Febbraio - The Church of Jesus Christ of Latter-day Saints
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PRENDERSI<br />
CURA DEL<br />
GREGGE<br />
“Noi abbiamo<br />
la responsabilità<br />
di prenderci<br />
cura del gregge, poiché le<br />
preziose pecore e questi teneri<br />
agnelli si trovano ovunque: a<br />
casa nella nostra famiglia, tra i<br />
parenti, e anche nella chiamata<br />
ecclesiastica. Gesù è il nostro<br />
esempio. Egli disse: “Io sono<br />
il buon pastore, e conosco le<br />
mie pecore” (Giovanni 10:14).<br />
Abbiamo una responsabilità<br />
come pastori. Possa ognuno di<br />
noi farsi avanti per servire”.<br />
Presidente Thomas S. Monson, “Una casa<br />
celeste, una famiglia eterna”, Liahona,<br />
giugno 2006, 70.<br />
manifestazione fisica di affetto verso<br />
il figlio, ma il padre fa sì che i servitori<br />
gli diano una veste, dei calzari<br />
per i piedi e un anello per la mano<br />
e dà loro l’ordine di uccidere il<br />
vitello ingrassato, dichiarando con<br />
gran gioia: “Era perduto, ed è stato<br />
ritrovato” (Luca 15:24).<br />
Negli anni questo padre aveva<br />
sviluppato una disposizione così<br />
compassionevole, misericordiosa e<br />
amorevole che non poteva far altro<br />
se non amare e perdonare. Questa<br />
parabola riguarda da vicino tutti<br />
noi perché ci dà la speranza che<br />
un affettuoso Padre nei Cieli vigila<br />
ansiosamente sulla via del ritorno,<br />
per così dire, in attesa che ciascun<br />
Suo figliol prodigo torni a casa.<br />
Infine, c’è l’obbediente figlio<br />
maggiore che protesta nei confronti<br />
del padre e della sua pietà: “Ecco,<br />
da tanti anni ti servo, e non ho mai<br />
trasgredito un tuo comando; a me<br />
però non hai mai dato neppure<br />
un capretto da far festa con i<br />
miei amici; ma quando è venuto<br />
questo tuo figliuolo che ha<br />
divorato i tuoi beni con le<br />
meretrici, tu hai ammazzato<br />
per lui il vitello ingrassato”<br />
(Luca 15:29–30).<br />
Proprio come ci possono<br />
essere delle caratteristiche del<br />
figliol prodigo in ciascuno di noi,<br />
così può anche darsi che siamo<br />
contaminati da alcuni tratti del figlio<br />
più grande. L’apostolo Paolo descrive<br />
il frutto dello Spirito in termini di<br />
“amore, allegrezza, pace, longanimità,<br />
benignità, bontà, fedeltà,<br />
dolcezza [e] temperanza” (Galati<br />
5:22–23). Benché possa anche essere<br />
vero che il figlio maggiore sia stato<br />
in tutto obbediente al padre, sotto<br />
quell’obbedienza apparente stava<br />
covando un’alterigia sotterranea e<br />
una disposizione alla critica, alla<br />
cupidigia e alla totale mancanza di<br />
compassione. La sua vita non è in<br />
armonia con il frutto dello Spirito, in<br />
quanto non è sereno, ma piuttosto<br />
grandemente afflitto da ciò che percepisce<br />
come una grossa disparità di<br />
trattamento. ◼<br />
Tratto da un discorso tenuto il 9 febbraio 2010 ad<br />
una riunione presso l’Università Brigham Young.<br />
Per il testo completo del discorso in inglese, visitare<br />
il sito speeches.byu.edu.<br />
<strong>Febbraio</strong> 2011 37