La donna usata dalla pubblicità_Panarese - Aiart
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Fig. 4-5. Annunci stampa di Moulinex<br />
A partire da allora, per molte ragioni, le rappresentazioni della <strong>donna</strong> si differenziano, restituendo<br />
immagini più complesse, meno legate alle convenzioni e più attente ai cambiamenti sociali, ma pur sempre<br />
stilizzate, come è comprensibile accada in una forma di comunicazione “ipersintetica” come la <strong>pubblicità</strong> 4 .<br />
Fa così la sua prima comparsa (e s’impone nel decennio successivo) la <strong>donna</strong> che lavora, autonoma,<br />
assertiva, ambiziosa. Sembrerebbe un passo avanti nella relazione tra immagine pubblicitaria e ruoli sociali,<br />
ma quella rappresentata dall’advertising non è una <strong>donna</strong> reale, o meglio realistica. 5 È piuttosto una<br />
caricatura ipersemplificata, una soggettività portata all’eccesso: la <strong>donna</strong> che vive con la performance di<br />
Elseve L’Orèal, o la giovane supermoderna della fine degli anni Ottanta, capace di conciliare casa e carriera,<br />
maternità e professionalità, fascino e intelligenza, che lavora in ufficio tutto il giorno, ma non dimentica di<br />
preparare una cena deliziosa per i suoi e di combattere quotidianamente contro le rughe e la cellulite. 6<br />
L’immaginario pubblicitario, dunque, rappresenta il cambiamento in corso in quell’epoca, ma lo fa<br />
usando simulacri che un po’ ne stemperano il risultato e ne banalizzano il significato. In fondo, <strong>dalla</strong><br />
<strong>pubblicità</strong> ci aspettiamo che non sia lo specchio della realtà, quanto piuttosto uno specchio distorto,<br />
direbbe Richard Pollay, che ne riflette solo alcune tendenze in modo perlopiù deformante 7 .<br />
Così, le immagini femminili della <strong>pubblicità</strong> degli anni Ottanta sono non tanto convenzionali nei<br />
contenuti, quanto irrigidite e mutilate nella forma e nelle identità rappresentate.<br />
In ogni caso, ci sono archetipi del femminile che rimangono quasi intatti nel tempo. Uno di questi è<br />
quello della mamma, che cambia pettinatura, foggia dei vestiti, ma non il ruolo centrale di dispensatrice di<br />
cura e affettività. <strong>La</strong> mamma della <strong>pubblicità</strong> è giovane e carina, se ha da fare non lo dà a vedere, vive in un<br />
villetta con giardino e ha due figli già in età scolare. L’aspetto più conservatore si percepisce nella relazione<br />
con il partner, di cui è anche madre, oltre che moglie e compagna.<br />
<strong>La</strong> “maternità” della figura femminile rispetto a quella maschile è piuttosto evidente negli annunci su<br />
stampa e, in particolare, nelle pose talvolta assunte dalle signore della <strong>pubblicità</strong> (Cfr. Fig. 6). Ma anche<br />
4<br />
Fabris G., <strong>La</strong> <strong>pubblicità</strong>. Teorie e prassi, Franco Angeli, Milano, 1992.<br />
5<br />
Pignotti L., Mucci E., Marchio & femmina. <strong>La</strong> <strong>donna</strong> inventata <strong>dalla</strong> <strong>pubblicità</strong>, Vallecchi, Firenze, 1978.<br />
6<br />
Canova G., op. cit.<br />
7<br />
Zanacchi A., Pubblicità: effetti collaterali. Riflessioni sulle conseguenze «involontarie» della <strong>pubblicità</strong>, Editori Riuniti, Roma, 2004.<br />
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