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2 giugno 2003 - Associazione Nazionale Finanzieri d'Italia

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Gli orrori della guerra, mentre<br />

scrivo, entrano dentro le nostre<br />

case senza bussare alla porta; trafiggono<br />

i nostri cuori come lame<br />

roventi per averli già vissuti. Il mio<br />

nipotino, Matteo, cinque anni, mi<br />

pone domande alle quali non so<br />

rispondere. M’impapero ed arrossisco<br />

per la vergogna. Cerco, allora,<br />

un lembo di cielo sereno dentro<br />

il giardino dei ricordi per lenire<br />

l’angoscia e la pena della nostra<br />

umanità ferita.<br />

Le tenere brezze dell’Adriatico si<br />

addensano d’estate sulle aspre gole<br />

di Popoli. Vi permangono alquanto;<br />

poi, escono da quel precipitar scosceso<br />

di monti scontrandosi con l’aria<br />

fresca che scende dalla Maiella, dando<br />

luogo a pioggerelle delicate e placide.<br />

“Acqua alle papere” esclamano i<br />

contadini, sperando su raccolti opulenti.<br />

E D’Annunzio: “Piove sui pini<br />

scagliosi ed irti/su i ginepri folti/di coccole<br />

aulenti /piove sui nostri volti silvani/piove<br />

sulle nostre mani<br />

ignude/su i nostri vestimenti leggieri./che<br />

l’anima schiude/novella”.<br />

Dal balcone a picco sulla valle,<br />

nonna Rubina osservava quelle saette<br />

improvvise tutte a zig zag, quei<br />

brontolii che laceravano il cielo scuro,<br />

liberando ozono ed il profumo di terra<br />

bagnata.<br />

La mano concava sugli occhi si<br />

sporgeva dall’inferriata per osservare<br />

meglio il fenomeno; l’allungava in<br />

quella direzione ritraendola piano piano,<br />

baciandola, come per carpirne<br />

una benedizione, un frammento di<br />

speranza, con una devozione pari ai<br />

suoi bisogni infiniti, alla sua povertà.<br />

Nel suo cuore contadino, delicato<br />

come lo stelo di una viola e forte<br />

come la schiena di un mulo, ardeva la<br />

fiamma della devozione alla Madonna<br />

della Libera di Pratola Peligna.<br />

È, questo, un antico paesone, con<br />

tetti ricoperti di tegole rosse, che si<br />

“LA BELLA SIGNORA” DI PRATOLA PELIGNA<br />

distende a nord della piana di Sulmona;<br />

compreso fra la superba Corfinio<br />

(che guidò la lotta contro Roma nel<br />

99/88 a.C. perché le negava il diritto<br />

di cittadinanza), Popoli, appunto, e<br />

Sulmona, la patria di Publio Ovidio<br />

Nasone.<br />

Quanto a frutti della terra, Pratola<br />

è una sorta di Eden in una (allora)<br />

valle di lacrime. Vi crescono verdure<br />

saporite, di ogni specie, uliveti e<br />

vigne eccelsi, cocomeri di fuoco,<br />

meloni dal profumo inebriante, che si<br />

sposano come chitarra e mandolino,<br />

con le fette di prosciutto tagliate con<br />

l’accetta; pesche deliziose, fichi bianchi<br />

con la lacrima in punta, prati lussureggianti<br />

e rigogliosi, susine divine.<br />

E la terra feconda dona tutto questo<br />

all’uomo peligno per l’amore e la<br />

provvidenza della sua bella Signora;<br />

che, da quel contrasto termico che le<br />

ha posto in testa, assicura al suolo<br />

umidità e fertilità.<br />

A Pratola Peligna abita gente<br />

semplice e generosa; sanguigna<br />

anche per via di quel nettare sincero<br />

che produce (e che, chiaramente,<br />

beve); adusa al lavoro come regola<br />

ed al dolore come destino; eppur permeata<br />

nei comportamenti da una<br />

grandissima umanità e, manco a dirlo,<br />

da una adorazione profonda per la<br />

sua Madonna, che festeggia ogni<br />

anno, alla prima domenica di maggio.<br />

Ecco, su questa grande festa paesana,<br />

proverò a dilungarmi un poco,<br />

richiamando i ricordi, scavando nelle<br />

emozioni!<br />

Dentro mi è rimasta un’ansia, una<br />

nostalgia che svanisce e torna; una<br />

messe di impronte di sogni che si rincorre<br />

come il vento; una poesia<br />

incantata e rarefatta che allevia la<br />

mia solitudine. Ne provo un refrigerio,<br />

un soffio incontaminato, un alito<br />

generoso, un sollievo, che scalda ciò<br />

che è freddo, dona virtù e premia.<br />

A quel tempo, dunque (ora le cose<br />

sono cambiate, grazie a Dio), la classe<br />

più numerosa era quella dei brac-<br />

di Nicola Morelli<br />

cianti: uomini dalle braccia possenti<br />

come clave di baseball. Indossavano<br />

la maglia di lana di pecora spessa un<br />

dito, filata a mano ed allacciata attorno<br />

al collo con un bottoncino di<br />

madreperla. Una sorta di scafandro<br />

per tutte le stagioni attraverso il quale,<br />

dicevano, se non entra il caldo d’estate<br />

non entra nemmeno il freddo<br />

d’inverno.<br />

I bambini, a nove anni o giù di li,<br />

andavano in campagna a portare le<br />

cibarie ai genitori che zappavano sino<br />

a notte, attaccandosi alla coda dell’asino,<br />

facendosi trainare. A sedici, si<br />

rompevano regolarmente la schiena<br />

senza inutili illusioni con un solido<br />

bidente per preparare la maggese. E,<br />

proprio a causa di questo stato di<br />

cose, l’emigrazione costituì l’unico<br />

mezzo per scansare un’esistenza<br />

miserabile. Ma questo è un altro<br />

discorso.<br />

Le donne non erano da meno:<br />

facevano figli con ordinario impegno,<br />

uno dopo l’altro. Il convincimento era,<br />

giusto o sbagliato, che più ne mettevano<br />

al mondo e maggiore era l’aspettazione<br />

di benessere che si prospettava<br />

per la famiglia. Una sorta di<br />

programmazione sino al limite della<br />

vita.<br />

Erano (e sono) donne assai belle,<br />

con un qualcosa di innata signorilità<br />

che non si appalesa. Visi d’angelo;<br />

vigili e devote, intelligenti, decise,<br />

massaie infaticabili. Ne ricordo una,<br />

perché veniva a vendere i fichi al mio<br />

paese, barattandoli con la legna. L’asino<br />

che tirava il carretto con su il raccolto<br />

di pomodori andò a finire dentro<br />

un fossato nascosto, capovolgendosi.<br />

Non si perse d’animo! Poggiò la<br />

schiena sulla paratia del mezzo,<br />

afferrò i raggi della ruota che giravano<br />

a vuoto e, con un colpo secco,<br />

ribaltò tutto all’altra parte: asino, carretto<br />

e pomodori. Indi, con pazienza<br />

antica, quella pazienza che ha dell’incredibile<br />

nella povera gente contadina<br />

delle mie parti, raccolse uno ad<br />

12 Fiamme Gialle 6 / <strong>2003</strong>

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