che l'ha creata la sa muovere e <strong>di</strong>rigere sen-<br />
za sopprimerla verso i suoi recon<strong>di</strong>ti f<strong>in</strong>i? Preghia-<br />
molo dunque aff<strong>in</strong>ché ci gui<strong>di</strong> lungo la strada del-<br />
la bene<strong>di</strong>zione e si impadronisca dei nostri deside-<br />
ri coi mezzi ch'egli conosce. È alla sua scienza, e<br />
non alla nostra, che dobbiamo abbandonarci. 111<br />
questa vita è tempo <strong>di</strong> credere, come nella vita fu-<br />
tura è tempo <strong>di</strong> vedere. Saper tutto, <strong>di</strong>ce un Padre<br />
<strong>della</strong> Chiesa, è <strong>in</strong>nanzi tutto sapere <strong>di</strong> non sapere:<br />
« Nihil ultra scire, omnia scire est D.<br />
L'anima curiosa è debole e vana; per la stessa ragione<br />
è verbosa, <strong>in</strong>consistente e vuol semplicemente<br />
ostentare un vano sapere che non si propone<br />
d'istruire, ma d'abbagliare gli ignoranti.<br />
Vi è un'altra sorta <strong>di</strong> curiosità che è una curiosità<br />
scialacquatrice. Non sono mai troppe le rarità,<br />
i gioielli preziosi, le gemme, i quadri e i libri pregiati,<br />
che spesso non si ha nemmeno voglia <strong>di</strong> leggere.<br />
- Non è che sollazzo e ostentazione. Curiosità<br />
sciagurata, che sp<strong>in</strong>ge ad esagerare le spese e prosciuga<br />
la sorgente delle elemos<strong>in</strong>e ! Ma la si può far<br />
risalire al secondo genere <strong>di</strong> <strong>concupiscenza</strong> degli<br />
occhi, <strong>di</strong> cui parleremo qui appresso.<br />
Capitolo IX - Di ciò che appaga gli occhi.<br />
In questo secondo tipo <strong>di</strong> <strong>concupiscenza</strong> vengo-<br />
no presi <strong>in</strong> considerazione gli occhi <strong>in</strong> senso lette-<br />
rale, vale a <strong>di</strong>re <strong>in</strong> quanto occhi <strong>della</strong> carne. E <strong>in</strong>-
nanzi tutto è senz'altro certo che ciò che chiamia-<br />
mo attaccamento del cuore o, più <strong>in</strong> generale sen-<br />
sibilità, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>cia dagli occhi; tale attaccamento<br />
però appartiene, come abbiamo già detto, alla con-<br />
cupiscenza <strong>della</strong> carne, mentre noi dobbiamo ades-<br />
so mettere <strong>in</strong> evidenza, come fa San Giovanni,<br />
uil'altra sorta <strong>di</strong> <strong>concupiscenza</strong>. Diciamo dunque<br />
<strong>in</strong>sieme all'Apostolo a tutti i fedeli: M Non amate il<br />
mondo)), né le sue pompe, le sue rappresentazioni<br />
e il suo vano splendore, né tutto ciò che dà nell'oc-<br />
chi0 e che abbaglia e seduce il vostro sguardo. I vo-<br />
stri occhi sono viziati, non potete sopportare la mo-<br />
destia né gli ornamenti <strong>di</strong>messi; voi sfoggiate i vo-<br />
stri lussuosi arre<strong>di</strong>, gli abiti sontuosi e i magnifici<br />
palazzi. Cosa importa <strong>in</strong> quale misura awiene tutto<br />
questo, se è <strong>di</strong> per sé grande o <strong>in</strong> proporzione a<br />
quanto conviene alla vostra con<strong>di</strong>zione ? Siccome<br />
volete essere guardati, voi volete anche guardare e<br />
nulla vi tocca, <strong>in</strong> voi stessi e negli altri, se non ciò<br />
che ostenta la magnificenza, ciò che <strong>di</strong>st<strong>in</strong>gue dal<br />
resto <strong>della</strong> gente. E cos'è tutto questo, se non<br />
ostentazione <strong>di</strong> abbondanza e desiderio <strong>di</strong> <strong>di</strong>st<strong>in</strong>-<br />
guersi per mezzo <strong>di</strong> cose vane? È questo, e non la<br />
magnificenza, ciò che denota <strong>in</strong> voi la mesch<strong>in</strong>ità.<br />
Chi è alto non bada affatto a <strong>in</strong>nalzarsi <strong>di</strong> statura<br />
rialzando la propria calzatura. Ciò che si prende <strong>in</strong><br />
prestito è segno <strong>della</strong> povertà, e il lustro che men-<br />
<strong>di</strong>cate all'esterno mostra f<strong>in</strong> troppo chiaramente<br />
quanto da voi stessi vi siate privati <strong>di</strong> ciò che eleva.<br />
Questa <strong>concupiscenza</strong> degli occhi va messa <strong>in</strong> re-<br />
lazione all'amore per il denaro. Quando lo si guar-<br />
da come uno strumento per acquistare altri beni,<br />
dei piaceri, per esempio, o per farsi strada nella
società e occupare un posto importante, non si è<br />
avari, si è sensuali, ambiziosi. Avaro è chi non osa<br />
toccare il proprio denaro, chi ne è soltanto il tri-<br />
ste guar<strong>di</strong>ano, chi sembra non riservarsi alcun <strong>di</strong>-<br />
ritto se iion quello <strong>di</strong> conservarlo. Anche il Saggio<br />
lo descrive con queste parole: L'avaro iion si sa-<br />
zia del proprio denaro. Chi ama le ricchezze non<br />
ne riceve alcun frutto. E a cosa serve tutto questo<br />
denaro a chi lo possiede, se non a constatarlo con<br />
i propri occhi? M ". I1 denaro per costui è qualcosa<br />
<strong>di</strong> sacro e non permette a nessuno <strong>di</strong> awiciiiarvi<br />
le mani. Tutti i cuori appassionati abbelliscono con<br />
la propria immag<strong>in</strong>azione l'oggetto <strong>della</strong> loro pas-<br />
sione: così l'avaro attribuisce all'oro e all'argento<br />
che possiede un lustro che per natura non hanno.<br />
Egli rimane abbagliato da questo falso splendore,<br />
tanto che la luce del sole, che è la vera gioia de-<br />
gli occhi, non gli pare altrettanto bella. E a cosa<br />
gli serve possedere ciò che, rimanendo al <strong>di</strong> fuori<br />
<strong>di</strong> lui, non può riempirlo all'<strong>in</strong>terno? Qual bene<br />
gli deriva dal possesso <strong>di</strong> tanta ricchezza? Ecco il<br />
motivo per cui il Saggio gli preferisce chi mangia<br />
e beve e gode con gioia dei frutti del suo lavoro:<br />
perché almeno si riempie lo stomaco e <strong>in</strong>grassa il<br />
suo corpo4! Ma le ricchezze non nutrono che gli<br />
occhi, e altrettanto vale per le belle suppellettili, i<br />
palazzi e tutti gli allettamenti <strong>della</strong> vanità. Voi non<br />
ne siete proprietari che superficialmente, poiché<br />
per voi vederli è tutto eppure, come se tutto ciò<br />
fosse un gran bene, non ne siete mai sazi. I1 golo-<br />
so ha un appetito che è pur sempre limitato, per<br />
quanto sregolato possa essere, mentre l'<strong>in</strong>gor<strong>di</strong>gia<br />
degli occhi non è mai paga, non ha, per così <strong>di</strong>-
e, né fondo né arg<strong>in</strong>e. L'avaro
vano ? », esclama il Saggio 'C Cosa vi è <strong>di</strong> più <strong>in</strong>sen-<br />
sato del tanto tormentarsi per nutrirsi <strong>di</strong> vento? A<br />
che vi servono le tante fatiche e i mille crucci che<br />
vi sono stati causati dalla preoccupazione <strong>di</strong> am-<br />
massare e conservare tante ricchezze? Non porte-<br />
rete nulla con voi, e «uscirete dal mondo come vi<br />
siete entrati, nu<strong>di</strong> e poveri D 47. Che cosa resta a que-<br />
sto ricco scellerato dell'essersi abbigliato <strong>di</strong> porpo-<br />
ra, dell'aver adornato la sua casa nella maniera più<br />
confacente a tanto lusso? Egli <strong>di</strong>mora nelle fiamme<br />
eterne e i suoi tesori sono ora i tesori <strong>della</strong> collera<br />
e <strong>della</strong> vendetta, accumulati per la sua grande va-<br />
nità. «Voi accumulate sopra <strong>di</strong> voi., <strong>di</strong>ce San Pao-<br />
lo, M dei tesori <strong>di</strong> ira per il giorno <strong>della</strong> vendetta* 48.<br />
Qu<strong>in</strong><strong>di</strong>, ancora una volta, non amate il mondo,<br />
non amatene la pompa e il vano splendore che<br />
non fa che <strong>in</strong>gannare gli occhi; non amate gli spet-<br />
tacoli né i teatri, che non si curano che <strong>di</strong> farvi pe-<br />
netrare nelle altrui passioni e farvi provare <strong>in</strong>teres-<br />
se per le altrui vendette e folli amori. E quale pia-<br />
cere potreste att<strong>in</strong>gervi se non quello <strong>di</strong> risvegliare<br />
il vostro? Perché versate lacrime sui malanni <strong>di</strong> chi<br />
nutre amori sbagliati e ambizioni frustrate? Perché<br />
uscite da questi spettacoli sod<strong>di</strong>sfatti dall'appaga-<br />
mento delle altrui passioni, se non perché voi stes-<br />
si credete che si possa essere felici o <strong>in</strong>felici per co-<br />
se del genere? Voi dunque <strong>di</strong>te <strong>in</strong>sieme al mondo:<br />
.Quelli che hanno questi beni sono felici», Bea-<br />
tum <strong>di</strong>xerunt populum cui hec suntn. E com'è possi-<br />
bile che, nutrendo questo sentimento, voi possiate<br />
<strong>di</strong>re : N Beati quelli il cui il Signore è Id<strong>di</strong>o », Bea-<br />
tus populus cujus Dom<strong>in</strong>us Deus q u s m ?".
Se volete vedere uno spettacolo degno dei vostri<br />
occhi, <strong>in</strong>tonate con Davide il salmo: «Io vedrò i<br />
tuoi cieli, che sono l'opera delle tue mani, la luna<br />
e le stelle che vi hai poste n". Ascoltate Gesù Cristo,<br />
che vi <strong>di</strong>ce: a Guardate i gigli dei campi, e quei fiori<br />
che nascono al matt<strong>in</strong>o e muoiono <strong>di</strong> sera; i11 verità<br />
vi <strong>di</strong>co che nemmeno Salomone <strong>in</strong> tutta la sua<br />
gloria-, e con quel bel <strong>di</strong>adema con cui la madre<br />
gli ha adornato il capo, non fu mai vestito tanto riccamente<br />
quanto uno <strong>di</strong> loro )) "'. Guardate i ricchi<br />
tappeti <strong>di</strong> cui si ricopre la terra <strong>in</strong> primavera. Come<br />
tutto <strong>di</strong>viene mesch<strong>in</strong>o a paragone <strong>di</strong> queste<br />
magnifiche opere <strong>di</strong>v<strong>in</strong>e! Vi si vede la semplicità e<br />
l'opulenza <strong>in</strong>sieme, l'abbondanza, la profusione,<br />
delle <strong>in</strong>esauribili ricchezze che non hanno apprezzato<br />
che una parola sola, che non sostengono che<br />
una parola. Tante cose così belle non si mostrano<br />
né attirano il vostro sguardo se non per riportarlo<br />
al loro autore, <strong>in</strong>comparabilmente più bello. a Perché<br />
gli uom<strong>in</strong>i, rapiti dalla bellezza del sole e <strong>di</strong> tutta<br />
la natura, ne sono stati talmente attirati da farne<br />
degli dei e non hanno pensato a quanto dev'essere<br />
tanto più amabile colui che li ha creati e che è l'autore<br />
<strong>della</strong> bellezza ? D "'.<br />
Se volete adornare con tutta la vostra cura qualcosa<br />
<strong>di</strong> degno, adornate il tempio <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e ripetete<br />
ancora con Davide : Signore, ho amato la bellezza<br />
e gli ornamenti <strong>della</strong> tua casa e la gloria del luogo<br />
<strong>in</strong> cui <strong>di</strong>mori E conclude affermando: «Non<br />
perdere la mia anima con i peccatori»-'*, poiché io<br />
ho amato i veri ornamenti e non mi sono lasciato<br />
sedurre come costoro da un vano splendore.
Gli uom<strong>in</strong>i sfoggiano le loro figlie, ne fanno<br />
spettacolo <strong>di</strong> vanità e oggetto <strong>della</strong> pubblica cupi-<br />
--<br />
<strong>di</strong>gia e «le adornano come si fa <strong>di</strong> un tempio~"".<br />
Essi recarlo a questi cadaveri abbelliti, a questi sepolcri<br />
imbiancati gli ornamenti che dovrebbero ap partenere soltanto al tempio <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, come se volessero<br />
farli adorare al suo posto. Essi nutrono la propria<br />
e l'altrui vanità. Riempiono d'<strong>in</strong>vi<strong>di</strong>a le altre<br />
fanciulle e gli uom<strong>in</strong>i <strong>di</strong> bramosia, e tutto ciò per<br />
<strong>in</strong>gailiio e corruzione. O fedeli, o figli <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, <strong>di</strong>silludetevi<br />
<strong>di</strong> queste false concupiscenze. Perché<br />
mutate <strong>in</strong> vanità le vostre necessità? Voi avete bisogno<br />
<strong>di</strong> un alloggio come necessaria <strong>di</strong>fesa contro le<br />
<strong>in</strong>temperie : è una vostra debolezza; avete bisogno<br />
<strong>di</strong> nutrimento per ricuperare le forze che andate<br />
perdendo e <strong>di</strong>ssipando cont<strong>in</strong>uamente, e questa è<br />
un'altra debolezza. Avete bisogno <strong>di</strong> un letto per riposarvi<br />
quando siete stanchi e per abbandonarvi al<br />
sonno che vi <strong>in</strong>ibisce e vi ottunde la ragione: altra<br />
deplorevole debolezza. Di tutte queste testimonianze<br />
e <strong>di</strong> tutti questi monumenti <strong>della</strong> vostra debolezza<br />
voi fate uno spettacolo per la vostra vanità, e<br />
sembra che vogliate trionfare sull'<strong>in</strong>fermità che vi<br />
circonda da tutte le parti.<br />
Mentre gli altri uom<strong>in</strong>i s'<strong>in</strong>orgogliscono dei loro<br />
bisogni e vogliono quasi adornarsi delle proprie miserie<br />
per nascondersi a se stessi, almeno tu, o cristiano,<br />
o <strong>di</strong>scepolo <strong>della</strong> verità, ritira i tuoi occhi da<br />
queste cose illusorie: nella tua tavola, <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> tutti<br />
quegli allettamenti sontuosi, ama soltanto il necessario<br />
sostentamento per il corpo. Beati quelli<br />
che, umilmente ritirati nella casa del Signore, si <strong>di</strong>-
lettano <strong>della</strong> nu<strong>di</strong>tà <strong>della</strong> loro celletta e del poco <strong>di</strong><br />
cui hanno bisogno <strong>in</strong> questa vita, che non è che<br />
un'ombra <strong>della</strong> morte, e non vedono che la propria<br />
<strong>in</strong>fermità e il pesante giogo <strong>di</strong> cui il peccato li<br />
ha gravati! Beate le verg<strong>in</strong>i che si sono consacrate<br />
a <strong>Dio</strong>, che noil vogliono più essere uno spettacolo<br />
per il mondo e che vorrebbero nascondersi a se<br />
stesse sotto il sacro velo che le ricopre! Beata la<br />
dolce costrizione fatta ai propri occhi per non vedere<br />
le vanità, che ci fa <strong>di</strong>re con Davide: « Distoglietevi,<br />
occhi miei, aff<strong>in</strong>ché non le veda! >> 5! Beati<br />
quelli che, vivendo nel mondo secondo il loro stato,<br />
come quel santo sovrano, non ne sono toccati,<br />
quelli che vi passano senza attaccarvisi e che, come<br />
<strong>di</strong>ce San Paolo, «usano <strong>di</strong> questo mondo come se<br />
non ne usassero»", che <strong>di</strong>cono come Ester che<br />
porta il <strong>di</strong>adema: «Tu sai, o Signore, quanto io <strong>di</strong>sprezzi<br />
questo segno d'orgoglio e tutto ciò che può<br />
servire alla gloria degli empi, e che la tua serva non<br />
gioisce se non <strong>in</strong> te, o <strong>Dio</strong> d'Israele »". Beati quelli<br />
che danno ascolto a questo precetto <strong>della</strong> legge:<br />
«Non vagate <strong>di</strong>etro i vostri pensieri e i vostri occhi,<br />
contam<strong>in</strong>andovi con i <strong>di</strong>versi oggetti m, vale a <strong>di</strong>re<br />
con la corruzione o, come <strong>di</strong>ce il sacro testo, con<br />
la fornicazione degli occhi : a Nec sequantur cogitationes<br />
suas, et oculos per res varias fomzicante~~.~'. Beati <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />
quelli che prestano orecchio a San Giovanni il<br />
quale, compreso <strong>di</strong> tutto l'abom<strong>in</strong>io connesso allo<br />
sguardo, tanto <strong>di</strong> uno spirito curioso quanto <strong>di</strong> occhi<br />
viziati dalla vanità, non cessa <strong>di</strong> proclamare:<br />
«Non amate il mondo, dove tutto è» illusione e<br />
corruzione <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong> degli occhi n !
Capitolo X - Del1 ella vita, che è il terzo tipo<br />
<strong>di</strong> concufiscenza biasimato da San Giovanni.<br />
Benché la curiosità e l'osteiltazione, <strong>di</strong> cui parlere<strong>in</strong>o,<br />
sembrano essere delle <strong>di</strong>ramazioni dell'orgoglio,<br />
esse appartengono piuttosto alla vanità, che è<br />
qualcosa <strong>di</strong> più esteriore e superficiale: tutto si riduce<br />
all'osteiitazione, che abbiamo messo <strong>in</strong> rap<br />
porto con la <strong>concupiscenza</strong> degli occhi. La curiositii<br />
noil ha altro f<strong>in</strong>e che quello <strong>di</strong> fare ammirare<br />
un sapere vano, col quale <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guersi dagli altri uom<strong>in</strong>i.<br />
L'ostentazione delle ricchezze deriva anch'essa<br />
dalla medesima fonte, che non cerca altro che<br />
un vano <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guersi. L'orgoglio è una depravazione<br />
più grave, per la quale l'uomo, abbandonato a<br />
se stesso, per eccesso d'amor proprio si considera il<br />
proprio <strong>di</strong>o. C Essere superbi D, <strong>di</strong>ce Sant'Agost<strong>in</strong>o,<br />
«significa, abbandonando il bene e il pr<strong>in</strong>cipio comune<br />
al quale dobbiamo essere tutti legati, non esser<br />
altro che <strong>Dio</strong>, far <strong>di</strong> se stessi il proprio bene e<br />
il proprio pr<strong>in</strong>cipio, owero il proprio autore n, vale<br />
a <strong>di</strong>re farsi <strong>di</strong>v<strong>in</strong>ità <strong>di</strong> se stessi: N relicto communi, cui<br />
omnes debent hmere, pr<strong>in</strong>bpio, sibi ipsi $merz atque esse<br />
pr<strong>in</strong>cipium '*.<br />
È, questo, il vizio che si è <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uato nella profon<strong>di</strong>tà<br />
delle nostre viscere con le parole del serpente<br />
che ci ha detto, per mezzo <strong>di</strong> Eva: «Voi <strong>di</strong>venterete<br />
come degli dei D" con le quali abbiamo <strong>in</strong>ghiottito<br />
quel veleno mortale nel momento stesso <strong>in</strong> cui<br />
soccombevamo alla tentazione.<br />
Ci è penetrato f<strong>in</strong> dentro le midolla, e tutta l'anima<br />
nostra ne è rimasta <strong>in</strong>fettata. Ecco, <strong>in</strong> generale,<br />
<strong>in</strong> che cosa consiste questa terza forma <strong>di</strong> concupi-
scenza, che San Giovanni chiama N orgoglio n, anzi<br />
l'orgoglio <strong>della</strong> vita*, dal momento che tutta la vi-<br />
ta ne viene corrotta; è come il vizio pr<strong>in</strong>cipe da cui<br />
pullulaiio tutti gli altri vizi. È un vizio che si mani-<br />
festa <strong>in</strong> tutte le nostre azioni. Ma ciò che vi è <strong>di</strong> più<br />
mortale, è che esso è il nutrimento più segreto e<br />
più pericoloso del ilostro cuore.<br />
Capitolo XI - Dell'amor proprio, che è la ra<strong>di</strong>ce del-<br />
l 'orgoglio.<br />
Per penetrare nella natura <strong>di</strong> un vizio così dure-<br />
vole bisogna andare all'orig<strong>in</strong>e del peccato e ram-<br />
mentare le parole del Saggio: .Id<strong>di</strong>o ha fatto l'uo-<br />
mo retto >>62. Tale rettitu<strong>di</strong>ne dell'uomo consisteva<br />
nell'amare <strong>Dio</strong> con tutto il suo cuore, con tutta la<br />
sua anima, con tutte le sue forze, con tutta la sua<br />
<strong>in</strong>telligenza e il suo pensiero, amarlo d'un amore<br />
puro e perfetto per amor suo, e amarsi <strong>in</strong> lui e per<br />
lui. Ecco la rettitu<strong>di</strong>ne e la <strong>di</strong>rittura dell'anima, ec-<br />
co l'or<strong>di</strong>ne, ecco la giustizia. È giusto dare amore a<br />
chi è amabile, dare un grande amore a chi è mol-<br />
to amabile, offrire il sommo e perfetto amore a chi<br />
è sommamente e perfettamente amabile e tutto<br />
l'amore all'unico degno <strong>di</strong> essere amato, che rac-<br />
coglie <strong>in</strong> sé tutto ciò che è amabile e perfetto, tan-<br />
to da non far guardare e amare se stessi se non at-<br />
traverso <strong>di</strong> lui.<br />
Tale è dunque la rettitu<strong>di</strong>ne per cui l'uomo era<br />
stato creato, ed è anche ciò che costituisce la bel-<br />
lezza <strong>della</strong> creatura ragionevole, fatta a immag<strong>in</strong>e<br />
<strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, essendo <strong>Dio</strong> la bontà e la bellezza stesse, e<br />
ciò che è fatto a sua immag<strong>in</strong>e non può non esse-
e bello. Una tal bellezza è relativa a quella <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a,<br />
<strong>di</strong> cui è l'immag<strong>in</strong>e, e <strong>di</strong>pende <strong>in</strong>teramente dal suo<br />
pr<strong>in</strong>cipio che, <strong>di</strong> conseguenza, bisogna amare sol-<br />
tanto d'un amore illimitato. Ma l'anima, vedendosi<br />
bella, si è compiaciuta <strong>in</strong> se stessa e s'è acquietata<br />
nella coiite<strong>in</strong>plazione <strong>della</strong> sua magnificenza; <strong>in</strong><br />
quel momento ha cessato <strong>di</strong> riferirsi a <strong>Dio</strong>, ha <strong>di</strong>-<br />
menticato la propria <strong>di</strong>pendenza, si è prima fer<strong>in</strong>a-<br />
ta e poi s'è consegnata a se stessa. Ingannata dalla<br />
propria libertà, che ha trovato tanto bella e dolce,<br />
essa ne ha fatto una prova funesta: Sua <strong>in</strong> eternum<br />
libertate deceptus n. Ma cercando d'essere libero f<strong>in</strong>o<br />
ad affrancarsi dall'impero <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e dalle leggi del-<br />
la sua giustizia, l'uomo è <strong>di</strong>venuto prigioniero del<br />
proprio peccato.<br />
Chi non ama <strong>Dio</strong> non ama altri che se stesso, ma<br />
chi non ama che se stesso e si preoccupa unica-<br />
mente <strong>della</strong> propria volontà e del proprio piacere<br />
non si sottomette più al volere <strong>di</strong>v<strong>in</strong>o: restando sor-<br />
<strong>di</strong> agli altrui bisogni non si è soltanto ribelli verso<br />
<strong>Dio</strong>, ma anche poco socievoli, scontrosi, <strong>in</strong>giusti,<br />
poco ragionevoli nei confronti del prossimo e desi-<br />
derosi che tutto sia <strong>in</strong> funzione non soltanto dei<br />
propri <strong>in</strong>teressi ma pers<strong>in</strong>o dei propri capricci.<br />
<strong>Dio</strong> è giusto, e una delle leggi <strong>della</strong> sua giustizia<br />
scritta nel libro <strong>della</strong> Sapienza e giustificata dalla<br />
sua condotta nei confronti degli empi è che chiun-<br />
que pecchi contro <strong>di</strong> lui venga punito con ciò stes-<br />
so che lo ha fatto peccare : «Per que peccat quis, per<br />
hec et torquetur»". Egli ha creato l'uomo ragione-<br />
vole cosicché, cercando se stesso, esso sarà la sua<br />
propria pena e troverà il suo supplizio là dove ha<br />
r<strong>in</strong>venuto la causa del suo errore. L'uomo dunque,
essendo <strong>di</strong>venuto peccatore e cercando se stesso,<br />
<strong>di</strong>viene <strong>in</strong>felice trovandosi. <strong>Dio</strong> gli ha sottratto i<br />
suoi doni non lasciaildogli altro che il fondo del<br />
proprio essere, sicché <strong>di</strong>viene oggetto <strong>della</strong> sua giustizia<br />
e soggetto su cui esercitare la sua vendetta.<br />
Non rimane all'uomo nient'altro che ciò che può<br />
avere senza <strong>Dio</strong>, cioè l'errore, la menzogna, l'illusione,<br />
il peccato, la sregolatezza delle sue passioni,<br />
la rivolta contro la ragione, gli <strong>in</strong>ganni delle sue<br />
speranze, gli orrori <strong>della</strong> sua spaventosa <strong>di</strong>sperazione,<br />
e ancora collere, gelosie e asprezze astiose contro<br />
chi lo <strong>di</strong>sturba nella sua ricerca del bene particolare<br />
che ha preferito a quello generale, che nessuno<br />
ci può togliere se non noi stessi, l'unico che<br />
possa essere bastante per tutti.<br />
Eccoci dunque raffigurati nelle nostre passioni e<br />
nella nostra ignoranza, ed ecco il peccato e la pena<br />
del peccato, e non soltanto al suo primo comparire,<br />
all'<strong>in</strong>izio, ma anche <strong>in</strong> seguito, nella consumazione<br />
dell'<strong>in</strong>ferno. Poiché è <strong>di</strong> lì che nascono<br />
quest'ira, questa <strong>di</strong>sperazione, questo tarlo che rode<br />
la coscienza e la fa rimordere e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e questo<br />
pianto eterno tra le fiamme perenni: ecco cosa<br />
emerge dal fondo del nostro crim<strong>in</strong>e. «Io appiccherò<br />
un fuoco <strong>di</strong> mezzo a te che ti <strong>di</strong>vori )), <strong>di</strong>ce il<br />
santo Profeta, ~Producam ignem de m<strong>di</strong>o tui cui comedat<br />
te»'*. Sono i nostri peccati che accendono il<br />
fuoco <strong>della</strong> vendetta <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, da cui <strong>di</strong>vampa il fuoco<br />
<strong>di</strong>voratore che penetra nell'anima imprimendole<br />
un vivo e <strong>in</strong>sopportabile dolore. Ecco cosa produce<br />
l'amore <strong>di</strong> sé e come esso produce <strong>in</strong> noi il<br />
peccato prima e poi il supplizio.
Capitolo XII - Contrap~osirione tra amor kroprio e<br />
amor <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />
I contrari si ricoiioscono l'uno dall'altro: l'<strong>in</strong>giustizia<br />
dell'amor proprio si riconosce <strong>in</strong> contrasto<br />
con la giustizia <strong>della</strong> carità, <strong>di</strong> cui il primo rappresenta<br />
l'alloiitailameiito e la privazione. Sant'Agost<strong>in</strong>o<br />
ne dà questa def<strong>in</strong>izione: La carità è amor <strong>di</strong><br />
<strong>Dio</strong> f<strong>in</strong>o al <strong>di</strong>sprezzo <strong>di</strong> sé », <strong>di</strong>ce, mentre, al contrario,<br />
«la cupi<strong>di</strong>gia è amor <strong>di</strong> sé sp<strong>in</strong>to f<strong>in</strong>o al <strong>di</strong>sprezzo<br />
<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> )>"+. Quando si afferma che l'amor <strong>di</strong><br />
<strong>Dio</strong> giunge f<strong>in</strong>o al <strong>di</strong>sprezzo <strong>di</strong> se stessi, si <strong>in</strong>tende<br />
<strong>di</strong>re f<strong>in</strong>o al <strong>di</strong>sprezzo <strong>di</strong> sé <strong>in</strong> rapporto a <strong>Dio</strong>, comparandosi<br />
a lui. In tal senso, dubitare che si possa<br />
<strong>di</strong>sprezzare se stessi significherebbe dubitare dei<br />
pr<strong>in</strong>cipi fondamentali <strong>della</strong> ragione e <strong>della</strong> giustizia.<br />
I1 <strong>di</strong>sprezzo è l'opposto alla stima. Ma cosa si<br />
può stimare a paragone <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, o con che cosa lo<br />
si può paragonare, dal momento che egli è «colui<br />
che è» e che il resto è nulla <strong>di</strong> fronte a lui, ciò che<br />
fa <strong>di</strong>re al profeta: Davanti a <strong>Dio</strong> le nazioni non sono<br />
che una goccia d'acqua, un granello <strong>in</strong> una bilancia<br />
e le più estese contrade non sono che polvere<br />
>)66. Non può esservi niente <strong>di</strong> più vile <strong>di</strong> tutto<br />
questo, eppure la Scrittura, non contenta <strong>di</strong> quest'espressione,<br />
la trova ancora troppo degna per ciò<br />
che è creato, e per esprimersi con correttezza e<br />
precisione formula quest'altra def<strong>in</strong>izione : Davanti<br />
a <strong>Dio</strong> tutte le nazioni son come se non esistessero;<br />
valgono per lui come nulla>)67.<br />
E badate bene: non si parla <strong>di</strong> un uomo <strong>in</strong> particolare,<br />
ma <strong>di</strong> una nazione, <strong>di</strong> fronte alla quale<br />
l'uomo non è nulla. Ma questa stessa nazione non
è altro che una goccia d'acqua, un granello, una vi-<br />
le manciata <strong>di</strong> polvere. Non soltanto una nazione,<br />
ma tutte le nazioni aiicor meno: sono nulla. Più si<br />
accumulano oggetti dei sensi, più si <strong>di</strong>sprezza ciò<br />
che si accumula con tanta cura. Se una nazione<br />
non è che una goccia d'acqua, cosa saranno mai<br />
tutte le nazioni? Forse che saranno qualcosa <strong>di</strong><br />
più? Nient'affatto: più si accumulano cose create,<br />
più appaiono nulla.<br />
Non bisogna dunque stupirsi che I'amor <strong>di</strong> <strong>Dio</strong><br />
giunga f<strong>in</strong>o al <strong>di</strong>sprezzo <strong>di</strong> sé; non ci si può <strong>di</strong>-<br />
sprezzare se prima non ci si considera un nulla. È<br />
qu<strong>in</strong><strong>di</strong> giusto essere un nulla davanti a <strong>Dio</strong> e pro-<br />
vare verso se stessi il massimo <strong>di</strong>sprezzo. Non ci ri-<br />
mane che ripetere con San Michele: Chi è come<br />
<strong>Dio</strong>?». Chi merita <strong>di</strong> essere paragonato a lui o <strong>di</strong><br />
essere nom<strong>in</strong>ato al suo cospetto? Egli è «colui che<br />
è », e la pienezza dell'essere è <strong>in</strong> lui. Moltiplicate le<br />
creature e aumentatene all'<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito le virtù; si trat-<br />
terà pur sempre, a ben guardarle <strong>di</strong> per sé, <strong>di</strong> un<br />
non essere. A cosa serve accumulare tanto non es-<br />
sere? Cos'altro si potrebbe fare <strong>di</strong> tutto ciò, se non<br />
un non essere? Ama dunque Id<strong>di</strong>o, o uomo, come<br />
il solo che è, e porta l'amor <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> f<strong>in</strong>o al <strong>di</strong>sprez-<br />
zo <strong>di</strong> te stesso <strong>in</strong> quanto nulla.<br />
Ma piuttosto che sp<strong>in</strong>gere l'amore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> f<strong>in</strong>o al-<br />
lo spregio <strong>di</strong> se stesso, come avrebbe dovuto, l'uo-<br />
mo ha sp<strong>in</strong>to l'amor <strong>di</strong> sé f<strong>in</strong>o allo spregio <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>,<br />
seguendo la propria volontà f<strong>in</strong>o a <strong>di</strong>menticare<br />
quella <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, f<strong>in</strong>o a non curarsene <strong>in</strong> alcun modo,<br />
f<strong>in</strong>o a passarvi sopra e ad agire e trovar sod<strong>di</strong>sfa-<br />
zione <strong>in</strong><strong>di</strong>pendentemente da <strong>Dio</strong> e a non tenere <strong>in</strong><br />
alcun conto le sue proibizioni, anzi a comportarsi
come se non esistessero. In tal modo è il nulla che<br />
non tiene <strong>in</strong> alcun conto colui che è e che, <strong>in</strong>vece<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzare se stesso per amor <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, e <strong>in</strong> ciò sa-<br />
rebbe la giustizia sovrana, sacrifica alla propria sod-<br />
<strong>di</strong>sfazione la gloria e la grandezza <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, l'unico a<br />
possedere l'essere, sebbene l'uomo non sia che un<br />
nulla, ciò che è il massimo dell'<strong>in</strong>giustizia e del tra-<br />
viamento.<br />
Capitolo XIII - Quanto l'amw proprio <strong>in</strong>debolisce l'uomo.<br />
Chi non tiene Id<strong>di</strong>o <strong>in</strong> alcuna considerazione ag-<br />
giunge alla sua naturale nullità quella <strong>della</strong> propria<br />
<strong>in</strong>giustizia e del proprio traviamento. Non è <strong>Dio</strong><br />
che lo degrada, ma è egli stesso che si degrada da<br />
sé. Non toglie nulla a <strong>Dio</strong> ma toglie a se stesso il so-<br />
stegno <strong>di</strong>v<strong>in</strong>o, la sua luce, la sua forza e la fonte <strong>di</strong><br />
tutto il proprio bene e <strong>di</strong>venta cieco, ignorante, de-<br />
bole, impotente, <strong>in</strong>giusto, malvagio, schiavo del pia-<br />
cere e nemico <strong>della</strong> verità. Chi cerca qualcosa non<br />
per se stessa ma per ciò che <strong>di</strong> essa gli piace, non<br />
mira alla verità. Prima ancora <strong>di</strong> esservi qualsiasi<br />
cosa che piaccia o non piaccia ai nostri sensi, esiste<br />
una verità che è per natura il <strong>di</strong>sfacimento del no-<br />
stro spirito. Questa verità è la nostra regola, ed è da<br />
questa verità, e non dai nostri piaceri, che devono<br />
essere regolati i nostri desideri. Poiché la verità<br />
che, per così <strong>di</strong>re, piace a <strong>Dio</strong>, è <strong>Dio</strong> stesso, e ciò<br />
che piace a noi siamo noi stessi, che ci preferiamo<br />
a <strong>Dio</strong>. Noi non possiamo nulla, ahimè, dal mo-<br />
mento che abbiamo considerato <strong>Dio</strong> un nulla, tra-<br />
sgredendone la legge e agendo come se non esi-<br />
stesse. Questo è ciò che hanno fatto i nostri proge-
iiitori, questa è la tara ere<strong>di</strong>taria <strong>della</strong> nostra natu-<br />
ra. I1 demonio ci <strong>di</strong>ce, come ha già detto loro:<br />
Perché Id<strong>di</strong>o vi ha proibito questo frutto, così bel-<br />
lo per l'occhio e così dolce al palato?». « Cur pra-<br />
cqbit vobis Deus Da allora il piacere ha assunto<br />
ogni potere su <strong>di</strong> noi, e la m<strong>in</strong>ima lus<strong>in</strong>ga dei sen-<br />
si ha prevalso sull'autorità <strong>della</strong> verità.<br />
Capitolo XIV - Ciò che l'orgoglio aggiunge all'amor<br />
proprio.<br />
L'anima attaccata a se stessa e corrotta dall'amore<br />
<strong>di</strong> sé è <strong>in</strong> certo qual modo superba e ribelle, poiché<br />
trasgre<strong>di</strong>sce la legge <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. Ma quando la si<br />
trasgre<strong>di</strong>sce perché si è prostrati dal dolore, come<br />
chi soccombe al male, o perché non si può resistere<br />
all'attrazione troppo violenta del piacere dei sensi,<br />
più che <strong>di</strong> orgoglio si tratta <strong>di</strong> debolezza. L'orgoglio<br />
<strong>di</strong> cui parliamo consiste <strong>in</strong> una certa falsa<br />
forza che rende l'anima <strong>in</strong>docile e fiera, <strong>in</strong>sofferente<br />
<strong>di</strong> qualsiasi costrizione e che, per un eccessivo<br />
amore per la propria libertà, aspira a quella sorta<br />
d'<strong>in</strong><strong>di</strong>pendenza che fa provare un piacere particolare<br />
a <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>re e che è irritata dalla proibizione.<br />
È quella funesta <strong>di</strong>sposizione d'animo così<br />
spiegata da San Paolo: « I1 peccato mi ha fatto errare<br />
per mezzo <strong>della</strong> legge e con essa mi ha dato la<br />
morte D @'; il peccato, cioè, spiega Sant'Agost<strong>in</strong>o, mi<br />
ha fatto errare per mezzo <strong>di</strong> una falsa dolcezza,<br />
t< falsa dulce<strong>di</strong>nen 'O, che mi ha fatto trasgre<strong>di</strong>re il <strong>di</strong>vieto<br />
e con ciò mi ha dato la morte poiché, per una<br />
strana <strong>in</strong>fermità del mio volere, mi sono rivolto più<br />
volentieri a quei piaceri che la proibizione mi ren-
deva più dolci: @ia quanto m<strong>in</strong>us licet, tanto magzs<br />
libet~. I11 tal modo la legge mi ha ucciso doppia-<br />
mente, dal momento che ha portato al culm<strong>in</strong>e il<br />
peccato con la trasgressione espressa dal comanda-<br />
mento, stimolando il desiderio con la troppo po-<br />
tente attrattiva <strong>della</strong> proibizione : <strong>in</strong>centivo prohibi-<br />
tionis, et cumulo prmaricationis N.<br />
L'orig<strong>in</strong>e <strong>di</strong> un sì grande male sta nel fatto che,<br />
trasgredendo il <strong>di</strong>vieto, noi usiamo <strong>della</strong> nostra li-<br />
bertà <strong>in</strong> una mailiera che ci <strong>in</strong>duce <strong>in</strong> errore e che,<br />
<strong>in</strong>vece <strong>di</strong> far consistere la vera libertà dell'uomo<br />
nell'umile sottomissione <strong>della</strong> propria volontà alla<br />
sovrana volontà <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, la riduciamo a fare la nostra<br />
propria volontà, ostentando mo<strong>di</strong> <strong>in</strong><strong>di</strong>pendenti<br />
contrari all'orig<strong>in</strong>aria istituzione <strong>della</strong> nostra natu-<br />
ra, che non può essere libera né felice che sotto il<br />
dom<strong>in</strong>io <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />
111 tal modo ci ren<strong>di</strong>amo liberi alla maniera de-<br />
gli animali, che non hanno altra legge che quella<br />
dei loro desideri, poiché le loro passioni sono per<br />
essi le leggi ispirate da <strong>Dio</strong> e dalla natura. Ma per<br />
la creatura ragionevole, che ha un'altra natura e<br />
un'altra legge impostale da <strong>Dio</strong>, la libertà è cosa<br />
<strong>di</strong>fferente, consiste cioè nel sottomettersi volonta-<br />
riamente alla suprema ragione <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, <strong>di</strong> cui la pro-<br />
pria non è che un'emanazione. È dunque per que-<br />
sta creatura un grave <strong>di</strong>fetto quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>lettarsi a<br />
scuotere questo beato giogo, a proposito del quale<br />
Gesù Cristo ha detto: a Il mio giogo è soave e il mio<br />
fardello è leggero n 'l, a rendersi libera alla maniera<br />
degli animali privi d'<strong>in</strong>telletto, com'è espresso da<br />
queste parole: L'uomo vano è trasc<strong>in</strong>ato dal suo
orgoglio, e si crede nato libero alla maniera <strong>di</strong> un<br />
giovane animale focoso )) ".<br />
A tale genere <strong>di</strong> orgoglio, che <strong>di</strong>scende da una<br />
libertà <strong>in</strong>docile e irragionevole, bisogna ancora aggiungerne<br />
un altro, che è quel che San Giovanni<br />
vuol farci comprendere qui con maggior chiarezza<br />
e che consiste nel nutrire dentro <strong>di</strong> sé un certo<br />
amore per la propria grandezza, fondata sull'idea<br />
<strong>della</strong> propria eccellenza, che è il vizio più persistente<br />
e al tempo stesso più pericoloso per l'essere<br />
ragionevole.<br />
Capitolo XV - Descrizione <strong>della</strong> caduta dell'uomo, che<br />
consiste pr<strong>in</strong>cipalmente nel suo orgoglio.<br />
Non si comprenderà mai la caduta dell'uomo se<br />
non si comprende la situazione <strong>in</strong> cui si trova l'ani-<br />
ma dotata <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernimento e il posto che detiene<br />
per natura tra quelli che vengono def<strong>in</strong>iti i beni.<br />
Vi è dunque <strong>in</strong>nanzi tutto il bene supremo, che<br />
è <strong>Dio</strong>, <strong>in</strong>torno al quale sono riunite tutte le virtù e<br />
nel quale regna la felicità <strong>della</strong> natura dotata <strong>di</strong><br />
giu<strong>di</strong>zio. Vi sono <strong>in</strong> secondo luogo i beni <strong>in</strong>feriori,<br />
owero gli oggetti sensibili e materiali, da cui l'ani-<br />
ma dotata <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernimento può sentirsi attratta.<br />
Essa si mantiene nel mezzo tra questi due tipi <strong>di</strong> be-<br />
ni potendo, me<strong>di</strong>ante il libero arbitrio che le è pro-<br />
prio, elevarsi all'uno o abbassarsi all'altro dei due,<br />
trovandosi <strong>in</strong> tal modo <strong>in</strong> uno stato <strong>in</strong>terme<strong>di</strong>o tra<br />
tutto ciò che è buono.<br />
L'anima ragionevole è dunque, per la sua con<strong>di</strong>-<br />
zione, il supremo tra tutti i beni dopo <strong>Dio</strong>, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>i-<br />
tamente al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> lui ma molto superiore a tut-
ti gli oggetti sensibili ai quali essa può attaccarsi <strong>di</strong>staccandosi<br />
da <strong>Dio</strong> senza una caduta obbrobriosa.<br />
Ma per cadere così <strong>in</strong> basso bisogna necessariamente<br />
che essa passi, per così <strong>di</strong>re, per il mezzo,<br />
cioè attraverso se stessa: è qui che si può <strong>in</strong><strong>di</strong>viduare<br />
senza <strong>di</strong>fficoltà il primo attaccamento. Poiché<br />
al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, al quale l'anima deve unirsi<br />
per trovare la propria felicità, non trova nulla che<br />
sia superiore a se stessa, che sia fatta a propria immag<strong>in</strong>e,<br />
è proprio qui ch'essa cade, come ha detto<br />
Sant'Agost<strong>in</strong>o con accenti <strong>di</strong> profonda verità quando<br />
afferma che precipitando dall'alto e decadendo<br />
dalla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, l'uomo cade essenzialmente<br />
su se stesso »73. ECCO dunque che, perdendo<br />
la propria forza, egli cade necessariamente ancora<br />
più <strong>in</strong> basso, là dove non è più possibile arrestarsi,<br />
e i suoi desideri si <strong>di</strong>sperdono tra gli oggetti sensibili<br />
e <strong>in</strong>feriori <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>venta schiavo poiché lo <strong>di</strong>venta<br />
il suo corpo, il quale, assoggettato a sua volta<br />
alle cose esteriori e <strong>in</strong>feriori, ne è esso stesso <strong>di</strong>pendente<br />
e costretto a men<strong>di</strong>care tra questi oggetti<br />
i piaceri che ritornano ai sensi.<br />
Tale è dunque l'<strong>in</strong>tero processo <strong>della</strong> caduta: a<br />
somiglianza <strong>di</strong> un corso d'acqua che da una sorgente<br />
d'alta montagna scorre prima su un'alta roccia<br />
dove, se così si può <strong>di</strong>re, si <strong>di</strong>sperde all'iiif<strong>in</strong>ito,<br />
e si precipita f<strong>in</strong>o al più profondo degli abissi, l'anima<br />
dotata <strong>di</strong> ragione cade da <strong>Dio</strong> su se stessa e si<br />
ritrova precipitata su ciò che vi è <strong>di</strong> più basso.<br />
Ecco un'immag<strong>in</strong>e veritiera <strong>della</strong> caduta <strong>della</strong><br />
nostra natura. Noi ne percepiamo l'effetto f<strong>in</strong>ale <strong>in</strong><br />
questo corpo che ci prostra e nei piaceri sensuali<br />
che ci aw<strong>in</strong>cono. Ci ritroviamo al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> tutto
questo, e veramente schiavi <strong>di</strong> questa nostra natura<br />
corporale, noi che eravamo nati per comaildarla.<br />
Tanto è irreparabile la iiostra caduta.<br />
Ma dovevamo prima cadere su noi stessi perché,<br />
co<strong>in</strong>e quel corso d'acqua che si rovescia prima sul-<br />
la roccia e scava profondamente nel punto <strong>in</strong> cui<br />
cade, così l'anima nostra, cadendo su se stessa, pro-<br />
duce dentro <strong>di</strong> sé una prima piaga profonda, l'im-<br />
pronta <strong>della</strong> sua eccellenza, <strong>della</strong> sua grandezza,<br />
poiché vuol sempre persuadersi d'essere mirabile,<br />
vuol pascersi dello spettacolo <strong>della</strong> propria perfe-<br />
zione, che le appare sempre straor<strong>di</strong>naria, non ve-<br />
dendo null'altro attorno a sé se non la propria vo-<br />
glia <strong>di</strong> assoggettare, da cui derivano l'ambizione, il<br />
dom<strong>in</strong>io, l'<strong>in</strong>giustizia, l'<strong>in</strong>vi<strong>di</strong>a, né coglie <strong>in</strong> sé nul-<br />
la che non attribuisca a se stessa, da cui <strong>di</strong>scende la<br />
presunzione delle proprie forze. È <strong>in</strong> tutto questo<br />
che bisogna riconoscere la nascita <strong>di</strong> ciò che si<br />
chiama orgoglio.<br />
Capitolo XVI - Gli effetti dell'orgoglio sono pr<strong>in</strong>cipal-<br />
mente due. Dove si tratta del primo.<br />
Da quanto si è detto <strong>in</strong> precedenza compren<strong>di</strong>a-<br />
mo come l'orgoglio o, come l'abbiamo def<strong>in</strong>ito,<br />
l'amor proprio e l'idea <strong>della</strong> propria grandezza, ha<br />
due effetti pr<strong>in</strong>cipali, <strong>di</strong> cui l'uno è quello <strong>di</strong> voler<br />
eccellere <strong>in</strong> ogni cosa al <strong>di</strong> sopra degli altri e l'al-<br />
tro è quello <strong>di</strong> attribuire a se stessi la propria ec-<br />
cellenza.<br />
Quanto al primo effetto, si potrebbe credere che<br />
non lo si ritrovi che tra i sapienti o i ricchi e che<br />
non esista affatto tra gli umili, usi al lavoro, alla po-
vertà e alla <strong>di</strong>pendenza. Ma a guardare più da pres-<br />
so ci si accorge come questo vizio regni <strong>in</strong> tutte le<br />
coii<strong>di</strong>zioni sociali, f<strong>in</strong>o alla più bassa; basti coiisi-<br />
derare con quanta fatica vengano riconciliati gli<br />
animi tra gli strati <strong>in</strong>feriori, allorquaiido scoppiano<br />
delle liti o si iiiteiitaiio dei processi a causa <strong>di</strong> <strong>in</strong>-<br />
giustizie, e come i cuori siaiio esulcerati all'esti-emo<br />
e si sia <strong>di</strong>sposti a sp<strong>in</strong>gere f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo la veiidet-<br />
ta, che è il trionfo dell'orgoglio. Chi vede tutti i<br />
giorni gli scatti d'ira con cui <strong>in</strong> parrocchia i conta-<br />
<strong>di</strong>ni si contendono i banchi e li sente dare libero<br />
sfogo al loro riseiitimento f<strong>in</strong>o al punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>chia-<br />
rare, senza prestare ascolto ad alcuna ragione né<br />
cedere ad alcuna autorità, <strong>di</strong> non voler più andare<br />
<strong>in</strong> chiesa f<strong>in</strong>o a quando i loro desideri non venga-<br />
no sod<strong>di</strong>sfatti, riconosce f<strong>in</strong> troppo bene <strong>in</strong> queste<br />
anime mesch<strong>in</strong>e la piaga dell'orgoglio, la stessa che<br />
fa scoppiare le guerre tra i popoli e sp<strong>in</strong>ge gli am-<br />
biziosi a mestar tutto per farsi <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guere dagli al-<br />
tri. Non c'è bisogno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are a fondo la <strong>di</strong>sposi-<br />
zione d'animo <strong>di</strong> chi dom<strong>in</strong>a nelle parrocchie e si<br />
attribuisce un primato e un ascendente sui compa-<br />
gni <strong>di</strong> fede per riconoscere che l'orgoglio e il desi-<br />
derio <strong>di</strong> primeggiare lo trasporta con la stessa foga<br />
e con maggiore violenza degli altri uom<strong>in</strong>i.<br />
E per passare dalle anime più grossolane alle più<br />
delicate, quante precauzioni si son dovute prende-<br />
re nel corso delle elezioni, anche ecclesiastiche e<br />
religiose, per evitare che le ambizioni, le trame, gli<br />
<strong>in</strong>trighi, le sollecitazioni sotterranee, le promesse e<br />
le pratiche più crim<strong>in</strong>ali, i patti più simoniaci e tut-<br />
te le altre turpitu<strong>di</strong>lli f<strong>in</strong> troppo note <strong>in</strong> materia<br />
senza che, lungi dall'averli sra<strong>di</strong>cati iiiteramente, ci
si possa vantare d'esser riusciti, forse, a far nient'al-<br />
tro che nascondere o mitigare <strong>in</strong> qualche modo<br />
questi mali. Sciagura, dunque, e <strong>in</strong>felicità alla terra<br />
ammorbata da ogni parte dai veleni dell'orgoglio !<br />
Ascoltiamo San Paolo, che ce ne fa osservare i<br />
frutti con queste parole :
dei <strong>di</strong>scepoli che portano il loro nome. E se vo-<br />
gliamo comprendere quanto sia perverso l'orgoglio<br />
tra i vizi più comuni, ci basti pensare soltanto per<br />
un momento all'<strong>in</strong>vi<strong>di</strong>a e alla mal<strong>di</strong>cenza, sua crea-<br />
tura, per veder gli uom<strong>in</strong>i pieni <strong>di</strong> veleno e <strong>di</strong> re-<br />
ciproco o<strong>di</strong>o, che mutano la l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong> un'arma of-<br />
fensiva, che è più affilata d'una spada e che viene<br />
scagliata più lontano d'una freccia, per gettare<br />
uii'ombra <strong>di</strong> desolazione su quel che ci si presenta<br />
<strong>di</strong> fronte. Tutto questo <strong>di</strong>pende dal fatto che ogni<br />
uomo, preso <strong>di</strong> sé, vuol mettere tutto ai suoi pie<strong>di</strong><br />
e attribuirsi un'esecrabile superiorità, denigrando<br />
con ciò tutto il genere umano. Ecco il primo effet-<br />
to dell'orgoglio, com'esso si mostra all'esterno.<br />
L'orgoglio permea tutte le passioni e attribuisce<br />
alle altre forme <strong>di</strong> <strong>concupiscenza</strong> più grossolane e<br />
carnali qualcosa che le esaspera. Osservate una<br />
donna <strong>in</strong> tutta la sua superba bellezza, nella sua<br />
ostentazione, nella sua apparenza: essa vuol v<strong>in</strong>ce-<br />
re, vuol essere adorata come una dea dal genere<br />
umano, lei per prima si rende questa forma <strong>di</strong> ado-<br />
razione, è l'idolo <strong>di</strong> se stessa e dopo essersi adora-<br />
ta e ammirata fa <strong>in</strong> modo da sottomettere tutti al<br />
suo dom<strong>in</strong>io. Gezabele, catturata e v<strong>in</strong>ta, s'immagi-<br />
na ancora <strong>di</strong> <strong>di</strong>sarmare il suo v<strong>in</strong>citore affaccian-<br />
dosi imbellettata dalle sue f<strong>in</strong>estre. Cleopatra crede<br />
<strong>di</strong> avere negli occhi e <strong>in</strong> viso <strong>di</strong> che far crollare ai<br />
suoi pie<strong>di</strong> i conquistatori e, usa a simili vittorie,<br />
quando queste vengono a mancare non trova altro<br />
soccorso che la morte. In tutti i secoli vi sono state<br />
<strong>di</strong> queste r<strong>in</strong>omate bellezze, che il Saggio ci descri-<br />
ve con queste parole : M Ella ha fatto soccombere un<br />
<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito numero <strong>di</strong> uom<strong>in</strong>i trafitti dalle sue fattez-
ze; tutte le sue ferite son mortali, e anche i più for-<br />
ti sono caduti sotto i suoi colpi:
e da parte mia è il provarne tanto <strong>di</strong>letto, e se s e<br />
no veri, donde mi viene quest'altro errore <strong>di</strong> ama-<br />
re la verità meno <strong>della</strong> testimonianza che le vien re-<br />
sa dagli uom<strong>in</strong>i? Forse che, <strong>di</strong>ffidando del mio stes-<br />
so giu<strong>di</strong>zio, voglio essere rafforzato nella stima che<br />
ho <strong>di</strong> me stesso me<strong>di</strong>ante la testimonianza altrui e<br />
anzi, se è possibile, <strong>di</strong> tutto il genere umano? E<br />
che, la verità m'è forse talmente ignota da farmi<br />
desiderare <strong>di</strong> andare a cercarla nell'op<strong>in</strong>ione al-<br />
trui? Oppure si è che conosco f<strong>in</strong> troppo bene le<br />
mie debolezze e i miei <strong>di</strong>fetti, <strong>di</strong> cui la mia co-<br />
scienza è la prima e <strong>in</strong>evitabile testimone, sì da far-<br />
mi preferire la vista <strong>di</strong> me stesso attraverso la testi-<br />
monianza <strong>di</strong> quelli a cui, come <strong>in</strong> uno specchio<br />
adulatore, io li nascondo con tanta cura? Quale<br />
me<strong>di</strong>ocrità !<br />
Osservate la donna <strong>in</strong>vaghita <strong>della</strong> sua effimera<br />
bellezza, che si crea da sé uno specchio adulatore<br />
per correggere l'immag<strong>in</strong>e delle sue carni r<strong>in</strong>sec-<br />
chite e dei suoi l<strong>in</strong>eamenti sciupati, o che fa <strong>di</strong>p<strong>in</strong>-<br />
gere un quadro menzognero <strong>di</strong> ciò ch'ella non è<br />
più, figurandosi così <strong>di</strong> riprendere ciò che gli anni<br />
le hanno tolto. Tale è dunque la seduzione, a tale<br />
debolezza portano l'elogio, la fama, la gloria. Que-<br />
st'ultima, solitamente, non è che uno specchio <strong>in</strong><br />
cui si fa apparire il falso con un certo lustro. Cos'è<br />
mai la gloria <strong>di</strong> Cesare o d'Alessandro, <strong>di</strong> questi<br />
due idoli del mondo che tutti gli uom<strong>in</strong>i sembrano<br />
ancora voler portare alle vette delle cose umane<br />
con il loro tributo <strong>di</strong> lo<strong>di</strong> e d'ammirazione, cos'è,<br />
ripeto, la loro gloria se non un confuso ammasso <strong>di</strong><br />
virtù fasulle e <strong>di</strong> vistosi vizi che, sostenuti da azioni<br />
d'un mal<strong>in</strong>teso vigore, dal momento che non arre-
ca che delle <strong>in</strong>giustizie o, <strong>in</strong> ogni caso, dei risultati<br />
perituri, si sono imposti al genere umano e hanno<br />
abbac<strong>in</strong>ato pers<strong>in</strong>o i saggi <strong>della</strong> terra, co<strong>in</strong>volti essi<br />
stessi <strong>in</strong> simili errori e trasc<strong>in</strong>ati da uguali passioni ?<br />
Vanità delle vanità, tutto è vanità, e più l'orgoglio<br />
s'immag<strong>in</strong>a d'essere solidameilte fondato, più è va-<br />
no e fallace.<br />
Ma accompagnate <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e l'elogio alla virtù e alla<br />
verità, come solitamente dovrebbe essere; quale er-<br />
rore è quello <strong>di</strong> non poter stimare la virtù senza<br />
l'encomio degli uom<strong>in</strong>i! È dunque <strong>di</strong> per se stessa<br />
da tenersi <strong>in</strong> così scarsa considerazione? Gli occhi<br />
<strong>di</strong> <strong>Dio</strong> sono dunque così poca cosa per gli uom<strong>in</strong>i<br />
virtuosi? E chi dunque li stimerà, se i saggi non se<br />
ne accontentano? E tuttavia io vedo Sant'Agosti-<br />
no7', per esempio, un uomo così grande e così umi-<br />
le, un uomo talmente conv<strong>in</strong>to che non si debba<br />
amare l'elogio che come un bene <strong>di</strong> chi loda, per<br />
il quale la felicità consiste nel riconoscere la verità<br />
e nel rendere giustizia alla virtù; ebbene, io vedo<br />
un uomo così santo che, esam<strong>in</strong>andosi al cospetto<br />
degli occhi <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> si tormenta al pensiero <strong>di</strong> ama-<br />
re forse le lo<strong>di</strong> per sé piuttosto che per quelli che<br />
gliele tributano, <strong>di</strong> voler forse essere amato dagli<br />
uom<strong>in</strong>i per altri motivi che non perché faccia loro<br />
profitto, <strong>di</strong> essere, <strong>in</strong> una parola, superbo piuttosto<br />
che virtuoso: talmente subdolo è il male dell'orgo-<br />
glio, tanto le nostre viscere ne sono <strong>in</strong>timamente<br />
impregnate, tanto sottile e impercettibile è il suo<br />
apparato, tanto gli umili devono veramente temere<br />
f<strong>in</strong>o alla morte qualsiasi contam<strong>in</strong>azione dell'orgo-<br />
glio, qualunque contagio del vizio che respiriamo
con l'aria del moiido e <strong>di</strong> cui portiamo la ra<strong>di</strong>ce<br />
dentro <strong>di</strong> noi.<br />
Capitolo XVIII - Il bell'<strong>in</strong>gegno e il filosofo.<br />
Parliamo adesso <strong>di</strong> un'altra specie d'orgoglio, <strong>di</strong><br />
uii'altra specie <strong>di</strong> debolezza. Se ne vedono tanti<br />
che trascorrono la loro vita a toriiire un verso, a<br />
polire un periodo, ad abbellire ciò che non solo è<br />
<strong>in</strong>utile ma anche pericoloso, come il celebrare un<br />
amore simulato o anche piacevole e a riempire<br />
l'universo con le follie <strong>della</strong> loro giov<strong>in</strong>ezza travia-<br />
ta. Ciechi ammiratori delle loro opere, essi non<br />
possono soffrire quelle degli altri, e s'<strong>in</strong>gegnano <strong>di</strong><br />
riscuotere l'approvazione per i loro versi tra i po-<br />
tenti adulandoli ed elogiandone gli errori e le de-<br />
bolezze. Se ottengono o immag<strong>in</strong>ano d'ottenere il<br />
plauso del loro pubblico, tronfi per il loro succes-<br />
so, vano o immag<strong>in</strong>ario che sia, costoro imparano<br />
a riporre la loro felicità nelle voci confuse, nel bru-<br />
sio che si <strong>di</strong>ffonde per l'aria e si pongono nel no-<br />
vero <strong>di</strong> quelli a cui il Profeta rivolge questo rim-<br />
provero: «Voi, che vi rallegrate per cose da nul-<br />
la))<br />
7R. E se qualche critica giunge alle loro orecchie<br />
essi, con apparente <strong>di</strong>sdegno e autentica sofferen-<br />
za, rendono giustizia a se stessi e bisogna che una<br />
schiera d'amici prenda le loro <strong>di</strong>fese, li aduli e li<br />
rassicuri sul loro pubblico per evitare che si addo-<br />
lor<strong>in</strong>o. Attenti al giu<strong>di</strong>zio del pubblico <strong>in</strong> cui il gu-<br />
sto, <strong>in</strong>tendendo con ciò solitamente l'estro e l'umo-<br />
re del momento, prevale sulla ragione, costoro non<br />
si curano <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> quel giu<strong>di</strong>zio severo <strong>in</strong> cui la ve-<br />
rità condannerà l'<strong>in</strong>utilità <strong>della</strong> loro vita, la vanità
dei loro sforzi, la mesch<strong>in</strong>ità delle loro adulazioni<br />
e, nel contempo, il veleno delle loro satire morda-<br />
ci o dei loro epigrammi pungenti, e più ancora le<br />
parole dolci e gli ornamenti che avranno riversato<br />
sul veleno dei loro scritti, nemici <strong>della</strong> pietà e del<br />
pudore. Se poi il loro secolo non parrà loro abba-<br />
stanza favorevole alle loro follie, essi attenderanno<br />
la giustizia dei posteri, troveranno cioè bello e giu-<br />
sto l'esser lodati tra gli uom<strong>in</strong>i per delle opere che<br />
otterranno la riprovazione <strong>della</strong> loro coscienza ol-<br />
tre a quella <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, e che li avranno circondati del-<br />
le fiamme d'un fuoco ven<strong>di</strong>catore. Quale <strong>in</strong>ganno,<br />
quale cecità, quale vano trionfo dell'orgoglio !<br />
L'altra specie <strong>di</strong> orgogliosi sono i filosofi, che<br />
condannano questi scritti vani. All'apparenza non<br />
v'è nulla <strong>di</strong> più severo né <strong>di</strong> più vero del giu<strong>di</strong>zio<br />
che Socrate, Platone o altri filosofi <strong>di</strong>etro il loro<br />
esempio hanno dato delle opere dei poeti. Costoro<br />
non hanno, essi <strong>di</strong>cono, ed è quanto <strong>di</strong>ce Platone,<br />
alcun riguardo per la verità e si accontentano <strong>di</strong> <strong>di</strong>-<br />
re le cose che piacciono: ecco perché nei loro ver-<br />
si si troverà il pro e il contro, sentenze mirabili a fa-<br />
vore e contro la virtù. I vizi vi saranno ugualmente<br />
lodati e condannati, e purché lo si faccia con dei<br />
bei versi, il loro lavoro può <strong>di</strong>rsi compiuto. Trove-<br />
remo nelle opere <strong>di</strong> Platone un florilegio <strong>di</strong> versi<br />
d'Omero a favore e contro la verità e la virtù: il<br />
poeta non sembra curarsi delle conseguenze, e cre-<br />
de d'aver sod<strong>di</strong>sfatto le regole <strong>della</strong> sua arte a pat-<br />
to <strong>di</strong> strappare al suo lettore la testimonianza che<br />
il suo orecchio è stato piacevolmente blan<strong>di</strong>to, co-<br />
me un pittore il quale, senza preoccuparsi d'aver
<strong>di</strong>p<strong>in</strong>to degli oggetti che portano al vizio, crede<br />
d'aver compiuto ciò che ci si attende dal suo pen-<br />
nello dal momento che ha imitato la natura alla<br />
perfezione. Ecco perché - questo è ancora il ragio-<br />
namento <strong>di</strong> Platone, per bocca <strong>di</strong> Socrate - quan-<br />
do troviamo nei poeti delle gran<strong>di</strong> e nobili senten-<br />
ze, non resta che da approfon<strong>di</strong>re, da farli ragio-<br />
nare su quanto hanno scritto, e si scoprirà ch'essi<br />
non le compreiidono. «Perché? W , si chiede il filo-<br />
sofo. Perché non si curano che <strong>di</strong> piacere, perché<br />
non si son dati la pena <strong>di</strong> cercare la verità.<br />
Ve<strong>di</strong>amo come <strong>in</strong> Virgilio il vero e il falso siano<br />
egualmente <strong>di</strong>spiegati. Egli trova che nella sua<br />
Eneide l'esposizione delle idee platoniche sul pen-<br />
siero e l'<strong>in</strong>telligenza che anima il mondo cadano a<br />
proposito : ne farà dei magnifici versi. Se converrà<br />
alla sua vena poetica e al fuoco che ne anima i mo-<br />
vimenti descriverà la massa degli atomi, che fortui-<br />
tamente aggregati costituiscono i pr<strong>in</strong>cipi primi<br />
<strong>della</strong> terra, dell'acqua, dell'aria e del fuoco, e ne<br />
farà sortire l'universo senza bisogno del soccorso<br />
<strong>della</strong> mano <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a per organizzarli; <strong>in</strong> un'egloga<br />
sarà epicureo e platonico <strong>in</strong> un poema eroico. Ha<br />
accontentato l'orecchio, ha <strong>di</strong>spiegato il suo tem-<br />
peramento, la musicalità dei suoi versi, la vivacità<br />
delle sue espressioni: tanto basta alla poesia, la ve-<br />
rità non è necessaria.<br />
Anche i poeti e i begli <strong>in</strong>gegni cristiani hanno lo<br />
stesso atteggiamento; la religione entra nel <strong>di</strong>segno<br />
e nella composizione delle loro opere quanto <strong>in</strong><br />
quelle dei pagani. Quello ha l'ispirazione <strong>di</strong> ripro-<br />
vare le donne, e non si preoccupa se con ciò con-
danna il matrimonio e ne allontana quelli per cui<br />
è stato dato come rime<strong>di</strong>o: purché sia fatto con dei<br />
bei versi, egli sacrifica il pudore muliebre al proprio<br />
umore satirico ed è sod<strong>di</strong>sfatto soltanto quando<br />
riesce a creare delle belle immag<strong>in</strong>i <strong>di</strong> azioni,<br />
sovente <strong>in</strong>degne. Quell'altro riterrà molto bello <strong>di</strong>sprezzare<br />
l'uomo, le sue vanità e le sue pompe; perorerà<br />
contro <strong>di</strong> lui la causa delle bestie e attaccherà<br />
nella sua forma perf<strong>in</strong>o la ragione, senza curarsi<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzare <strong>in</strong> tal modo l'immag<strong>in</strong>e <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>,<br />
<strong>di</strong> cui portiamo ancora impressi tanto vivamente<br />
dei residui nella nostra caduta, che sono tanto felicemente<br />
r<strong>in</strong>novellati con la nostra rigenerazione.<br />
Queste gran<strong>di</strong> verità non sono nulla per lui ; egli, al<br />
contrario, le nasconde <strong>di</strong> proposito ai suoi lettori,<br />
perché spezzerebbero il corso delle false e perniciose<br />
giocosità. - Tanto ci si allontana dalla verità<br />
quando si coltivano le arti a cui la consuetu<strong>di</strong>ne e<br />
l'errore non offrono nella loro pratica altro oggetto<br />
che il piacere.<br />
I1 filosofo, <strong>in</strong>coronato e con un ramo d'alloro <strong>in</strong><br />
mano, biasima questi artifici e li ban<strong>di</strong>sce dalla sua<br />
repubblica. Ma è forse più serio questo filosofo,<br />
che avendo conosciuto <strong>Dio</strong> non lo riconosce come<br />
tale, che non osa annunciare al popolo la più importante<br />
delle verità, che si unisce ad esso nell'adorazione<br />
degli idoli e sacrifica la verità alla consuetu<strong>di</strong>ne?<br />
Costui è uguale agli altri i quali, gonfi<br />
d'orgoglio per la loro vana filosofia, siano essi dei<br />
fisici, dei geometri o degli astronomi, si credono <strong>di</strong><br />
eccellere <strong>in</strong> ogni cosa e sottomettono al loro giu<strong>di</strong>zio<br />
gli oracoli che <strong>Dio</strong> ha <strong>in</strong>viato al mondo per ri-
sanarlo. La semplicità <strong>della</strong> Scrittura causerà allora<br />
un estremo <strong>di</strong>sgusto alla loro mente occupata <strong>in</strong> altri<br />
pensieri; tanto più essi sembrano awic<strong>in</strong>arsi a<br />
<strong>Dio</strong> per <strong>in</strong>telligenza, tanto più se ne allontanano<br />
per orgoglio : Quantum pop<strong>in</strong>quaverunt <strong>in</strong>telligenti~,<br />
tantum superbia recesserunt~, <strong>di</strong>ce Sai~t'Agost<strong>in</strong>oi?<br />
Ecco ciò che produce nell'uomo la filosofia,<br />
allorquaildo non è sottomessa alla saggezza <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a:<br />
non genererà che superbi e <strong>in</strong>creduli.<br />
Capitolo XIX - Della il mirabile modo <strong>in</strong> cui<br />
<strong>Dio</strong> punisce l'orgoglio concedendo ciò che esso chiede.<br />
Mio <strong>Dio</strong>, <strong>in</strong> qual modo mirabile punisci l'orgo-<br />
glio degli uom<strong>in</strong>i ! La gloria è il bene sovrano ch'es-<br />
si si propongono d'ottenere e tu, Signore Id<strong>di</strong>o, co-<br />
me li punisci? Forse togliendo loro quella gloria <strong>di</strong><br />
cui sono avi<strong>di</strong>? Talvolta, poiché sei il loro maestro,<br />
la conce<strong>di</strong> o la togli a tuo piacimento, a seconda <strong>di</strong><br />
come volgi la loro mente. Ma per mostrare quanto<br />
essa sia non soltanto vana ma anche fallace e scia-<br />
gurata, molto spesso la conce<strong>di</strong> a quelli che la chie-<br />
dono e ne fai il loro supplizio.<br />
Cosa mai desiderava quel grande conquistatore<br />
che rovesciò il trono più augusto dell'Asia e <strong>di</strong> tut-<br />
to il mondo se non <strong>di</strong> far parlare <strong>di</strong> sé, cioè <strong>di</strong> aver<br />
gran r<strong>in</strong>omanza tra gli uom<strong>in</strong>i ? a Cosa bisogna fare<br />
per far parlare <strong>di</strong> sé gli ateniesi?., si chiedeva co-<br />
stui. Egli riconosceva da sé la vanità <strong>della</strong> gloria che<br />
andava ricercando con tanto ardore, ma vi era tra-<br />
sc<strong>in</strong>ato da una sorta <strong>di</strong> smania che si era impadro-<br />
nita <strong>di</strong> lui. E cosa fa Id<strong>di</strong>o per punirlo, se non con-<br />
segnarlo all'illusione del suo cuore e concedergli
con tanta più dovizia <strong>di</strong> quanto non avesse mai po-<br />
tuto immag<strong>in</strong>are quella gloria la cui sete lo tor-<br />
mentava? Non furono soltanto gli ateniesi a parla-<br />
re <strong>di</strong> lui: tutto il mondo è stato dom<strong>in</strong>ato dalla sua<br />
passione e l'universo <strong>in</strong>tero, stupefatto, gli ha ac-<br />
cordato più gloria <strong>di</strong> quanta non avesse mai osato<br />
sperare. I1 suo nome è <strong>di</strong>venuto grande <strong>in</strong> Oriente<br />
come <strong>in</strong> Occidente, e i barbari come i greci I'am-<br />
mirano. Lungi dal rifiutare la gloria alla propria<br />
-<br />
ambizione, egli ne è stato colmato da <strong>Dio</strong>, ne è sta-<br />
to appagato f<strong>in</strong>o alla nausea, se n'è <strong>in</strong>ebriato per-<br />
ché ne ha bevuto più <strong>di</strong> quanto potesse sopportar-<br />
ne. O mio <strong>Dio</strong>, qual bene è mai quello che pro<strong>di</strong>-<br />
ghi agli uom<strong>in</strong>i che hai abbandonato a se stessi,<br />
che hai scacciato dal tuo regno!<br />
E a proposito <strong>della</strong> gloria <strong>della</strong> mente eletta, chi<br />
può sperare d'ottenerne altrettanta, nel corso <strong>della</strong><br />
propria vita o dopo la morte, <strong>di</strong> Omero, <strong>di</strong> Teocri-<br />
to, <strong>di</strong> Anacreonte, <strong>di</strong> Cicerone, d'Orazio o <strong>di</strong> Vir-<br />
gilio? Si sono resi loro degli onori straor<strong>di</strong>nari<br />
mentr'erano al mondo e sono stati dei modelli qua-<br />
si idolatrati per i posteri; la follia dell'elogio è ar-<br />
rivata al punto <strong>di</strong> erigere dei templi <strong>in</strong> loro onore,<br />
e chi non si è sp<strong>in</strong>to f<strong>in</strong>o a questo punto non ha<br />
trascurato <strong>di</strong> adorarli a modo proprio, come delle<br />
<strong>di</strong>v<strong>in</strong>ità al <strong>di</strong> sopra <strong>della</strong> con<strong>di</strong>zione umana. E cosa<br />
hai detto nel tuo Vangelo <strong>della</strong> gloria che costoro<br />
hanno ricevuto e ricevono cont<strong>in</strong>uamente per boc-<br />
ca <strong>di</strong> tutti gli uom<strong>in</strong>i? Hai detto: C In verità vi <strong>di</strong>co,<br />
essi hanno ricevuto la loro ricompensa n 'O.<br />
O verità, giustizia e saggezza eterne che pesate<br />
tutto con la vostra bilancia e attribuite un premio<br />
ad ogni cosa buona: per piccola che sia, voi avete
pronta una ricompensa adeguata a quell'<strong>in</strong>gegilo<br />
che si manifesta nelle azioni <strong>di</strong> chi viene chiamato<br />
eroe e negli scritti <strong>di</strong> quelli che vengono detti gran-<br />
<strong>di</strong> scrittori! Li avete ricompensati e nel contempo<br />
puniti: li avete saziati <strong>di</strong> vento e, enfi <strong>di</strong> tanta glo-<br />
ria, li avete, per così <strong>di</strong>re, fatti scoppiare. Quanto<br />
hanno dovuto penare questi gran<strong>di</strong> scrittori per<br />
trarre dalla mente le parole dei loro poemi ! E que-<br />
gli, stupito del lungo e pro<strong>di</strong>gioso travaglio <strong>della</strong><br />
sua Eneide, il cui scopo era dopotutto quello <strong>di</strong> lu-<br />
s<strong>in</strong>gare il ceto dom<strong>in</strong>ante e la famiglia reale, con-<br />
fessa <strong>in</strong> una sua lettera <strong>di</strong> essersi impegnato <strong>in</strong><br />
quell'opera per una specie <strong>di</strong> mania, «pene vitio<br />
mentisn. La loro coscienza li rimprovera <strong>di</strong> essersi<br />
dati troppa pena per nulla poiché, <strong>in</strong> f<strong>in</strong> dei conti,<br />
l'avevano fatto per farsi lodare.<br />
Quanto stu<strong>di</strong>o e applicazione, quante ricerche<br />
m<strong>in</strong>uziose, quanta accuratezza, quanto sapere,<br />
quanta filosofia e penetrazione bisogna sacrificare a<br />
questa vanità! <strong>Dio</strong> condanna tutto questo, e nel<br />
contempo lo sod<strong>di</strong>sfa, per lasciare agli uom<strong>in</strong>i un<br />
monumento imperituro del suo <strong>di</strong>sprezzo <strong>di</strong> questa<br />
gloria tanto agognata da chi non la conosce, ac-<br />
cordandone più <strong>di</strong> quanta non se ne chieda. Ecco<br />
come si esprime SantlAgost<strong>in</strong>o a proposito <strong>di</strong> que-<br />
sti eroi, <strong>di</strong> questi conquistatori, <strong>di</strong> questi idoli d'un<br />
mondo specioso, <strong>di</strong> questi gran<strong>di</strong> uom<strong>in</strong>i <strong>di</strong> ogni<br />
sorta tanto r<strong>in</strong>omati dal genere umano, elevati alle<br />
più alte vette <strong>della</strong> reputazione a cui si possa giun-<br />
gere i quali, vani, hanno ricevuto una ricompensa<br />
degna tanto <strong>della</strong> loro vanità quanto dei loro <strong>di</strong>se-<br />
gni : a Perceperunt mercedern suam, vani vanamm81.
Capitolo XX - Errore ancora più grande <strong>di</strong> quelli che<br />
volgono a propria gloria le opere che appartengono al-<br />
la vera virtu.<br />
Ma costoro non sono quelli che vengono maggiormente<br />
<strong>in</strong>gannati dalla gloria; ancor più vano e<br />
<strong>in</strong>gannato dal proprio orgoglio è chi sacrifica alla<br />
gloria non delle cose vane, ma quelle loro opere<br />
che avrebbero dovuto essere prodotte dalla virtù.<br />
Tali sono a coloro che fanno delle buone azioni per<br />
essere glorificati dagli uom<strong>in</strong>i n, quelli che M suonano<br />
la tromba davanti a sé quando fanno l'elemos<strong>in</strong>a~,<br />
che «fanno mostra <strong>di</strong> pregare agli angoli delle<br />
strade e <strong>di</strong> radunare la gente attorno a sé», che<br />
«vogliono rendere pubblici i loro <strong>di</strong>giuni e farli trapelare<br />
dal pallore del volto » R2.<br />
Appartengono a questa categoria quelli che tra i<br />
pagani, tra i giudei o, massima cecità, tra i cristiani<br />
sono stati giusti, equi, clementi, temperanti soltanto<br />
per farsi ammirare dagli uom<strong>in</strong>i. E tutti hanno<br />
ricevuto la loro ricompensa» e sono stati puniti<br />
molto più severamente <strong>di</strong> quelli che si sono applicati<br />
a cose vane per ottenere la gloria, poiché più<br />
le opere che ostentano sono <strong>in</strong> sé concrete, più è<br />
<strong>in</strong>giusto e <strong>in</strong>degno sacrificarle all'orgoglio e considerare<br />
sì poca cosa la virtù da non degnarsi <strong>di</strong> ricercarla<br />
che per esserne lodati dagli uom<strong>in</strong>i, come<br />
se non fosse sufficiente la lode <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />
Capitolo XXI - @elli che nella pratica deUa virtu<br />
non cercano la gloria del mondo ma si riconoscono da<br />
se stessi la loro gloria, sono più <strong>in</strong> errore degli altri.<br />
Mio <strong>Dio</strong>, verità eterna che illum<strong>in</strong>i ogni uomo<br />
che viene sulla terra, tu mi riveli con la tua luce
uii'altra e più pericolosa seduzione, un altro <strong>in</strong>-<br />
ganno <strong>della</strong> mente umana <strong>in</strong> coloro i quali si ele-<br />
vano, secondo loro, al <strong>di</strong> sopra <strong>della</strong> gloria monda-<br />
na e si ammirano segretamente, facendo <strong>di</strong> se stes-<br />
si il proprio idolo e il proprio <strong>di</strong>o e pascendosi del<br />
pensiero <strong>della</strong> loro virtù, che ritengono essere il<br />
frutto delle proprie azioni e che, <strong>in</strong> breve, s'attri-<br />
buiscono !<br />
Tali erano quelli tra i pagani che <strong>di</strong>cevano : Che<br />
<strong>Dio</strong> mi <strong>di</strong>a la bellezza e la ricchezza; io, dal canto<br />
mio, mi darò la virtù e uno spirito equanime e c e<br />
stante n; con ciò essi si iiiiialzavano <strong>in</strong> certo qual<br />
modo al <strong>di</strong> sopra del loro stesso <strong>Dio</strong>, dal momento<br />
che affermavano che egli era per sua natura sag-<br />
gio e virtuoso, mentre essi lo erano per la loro abi-<br />
lità~. Credevano, così pensando, <strong>di</strong> mettersi al <strong>di</strong><br />
sopra degli uom<strong>in</strong>i e delle loro lus<strong>in</strong>ghe: come se<br />
essi stessi, che tanto si lodavano e si ammiravano,<br />
non fossero uom<strong>in</strong>i, come se le lo<strong>di</strong> che si rivolge-<br />
vano <strong>in</strong> segreto non fossero delle lus<strong>in</strong>ghe umane<br />
e tutto questo non significasse servire la creatura<br />
piuttosto che il Creatore, giacché anch'essi erano<br />
senz'altro delle creature, e delle creature tanto più<br />
deboli e de<strong>di</strong>te all'orgoglio quanto più questo era<br />
all'apparenza aff<strong>in</strong>ato e <strong>in</strong><strong>di</strong>pendente dalla vanità<br />
mondana. Se <strong>in</strong>vece erano affrancati, semmai lo<br />
erano veramente, dal giogo <strong>della</strong> <strong>di</strong>pendenza delle<br />
op<strong>in</strong>ioni e delle lo<strong>di</strong> altrui, riponevano la loro feli-<br />
cità <strong>in</strong> se stessi e avevano come unico oggetto del-<br />
la loro ammirazione la propria virtù, considerata<br />
come una loro opera e, al tempo stesso, la più<br />
bell'opera <strong>della</strong> ragione.<br />
Quale superbia, mio <strong>Dio</strong>, e quale orgoglio gros-
solano celato sotto apparenze più delicate <strong>in</strong> questo<br />
riposare <strong>in</strong> se stessi! Quanta pomposità e gelosia,<br />
quanto <strong>di</strong>sdegno e spregio verso gli altri uom<strong>in</strong>i!<br />
In realtà essi non facevaiio che compatirli, come<br />
si fa coi ciechi, e deplorare il loro errore, riservando<br />
a se stessi tutta l'ammirazione. Tale era<br />
quel fariseo che nella sua preghiera si rivolgeva a<br />
<strong>Dio</strong> con queste parole: «Io non sono come gli altri<br />
uom<strong>in</strong>i, che sono rapaci, <strong>in</strong>giusti, impu<strong>di</strong>chi,<br />
com'è anche questo pubblicano >> ". Se costui applicava<br />
il suo <strong>di</strong>sprezzo universale per il genere umano<br />
a quell'uomo, era soltanto perché questi era il<br />
primo ad avere davanti agli occhi; semmai se ne<br />
fosse presentato un altro sarebbe stato lo stesso; tale<br />
<strong>di</strong>sprezzo era frutto <strong>della</strong> sua cieca ammirazione<br />
per se stesso. E vero che sembrava attribuire a <strong>Dio</strong><br />
le virtù <strong>di</strong> cui si credeva ricoperto, poiché, mettendosi<br />
al <strong>di</strong> sopra del genere umano, egli <strong>di</strong>ceva a<br />
<strong>Dio</strong>: Io ti r<strong>in</strong>grazio e sembrava riconoscerlo<br />
quale l'autore <strong>di</strong> tutto il bene ch'egli lodava <strong>in</strong> sé,<br />
ma se fosse stato uno <strong>di</strong> quelli che <strong>di</strong>cevano s<strong>in</strong>ceramente,<br />
come Davide: La mia anima sarà lodata<br />
nel Signore»85, non contento <strong>di</strong> r<strong>in</strong>graziarlo, egli<br />
avrebbe riconosciuto il suo bisogno e gli avrebbe<br />
fatto qualche richiesta. Non si sarebbe considerato<br />
un perfetto virtuoso, che non aveva alcun bisogno<br />
<strong>di</strong> correggere i propri <strong>di</strong>fetti ma soltanto <strong>di</strong> r<strong>in</strong>graziare<br />
per i propri pregi, e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e non si sarebbe creduto<br />
il solo ad essere riguardato da <strong>Dio</strong> e onorato<br />
dei suoi doni.<br />
Quando dunque egli <strong>di</strong>ceva a <strong>Dio</strong>: Io ti r<strong>in</strong>grazio~,<br />
nella sua bocca era una formula <strong>di</strong> preghiera<br />
più che un atto <strong>di</strong> s<strong>in</strong>cera umiltà del cuore, e
chiunque fosse penetrato nelle profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> que-<br />
sto cuore volto tutto a se stesso, vi avrebbe scoper-<br />
to che rendendo grazie a <strong>Dio</strong> per i propri pregi,<br />
nel profondo non faceva che r<strong>in</strong>graziare se stesso<br />
per essersi attirato il dono <strong>di</strong>v<strong>in</strong>o ed essersi reso de-<br />
gno d'aver fatto sì che l'occhio <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> si fosse po-<br />
sato su <strong>di</strong> sé. Donde egli ricadeva <strong>in</strong>evitabilmente<br />
nella male<strong>di</strong>zione del profeta: .Maledetto l'uomo<br />
che confida iiell'uomo e che si fa un braccio <strong>della</strong><br />
carnev8" perché confidando <strong>in</strong> se stesso egli si fa<br />
uomo <strong>di</strong> carne, uomo debole, cioè, che ripone <strong>in</strong><br />
sé la sua fiducia, la sua forza e la sua virtù. I1 suo<br />
errore è, prosegue il profeta, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stogliere il suo<br />
cuore da <strong>Dio</strong> per porlo <strong>in</strong> sé e nella propria virtù:<br />
« Male<strong>di</strong>ctus homo qui conjì<strong>di</strong>t <strong>in</strong> hom<strong>in</strong>e, et ponit car-<br />
nem brachium suum, et a Dom<strong>in</strong>o rece<strong>di</strong>t cor ejusn.<br />
Capitolo XXII - Se il cristiano ben istruito nei pre-<br />
cetti <strong>della</strong> fede può temere <strong>di</strong> cadere <strong>in</strong> questa sorta<br />
d 'orgoglio.<br />
Ecco dunque cos'erano i farisei e cos'era la loro<br />
giustizia, piena <strong>di</strong> sé e dei propri meriti. Essi si con-<br />
sideravano i soli degni del dono <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, e poiché si<br />
ritenevano fatti d'altra natura e d'altra materia,<br />
d'altro fango del resto dell'umanità, la escludevano<br />
dalla grazia <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a, non potendo sopportare che il<br />
Vangelo venisse annunciato ai gentili né che si lo-<br />
dassero altri uom<strong>in</strong>i all'<strong>in</strong>fuori <strong>di</strong> se stessi. È questa<br />
la loro falsa e abom<strong>in</strong>evole giustizia, aborrita da<br />
San Paolo <strong>in</strong> tante occasioni. Questa specie <strong>di</strong> giu-<br />
stizia, così chiaramente riprovata dal Vangelo, non<br />
dovrebbe aver spazio tra i cristiani.
Ma gli uom<strong>in</strong>i corrompoiio ogni cosa e abusano<br />
del Cristianesimo come degli altri doni <strong>di</strong>v<strong>in</strong>i; al-<br />
cuni eretici, come i pelagiaiii, credevano <strong>di</strong> dovere<br />
a se stessi la loro salvezza, altri ritenevano <strong>in</strong>vece <strong>di</strong><br />
avere l'umiltà <strong>in</strong><strong>di</strong>spensabile al cristiailo e <strong>di</strong> ren-<br />
dere a <strong>Dio</strong> tutta la gloria che gli era dovuta per il<br />
fatto <strong>di</strong> attribuirsene solo una parte.<br />
Ma il vero cristiano, come quel San Cipriano tan-<br />
to lodato da SantYAgost<strong>in</strong>o per questa massima, <strong>di</strong>-<br />
ce che a bisogna attribuire non una parte, ma tutta<br />
la salvezza a <strong>Dio</strong>, e non gloriarsi mai <strong>di</strong> nulla, per-<br />
ché nulla viene da noi stessi.''. Questa frase è trat-<br />
ta da San Paolo, la cui dottr<strong>in</strong>a porta tutta a con-<br />
cludere non che chi si gloria possa gloriarsi almeno<br />
<strong>in</strong> parte <strong>in</strong> se stesso, ma che non ci si deve gloriare<br />
affatto <strong>di</strong> se stessi ma <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, e <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> soltanto.<br />
Capitolo XXIII - Come accade che i cristiani si com-<br />
piacciano <strong>in</strong> se stessi.<br />
È questa, dunque, la giustizia cristiana, opposta a<br />
quella giustizia giudaica e farisaica che San Paolo<br />
chiama « la propria giustizia >>m, vale a <strong>di</strong>re quella<br />
che si trova <strong>in</strong> se stessi e non <strong>in</strong> <strong>Dio</strong>. Noi ca<strong>di</strong>amo<br />
<strong>in</strong> questa falsa giustizia o per errore manifesto,<br />
quando cre<strong>di</strong>amo, contrariamente alla dottr<strong>in</strong>a <strong>di</strong><br />
San Paolo, d'aver qualcosa, per poco che sia, non<br />
foss'altro che un M pensiero. fugace o il più labile<br />
dei desideri « <strong>di</strong> nostro, proveniente da noi D '" op-<br />
pure vi ca<strong>di</strong>amo non per un errore dello spirito,<br />
ma per un certo attaccamento o compiacimento<br />
del cuore. Poiché all'<strong>in</strong>fuori <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> non v'è nulla <strong>di</strong><br />
più bello e <strong>di</strong> più somigliante a <strong>Dio</strong> <strong>della</strong> creatura
dotata <strong>di</strong> ragione, santificata dalla sua grazia <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a<br />
e ad essa sottomessa, ricolma dei suoi doni, che vi-<br />
ve secondo ragione e secondo i precetti <strong>di</strong>v<strong>in</strong>i, che<br />
fa buon uso del suo libero arbitrio, l'anima che ve-<br />
de o crede <strong>di</strong> vedere questa bellezza <strong>in</strong> sé, che seii-<br />
te <strong>di</strong> fare il bene e vi si lega con tutto l'amore s<strong>in</strong>-<br />
cero <strong>di</strong> cui è capace, toccata da uno spettacolo co-<br />
sì bello si ferma ad esso e vede un bene così graii-<br />
de come iiisito dentro <strong>di</strong> sé piuttosto che come un<br />
bene proveniente da <strong>Dio</strong>. In tal modo l'anima, <strong>in</strong>-<br />
sensibilmente, <strong>di</strong>mentica che <strong>Dio</strong> ne è il pr<strong>in</strong>cipio<br />
e l'attribuisce <strong>in</strong>vece a se stessa, la qual cosa è <strong>in</strong> ef-<br />
fetti tanto più verosimile dal momento che vi coii-<br />
corre col suo libero arbitrio.<br />
Poiché è grazie al suo libero arbitrio che l'anima<br />
crede, spera, ama, che acconsente alla grazia, che<br />
la chiede e qu<strong>in</strong><strong>di</strong>, poiché il bene che fa <strong>in</strong> qual-<br />
che modo le è proprio, se ne appropria e se l'at-<br />
tribuisce, senza curarsi del fatto che tutte le buone<br />
azioni dettate dal libero arbitrio sono preannuncia-<br />
te, preor<strong>di</strong>nate, <strong>di</strong>rette, stimolate e salvaguardate<br />
dall'operato proprio e particolare <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>. È <strong>Dio</strong> che<br />
ci fa fare, nella maniera ch'egli sa, tutto il bene che<br />
facciamo e che ci dà la facoltà <strong>di</strong> fare buon uso del-<br />
la nostra libertà, che è opera sua come lo è il suo<br />
buon esercizio, cosicché non v'è nulla <strong>di</strong> ciò che<br />
maggiormente <strong>di</strong>pende da noi che non si debba<br />
chiedere a <strong>Dio</strong> e <strong>di</strong> cui non lo si debba r<strong>in</strong>graziare.<br />
L'anima <strong>di</strong>mentica tutto questo per quel fondo<br />
d'attaccamento che ha <strong>in</strong> se stessa, per la sua <strong>in</strong>cli-<br />
nazione ad appropriarsi <strong>di</strong> tutto il bene che possie-<br />
de, sebbene le provenga da <strong>Dio</strong>, e preferisce occu-<br />
parsi <strong>di</strong> sé che lo possiede piuttosto che <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> che
lo <strong>di</strong>sperisa o, se gliel'attribuisce, è alla maniera <strong>di</strong><br />
quel fariseo che <strong>di</strong>ce a <strong>Dio</strong>: Io ti r<strong>in</strong>grazio ), e che<br />
si attribuisce i r<strong>in</strong>graziamenti. E semmai fa <strong>di</strong> me-<br />
glio <strong>di</strong> quel fariseo, che si accontenta <strong>di</strong> r<strong>in</strong>grazia-<br />
re senza domandare nulla, e chiede <strong>in</strong>vece soccor-<br />
so a <strong>Dio</strong>, essa si ascrive anche questo e se ne com-<br />
piace o, se non se ne compiace, si compiace persi-<br />
no <strong>di</strong> non compiacersene e fa risorgere l'orgoglio<br />
pensando d'averlo v<strong>in</strong>to.<br />
Oh sventura dell'uomo, che tutto ciò che vi è <strong>in</strong><br />
esso <strong>di</strong> più aff<strong>in</strong>ato, <strong>di</strong> più sublime, <strong>di</strong> più vero nel-<br />
la virtu <strong>di</strong>viene il naturale nutrimento dell'orgo-<br />
glio! E quale rime<strong>di</strong>o vi si può applicare, dal mo-<br />
mento ch'egli si gloria del rime<strong>di</strong>o stesso? In bre-<br />
ve, ci si compiace <strong>di</strong> tutto, poiché ci si gloria <strong>della</strong><br />
consapevolezza <strong>della</strong> propria miseria e nullità e<br />
questo ritornare a se stessi viene moltiplicato all'<strong>in</strong>-<br />
f<strong>in</strong>ito.<br />
Si tratta forse <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto trascurabile? Nien-<br />
t'affatto; è la più grande <strong>di</strong> tutte le colpe e non v'è<br />
nulla <strong>di</strong> più vero delle parole che nella sua lettera<br />
San Fulgenzio rivolge a San Teodoro: GÈ proprio<br />
dell'uomo un orgoglio o<strong>di</strong>oso quando questi fa ciò<br />
che <strong>Dio</strong> condanna negli uom<strong>in</strong>i; ma tale orgoglio<br />
è ancora più detestabile quando gli uom<strong>in</strong>i si attri-<br />
buiscono ciò che Id<strong>di</strong>o dona loro, cioè la virtu e la<br />
grazia. Sicché, più questo dono è eccellente, mag-<br />
giore è la perversità <strong>di</strong> sottrarlo a <strong>Dio</strong> per appro-<br />
priarsene e più <strong>in</strong>giusta è l'<strong>in</strong>gratitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> misco-<br />
noscere l'autore <strong>di</strong> un bene così grande ,) ".<br />
Quest'orgoglio <strong>della</strong> vita è dunque la peste più<br />
grande e, nel contempo, la più grande tentazione<br />
<strong>della</strong> vita umana, che San Giovanili ci ha <strong>in</strong>segnato
a detestare. Ecco perché lo menziona dopo gli altri<br />
due generi: perché lo colma <strong>di</strong> tutti i mali e al massimo<br />
grado, e ci <strong>di</strong>ce: a Figlioli miei, non amate il<br />
mondo né ciò che è nel mondo, poiché tutto ciò<br />
che è nel mondo è coilcupiscei~za <strong>della</strong> carne n, ovvero<br />
quella che ci presenta per prima e che costituisce<br />
il primo passo verso la caduta, ~<strong>concupiscenza</strong><br />
degli occhi», la curiosità o l'ostentazione,<br />
che è il secondo passo nel male, e «orgoglio <strong>della</strong><br />
vita», che è l'abisso degli abissi e il male <strong>di</strong> cui tutta<br />
la nostra vita e le sue manifestazioni sono <strong>in</strong>fettate<br />
ra<strong>di</strong>calmente e <strong>in</strong> profon<strong>di</strong>tà.<br />
Capitolo XXW - Chi ha ispirato all'uomo questa<br />
straor<strong>di</strong>naria tendenza ad attribuirsi tutto il bene rice-<br />
vuto da <strong>Dio</strong> ?<br />
Mio <strong>Dio</strong>, da dove ha orig<strong>in</strong>e questo straor<strong>di</strong>nario<br />
attaccamento verso noi stessi, e chi ce l'ha ispirato?<br />
Chi ci ha, <strong>di</strong>co, ispirato questa <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione cieca e<br />
sciagurata, questa deplorevole facilità ad attribuire<br />
alle nostre forze e ai nostri sforzi personali, a noi<br />
stessi, <strong>in</strong> una parola, tutto il bene che è <strong>in</strong> noi per<br />
la tua magnanimità? Forse che non siamo ancora<br />
abbastanza un nulla per comprendere almeno che<br />
siamo nulla e che non posse<strong>di</strong>amo nulla che non<br />
sia tuo? E come mai la cosa più <strong>di</strong>fficile per questo<br />
nulla che noi siamo è quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>re s<strong>in</strong>ceramente:<br />
« Io non sono nulla, non sono niente ? Ecco la pri-<br />
ma ragione.<br />
F<strong>in</strong> dalle orig<strong>in</strong>i e prima <strong>di</strong> ogni cosa <strong>in</strong> natura,<br />
tra tutte le creature Id<strong>di</strong>o ne aveva fatta una che<br />
doveva essere la più bella e la più perfetta; ilell'or-
<strong>di</strong>ne angelico e <strong>in</strong> una natura così perfetta si era<br />
per così <strong>di</strong>re compiaciuto <strong>di</strong> creare un angelo su-<br />
premo, più bello e più perfetto degli altri tanto<br />
che, all'<strong>in</strong>fuori <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e dopo <strong>Dio</strong>, l'universo non<br />
aveva mai visto nulla <strong>di</strong> così bello e perfetto. Ma ciò<br />
che viene creato dal iiulla può soccombere al pec-<br />
cato, e una così bella <strong>in</strong>telligenza si è troppo com-<br />
piaciuta nel considerarsi bella. Non era, come l'uo-<br />
mo, legata al corpo, pertanto non potendo cadere<br />
più <strong>in</strong> basso <strong>di</strong> se stessa, per la tendenza propria<br />
delle sostanze corporee, concentrava talmente tutta<br />
la sua forza nell'ammirarsi e nell'amarsi da non po-<br />
ter amare altro.<br />
Tutte le creature, <strong>in</strong>vero, sono nulla, e chiunque<br />
ami se stesso e la propria perfezione, tranne <strong>Dio</strong>, il<br />
solo ad essere perfetto, credendo <strong>di</strong> elevarsi si de-<br />
grada. A cosa mai sono serviti a quest'angelo i tan-<br />
ti lumi <strong>di</strong> cui era ornato il suo <strong>in</strong>telletto? «Egli non<br />
perseverò nella verità D nella quale era stato crea-<br />
to: ecco cosa ha detto la verità stessa. Cosa vuol <strong>di</strong>-<br />
re la frase : « Egli non perseverò nella verità » ? Cad-<br />
de nell'errore o nell'ignoranza? Nient'affatto, egli<br />
riconobbe la verità pers<strong>in</strong>o nella caduta e, come <strong>di</strong>-<br />
ce l'apostolo San Giacomo, «lui e i suoi angeli la<br />
<strong>in</strong>tendono e ne tremano n9'. Pertanto, non perseve-<br />
rare nella verità significò per quest'angelo superbo<br />
piuttosto volerla vedere <strong>in</strong> se stesso piuttosto che <strong>in</strong><br />
<strong>Dio</strong> e perderla, cessando <strong>di</strong> farne la propria regola<br />
e <strong>di</strong> amarla com'essa vuole e dev'essere amata, co-<br />
me padrona, cioè, e sovrana <strong>di</strong> tutte le menti.<br />
Angelo sventurato, paragonato per la tua luce al-<br />
la stella del matt<strong>in</strong>o, « come sei caduto dal cielo? »,<br />
<strong>di</strong>ce Isaia"'. Ed Ezechiele: «Tu eri l'impronta <strong>della</strong>
assomiglianza),, nessuna creatura era più <strong>di</strong> te si-<br />
mile a <strong>Dio</strong>. «Eri ricolmo <strong>della</strong> sua saggezza e per-<br />
fetto nella tua bellezza, creato nelle delizie del pa-<br />
ra<strong>di</strong>so del tuo <strong>Dio</strong>, eri ornato <strong>di</strong> tante pietre pre-<br />
ziose ,,, delle più eccelse conoscenze: ti era stato<br />
dato l'oro» prezioso <strong>della</strong> carità, che eri stato pre-<br />
parato a ricevere f<strong>in</strong> dal primo momento <strong>della</strong> tua<br />
creazione. «Eri perfetto nelle tue vie f<strong>in</strong> dal giorno<br />
i11 cui fosti creato, f<strong>in</strong>o a quando non apparve <strong>in</strong> te<br />
l'<strong>in</strong>iquità»"". E qual'è questa <strong>in</strong>iquità, se non quel-<br />
la <strong>di</strong> aver troppo guardato a te stesso e <strong>di</strong> esserti<br />
fatto una trappola <strong>della</strong> tua stessa eccellenza?<br />
Un'<strong>in</strong>telligenza così lum<strong>in</strong>osa, che abbracciava<br />
tutto con un solo sguardo, aveva anche una volontà<br />
talmente forte che fissava le proprie risoluzioni f<strong>in</strong><br />
dal loro primo determ<strong>in</strong>arsi e le rendeva immuta-<br />
bili, ciò ch'era uno dei più bei tratti e forse il più<br />
perfetto <strong>della</strong> <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a rassomiglianza. Ma poiché<br />
l'ammirava troppo e ne era troppo preso, egli<br />
peccò e, al tempo stesso, <strong>di</strong>venne implacabile nel<br />
male e la sua forza, abbandonata a se stessa da <strong>Dio</strong>,<br />
lo perse per sempre.<br />
Sventura, sventura, cento volte sventura alla crea-<br />
tura che non vuol vedersi <strong>in</strong> <strong>Dio</strong> e, fissandosi i11 se<br />
stessa, si separa dalla fonte del suo essere e, <strong>di</strong> con-<br />
seguenza, <strong>della</strong> sua perfezione e <strong>della</strong> sua felicità!<br />
Quella creatura superba che aveva fatto <strong>di</strong> sé il pro-<br />
prio <strong>di</strong>o mise la rivolta <strong>in</strong> cielo e Michele, ch'era al-<br />
la testa <strong>della</strong> schiera <strong>in</strong> cui la ribellione faceva più<br />
stragi, gridò: «Chi è come <strong>Dio</strong>? n. Donde gli viene<br />
il nome <strong>di</strong> Michele, cioè chi è come <strong>Dio</strong>))? E co-<br />
me se avesse detto: .Chi è questi che vuol appari-<br />
re come un altro <strong>Dio</strong> e che ha detto orgogliosa-
mente: C Salirò f<strong>in</strong>o al cielo -, dom<strong>in</strong>erò tutti gli<br />
spiriti e <strong>in</strong>nalzerò il mio trono sopra gli astri <strong>di</strong><br />
<strong>Dio</strong>, salirò sulle nuvole più alte., <strong>di</strong> cui <strong>Dio</strong> fa il<br />
suo carro, «e sarò simile all'Altissimo»"~ Chi è<br />
dunque questo novello <strong>Dio</strong>, che vuole <strong>in</strong>nalzarsi <strong>in</strong><br />
tal modo al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> noi? Ma non vi è che un so-<br />
lo <strong>Dio</strong>. Uniamoci tutti per seguirlo, ripetiamo <strong>in</strong>-<br />
sieme: « Chi è come <strong>Dio</strong>? », perché ve<strong>di</strong>amo cos'è<br />
<strong>di</strong>venuto tutto a un tratto questo falso <strong>di</strong>o che vo-<br />
leva farsi adorare. Id<strong>di</strong>o l'ha colpito ed egli è ca-<br />
duto <strong>in</strong>sieme agli angeli che ne hanno seguito<br />
l'esempio. Tu che t'ii<strong>in</strong>alzi nel più alto dei cieli,<br />
tu sei precipitato negli <strong>in</strong>feri, nell'abisso più<br />
profondo N, <strong>in</strong> <strong>in</strong>fmnum detraheris, <strong>in</strong> profundum la-<br />
n , 96 . Ma, nonostante la caduta, egli conserva tutto<br />
il suo orgoglio, che è al contempo il suo supplizio.<br />
Non avendo potuto guadagnare alla sua causa tutti<br />
gli angeli, per estendere quanto più è possibile<br />
questo regno dell'orgoglio <strong>di</strong> cui è lo scellerato<br />
fondatore, egli attacca l'uomo che «<strong>Dio</strong> aveva po-<br />
sto al <strong>di</strong> sotto degli angeli, ma soltanto un poco),,<br />
poiché dopo questi era la creatura più elevata, una<br />
creatura <strong>in</strong> cui l'immag<strong>in</strong>e <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> rifulgeva come<br />
negli stessi angeli, sebbene <strong>in</strong> un grado appena <strong>in</strong>-<br />
feriore : « M<strong>in</strong>uisti cum paulo m<strong>in</strong>us ab angelis. "7.<br />
Quest'angelo <strong>di</strong>venuto ribelle, fattosi Satana il<br />
demonio, si rivolge dunque all'uomo che <strong>di</strong>morava<br />
<strong>in</strong> para<strong>di</strong>so, dove <strong>Dio</strong> l'aveva reso felice e Santo.<br />
Qualsiasi cosa ne tocchi un'altra la sp<strong>in</strong>ge verso la<br />
<strong>di</strong>rezione del proprio movimento, e il movimento<br />
verso cui quest'angelo malvagio è trasc<strong>in</strong>ato è l'or-<br />
goglio, e giammai ve n'è stato né ve ne potrà esse-<br />
re <strong>di</strong> più travolgente del suo. Egli dunque sp<strong>in</strong>ge
l'uomo nella <strong>di</strong>rezione <strong>della</strong> sua caduta, e l'im-<br />
pressione che gli comunica è quella che <strong>in</strong> lui era<br />
basilare, vale a <strong>di</strong>re quella dell'orgoglio: 6 Unde ce-<br />
ci<strong>di</strong>t, <strong>in</strong>de dqecit ,,". L'uomo era troppo debole per<br />
resistervi e l'impero dell'orgoglio, pr<strong>in</strong>cipiato i11<br />
cielo con un sol gesto, si è esteso <strong>in</strong> tal modo <strong>in</strong> tut-<br />
ta la terra.<br />
Capitolo XXV - Seduzione del demonio, caduta dei<br />
nostri progenitori e nascita delle tre concupiscenze, <strong>di</strong><br />
cui quella dom<strong>in</strong>ante è l'orgoglio.<br />
Signore Id<strong>di</strong>o, riandrò nel mio animo alla storia<br />
tanto veritiera <strong>della</strong> mia caduta attraverso colei nella<br />
quale io ero <strong>in</strong>sieme a tutti gli altri uom<strong>in</strong>i, nella<br />
quale sono stato tentato e v<strong>in</strong>to, da colei da cui<br />
ho ere<strong>di</strong>tato nascendo tutta la debolezza e la corruzione<br />
che sento <strong>in</strong> me. Sventurato frutto del peccato<br />
da cui sono nato, prova <strong>in</strong>contestabile e testimonianza<br />
irrefutabile <strong>della</strong> mia miseria ! Attraverso<br />
Eva mia madre, o mio <strong>Dio</strong>, io ho dato ascolto al<br />
tentatore, che le <strong>di</strong>ceva per bocca del serpenteg9:<br />
«Perché mai <strong>Dio</strong> vi ha comandato <strong>di</strong> non mangiar<br />
e il ~ frutto <strong>di</strong> quest'albero? Non è che una domanda,<br />
un dubbio quello che si vuole <strong>in</strong>trodurre<br />
nel nostro animo : Perché <strong>Dio</strong> ve lo ha comandato?~.<br />
Ma chi è capace <strong>di</strong> ascoltare una domanda<br />
contro <strong>Dio</strong> e <strong>di</strong> lasciarsi turbare dal m<strong>in</strong>imo dubbio,<br />
è capace d'<strong>in</strong>goiare tutto il veleno.<br />
Eva gli rispose <strong>di</strong>cendo la verità: a <strong>Dio</strong> ha messo<br />
a nostra <strong>di</strong>sposizione tutti gli altri frutti; è solo<br />
dell'albero al centro <strong>di</strong> questo giar<strong>di</strong>no delle delizie<br />
che ci ha comandato <strong>di</strong> non mangiare i frutti,
anzi <strong>di</strong> non toccarli nemmeno, altrimenti ne mor-<br />
remo » 'O0. Disse il vero, e il primo male fu quello <strong>di</strong><br />
rispondere, poiché non vi è alcun
volontà, un amore per la propria eccellenza, e da<br />
tutto ciò il segreto piacere <strong>di</strong> gustare <strong>di</strong> se stessi an-<br />
cor prima <strong>di</strong> gustare il frutto proibito e <strong>di</strong> compia-<br />
cersi <strong>di</strong> sé e <strong>in</strong>sieme <strong>della</strong> propria perfezione che<br />
f<strong>in</strong>o a quel momento, <strong>in</strong>nocenti e semplici co-<br />
m'erano, non avevano percepito che <strong>in</strong> <strong>Dio</strong>.<br />
Tutto ciò ebbe <strong>in</strong>izio da Eva, attaccata per prima<br />
dal demonio come la più debole, ma le si rivolge<br />
parlandole al plurale, riferendosi anche al suo com-<br />
pagno : e Perché <strong>Dio</strong> ve l'ha proibito ? Cur prcecepit<br />
vobis Deus ? Voi non morrete, ma conoscerete: Ne-<br />
quaquam moriem<strong>in</strong>i; scientes » log. Effettivamente fu<br />
Eva a proporre al suo compagno la tentazione del<br />
maligno che l'aveva sedotta; ella <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò col<br />
considerare quel frutto proibito, che evidentemen-<br />
te non aveva ancora osato considerare per rispetta-<br />
re l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>v<strong>in</strong>o, vide che era buono da mangia-<br />
re e bello da vedere e che al solo sguardo promet-<br />
teva un gusto gradevole. Mangiandone, Eva si ri-<br />
promise un nuovo piacere che ancora mancava ai<br />
suoi sensi; ne mangiò e ne <strong>di</strong>ede da mangiare al<br />
suo compagno che, prendendolo dalle sue mani<br />
con gli stessi sentimenti che avevano sedotto lei, ci<br />
rese massimamente <strong>in</strong>felici e fu fonte eterna <strong>di</strong> pec-<br />
cato e <strong>di</strong> morte per tutta la sua progenie.<br />
Consideriamo dunque tutti i gra<strong>di</strong> <strong>della</strong> nostra<br />
per<strong>di</strong>ta. In una così grande felicità e facilità <strong>di</strong> non<br />
commettere peccato, non essendovi nel corpo al-<br />
cuna debolezza né alcuna sorta <strong>di</strong> <strong>concupiscenza</strong><br />
nell'animo, l'uomo non poteva essere raggiunto<br />
dal male che attraverso il compiacimento <strong>di</strong> sé,<br />
l'amore per la propria eccellenza, se non con l'or-<br />
goglio, <strong>in</strong> una parola. È dunque per mezzo dell'or-
goglio che lo si tenta e che, <strong>in</strong><strong>di</strong>rettamente, gli si<br />
mostra come <strong>Dio</strong> sia geloso del suo bene : «Perché<br />
il Signore vi or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> non toccare quel frutto? Per-<br />
ché egli sa che, mangiandone., voi provereste una<br />
felicità che egli vi <strong>in</strong>vi<strong>di</strong>a, M <strong>di</strong>ventereste degli dei<br />
e otterreste da voi stessi la conoscenza del bene e<br />
del male, che è un attributo <strong>di</strong>v<strong>in</strong>o.<br />
Era dunque allora che bisognava <strong>di</strong>re, come San<br />
Michele : Chi è come <strong>Dio</strong>? D. Chi, come <strong>Dio</strong>, deve<br />
compiacersi nella propria volontà, essere <strong>in</strong> sé per-<br />
fetto e felice, conoscere ogni cosa e non essere gui-<br />
dato nei propri <strong>di</strong>segni che dalla propria luce?<br />
L'uomo, prendendo esempio dall'angelo ribelle e<br />
per sua istigazione, si è lasciato abbagliare da que-<br />
sto vano splendore, e da allora l'amore <strong>di</strong> sé e del-<br />
la propria grandezza è penetrato nel genere uma-<br />
no, ci è affondato <strong>in</strong> seno e si manifesta <strong>in</strong> ogni oc-<br />
casione, <strong>in</strong>fettando tutta la nostra vita e causando-<br />
ci un'impronta e una piaga così profonde che non<br />
si potranno mai cancellare né sanare completa-<br />
mente f<strong>in</strong>ché siamo sulla terra. E fu per effetto <strong>di</strong><br />
queste parole: «Voi <strong>di</strong>venterete degli dei*.<br />
Queste parole produssero <strong>in</strong> fondo al nostro<br />
cuore un'<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita curiosità: poiché l'onniscienza<br />
era una qualità propriamente <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a il tentatore, fa-<br />
cendoci credere d'essere una specie <strong>di</strong> <strong>di</strong>v<strong>in</strong>ità, ag-<br />
giunse a questa promessa quella <strong>della</strong> conoscenza<br />
del bene e del male, vale a <strong>di</strong>re dell'onniscienza, e<br />
racchiuse <strong>in</strong> questo nome le scienze buone e quel-<br />
le empie e tutto quello che poteva nutrire l'animo<br />
con ciò ch'era nuovo, s<strong>in</strong>golare e stupefacente.<br />
La conseguenza fu <strong>in</strong>vece l'amore per i piaceri<br />
sensuali; guardando con piacere il frutto proibito,
guardandolo prima con gli occhi e immag<strong>in</strong>ando<br />
poi con l'appetito il suo gusto delizioso, si è <strong>in</strong>si-<br />
nuato <strong>in</strong> noi l'amore per il piacere sensuale, che ci<br />
è stato trasmesso dai nostri progenitori e che è pe-<br />
netrato <strong>in</strong> noi f<strong>in</strong> nelle midolla e nelle ossa e che<br />
ben presto, ahimè, abbiamo awertito <strong>in</strong> tutto il cor-<br />
po. Non fu più soltanto il frutto proibito a piacere<br />
ai nostri occhi e al nostro gusto: Adamo ed Eva fu-<br />
rono l'uno per l'altra la più pericolosa tentazione<br />
dei sensi, e si dovette nascondere tutto ciò che ave-<br />
va un sentore <strong>di</strong> quel <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne.<br />
Capitolo XXVI - La verità <strong>di</strong> questa storia, i cui ef-<br />
fetti sono talmente manifesti.<br />
Gli spiriti superbi, che <strong>di</strong>sdegnano la semplicità<br />
<strong>della</strong> Scrittura e si perdono nella sua profon<strong>di</strong>tà,<br />
considerano <strong>in</strong>genua e quasi puerile questa storia.<br />
Un serpente che parla, un albero da cui ci si aspet-<br />
ta la conoscenza del bene e del male, gli occhi che<br />
si aprono appena si mangia il frutto, la per<strong>di</strong>zione<br />
del genere umano attribuita a un'azione così <strong>in</strong>si-<br />
gnificante : quale favola meno cre<strong>di</strong>bile può trovar-<br />
si <strong>in</strong> un'opera <strong>di</strong> poesia? Così <strong>di</strong>cono gli empi,<br />
mentre la saggezza eterna, se viene consultata, ri-<br />
sponde <strong>in</strong>vece: perché <strong>Dio</strong> non avrebbe dovuto<br />
proibire all'uomo qualcosa per fargli comprendere<br />
meglio <strong>di</strong> avere un sovrano? Ma non era dunque<br />
felice nella con<strong>di</strong>zione posta da <strong>Dio</strong>, e il comanda-<br />
mento che gli era stato impartito non era facile da<br />
seguire ?<br />
Cosa vi era <strong>di</strong> più dolce, <strong>in</strong> una così grande do-<br />
vizia d'ogni sorta <strong>di</strong> frutti, del riservarne uno sol-
tanto? Cosa v'era mai <strong>di</strong> tanto sconveniente nel fat-<br />
to che <strong>Dio</strong>, che aveva creato l'uomo composto <strong>di</strong><br />
corpo e anima, avesse attribuito agli oggetti sensi-<br />
bili le virtù dell'<strong>in</strong>telletto e avesse fatto dell'albero<br />
proibito una sorta <strong>di</strong> sacramento <strong>della</strong> conoscenza<br />
del bene e del male? Chissà che non sia stato un<br />
<strong>di</strong>segno <strong>della</strong> sua saggezza quello <strong>di</strong> far gustare un<br />
giorno questo frutto ai nostri progenitori per do-<br />
nare loro il piacere, dopo avere per qualche tempo<br />
messo alla prova la loro fedeltà? Qualunque ne sia<br />
la ragione, era forse <strong>in</strong>degno da parte <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> sot-<br />
toporli a questa prova e far <strong>di</strong>pendere la tanto ago-<br />
gnata conoscenza del bene e del male unicamente<br />
dalla sua bontà?<br />
In quanto poi al serpente, come si poteva volere<br />
che Eva ne avesse orrore, come accade ai nostri<br />
giorni, al tempo <strong>in</strong> cui tutti gli animali obbe<strong>di</strong>vano<br />
all'uomo e non potevano nuocergli né, <strong>di</strong> conse-<br />
guenza, spaventarlo? Ma perché, senza dover cre-<br />
dere che le bestie parlassero una l<strong>in</strong>gua, Eva non<br />
avrebbe dovuto credere che <strong>Dio</strong>, dalle cui mani era<br />
nata e la cui onnipotenza si manifestava con la<br />
creazione <strong>di</strong> tante cose straor<strong>di</strong>narie, non avesse<br />
potuto creare altri esseri <strong>in</strong>telligenti oltre all'uomo,<br />
e che queste creature le apparissero e si rendesse-<br />
ro sensibili sotto forma d'animali? <strong>Dio</strong> stesso, che<br />
aveva creato i sensi, per fare l'uomo perfettamente<br />
felice assumeva un'immag<strong>in</strong>e sensibile che però<br />
non si manifestava, ma se ne u<strong>di</strong>va la voce, lo si<br />
sentiva camm<strong>in</strong>are e avvic<strong>in</strong>arsi ad Adamo nel pa-<br />
ra<strong>di</strong>so. Perché dunque altri esseri spirituali <strong>di</strong>versi<br />
dall'uomo non avrebbero potuto mostrarsi ai suoi<br />
occhi sotto qualsiasi forma voluta da <strong>Dio</strong>? I1 ser-
pente allora <strong>in</strong>nocuo, ma che <strong>in</strong> seguito sarebbe <strong>di</strong>-<br />
venuto tanto o<strong>di</strong>oso quanto nocivo all'essere uma-<br />
no, serviva a quel tempo a rappresentare la sedu-<br />
zione più esecrabile del demonio, e le altre qualità<br />
<strong>di</strong> quest'animale erano adatte a raffigurare il giusto<br />
supplizio <strong>di</strong> questo spirito arrogante, abbattuto dal-<br />
la mano <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e reso strisciante a causa del suo or-<br />
goglio.<br />
Ecco una parte dei misteri <strong>della</strong> Sacra Scrittura<br />
nella sua meravigliosa e profonda concisione. Ma<br />
anche senza tutti questi ragionamenti, la storia del-<br />
la nostra per<strong>di</strong>zione ci è <strong>di</strong>venuta f<strong>in</strong> troppo mani-<br />
festa e cre<strong>di</strong>bile per gli effetti che awertiamo su <strong>di</strong><br />
noi. È <strong>Dio</strong> che ci ha fatti così superbi, curiosi, sen-<br />
suali, <strong>in</strong> una parola così corrotti come siamo ?<br />
O mio <strong>Dio</strong>, non odo ancora tutti i giorni il sibi-<br />
lo del serpente quando esito, nel dubbio se seguire<br />
la tua volontà o i miei appetiti? Non è forse il ser-<br />
pente che <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua: e Perché <strong>Dio</strong> ve l'ha proibito? B<br />
quando mi compiaccio <strong>di</strong> me stesso, quando scor-<br />
go dentro <strong>di</strong> me il più fioco barlume o la m<strong>in</strong>ima<br />
traccia <strong>di</strong> una nascente virtù, alla quale mi aggrap<br />
po più che a <strong>Dio</strong> stesso che me ne ha fatto dono,<br />
f<strong>in</strong>o a non poterne staccare né lo sguardo né il mio<br />
compiacimento, f<strong>in</strong>o ad<strong>di</strong>rittura a non poter tratte-<br />
nere il mio cuore, che se l'attribuisce, come se io<br />
fossi la mia stessa regola, il mio <strong>di</strong>o, la causa <strong>della</strong><br />
mia stessa felicità?<br />
Non è ancora il serpente che mi <strong>di</strong>ce: Divente-<br />
rete degli dei D? I <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>in</strong> cui abilmente <strong>in</strong>-<br />
s<strong>in</strong>ua <strong>in</strong> noi l'orgoglio non sono forse effetto <strong>della</strong><br />
sua sottigliezza e non corrispondono alle varie im-<br />
pronte delle sue tortuose spire? Quale fonte <strong>di</strong> cu-
iosità non mi apre <strong>in</strong> petto quando mi promette<br />
d'aprirmi gli occhi e <strong>di</strong> farmi trovare, nel frutto<br />
che mi mostra, la conoscenza del bene e del male?<br />
E al m<strong>in</strong>imo assalto del piacere sensuale io mi sen-<br />
to così debole che le mie risoluzioni, che credevo<br />
tanto ferme nell'amore <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, <strong>di</strong> colpo si <strong>di</strong>sper-<br />
dono nell'aria, senza che la mia ragione impotente<br />
possa opporsi neanche per un momento a questa<br />
attrazione. E cos'altro è mai, ahimè, se non il ser-<br />
pente che mi porge questo frutto <strong>in</strong>si<strong>di</strong>oso? Lo<br />
scorgo ancora da lontano e già i miei occhi ne so-<br />
no <strong>in</strong>vaghiti. E quale subdolo piacere mi scorre nel-<br />
le vene se lo tocco ! E come mi perderò se ne man-<br />
gio ! E dunque tanto <strong>in</strong>cre<strong>di</strong>bile che l'uomo sia pe-<br />
rito alla sua con<strong>di</strong>zione orig<strong>in</strong>aria per colpa <strong>di</strong> ciò<br />
che mi rende ancora talmente <strong>in</strong>fermo o, piuttosto,<br />
per ciò che mi <strong>di</strong>mostra che sono veramente mor-<br />
to a causa del peccato?<br />
Capitolo XXVII - San Giovanni spiega la corruzione<br />
orig<strong>in</strong>ale nelle tre concupiscenre.<br />
È qu<strong>in</strong><strong>di</strong> evidente che San Giovanni, spiegando-<br />
ci i tre aspetti <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong>, <strong>della</strong> carne e<br />
dei sensi, degli occhi e <strong>della</strong> curiosità e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e<br />
dell'orgoglio, è risalito all'orig<strong>in</strong>e <strong>della</strong> nostra cor-<br />
ruzione, nella quale abbiamo trovato la triplice<br />
<strong>concupiscenza</strong>, la tentazione del demonio e il con-<br />
senso del nostro progenitore. Cosa ha <strong>in</strong>teso otte-<br />
nere il demonio, se non <strong>di</strong> farci superbi al par suo,<br />
sapienti e curiosi come lui e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e sensuali, a <strong>di</strong>f-<br />
ferenza <strong>di</strong> lui, ch'era <strong>in</strong>corporeo, e ci ha resi tali av-<br />
vilendo il nostro spirito f<strong>in</strong>o al punto <strong>di</strong> renderlo
schiavo del corpo, per cancellarvi quanto più è pos-<br />
sibile l'immag<strong>in</strong>e <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, facendolo cadere con ciò<br />
nella bassezza e nell'abiezione più estreme?<br />
Ecco le tre concupisceiize. San Giovanni le ri-<br />
porta <strong>in</strong> un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>verso da quello <strong>in</strong> cui ap-<br />
paiono nella storia <strong>della</strong> tentazione appena esami-<br />
nata poiché, <strong>in</strong> questa storia che ci riconduce alle<br />
nostre orig<strong>in</strong>i, lo Spirito Santo ha voluto tracciare<br />
tutto il piano <strong>della</strong> nostra caduta. Bisognava che la<br />
teiltazione com<strong>in</strong>ciasse con l'ispirare l'orgoglio da<br />
cui derivava la curiosità, che, come abbiamo visto,<br />
genera a sua volta l'ostentazione, e che <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e la no-<br />
stra caduta si concludesse, come punto più basso,<br />
nella corruzione <strong>della</strong> carne. Poiché qu<strong>in</strong><strong>di</strong> la no-<br />
stra caduta è avvenuta per gra<strong>di</strong>, Mosé, che prima<br />
ci considerava ancora sal<strong>di</strong> nella rettitu<strong>di</strong>ne <strong>della</strong><br />
nostra con<strong>di</strong>zione orig<strong>in</strong>aria, ha voluto mostrare i<br />
nostri mali appena si sono presentati. Ma San Gio-<br />
vanni, che ci ha trovati già nella per<strong>di</strong>zione, risale<br />
per gra<strong>di</strong> dalla <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong> carne alla cu-<br />
riosità <strong>della</strong> mente f<strong>in</strong>o al pr<strong>in</strong>cipio primo e al col-<br />
mo <strong>di</strong> tutti i mali, vale a <strong>di</strong>re all'orgoglio <strong>della</strong> vita.<br />
Chi può <strong>di</strong>re quale complessità, quale <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita va-<br />
rietà <strong>di</strong> mali sono scaturiti da queste tre forme <strong>di</strong><br />
<strong>concupiscenza</strong>? Si teme, si spera, si <strong>di</strong>spera, si ten-<br />
ta, si avanza e si <strong>in</strong><strong>di</strong>etreggia seguendo i desideri,<br />
seguendo cioè le concupiscenze a noi note; non<br />
s'<strong>in</strong>vi<strong>di</strong>a, non si strappa agli altri che il bene che si<br />
desidera per sé. Non <strong>di</strong>ventiamo nemici <strong>di</strong> alcuno<br />
se non quando veniamo contrastati, non siamo <strong>in</strong>-<br />
giusti, rapaci, violenti, tra<strong>di</strong>tori, vili, <strong>in</strong>gannatori,<br />
adulatori che a seconda dei <strong>di</strong>versi coiiv<strong>in</strong>cimenti<br />
dati dalle nostre concupiscenze e non vogliamo eli-
m<strong>in</strong>are che quelli che vi si oppongono o che vi<br />
nuocciono <strong>in</strong> qualsiasi modo, sia <strong>di</strong> proposito che<br />
<strong>in</strong>volontariamente: non aspiriamo ad ottenere po-<br />
tere, cre<strong>di</strong>to o beni che per sod<strong>di</strong>sfare i nostri de-<br />
sideri. Non vogliamo renderci temibili che per spa-<br />
ventare quelli che potrebbero contrad<strong>di</strong>rci; non<br />
me<strong>di</strong>tiamo che per avere sempre pronta l'arma del-<br />
la l<strong>in</strong>gua e per <strong>in</strong>nalzarci sull'altrui rov<strong>in</strong>a.<br />
Mio <strong>Dio</strong>, <strong>in</strong> quale abisso sono sprofondato, qua-<br />
le <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ità <strong>di</strong> peccati mi sono acc<strong>in</strong>to a descrivere!<br />
Questo è il mondo creato da Satana, è la sua crea-<br />
zione che si contrappone a quella <strong>di</strong>v<strong>in</strong>a. Ecco per-<br />
ché San Giovanni ci esorta tanto amorevolmente:<br />
«Figlioli miei, non amate il mondo né ciò che è nel<br />
mondo, poiché tutto ciò che è nel mondo», <strong>in</strong> qua-<br />
lunque modo lo si chiami, qualsiasi t<strong>in</strong>ta assuma,<br />
M non è n, dopotutto, ((che amore per i piaceri dei<br />
sensi D, che curiosità e ostentazione, e )> <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e,<br />
quel «sottile orgoglio » con cui l'uomo, <strong>in</strong>ebriato<br />
<strong>della</strong> propria eccellenza, si attribuisce l'opera <strong>di</strong><br />
<strong>Dio</strong> e si corrompe facendo uso dei suoi doni.<br />
Capitolo XXVIII - Delle seguenti parole <strong>di</strong> San Gio-<br />
vanni: «tutto ciò non viene dal Padre, ma dal<br />
mondo M, che spiegano queste altre parole dello stesso<br />
Apostolo: cc Chi ama il mondo non ha <strong>in</strong> sé l'amore del<br />
Padre M.<br />
Tale è dunque l'opera del demonio opposta a<br />
quella <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>, ed è perciò che San Giovanni, dopo<br />
aver detto: «Noil amate il mondo, né ciò che è nel<br />
mondo, poiché tutto ciò che è nel mondo è concu-<br />
piscenza <strong>della</strong> carne, <strong>concupiscenza</strong> degli occhi o
orgoglio <strong>della</strong> vita », aggiunge : M tutto ciò m, vale a<br />
<strong>di</strong>re la <strong>concupiscenza</strong> sud<strong>di</strong>visa nei tre generi, non<br />
viene dal Padre, ma dal mondo » 'O4! Non è opera<br />
del Padre, che orig<strong>in</strong>ariamente non aveva ispirato<br />
all'uomo altro che la sottomissione a <strong>Dio</strong> soltanto, la<br />
sobrietà dello spirito, per non sapere né vedere <strong>in</strong><br />
tutte le cose che lo circondano se non ciò ch'egli vo-<br />
leva e la perfetta soggezione <strong>della</strong> carne allo spirito.<br />
Le concupiscenze nom<strong>in</strong>ate da San Giovanni<br />
non vengono dunque da <strong>Dio</strong> e non trovano posto<br />
nella sua opera. Guardando <strong>in</strong>fatti le sue opere<br />
create per essere ammirate, tra le quali la migliore<br />
è l'uomo, egli aveva detto che «tutto era buono,<br />
molto buono»lo5, e pertanto egli non ha creato la<br />
<strong>concupiscenza</strong>, ch'è malvagia nell'orig<strong>in</strong>e e negli<br />
effetti, né il mondo, ch'è <strong>in</strong>teramente nel male, <strong>in</strong><br />
maligno», come <strong>di</strong>ce San Giovanni'06. La concupi-<br />
scenza proviene dal mondo creato da Satana, da<br />
quella falsa creazione <strong>di</strong> cui è autore, è nata <strong>in</strong> Ada-<br />
mo col mondo e, trasmessa per suo tramite al ge-<br />
nere umano, ne ha formato questo mondo che<br />
non è che corruzione.<br />
State ben attenti dunque a non amare mai alcun<br />
aspetto <strong>di</strong> quest'opera, <strong>in</strong> cui <strong>Dio</strong> non vuol avere al-<br />
cuna parte. Da qualunque lato il mondo voglia at-<br />
tirarvi, sia che lo faccia attraverso voi stessi facen-<br />
dovi ammirare la vostra perfezione o <strong>in</strong>citandovi ad<br />
amare l'ostentazione del sapere e le altre vanità <strong>di</strong><br />
cui si nutrono le creature, o ancora facendovi <strong>di</strong>-<br />
lettare nei piaceri <strong>di</strong> cui la carne è la fonte e l'og-<br />
getto, non lasciate <strong>in</strong> nessun modo che questa se-<br />
duzione si <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ui dentro <strong>di</strong> voi. Non lasciate ch'es-<br />
sa si <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ui <strong>in</strong> voi da nessun lato, vi ripeto, poiché
non v'è nulla che venga da <strong>Dio</strong>: appartiene tutto al<br />
mondo, ch'egli non ha creato, che detesta e con-<br />
danna. Ed è anche ciò che fa <strong>di</strong>re al suo Apostolo:<br />
«Chi ama il mondo- e la più <strong>in</strong>significante delle<br />
sue lus<strong>in</strong>ghe f<strong>in</strong>o a donarle il proprio cuore, «non<br />
ha <strong>in</strong> sé l'amore del Padre »'O7. Non si può amare<br />
<strong>Dio</strong> e il mondo, non ci si può destreggiare tra i<br />
due, dandosi ora all'uno ora all'altro, un po'<br />
all'uno e un po' all'altro. <strong>Dio</strong> vuole tutto, e per po-<br />
co che vi sottraete a lui, questo poco voi lo darete<br />
al mondo, che alla f<strong>in</strong>e travolgerà completamente<br />
il vostro cuore e <strong>di</strong>verrà tutto per voi.<br />
Capitolo XXIX - Di queste parole <strong>di</strong> San Giovanni:<br />
«Il mondo passa e passa la sua <strong>concupiscenza</strong>, ma chi<br />
fa la volontà <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> dura <strong>in</strong> eterno».<br />
Dopo aver parlato del mondo e delle piaghe del-<br />
la <strong>concupiscenza</strong>, San Giovanni svela la causa del<br />
nostro errore e al tempo stesso il rime<strong>di</strong>o <strong>di</strong> ogni<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne nelle ultime parole del passo che abbia-<br />
mo citato : « I1 mondo passa e passa la sua concupi-<br />
scenza, ma chi fa la volontà <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> dura <strong>in</strong> eter-<br />
no n 'O8. E come se <strong>di</strong>cesse : A cosa vi fermate, <strong>in</strong>-<br />
sensati? Al mondo, al suo splendore, ai suoi piace-<br />
ri? Non sapete che il mondo passa? Le giornate<br />
sono ora serene ora nuvolose, le stagioni ora miti<br />
ora <strong>in</strong>clementi, le annate ora prospere ora <strong>in</strong>frut-<br />
tuose e, passando dal mondo naturale a quello mo-<br />
rale, che è quello che ci affasc<strong>in</strong>a e c'<strong>in</strong>canta, gli af-<br />
fari sono ora riusciti, ora errati e la fortuna è sem-<br />
pre <strong>in</strong>costante. I1 mondo passa, «l'immag<strong>in</strong>e <strong>di</strong><br />
questo mondo passa»log. I1 mondo che amate non
è una verità, un oggetto, un corpo: è un'immag<strong>in</strong>e,<br />
uil'immag<strong>in</strong>e vuota, lieve, effimera, che il vento<br />
porta via e, ancor più impalpabilmente, un'ombra<br />
che si <strong>di</strong>ssolve da sé.<br />
« I1 mondo passa e passa la sua coi~cupiscenza~~ ;<br />
non solo il moiido è <strong>di</strong> per sé mutevole, ma muta<br />
anche la <strong>concupiscenza</strong>: il cambiameilto avviene da<br />
entrambi i lati. I1 mondo cambia sovente per voi:<br />
quelli che vi favorivano e vi amavano 11011 vi favoriscono<br />
e non v'amano più e spesso, anche se non<br />
cambiano, siete voi a cambiare. Vi assale il <strong>di</strong>sgusto;<br />
una passione, un piacere, un gusto ne scaccia<br />
un altro e voi siete <strong>in</strong> balia del cambiamento e<br />
dell'<strong>in</strong>costanza.<br />
Ascoltate il Saggio: La vita umana è una fasc<strong>in</strong>azione<br />
» Il0, un abbaglio degli occhi : si crede <strong>di</strong> vedere<br />
ciò che non si vede, si guarda tutto con occhi<br />
<strong>in</strong>fermi. Voi che l'amavate così perdutamente, ora<br />
non l'amate più? «Ero abbagliato, avevo gli occhi<br />
ammaliati, annebbiati)). Ma chi ve li aveva ammaliati?<br />
«Una passione <strong>in</strong>sensata: mi sembra un sogno<br />
che si sia <strong>di</strong>ssolto ».<br />
Aggiungete all'<strong>in</strong>ganno la follia, la vuotagg<strong>in</strong>e, la<br />
stupi<strong>di</strong>tà: « Fasc<strong>in</strong>atio nugacitatis* l"; aggiungetevi<br />
l'<strong>in</strong>costanza <strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong>: Inconstantia concupiscentia»,<br />
ed ecco il suo carattere. Essa si muove<br />
con movimenti irregolari, a seconda <strong>di</strong> come soffia<br />
il vento. Non soltanto si vogliono cose <strong>di</strong>verse se si<br />
è sani o ammalati, se si sta vivendo l'<strong>in</strong>fanzia o la<br />
giov<strong>in</strong>ezza, la maturità o la vecchiaia, se si è <strong>in</strong> un<br />
periodo buono o cattivo ; si vogliono cose <strong>di</strong>fferenti<br />
<strong>di</strong> notte, quando si presentano i pensieri cupi, o<br />
<strong>di</strong> giorno, quando vengono <strong>di</strong>ssipati. Pers<strong>in</strong>o alla
stessa età e nelle medesime con<strong>di</strong>zioni si cambia<br />
senza sapere perché: il sangue si sommuove, il cor-<br />
po si altera, l'umore varia. Oggi ci si trova <strong>di</strong>versi<br />
da ieri senza sapere il perché, tranne che si ama il<br />
cambiamento: la varietà <strong>di</strong>verte, allontana la noia.<br />
Non si cambia per essere migliori, ma perché mo-<br />
mentaneamente la novità ci affasc<strong>in</strong>a: Inconstantia<br />
concupiscentice ».<br />
Fate attenzione », <strong>di</strong>ceva Mosé 'l2, N ai vostri oc-<br />
chi e ai vostri pensieri: non seguiteli, poiché i loro<br />
<strong>di</strong>versi oggetti vi contamiilerail~lo<br />
H. Rammentia-<br />
moci ,, ; <strong>di</strong>ce San Paolo l'" ((ciò che noi tutti erava-<br />
mo un tempo, quando vivevamo nei desideri <strong>della</strong><br />
carne e facevamo la volontà <strong>della</strong> nostra carne e<br />
dei nostri pensieri D. I pensieri e i desideri che sor-<br />
gono nel nostro animo e nel nostro cuore sono più<br />
numerosi delle onde del mare, si cancellano l'uno<br />
con l'altro e <strong>di</strong> volta <strong>in</strong> volta ci trasc<strong>in</strong>ano con sé e<br />
noi seguiamo <strong>in</strong> preda ai nostri desideri: non vi è<br />
più chi <strong>di</strong>riga, la ragione dorme e si lascia traspor-<br />
tare dai flutti e dai venti.<br />
Sant'Agost<strong>in</strong>o paragona l'uomo che ama il mon-<br />
do, che è guidato dai sensi, ad un albero che, er-<br />
gendosi tra i venti, è percosso da un lato e dall'al-<br />
tro, a seconda <strong>di</strong> dove soffia il vento: M Tali sono gli<br />
uom<strong>in</strong>i sensuali e voluttuosi ; sembrano giocare col<br />
vento e godere <strong>di</strong> una cert'aria <strong>di</strong> libertà, portando<br />
<strong>in</strong> giro i loro vaghi desideri D. Tali sono dunque gli<br />
uom<strong>in</strong>i del mondo, che vagano <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là con<br />
estrema <strong>in</strong>costanza e chiamano libertà il loro tra-<br />
viamento. Come un bamb<strong>in</strong>o che si crede libero<br />
quando sfugge alla mano <strong>di</strong> chi lo guida, egli cor-<br />
re tutt'<strong>in</strong>torno senza sapere dove andare.
O uomo, non vedrai dunque mai il tuo errore?<br />
Questi desideri che <strong>in</strong>cessantemente ti travolgono<br />
non sono che dei vaneggiamenti, delle immag<strong>in</strong>i<br />
futili che vagano <strong>in</strong> un cervello vuoto: basterebbe<br />
la salute per <strong>di</strong>ssiparle. La tua salute, uomo, è fare<br />
la volontà del Signore e attenerti alla sua parola:<br />
I1 mondo passa, la <strong>concupiscenza</strong> passa., <strong>di</strong>ce San<br />
Giovanni Il4, ma chi fa la volontà del Signore dura<br />
<strong>in</strong> eterno.: più nulla è passeggero, tutto è fisso e<br />
immutabile.<br />
O uomo, tu sei stato creato per questo stato immutabile,<br />
per questa stabilità, per questa eternità;<br />
sei stato fatto per essere un'anima sola con <strong>Dio</strong> e<br />
per partecipare alla sua immutabilità. Se ti leghi a<br />
ciò che è passeggero, un'altra immutabilità, un'altra<br />
eternità ti attende: non un'eternità piena <strong>di</strong> luce,<br />
ma tenebrosa e <strong>in</strong>felice, e ti ren<strong>di</strong> degno del<br />
male eterno per aver fatto perire dentro <strong>di</strong> te il bene<br />
che doveva esservi : Et factus est malo <strong>di</strong>gnus ~terno,<br />
cui hoc <strong>in</strong> se peremit bonum, quod esse posset ceternum<br />
» Il5.<br />
Per questo, <strong>di</strong>ce San Giovanni, fratelli miei, figlioli<br />
miei,
Capitolo XXX - Gesù Cristo vuol mutare dentro <strong>di</strong><br />
noi, me<strong>di</strong>ante tre santi desideri, la triplice concupi-<br />
scenza ere<strong>di</strong>tata da Adamo.<br />
Ecco dunque la follia e l'errore dell'uomo. <strong>Dio</strong><br />
l'aveva creato felice e santo, questa bontà <strong>della</strong> sua<br />
natura era immutabile poiché Id<strong>di</strong>o, quando dà,<br />
non ritira <strong>di</strong> sua volontà, dal momento ch'egli è<br />
<strong>Dio</strong> ed è immutabile: ~Ego Dom<strong>in</strong>us, et non mu-<br />
to~»"'. L'uomo non aveva dunque che da non cam-<br />
biare e sarebbe rimasto <strong>in</strong> uno stato immutabile,<br />
ma egli ha voluto cambiare e ne è conseguita la tri-<br />
plice <strong>concupiscenza</strong> ed è <strong>di</strong>venuto superbo, curio-<br />
so, sensuale. Ma per guarire l'uomo da questi mali<br />
<strong>Dio</strong> ha <strong>in</strong>viato un Salvatore umile, un Salvatore che<br />
si prende cura soltanto <strong>della</strong> salvezza dell'umanità,<br />
un Salvatore immerso nella sofferenza, un uomo <strong>di</strong><br />
dolore.<br />
I1 superbo attribuisce tutto a se stesso e Gesù,<br />
che fa cose tanto gran<strong>di</strong>, la cui dottr<strong>in</strong>a è talmente<br />
sublime e le cui opere sono così mirabili, non at-<br />
tribuisce nulla a se stesso: N La mia dottr<strong>in</strong>a non è<br />
mia, ma <strong>di</strong> colui che mi ha mandato D Il8. « I1 Padre<br />
mio, che <strong>di</strong>mora <strong>in</strong> me, ha fatto le opere. che voi<br />
((11 mio cibo è fare la volontà del Pa-<br />
dre mio»"0. Egli ha degli eletti, e questa è la sua<br />
gloria, ma è il Padre che li ha donati a lui: se<br />
«non si può toglierli. a Gesù, è perché suo «Pa-<br />
dre, che li ha donati» a lui, è il più grande <strong>di</strong> tut-<br />
ti, e nulla può essere donato se non dalle sue ma-<br />
ni «onnipotenti» "'. « Mi è stato dato ogni potere<br />
<strong>in</strong> cielo e <strong>in</strong> terra»'*', io lo possiedo, ma mi è sta-<br />
to donato, ho <strong>in</strong> me la vita eterna e la dono a chi
voglio, ma è il Padre mio che <strong>di</strong> ha dato il potere<br />
d'avere <strong>in</strong> me la vita: «Voi berrete dal mio calice,<br />
ma non sta a me decidere chi sarà seduto alla mia<br />
destra o alla mia s<strong>in</strong>istra, ma costoro l'avrailno dal<br />
Padre mio che l'ha stabilito , "'. È lui che <strong>di</strong>spone<br />
<strong>di</strong> me e dei posti che verrai<strong>in</strong>o occupati attorno a<br />
me: egli ha il domiiiio del tempo, e io non soiio<br />
che il m<strong>in</strong>istro dei suoi <strong>di</strong>segni.<br />
Ascolta, cristiano: non essere superbo, non fare<br />
la tua volontà e non attribuirti nulla: tu sei un <strong>di</strong>scepolo<br />
<strong>di</strong> Gesù Cristo, che fa la volontà del Padre<br />
suo, che riferisce tutto a lui e gli attribuisce tutto<br />
quello che fa.<br />
Gesù Cristo era «la sapienza e la saggezza <strong>di</strong><br />
<strong>Dio</strong> quale dottr<strong>in</strong>a non avrebbe potuto <strong>di</strong>vulgare?<br />
Ma egli non manifesta alcuna sapienza se non<br />
quella <strong>della</strong> salvezza. In verità, sotto questo aspetto<br />
la sua sapienza è suprema, ma nelle cose umane<br />
egli non è curioso né <strong>di</strong> dottr<strong>in</strong>a né d'eloquenza.<br />
Non mostra alcuna stu<strong>di</strong>ata ricercatezza, le sue similitu<strong>di</strong>ni<br />
sono tratte dalle attività più comuni,<br />
dall'agricoltura, dalla pesca, dal traffico, dalla merce,<br />
dall'economia, da ciò che è più consueto e più<br />
noto, tanto ai re quanto al resto <strong>della</strong> gente. Egli<br />
vela i segreti <strong>di</strong>v<strong>in</strong>i <strong>di</strong>etro un'apparente prosaicità<br />
senza alcuna ostentazione, e <strong>di</strong>ce soltanto ciò che il<br />
Padre suo gli mette <strong>in</strong> bocca per istruire l'umanità;<br />
non vuole che tra i suoi <strong>di</strong>scepoli vi siano saggi, sapienti,<br />
ricchi, nobili o potenti; la sola sapienza che<br />
bisogna avere alla sua scuola «è <strong>di</strong> conoscere Gesù<br />
Cristo, anzi Gesù Cristo crocifi~so~~'~': il più dotto<br />
dei suoi <strong>di</strong>scepoli non vuol sapere altro, ed è soltanto<br />
<strong>di</strong> questo che si gloria.
Sarà forse curioso <strong>di</strong> ciò che accade nel mondo<br />
o dei <strong>di</strong>segni <strong>della</strong> politica? Nient'affatto: egli, <strong>in</strong><br />
verità, si lascia riferire quanto è awenuto a quelli il<br />
cui sangue Pilato aveva mescolato coi loro sacrifici,<br />
ma senza soffermarsi su questa notizia più che su<br />
quella <strong>della</strong> torre <strong>di</strong> Siloe, la cui caduta aveva ucci-<br />
so <strong>di</strong>ciotto uom<strong>in</strong>i, e ne trae le sue conclusioni so-<br />
lamente per trarre profitto da quell'esempio E<br />
per quanto concerne la politica, egli <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong><br />
conoscere a fondo quella d'Erode e ciò che questi<br />
andava tramando <strong>in</strong> segreto contro <strong>di</strong> lui, ma sol-<br />
tanto per <strong>di</strong>sprezzarla, e ciò gli fa <strong>di</strong>re: «Andate a<br />
<strong>di</strong>re a quella volpe che *, malgrado lui e le sue sot-<br />
tigliezze, a io scaccerò i demoni, guarirò i malati og-<br />
gi e domani e che n, qualsiasi cosa egli faccia, «io<br />
non morrò che al terzo giorno ,, l'', con ciò <strong>in</strong>ten-<br />
dendo <strong>di</strong>re il terzo anno, poiché quello è il mo-<br />
mento stabilito dal Padre suo. Questo è tutto quel<br />
che bisogna conoscere delle cose del mondo: che<br />
<strong>Dio</strong> ne <strong>di</strong>spone e che si svolgeranno secondo i suoi<br />
piani. Ecco perché, essendo stato chiamato dallo<br />
stesso Erode, lungi dall'accontentare il suo vano de-<br />
siderio <strong>di</strong> assistere a dei miracoli, non solo non lo<br />
degna nemmeno <strong>di</strong> una parola, ma per umiliare la<br />
vanità e la curiosità dei politici <strong>della</strong> terra si lascia<br />
trattare da pazzo da costui e da <strong>di</strong>ssennato dalla sua<br />
corte curiosa, che <strong>in</strong> segno <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo gli fa <strong>in</strong>-<br />
dossare una veste bianca, come si fa coi folli. Gesù<br />
non li rimprovera né li punisce: tocca alla giustizia<br />
<strong>di</strong>v<strong>in</strong>a punire come si conviene e conv<strong>in</strong>cere i folli<br />
ad allontanarsi da costoro senza degnare <strong>di</strong> farsi ri-<br />
conoscere, e <strong>di</strong> lasciarli alla loro cecità.<br />
Se Gesù non si cura delle scienze né delle noti-
zie del mondo, ancor meno si <strong>in</strong>teressa ai ricchi<br />
abiti e agli arre<strong>di</strong> lussuosi : N Le volpi hanno le loro<br />
tane, gli uccelli i loro ni<strong>di</strong>, ma il Figlio dell'uomo<br />
,noil ha dove posare il capo n 12'. Dorme su una bar-<br />
ca, sopra un guanciale altrui. Non si creda che re-<br />
sti abbagliato dal lusso dei palazzi: quando gli si<br />
mostrano le belle pietre e la magnifica architettura<br />
del tempio, egli non le guarda che per annunciare<br />
che tutto quello sarebbe stato ben presto <strong>di</strong>strut-<br />
to '%l . Nella città <strong>di</strong> Gerusalemme, tanto bella e su-<br />
perba, egli non vede altro che la sua prossima ro-<br />
v<strong>in</strong>a e, piuttosto che lanciare sguar<strong>di</strong> curiosi, i suoi<br />
occhi non versano per essa che delle lacrime.<br />
Inf<strong>in</strong>e, per combattere la <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong><br />
carne, egli oppone al piacere dei sensi un corpo<br />
tutto immerso nella sofferenza: le spalle straziate<br />
dalla sferza, la testa <strong>in</strong>coronata <strong>di</strong> sp<strong>in</strong>e e percossa<br />
con una canna da mani impietose, il volto ricoper-<br />
to <strong>di</strong> sputi, gli occhi spenti e le guance <strong>in</strong>cavate e<br />
livide per gli ansiti, la l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong>zuppata <strong>di</strong> fiele e<br />
aceto e, dentro, un'anima triste f<strong>in</strong>o alla morte, e<br />
spavento e desolazione e uno sconforto <strong>in</strong>au<strong>di</strong>ti.<br />
Immergetevi nei piaceri, mortali: ecco il vostro<br />
Maestro, <strong>di</strong>strutto corpo ed anima dal dolore.<br />
Capitolo XXXI - Delle parole <strong>di</strong> San Giovanni:<br />
«Scrivo a voi, padri, scrivo a voi, gzovani, scrivo a<br />
voi, fanciulli N. Ricapitolarione <strong>di</strong> quel ch 'è contenuto<br />
<strong>in</strong> questo brano dell'iipostolo.<br />
In tanta sofferenza, Gesù non ci <strong>di</strong>ce altro se<br />
non ciò che a suo nome ci ripete il suo beneamato<br />
Apostolo: «Non amate il mondo né ciò che è nel
mondo*, poiché con la mia crocifissione l'ho ricoperto<br />
<strong>di</strong> vergogna e d'orrore ; non amate le concupiscenze,<br />
che con la mia morte ho <strong>di</strong>chiarato malvagie.<br />
Non presumete <strong>di</strong> voi stessi, perché è da qui che<br />
hanno orig<strong>in</strong>e tutti i peccati, è così che vostra madre<br />
è stata sedotta e che vostro padre vi ha dannati.<br />
Non desiderate la gloria degli uom<strong>in</strong>i, poiché ne<br />
ricevereste la vostra ricompensa e non avreste da attendervi<br />
che <strong>in</strong>evitabili supplizi.<br />
Non gloriatevi <strong>di</strong> voi stessi, poiché tutto ciò che<br />
vi attribuite nelle vostre buone opere lo strappate a<br />
<strong>Dio</strong>, che ne è l'autore, sostituendovi a lui.<br />
Non scrollatevi <strong>di</strong> dosso il giogo <strong>della</strong> <strong>di</strong>scipl<strong>in</strong>a<br />
del Signore e non <strong>di</strong>te a voi stessi, come un ribelle<br />
orgoglioso : a Io non servirò D lgO, perché se non ser-<br />
vite la giustizia <strong>di</strong>verrete schiavi del peccato e figli<br />
<strong>della</strong> morte.<br />
Non <strong>di</strong>te mai: Non sono contam<strong>in</strong>ato 13', e<br />
non cre<strong>di</strong>ate che <strong>Dio</strong> abbia <strong>di</strong>menticato i vostri pec-<br />
cati solo perché siete voi ad averli <strong>di</strong>menticati, per-<br />
ché il Signore vi risveglierà <strong>di</strong>cendovi : « Osservate il<br />
vostro percorso <strong>in</strong> quella valle segreta. Io vi ho se-<br />
guito ovunque, ed ho contato tutti i vostri passi ,, '".<br />
Non resistete ai saggi consigli e non adombrate-<br />
vi quando siete rimproverati, poiché ribellarsi alla<br />
verità pers<strong>in</strong>o quando ci mette <strong>in</strong> guar<strong>di</strong>a e recal-<br />
citrare allo sperone è il colmo dell'orgoglio.<br />
Non cercate <strong>di</strong> conoscere molto; imparate la sa-<br />
pienza <strong>della</strong> salvezza; ogni altro sapere è vano e,<br />
come <strong>di</strong>ceva il Saggio : « In molta sapienza v'è mol-<br />
to furore e sdegno, e chi accresce il sapere accre-<br />
sce il dolore D Is3.
Non siate curiosi delle cose vane, delle novità,<br />
<strong>della</strong> politica, delle ricche vesti, delle case superbe e<br />
dei giar<strong>di</strong>ni deliziosi: Vanità delle vanità, ha detto<br />
l'Ecclesiaste, «vanità delle vanità, tutto è<br />
Suo malgrado le creature sono soggette alla vanità P<br />
e ne sono colpite, ma dovranno gemere f<strong>in</strong>o a<br />
quando non si saranno liberate del giogo e saranno<br />
chiamate alla libertà che è dei figli <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> ,><br />
Non desiderate <strong>di</strong> ammassare tesori né <strong>di</strong> nutrire<br />
i vostri occhi con oro e argento, poiché «dove<br />
sarà il vostro tesoro, là sarà il vostro cuore >, ''" e<br />
non ascolterete più la Chiesa, che vi grida con tutte<br />
le sue forze, ogni volta che viene officiato l'offertorio:<br />
Sursum corda», <strong>in</strong> alto i cuori.<br />
Non amate i piaceri dei sensi, non posate i vostri<br />
occhi su un oggetto che li attrae, e rammentate che<br />
Davide è morto per uno sguardo l''.<br />
Non godete del buon cibo che appesantisce il<br />
cuore, né del v<strong>in</strong>o che vi accende <strong>in</strong> seno il fuoco<br />
<strong>della</strong> <strong>concupiscenza</strong>: «I1 suo colore., <strong>di</strong>ce il Saggio<br />
'", a <strong>in</strong>ganna nella coppa, ma alla f<strong>in</strong>e vi morde<br />
come una serpe n.<br />
Non prendete gusto ai canti che rilassano il vigore<br />
dell'anima, né a quelli d'amore, che fanno penetrare<br />
la mollezza dalle orecchie f<strong>in</strong>o al cuore.<br />
Non amate gli spettacoli del mondo, che lo fanno<br />
apparire bello nascondendone la vanità e la<br />
bruttura.<br />
Non assistete agli spettacoli teatrali, poiché vi accade<br />
tutto ciò che accade nel mondo, <strong>di</strong> cui sono<br />
l'immag<strong>in</strong>e : <strong>concupiscenza</strong> <strong>della</strong> carne, degli occhi<br />
o orgoglio <strong>della</strong> vita. Vi si rendono <strong>di</strong>lettevoli le
passioiii e tutto il piacere che se ne trae sta nel ri-<br />
svegliarle.<br />
Non cre<strong>di</strong>ate <strong>di</strong> essere <strong>in</strong>nocenti scherzando sui<br />
vizi altrui o prendendovene gioco: è così che si nu-<br />
trono i propri. Chi è spettatore <strong>di</strong> ciò che awiene<br />
all'esterno, dentro <strong>di</strong> sé <strong>in</strong> segreto è attore. Queste<br />
malattie sono contagiose e dalla f<strong>in</strong>zione si giunge<br />
alla realtà.<br />
a Io scrivo a voi, padri ; scrivo a voi, giovani ; scri-<br />
vo a voi, fanciulli-, <strong>di</strong>ce San Giovanni Egli parla<br />
a tre età: ai padri che son già vecchi o si awic<strong>in</strong>a-<br />
no alla vecchiaia, ai giovani nel pieno del loro vi-<br />
gore, e ai fanciulli.<br />
Vegliar<strong>di</strong>, che debilitati dall'età riponete la vostra<br />
gloria nei figli, ponetela piuttosto nel conoscere co-<br />
lui il quale è dall'<strong>in</strong>izio dei tempi e nel considerar-<br />
lo il Padre vostro.<br />
Giovani, San Giovanni si rivolge a voi due volte.<br />
Voi che vi fate un vanto <strong>della</strong> vostra forza e volete<br />
travolgere ogni cosa con i vostri ardenti assalti e la<br />
vostra foga impetuosa, riponete piuttosto la vostra<br />
gloria nel v<strong>in</strong>cere il maligno, che ispira ai vostri gio-<br />
vani cuori tanti desideri, tanto più pericolosi quan-<br />
to più appaiono dolci e seducenti.<br />
Dirò una parola ai fanciulli e poi tornerò ancora<br />
a voi, giovani, che correte pericoli tanto gran<strong>di</strong>.<br />
Fanciulli, è per tenerezza che vi chiamo così, e poi-<br />
ché non rivolgerò le mie parole a quelli che sono<br />
nella culla, ché non sono ancora <strong>in</strong> grado d'<strong>in</strong>ten-<br />
dermi; mi rivolgo a voi, fanciulli, che <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciate<br />
ad avere la conoscenza: dal momento <strong>in</strong> cui essa<br />
s'affaccia, fate <strong>in</strong> modo <strong>di</strong> conoscere il vostro vero<br />
padre, che è <strong>Dio</strong>. Onoratelo nei vostri genitori, che
soiio l'immag<strong>in</strong>e <strong>della</strong> sua eterna paternità, abbia-<br />
te <strong>in</strong> cuore il timor <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> e imparate per tempo a<br />
lasciarvi ammaestrare, correggere e condurre dalla<br />
sua saggezza.<br />
Non vi si <strong>in</strong>segni ad amare l'ostentazione e l'ele-<br />
ganza, e la vanità non sia <strong>in</strong> voi né l'attrazione né<br />
la ricompensa del bene che fate e, soprattutto, non<br />
ci si prenda gioco delle vostre passioni e voi, geni-<br />
tori, non recitate <strong>di</strong> queste comme<strong>di</strong>ole <strong>in</strong> famiglia,<br />
giacché questi giochi ancora <strong>in</strong>nocenti vengono da<br />
un fondo che non lo è. Le fanciulliiie non impari-<br />
no troppo presto che è d'uopo avere degli spasi-<br />
manti: i ragazzi sono f<strong>in</strong> troppo pronti a fare i ga-<br />
lanti. I1 vizio nasce senza pensarci, e non si sa quan-<br />
do <strong>in</strong>com<strong>in</strong>cia a germogliare.<br />
Torno <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e a voi, giovani. È vero, voi siete nel<br />
pieno delle vostre forze, fortes estisn 140, ma la vostra<br />
forza non è altro che debolezza, se non si manife-<br />
sta che attraverso l'ardore e la violenza delle vostre<br />
passioni. Che la parola <strong>di</strong> <strong>Dio</strong> viva <strong>in</strong> voi; com<strong>in</strong>-<br />
ciate con l'ascoltarla, com<strong>in</strong>ciate col riverirla. Voi<br />
volete portarla <strong>in</strong> tutto il mondo, ma vi ho già det-<br />
to che colui al quale bisogna portarla è il maligno<br />
che vi tenta.<br />
Padri già avanti negli anni, giovani, fanciulli, cri-<br />
stiani tutti, ripetiamo tutti <strong>in</strong>sieme: «Non amate il<br />
mondo, né ciò che è nel mondo., poiché tutto<br />
quanto è nel mondo non è che amore per i piace-<br />
ri, curiosità e ostentazione, e <strong>in</strong>oltre orgoglio <strong>in</strong>na-<br />
to, che soffoca la virtù ancora <strong>in</strong> germe e, perse-<br />
guitandola senza sosta, la corrompe non soltanto al<br />
suo nascere, ma anche quando sembra aver rag-<br />
giunto il suo accrescimento e la sua perfezione.
Capitolo XXXII - Della comune ra<strong>di</strong>ce <strong>della</strong> triplice<br />
<strong>concupiscenza</strong>, che è l'amore <strong>di</strong> sé, al quale bisobgna<br />
porre il santo e puro amor <strong>di</strong> <strong>Dio</strong>.<br />
Ricor<strong>di</strong>amoci, o <strong>in</strong>felici figli d'Adamo, che abbandonando<br />
<strong>Dio</strong>, il quale è l'orig<strong>in</strong>e e la perfezione<br />
del nostro essere, noi ci attacchiamo a noi stessi,<br />
e che il peccato orig<strong>in</strong>ale consiste <strong>in</strong> questo<br />
amore cieco e sventurato, specialmente nell'amore<br />
<strong>della</strong> nostra eccellenza. Questo è quel che ci rende<br />
veramente dei <strong>di</strong> noi stessi, idolatri dei nostri pensieri,<br />
delle nostre op<strong>in</strong>ioni, dei nostri vizi, pers<strong>in</strong>o<br />
delle nostre stesse virtù, <strong>in</strong>capaci <strong>di</strong> trarre profitto<br />
non soltanto dai falsi beni del mondo da cui siamo<br />
dom<strong>in</strong>ati e trasc<strong>in</strong>ati, ma pers<strong>in</strong>o dai veri beni che<br />
ci vengono da <strong>Dio</strong>, poiché <strong>in</strong>vece <strong>di</strong> elevarci a colui<br />
il quale li dona per unirci a lui, noi, non so come,<br />
ci attacchiamo ad essi, come se ci appartenessero<br />
o ne fossimo gli autori. I1 libero arbitrio che<br />
ha già <strong>in</strong>gannato i nostri progenitori ci seduce ancora<br />
e dal momento che tu, mio <strong>Dio</strong>, hai voluto<br />
che concorresse alla tua grande opera, cioè alla nostra<br />
santificazione, esso, senza considerare che sei<br />
tu, o segreto motore, che hai ispirato la sua retta risoluzione,<br />
si ferma <strong>in</strong>spiegabilmente <strong>in</strong> se stesso e<br />
crede d'essere qualcosa, <strong>in</strong>vece del nulla che è.<br />
<strong>Dio</strong> mio, santificaci nella verità, facci <strong>di</strong>ventare<br />
santi non ai nostri occhi ma ai tuoi, nascon<strong>di</strong>ci a<br />
noi stessi e facci rit.rovare soltanto <strong>in</strong> te.<br />
Mi sono levato <strong>di</strong> notte, come Davide,
<strong>in</strong>ai visto, Signore, e quale mirabile visione degli ef-<br />
fetti <strong>della</strong> tua luce <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita! I1 sole avanzava ema-<br />
nando un biancore celestiale che si spandeva da<br />
tutte le parti; le stelle erano scomparse e si era le-<br />
vata la falce <strong>della</strong> luna crescente, d'un color argen-<br />
teo così bello e vivo ch'era un <strong>in</strong>canto per gli oc-<br />
chi, e mostrandosi chiara e illum<strong>in</strong>ata dal lato vol-<br />
to verso il sole, sembrava che volesse rendergli ono-<br />
re. Tutto il resto era oscuro e tenebroso, mentre il<br />
piccolo semicerchio riceveva da quella parte sol-<br />
tanto il ra<strong>di</strong>oso chiarore dei raggi del sole, come se<br />
questo fosse il creatore <strong>della</strong> luce. Quando il sole si<br />
volgeva verso la luna essa riceveva un po' <strong>di</strong> luce da<br />
quel lato, e più aveva il sole <strong>di</strong> fronte, più la sua lu-<br />
ce aumentava. Quand'esso l'aveva <strong>in</strong>teramente <strong>di</strong><br />
fronte l'altra era piena, e più riceveva luce, più ren-<br />
deva onore a quello da cui le proveniva. Ma ecco<br />
un nuovo omaggio al suo celeste rischiaratore: più<br />
il sole s'awic<strong>in</strong>ava, più vedevo l'esile falce crescen-<br />
te <strong>di</strong>m<strong>in</strong>uire e lentamente sparire, e quando il sole<br />
si fu mostrato <strong>in</strong>teramente la sua pallida luce fioca<br />
scomparve, persa <strong>in</strong> quella del grande astro, dentro<br />
la quale sembrò come assorbita. Si vedeva bene<br />
ch'essa non poteva aver perduto la sua luce con<br />
l'avvic<strong>in</strong>arsi del sole che l'illum<strong>in</strong>ava: il piccolo<br />
astro cedeva al più grande, la debole luce si<br />
confondeva con quella sfolgorante e il posto <strong>della</strong><br />
luna crescente, prima tanto prem<strong>in</strong>ente tra le stel-<br />
le, spariva dal cielo.<br />
<strong>Dio</strong> mio, eterna luce, questa è l'immag<strong>in</strong>e <strong>di</strong> ciò<br />
che accade all'anima mia quando tu la rischiari. Es-<br />
sa non viene illum<strong>in</strong>ata che dal lato <strong>in</strong> cui la guar-
<strong>di</strong>: là dove i tuoi raggi non penetrano non è che<br />
tenebra, e quand'essi si ritirano completamente<br />
l'oscurità e lo smarrimento soiio assoluti. Cosa de-<br />
vo fare, Signore, se non riconoscere che tutta la lu-<br />
ce che ricevo promana da te? Se allontani il tuo vi-<br />
so da noi veniamo awiluppati da una notte che ci<br />
impaurisce; tu solo sei la luce <strong>della</strong> nostra vita. I1<br />
Signore è la mia luce e la mia salvezza: cos'ho da<br />
temere? I1 Signore è la protezione <strong>della</strong> mia vita:<br />
<strong>di</strong> che cosa dovrei aver paura?». Noi siamo tra<br />
quelli a cui l'Apostolo ha scritto: «Eravate un tem-<br />
po tenebre, ora siete luce, <strong>in</strong> nostro Signore 14'. È<br />
come <strong>di</strong>re: Se voi foste lum<strong>in</strong>osi da voi stessi, pie-<br />
ni <strong>di</strong> santità, <strong>di</strong> verità e <strong>di</strong> virtù, e se foste voi stes-<br />
si la vostra luce, non sareste mai stati nelle tenebre,<br />
e la luce non vi avrebbe mai abbandonato. Ma<br />
adesso voi riconoscete, grazie al vostro traviamento,<br />
<strong>di</strong> non poter essere rischiarati che da una luce che<br />
viene dal <strong>di</strong> fuori e dall'alto. E se voi siete luce, è<br />
soltanto <strong>in</strong> nostro Signore.<br />
O luce impenetrabile con la quale illum<strong>in</strong>i tutti<br />
gli uom<strong>in</strong>i che vengono al mondo, e <strong>in</strong> particolare<br />
quelli <strong>di</strong> cui è scritto: «Vivete da figli <strong>della</strong> luce » 14',<br />
oltre all'omaggio che ti dobbiamo <strong>di</strong> attribuire a te<br />
tutta la luce e tutta la grazia che è <strong>in</strong> noi, poiché<br />
l'abbiamo ricevuta unicamente da te che sei il vero<br />
creatore <strong>della</strong> luce, noi te ne dobbiamo anche un<br />
altro: la nostra luce deve perdersi nella tua e sva-<br />
nire al tuo cospetto. Sì, o mio Signore, ogni luce<br />
creata che non sia la tua, per quanto promani da<br />
te, ti deve questo sacrificio, deve annientarsi e<br />
scomparire alla tua presenza, e scomparire pr<strong>in</strong>ci-
palmente ai nostri propri occhi <strong>di</strong> modo che, sem-<br />
mai vi sia <strong>in</strong> noi qualche luce, possiamo vederla<br />
non <strong>in</strong> noi stessi ma <strong>in</strong> colui che ci hai mandato<br />
«per esserci sapienza e giustizia, saiitificazione e<br />
redenzione D '44, aff<strong>in</strong>ché N colui il quale si gloria, si<br />
glori » non <strong>in</strong> se stesso, ma unicamente <strong>in</strong> nostro<br />
Signore )> 14'.<br />
Ecco, mio <strong>Dio</strong>, il sacrificio che ti offro e l'obla-<br />
zione pura <strong>della</strong> nuova alleanza, che ti deve essere<br />
offerta <strong>in</strong> Gesù Cristo e per Gesù Cristo <strong>in</strong> tutta la<br />
terra. Io te l'offro, o <strong>Dio</strong> vivente ed eterno! Voglio<br />
offrirtelo ad ogni mio respiro; ad ogni mio pensie-<br />
ro voglio pensare a te, che sei tutto il mio amore,<br />
poiché a te devo tutto. Non sei soltanto il lume dei<br />
miei occhi, poiché quando li apro per guardare la<br />
luce che hai donato loro, sei tu che me ne ispiri la<br />
volontà.<br />
O Signore, dal quale ricevo ogni cosa, io t'amerò<br />
per sempre. Ti amerò, <strong>Dio</strong> mio, tu che sei la mia<br />
forza. Accen<strong>di</strong> <strong>in</strong> me quest'amore, <strong>in</strong>viami dal più<br />
alto dei cieli e dal tuo eterno seno il tuo Spirito<br />
Santo, questo <strong>Dio</strong> d'amore che fa <strong>di</strong> tutti quelli che<br />
santifichi un cuore e un'anima soli. Ch'esso sia la<br />
fiamma <strong>in</strong>visibile che possa consumare il mio cuo-<br />
re d'un amore santo e puro, d'un amore che non<br />
trattenga nulla per sé, nemmeno il più piccolo pia-<br />
cere, ma che riman<strong>di</strong> a te solo tutto il bene che ri-<br />
ceve da te.<br />
Mio <strong>Dio</strong>, soltanto il tuo Spirito Santo può ope-<br />
rare questo pro<strong>di</strong>gio; fa ch'esso sia dentro <strong>di</strong> me<br />
come un carbone ardente, che purifichi le mie lab-<br />
bra e il mio cuore <strong>in</strong> tal sorta che non vi sia <strong>in</strong> me
più nulla <strong>di</strong> mio, e che l'<strong>in</strong>censo ch'io brucerò al<br />
tuo cospetto, nel momento stesso che verrà depo-<br />
sto <strong>in</strong> questo braciere ardente che accenderai nel<br />
profondo <strong>della</strong> mia anima, esali tutti i suoi fumi al<br />
cielo senza che me ne resti nulla, per mandarti un<br />
grato profumo. Ch'io non mi compiaccia che <strong>in</strong> te,<br />
che i11 te soltanto io trovi la mia felicità e la mia vi-<br />
ta, adesso e nei secoli dei secoli. Amen, Amen.
Da La Sacra Bibbia:<br />
Am<br />
AP<br />
At<br />
Cn<br />
Col<br />
l&<br />
Ec<br />
Ecli<br />
Ef<br />
Est<br />
Ez<br />
Gal<br />
Gb<br />
Gc<br />
Gdt<br />
Ger<br />
Gn<br />
Gv<br />
l Gv<br />
Is<br />
Lc<br />
Mc<br />
M1<br />
Legenda<br />
= Amos<br />
= Apocalisse<br />
= Atti degli Apostoli<br />
= Cantzco dei Cantici<br />
= Lettera ai Colossesi<br />
= Prima lettera ai Cor<strong>in</strong>ti<br />
= Ecclesiaste<br />
= Ecclesiastico<br />
= Lettera agli Efes<strong>in</strong>i<br />
= Ester<br />
= Exechiele<br />
= Lettera ai Galati<br />
= Giobbe<br />
= httera <strong>di</strong> S. Giacomo<br />
= Giu<strong>di</strong>tta<br />
= Geremia<br />
= Genesi<br />
= Vangelo <strong>di</strong> S. Giovanni<br />
= A<strong>in</strong>za lettera <strong>di</strong> S. Giovanni<br />
= Isaia<br />
= Vangelo <strong>di</strong> S. Luca<br />
= Vangelo <strong>di</strong> S. Marco<br />
= Malachia
Mt<br />
Nm<br />
Pro<br />
2Pt<br />
2 Re<br />
Rm<br />
Sal<br />
SaP<br />
= Vangelo <strong>di</strong> S. Matteo<br />
= Numeri<br />
= Proverbi<br />
= Seconda lettera <strong>di</strong> S. Pietro<br />
= Secondo libro dei Re<br />
= Lettera ai Romani<br />
= Salmi<br />
= Sapienza<br />
Dalle Opere <strong>di</strong> S. Agost<strong>in</strong>o:<br />
CeP = Contra duas Epistolas Pelagianmm<br />
Conf = Confessiones (Le Confessioni)<br />
De civ. Dei = De ciuitate Dei<br />
D4 = De <strong>di</strong>versis questionibus ad Simplicianum libri<br />
h. = Sennones passim<br />
S. Cipriano:<br />
Jud. @i. = Test. aduersus Judaos ad @ir<strong>in</strong>.<br />
S. Fulgenzio : Epastole<br />
Ep. Pel. = Contra duas Epistolas Pelagianorum.
la., 11, 15, 16, 17.<br />
' Ibid., 12, 13, 14.<br />
Gv., I, 10.<br />
Ivi, W, 17.<br />
"vi, XV, 18, 19.<br />
"vi, XVI, 33.<br />
' Ivi, XVII, 6.<br />
' Ibid., 9.<br />
Ibid., 11.<br />
'O Ibid., 14, 15, 16, 17.<br />
" Ibid., 25.<br />
l2 Rm, VII, 24.<br />
l3 Sap., IX, 14, 15, 16.<br />
l4 Ecli., XL, 2.<br />
'"eli., i.,, 2-12.<br />
l" SII., XLVIII, 13 e 21.<br />
l' Rm., WI, 18.<br />
I' Ivi, 21.<br />
'"t., XIV, 16.<br />
Gnj, 1. X, cap. XXXI et al.<br />
l&., VII, 25.<br />
n Gb., XXXI, 1.<br />
2Pt, 11, 14.<br />
Mt., V, 28.<br />
25 h., VII, 18.<br />
Rm., 11, 5.
*' Gal., V, 17.<br />
G.,<br />
111, 6, 7.<br />
'M Ec., VII, 30.<br />
"O Gn, 11, 25.<br />
:'l Ibid., 111, 10, 11.<br />
32 Ivi, 7.<br />
:'3 De dv. Dei, I. XN, cap. XV.<br />
&, VI, 5.<br />
Ivi, 2.<br />
"'<br />
Confess., I. X.<br />
:l7 Mt., VII, 1.<br />
" SUL, W, 3.<br />
" Ecli., 111, 22.<br />
* h.,<br />
m, 27.<br />
Rm., XII, 3.<br />
42 Ec., V, 9, 10.<br />
43 Ivi, 17, 18<br />
44 Ibid., IV, 8.<br />
45 PIO., XXVII, 20.<br />
46 Ec., 11, 19.<br />
47 Ivi, V, 14, 15.<br />
Rm., 11, 5.<br />
4"a~., CXLIII, 15.<br />
" Ivi, VIII, 4.<br />
51 Mt., VI, 28, 29; cn., 111, 11.<br />
"' Sap., XIII, 3.<br />
5s Sal, XXV. 8.<br />
" Ibid., 9.<br />
55 SUL, CXLIII, 12.<br />
5G Ivi, CXVIII, 37.<br />
57 l&., VII, 31.<br />
Eji., W,<br />
15, 16, 18.<br />
59 Nm., W, 39.<br />
~c dv. Dà, 1. XIV, cap. XII1.<br />
G1 Cn., 111, 5.<br />
" Ec., VI, 30.<br />
'" Sup., XI, 17.
Ez., XXVIII, 18.<br />
"j De civ. Dei, I. XIV, cap. XXVIII.<br />
Is., XL, 15.<br />
" Ibid., 17.<br />
Gen., 111, 1.<br />
'* Rm., VII, l l.<br />
70 De <strong>di</strong>v. qumt. ad Simpl., 1. I, n. 3 e segg.<br />
71 Mt., XI, 30.<br />
72 Gb., xl, 12.<br />
73 De &. Dei, I. XIV, cap. XIII e segg.<br />
74<br />
Gal., V, 19.<br />
75<br />
Pro., VI, 26.<br />
7G Gdt., XII, 11.<br />
77 COnJ, I. X, cap. XXXVII e segg.<br />
78 Am., VI, 14.<br />
79 Sm., CXLI.<br />
" Mt., VI, 2.<br />
S. Agost<strong>in</strong>o, Salm., CXVIII, h. XIL.<br />
Mt., XXIII, 5; VI, 2, 5, 16.<br />
Lc., XVIII, 11.<br />
84 Ibid.<br />
85 Sal., XXXIII, 3.<br />
ck., XVII, 5.<br />
87<br />
S. Cipriano, Test. adversus Judaos ad Quir<strong>in</strong>., l. 111, cap. IV, S.<br />
Agost<strong>in</strong>o, Contra duas Ep. Pelag., lib. IV, cap. X.<br />
Rm., X, 3.<br />
m PCor, 111, 5.<br />
Epist. VI, cap. VIII, n. 11.<br />
" Gv., VIII, 44.<br />
" G.,<br />
11, 19.<br />
93 Is., m ,<br />
12.<br />
" Ez., XXVIII, 12, 14 e 15.<br />
Zs., XIV, 13, 14.<br />
M Ibid, 15.<br />
97 Sal., VIII, 6.<br />
" S. Agost<strong>in</strong>o, Serm., CLXIV, n. 8, t. V, col. 788.<br />
" Gn., 111, 1.
Ioa Ibid., 2, 3.<br />
'"l Ibid., 4.<br />
l"' Ibid., 7.<br />
103 Gn., 111, l, 4, 5.<br />
'O4 IGu., 11, 16.<br />
lo' Gn., I, 31.<br />
IGv., V, 19.<br />
lo' Ibid., 11, 15.'<br />
'OR Ibid., 11, 15.<br />
l@' lCor., VI, 31.<br />
"O sap., IV, 12.<br />
"l Ibid.<br />
Il2 ~m.,<br />
XV, 39.<br />
Il"-, 11, 3.<br />
114 lGv., 11, 17.<br />
Il5 S. Agost<strong>in</strong>o, De Ciu. Dei, 1. XXI, cap. XII, tom. VII, col. 683.<br />
IlG 2Cor., N, 17, 18.<br />
Il7 MI., 111, 6.<br />
Il8 Gu., VII, 16.<br />
Il9 ~bid., XIV, 10.<br />
Ibid., IV, 34.<br />
Ibid., X, 28.<br />
In Mt., XXVIII, 18.<br />
lZ3 Ibid., XX, 23.<br />
124 1 Cor., I, 30.<br />
Ivi, 11, 2.<br />
I2"c., XIII, 1, 3, 4, 5.<br />
Ibid., 32.<br />
Mt., VIII, 20.<br />
Mc., N, 38.<br />
Isa Ger., 11, 20.<br />
Ibid., 23.<br />
13' Ibid., 23; Gb., XIV, 16.<br />
133<br />
Ec., I, 18.<br />
l" Ibid., 1, 2.<br />
'l Rm., VIII, 20, 21.<br />
Rm., VIII, 20, 21.
13G Mt., VI, 21.<br />
In' 2Re, XI, 2.<br />
l' Pro., XXIII, 32.<br />
13"~v., 11, 13.<br />
'40 Ibid., 14.<br />
I4l Sal., VIII, 4.<br />
E!, v, S.<br />
I4"bidem.<br />
14' ]COI-., I, 30.<br />
14' 2Cor., X, 17.