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sotto i due figli a donna - Una città

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internazionalismo<br />

di auto-conservazione, stiano solo cercando di<br />

alzare il livello di scontro in vista delle elezioni<br />

generali del prossimo ottobre. Manca, però, un<br />

tassello in questo quadro nebuloso. Se il parlamento<br />

non trova l’accordo su alcune modifiche<br />

costituzionali le elezioni rischiano di essere invalidate.<br />

Ci ha pensato ancora una volta un attore<br />

esterno ad imporre il cambiamento. Sono<br />

ormai cinque anni che i maggiori partiti bosniaci<br />

cercano, senza alcun successo, di riformare<br />

la costituzione. Nonostante la pressione<br />

di Unione Europea e Stati Uniti anche gli ultimi<br />

tentativi dello scorso anno sono falliti. E’<br />

bastato, però, il ricorso presso la Corte Europea<br />

dei Diritti dell’Uomo da parte di Jakob Finzi,<br />

leader della comunità ebraica, e Dervo Sejdic,<br />

leader di quella rom, a scuotere dalle fondamenta<br />

la complicata architettura istituzionale<br />

del paese.<br />

Il 20 dicembre del 2009, infatti, la corte di<br />

Strasburgo ha stabilito che l’attuale costituzione<br />

discrimina i cittadini che non appartengono<br />

ai tre gruppi costituenti, musulmani bosniaci,<br />

serbi bosniaci e croati bosniaci, impedendo loro<br />

di candidarsi alla presidenza collegiale tripartita<br />

e all’Assemblea Parlamentare dei Popoli,<br />

la camera alta della Bosnia-Erzegovina. Ora<br />

il parlamento di Sarajevo è chiamato ad agire e<br />

deve farlo in fretta se non vuole perdere un altro<br />

treno per l’Europa.<br />

I programmi europei di pre-adesione sono tagliati<br />

sulla misura del paese beneficiario. Per<br />

essere messi in atto hanno bisogno di dati certi<br />

fra i quali è indispensabile conoscere il numero<br />

dei cittadini e la distribuzione di questi sul territorio<br />

statale. In Bosnia è dal 1991 che non si<br />

effettua un censimento. Il 22 gennaio scorso il<br />

parlamento ha respinto il progetto di legge in<br />

materia obbligando le parti ad un nuovo tour de<br />

force per cercare di rispettare l’obiettivo di<br />

giungere ad un preciso rilevamento della popolazione<br />

nel 2011. Oggetto del contendere in<br />

questo caso è un’eventuale domanda sull’appartenenza<br />

comunitaria nel questionario da distribuire<br />

ai nuclei famigliari che sancirebbe,<br />

secondo i musulmani, la definitiva pulizia etnica<br />

in alcune parti del paese, in particolare nella<br />

Repubblica Srpska.<br />

Nella piccola aula bianca del parlamento le accuse<br />

si inseguono in una sarabanda rituale di<br />

luoghi comuni, ma i toni rimangono contenuti e<br />

l’atmosfera civile, a dimostrazione di una routine<br />

logora che denota da una parte una reiterata<br />

assenza di fiducia e dall’altra una rassegnazione<br />

fatalista alla convivenza. Si abbaia tanto, ma<br />

non ci si morde più. La lingua è di fatto la stessa<br />

ma bosniaco, croato e serbo figurano come<br />

idiomi ufficiali della Bosnia-Erzegovina con il<br />

rischio più che concreto che il giorno in cui il<br />

paese entrerà nell’Unione Europea i parlamentari<br />

che a Sarajevo si parlano senza alcun bisogno<br />

di interpretazione a Bruxelles e Strasburgo<br />

comunicheranno attraverso tre cabine distinte.<br />

Invece di europeizzare i Balcani sarà così l’Europa<br />

ad essere balcanizzata.<br />

La carovana del circo europeo si sposta in continuazione,<br />

ma gli spostamenti nello spazio<br />

post-jugoslavo rimangono sempre un proble-<br />

ma. Poco meno di settecento chilometri separano<br />

Sarajevo da Skopje, ma per ragioni di tempo<br />

mi arrendo ad un breve volo via Zagabria,<br />

con il paradosso di muovermi prima ad ovest<br />

per poi tornare ad est, rinunciando, peraltro con<br />

piacere, a 23 ore di autobus o, in alternativa, a<br />

18 di autobus per percorrere la stessa distanza.<br />

L’isolamento seguito alla frantumazione della<br />

Jugoslavia è stato un elemento decisivo per la<br />

sopravvivenza al potere dei leader nazionalisti.<br />

Da questo punto di vista si spera che in Macedonia<br />

le cose cambino dopo che è entrato in vi-<br />

gore l’accordo con Bruxelles per la liberalizzazione<br />

del visto di ingresso. Un ostacolo è stato<br />

superato sulla strada accidentata verso l’Unione,<br />

ma rimane ancora un macigno da rimuovere<br />

senza il quale non possono partire i negoziati<br />

di adesione, bloccati anche nel dicembre<br />

scorso malgrado la raccomandazione positiva<br />

della Commissione Europea. E bisogna scendere<br />

a sud, ad Atene, per riprendere il cammino<br />

verso nord.<br />

bisogna conoscere<br />

il numero dei cittadini e la loro<br />

distribuzione, ma in Bosnia è dal<br />

1991 che non si fa un censimento<br />

Se la questione del nome non si risolve la Grecia<br />

continuerà a tarpare le ali al volo europeo<br />

della Macedonia, condannata ancora a presentarsi<br />

sulla scena internazionale <strong>sotto</strong> l’acronimo<br />

di Fyrom (Former Yugoslav Republic of<br />

Macedonia/Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia).<br />

Nonostante gli sforzi delle Nazioni<br />

Unite il dialogo fra Atene e Skopje non fa progressi.<br />

Alcuni osservatori sostengono che senza<br />

integrazione europea il paese rischia il collasso<br />

e questa opinione mi viene confermata da<br />

Teuta Arifi, vecchia amica oggi alla presidenza<br />

della Commissione Esteri del parlamento di<br />

Skopje. “A noi della comunità albanese il problema<br />

del nome non interessa”, mi spiega,<br />

“l’importante è riprendere la strada per Bruxelles”.<br />

Difficile per Teuta rimanere al governo<br />

con i nazionalisti macedoni che hanno puntato<br />

tutto sull’identità nazionale per catalizzare il<br />

consenso, stornando l’attenzione dalla crisi<br />

economica e sociale che attanaglia il paese.<br />

Il primo ministro Grueski ribadisce i successi<br />

del governo nella riforma della pubblica ammi-<br />

Sarajevo<br />

nistrazione, dell’amministrazione giudiziaria e<br />

nella lotta alla corruzione, ma messo di fronte<br />

alla questione del nome sbotta “vorrei dire a<br />

Papandreu di non fare alla Macedonia quello<br />

che non vorrebbe fosse fatto alla Grecia e di<br />

smetterla di negare la nostra identità”. La Macedonia<br />

è oggi l’unico paese della ex Jugoslavia<br />

ad avere risolto tutte le dispute territoriali<br />

con i paesi vicini ma paradossalmente allo stesso<br />

tempo mantiene vivi con quasi tutti contenziosi<br />

di carattere culturale (Bulgaria), religioso<br />

(Serbia) o identitario (Grecia). L’integrazione<br />

europea diventa così un fattore esterno di stabilità<br />

necessario per la coesione e l’integrazione<br />

interna della società macedone in tutte le sue<br />

componenti etniche.<br />

Un deputato greco che fa parte della delegazione<br />

è arrivato in auto da Salonicco per evitare di<br />

atterrare con un volo da Atene nell’aeroporto di<br />

Skopje dedicato ad Alessandro Magno. Per lui<br />

si tratta di un inammissibile furto di identità,<br />

una contraffazione della storia. A Bruxelles sostengono<br />

di aver trovato un sentiero nel ginepraio<br />

balcanico. Ritengono di dovere completare<br />

un lavoro non finito. A volte, però, penso<br />

che per i Balcani il lavoro sia infinito.<br />

una <strong>città</strong> 27

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