mensile - Amici di Monte Mario
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Impaginato 17-06-2008 9:51 Pagina 3<br />
Le ville <strong>di</strong> <strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong> nel Rinascimento<br />
<strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong>, a partire dal Quattrocento<br />
e per tutto il Cinquecento,<br />
<strong>di</strong>venne luogo prescelto da nobili e<br />
letterati per le loro residenze suburbane.<br />
Alcune <strong>di</strong> tali residenze furono<br />
luoghi <strong>di</strong> rappresentanza legati alle<br />
esigenze della politica estera, destinate<br />
quin<strong>di</strong> ad accogliere personalità<br />
politiche e culturali in visita a<br />
Roma. Spesso le ville suburbane <strong>di</strong><br />
<strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong> furono se<strong>di</strong> dei cosiddetti<br />
horti letterari, fenomeno tipicamente<br />
romano e particolarmente<br />
<strong>di</strong>ffuso durante il pontificato <strong>di</strong><br />
Leone X (1513-1521), amico dei letterati<br />
e letterato egli stesso. In nome<br />
<strong>di</strong> un comune modo <strong>di</strong> intendere la<br />
cultura, il proprietario dell’hortus,<br />
mecenate del gruppo, riuniva perio<strong>di</strong>camente<br />
i sodales e organizzava<br />
piacevoli conviti nei suoi giar<strong>di</strong>ni<br />
abbelliti da viali ombrosi e fioriti, da<br />
chioschi, fontane e preziosi reperti<br />
archeologici: ai banchetti e alle<br />
argute facezie si accompagnavano la<br />
poesia e le <strong>di</strong>ssertazioni eru<strong>di</strong>te sui<br />
più svariati argomenti.<br />
Iniziamo dunque questa passeggiata<br />
per le ville <strong>di</strong> <strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong>, utilizzando<br />
come Baedecker i versi latini<br />
che alcuni poeti del Cinquecento<br />
hanno de<strong>di</strong>cato ad esse: si tratta <strong>di</strong><br />
uno scaffaletto <strong>di</strong> testi che appartiene<br />
alla più vasta biblioteca costituita<br />
da quel fortunato genere letterario –<br />
che potremmo denominare <strong>di</strong> poesia<br />
latina in villa- formato cioè da opere<br />
in versi – alcune anche in prosavolte<br />
a descrivere e a celebrare<br />
palazzi e ville <strong>di</strong> Roma e <strong>di</strong>ntorni.<br />
Iniziamo con Villa Mellini, situata<br />
sulla sommità del colle, oggi sede<br />
dell’Istituto Nazionale <strong>di</strong> Astrofisica<br />
e del Museo Astronomico e Copernicano.<br />
La villa fu la prima fra le<br />
residenze suburbane della Roma<br />
rinascimentale. Fu fatta e<strong>di</strong>ficare da<br />
Pietro Mellini probabilmente intorno<br />
alla metà del Quattrocento. A<br />
celebrarla in versi latini fu il poeta<br />
cremonese Benedetto Lampri<strong>di</strong>o,<br />
fine conoscitore del greco, grandemente<br />
stimato da Leone X; Lampri<strong>di</strong>o<br />
appartenne alla cerchia del prelato<br />
lussemburghese Joannes Goritz,<br />
detto alla latina Corycius, stravagante<br />
figura <strong>di</strong> mecenate, animatore<br />
<strong>di</strong> un proprio orto letterario, gli horti<br />
coryciani, e committente della celebre<br />
raccolta poetica intitolata Coryciana,<br />
a lui de<strong>di</strong>cata da un folto<br />
gruppo <strong>di</strong> poeti. Intorno al 1521 il<br />
Lampri<strong>di</strong>o compose un’ode <strong>di</strong> ispirazione<br />
pindarica in 627 versi, dal<br />
titolo In Petri Melini villam, che fu<br />
pubblicata a Venezia, dopo la morte<br />
dell’autore, nel 1550. Il Lampri<strong>di</strong>o<br />
de<strong>di</strong>cò la sua ode a Pietro Mellini,<br />
nipote <strong>di</strong> quel Pietro che fece e<strong>di</strong>ficare<br />
la villa. Fu munifico protettore<br />
dei letterati e poeta egli stesso, e la<br />
sua villa fu cenacolo letterario e<br />
generoso punto <strong>di</strong> accoglienza <strong>di</strong><br />
numerosi letterati romani. La descrizione<br />
della villa <strong>di</strong>viene spunto per<br />
fantasiose <strong>di</strong>vagazioni <strong>di</strong> argomento<br />
mitologico. Talvolta il poeta indugia<br />
in <strong>di</strong>gressioni descrittive e si sofferma<br />
così a decantare il rigoglio della<br />
vegetazione, la salubrità e il panorama<br />
<strong>di</strong> <strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong>, baciato da<br />
Venere; descrive un vaso che le<br />
ninfe del Tevere, convenute nella<br />
villa, si scambiano in dono e che<br />
forse era un ornamento del giar<strong>di</strong>no;<br />
quin<strong>di</strong> il poeta rivolge una apostrofe<br />
alla villa, funzionale a introdurre la<br />
celebrazione della stirpe dei Mellini;<br />
e infine esalta la villa, pro<strong>di</strong>go punto<br />
<strong>di</strong> accoglienza per i poeti e i letterati.<br />
Cenni a villa Mellini troviamo<br />
anche in un curioso trattato dovuto<br />
all’umanista Girolamo Rorario,<br />
nunzio apostolico pordenonese vissuto<br />
nella prima metà del XVI secolo.<br />
Quest’opera, intitolata Quod animalia<br />
bruta ratione utantur melius<br />
homine (Perché gli animali fanno<br />
uso della ragione meglio dell’uomo)<br />
composta intorno al 1547, è una <strong>di</strong>ssertazione<br />
filosofica sull’istinto animale,<br />
che l’autore ritiene spesso<br />
superiore a quello degli uomini; tale<br />
<strong>di</strong>ssertazione è tesa al contempo a<br />
<strong>di</strong>fendere la superiorità della lingua<br />
latina su quella volgare. Il Rorario a<br />
un certo punto riferisce un aneddoto<br />
autobiografico che ritiene e<strong>di</strong>ficante.<br />
Un giorno si trovava a far da<br />
cicerone per Roma a un gruppo <strong>di</strong><br />
nobili tedeschi ignoranti <strong>di</strong> latino:<br />
con l’intento <strong>di</strong> far loro ammirare<br />
alcune interessanti architetture della<br />
sua città, li conduce a visitare tre<br />
ville suburbane, tra le quali villa<br />
Mellini, costruite a Roma dopo gli<br />
orrori del Sacco e <strong>di</strong>venute ben presto<br />
se<strong>di</strong> <strong>di</strong> rinomati salotti letterari. I<br />
tedeschi, insensibili a causa della<br />
loro ignoranza, non sono in grado <strong>di</strong><br />
apprezzare quelle meraviglie e<br />
Rorario ha così buon gioco nel<br />
<strong>di</strong>mostrare che la conoscenza del<br />
latino raffina il gusto estetico e che<br />
chi è ignorante <strong>di</strong> latino non è neppure<br />
in grado <strong>di</strong> apprezzare l’arte.<br />
Proseguiamo con la bellissima Villa<br />
Madama, posta sulle pen<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />
<strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong> e affacciata sul Ponte<br />
Milvio. La sontuosa residenza sorse<br />
su committenza Me<strong>di</strong>ci, per desiderio<br />
<strong>di</strong> papa Leone X e <strong>di</strong> suo cugino,<br />
il car<strong>di</strong>nale Giulio de’ Me<strong>di</strong>ci, futuro<br />
papa Clemente VII. Giulio de’<br />
Me<strong>di</strong>ci affidò la progettazione della<br />
villa a Raffaello la cui morte prematura<br />
impose però un ra<strong>di</strong>cale cambiamento<br />
nella <strong>di</strong>rezione dei lavori e<br />
conseguentemente nelle scelte artistiche<br />
e progettuali: proseguirono la<br />
realizzazione delle opere dapprima<br />
Giulio Romano, poi Antonio da San-<br />
gallo il Giovane e Baldassarre<br />
Peruzzi. Villa Madama fu chiamata<br />
Villa Me<strong>di</strong>ci fino a quando non<br />
passò in ere<strong>di</strong>tà alla vedova se<strong>di</strong>cenne<br />
<strong>di</strong> Alessandro de’ Me<strong>di</strong>ci, Margherita<br />
d’Austria, figlia naturale dell’imperatore<br />
Carlo V, che rispettosamente<br />
era chiamata Madama. Nel<br />
500 Villa Madama fu celebrata dal<br />
poeta coriciano Francesco Speroli <strong>di</strong><br />
Camerino nel carme Villa Iulia<br />
Me<strong>di</strong>ca versibus fabricata. Questa<br />
composizione, datata al 1519, ancora<br />
ine<strong>di</strong>ta, è de<strong>di</strong>cata al car<strong>di</strong>nale<br />
Giulio de’ Me<strong>di</strong>ci. La descrizione<br />
dello Speroli non venne mai portata<br />
a termine: con questo motivo si<br />
spiegano le notevoli <strong>di</strong>screpanze del<br />
testo con ciò che l’e<strong>di</strong>ficio oggi<br />
mostra.<br />
Proseguiamo con la villa <strong>di</strong> Falcone<br />
Sinibal<strong>di</strong>, protonotario apostolico<br />
vissuto nella seconda metà del XV<br />
secolo: essa è celebrata nel Genius<br />
Falconis Sinibal<strong>di</strong> dal poeta Marco<br />
Girolamo Vida che fu apprezzatissimo<br />
da papa Leone X. Il carme fu<br />
pubblicato nel 1524 e fu composto<br />
per celebrare il soggiorno in questa<br />
villa del suo mecenate, Joannes<br />
Goritz, che avvenne nel 1523, in<br />
occasione della <strong>di</strong>scesa a Roma <strong>di</strong><br />
certi oratori veneti. La villa si trovava<br />
alle pen<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> <strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong>, in<br />
prossimità del Vaticano, proprio<br />
sulla via Trionfale, in corrispondenza<br />
degli attuali numeri civici 60-62,<br />
esattamente dove oggi c’è un’osteria<br />
che, parrebbe in memoria del vecchio<br />
proprietario, è chiamata ‘l’antico<br />
falcone’. La villa <strong>di</strong> Falcone Sinibal<strong>di</strong><br />
doveva essere ospitale punto<br />
<strong>di</strong> accoglienza per gli intellettuali<br />
che giungevano a Roma dal nord. In<br />
questo breve poemetto il Vida esor<strong>di</strong>sce<br />
con una veloce celebrazione<br />
della villa del Sinibal<strong>di</strong>, ma subito si<br />
rivela sostanzialmente interessato a<br />
celebrare il suo protettore, il Goritz.<br />
Nei versi de<strong>di</strong>cati alla villa, Vida si<br />
concentra a decantare la bellezza<br />
naturale del luogo, secondo la ben<br />
consolidata modalità descrittiva del<br />
locus amoenus.<br />
Per ultima, la villa suburbana del<br />
letterato Blosio Palla<strong>di</strong>o, gli Horti<br />
Blosiani; essa, su progetto <strong>di</strong> Baldassarre<br />
Peruzzi, fu e<strong>di</strong>ficata nel<br />
corso degli anni trenta del Cinquecento,<br />
sulla propaggine meri<strong>di</strong>onale<br />
<strong>di</strong> <strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong>, affacciata su San<br />
Pietro con una vista spettacolare su<br />
tutta Roma. L’e<strong>di</strong>ficio, tuttoggi esistente,<br />
è noto come Casale Ciocci.<br />
Abbandonata per molto tempo, la<br />
villa fu ciak finale <strong>di</strong> Roma, città<br />
aperta <strong>di</strong> Rossellini e fu anche scenario<br />
del film <strong>di</strong> Ettore Scola Brutti,<br />
sporchi e cattivi. Anche essa fu un<br />
fecondo punto <strong>di</strong> ritrovo degli intellettuali<br />
romani, specialmente dopo<br />
che altre ville furono devastate dai<br />
lanzichenecchi, come scriveva in un<br />
suo carme l’umanista bellunese Pierio<br />
Valeriano. Anche Marco Antonio<br />
Flaminio, in quegli stessi anni, de<strong>di</strong>ca<br />
numerosi versi latini all’amico<br />
Blosio, alla sua villa e curiosamente<br />
anche alla turunda, una torta che<br />
Blosio preparava per i suoi ospiti in<br />
occasione degli incontri letterari da<br />
lui organizzati. Nei suoi versi il Flaminio<br />
celebra la generosa e dotta<br />
ospitalità del suo amico Blosio, la<br />
natura circostante la villa, rigogliosa<br />
e fertile come rigogliose e fertili<br />
sono le lettere promosse e incoraggiate<br />
dal Palla<strong>di</strong>o. Infine anche il già<br />
menzionato umanista pordenonese<br />
Girolamo Rorario, nella sua <strong>di</strong>ssertazione<br />
filosofica, si sofferma sulla<br />
villa <strong>di</strong> Blosio; ciò che sembra<br />
soprattutto interessare al Rorario è<br />
lo spazio esterno, la lussureggiante<br />
natura del giar<strong>di</strong>no che appare significativamente<br />
<strong>di</strong>sposto secondo un<br />
percorso ascendente, le architetture<br />
e gli arre<strong>di</strong> esterni; un curioso rilievo<br />
è dato al pollaio, quasi provocatoriamente<br />
se si considera che, viceversa,<br />
all’abitazione del proprietario<br />
è riservato invece un totale silenzio.<br />
Oggi le ville <strong>di</strong> <strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong> non<br />
ospitano più letterati e non ci sono<br />
mecenati <strong>di</strong>sposti a sostenere le lettere.<br />
Ma l’antica tra<strong>di</strong>zione delle<br />
<strong>di</strong>more acccoglienti sembra rivivere<br />
nell’ospitalità data dall’albergo<br />
Residenza <strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong> alla benemerita<br />
associazione culturale<br />
“<strong>Amici</strong> <strong>di</strong> <strong>Monte</strong> <strong>Mario</strong>”, coraggiosamente<br />
impegnata a <strong>di</strong>vulgare la<br />
storia <strong>di</strong> questo antico monte.<br />
Donatella Manzoli<br />
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