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storie<br />
DA ITALIANO,<br />
TORNO VIA...<br />
Dopo diciannove anni, iniziati vendendo accendini e calze e<br />
dormendo per strada, e tanti anni passati a lavorare undici ore<br />
al giorno e anche il sabato e la domenica, e dopo aver ottenuto<br />
la cittadinanza italiana per sé, per la moglie e i <strong>figli</strong>, la decisione di<br />
tornare in Senegal a cercar la fortuna. Intervista a Papa Chissokho.<br />
Papa Chissokho vive a Nembro, vicino a Bergamo,<br />
con la moglie Alima e i <strong>figli</strong> Farma e<br />
Modou. Nella pagine seguenti la foto ritrae un<br />
poster di Malcolm X, appeso in salotto, su cui<br />
è incollata la foto della madre di Papa.<br />
Sì, abbiamo deciso di tornare... Perché? Beh,<br />
abbiamo pensato che oramai era il momento di<br />
provare anche altre cose. L’ultima volta che sono<br />
stato giù ho visto cose un po’ diverse dagli<br />
altri anni, ho avuto anche l’opportunità di aprire<br />
una piccola impresa, ho detto: “Proviamo”.<br />
Vediamo come andrà. Io sono in Italia dall’89,<br />
dal 13 dicembre ‘89. Prima a Pisa e poi, dall’aprile<br />
del ‘90, qui a Bergamo. Ho sempre lavorato,<br />
ho sempre fatto il mio dovere fino ad<br />
adesso, e ora mi sento di tornare a casa e cercare<br />
altre vie.<br />
Sì, abbiamo tutti la cittadinanza italiana. Mia<br />
moglie l’ha presa a ottobre e io e i miei <strong>figli</strong> a<br />
dicembre. Purtroppo è così la vita, un po’ di<br />
sofferenza l’ho avuta, ma sono pezzi di storia<br />
che rimangono nel cuore e nella mente...<br />
I miei <strong>figli</strong> li ho portati a vedere dove ho dormito<br />
per tanti mesi. Avevo un amico che aveva<br />
un’Alfa Romeo vecchia e la parcheggiava<br />
sempre qui dietro al giornalaio nel piazzale,<br />
tutte le sere alle dieci arrivava. Ogni tanto<br />
c’erano i gay che erano lì al parcheggio e tu tu<br />
tu, bussavano sopra la macchina per svegliarci<br />
e chiederci se volevamo andare a casa con loro<br />
per 100 mila lire. E alcuni andavano, soprattutto<br />
i marocchini. No, io non ci ho mai pensato.<br />
Il destino ti manda dove meno te l’aspetti. Io<br />
avevo scelto l’America, avevo in mente di andare<br />
là fino a quindici giorni dall’acquisto del<br />
biglietto. Poi è arrivato un vicino di casa dall’Italia<br />
e ha detto a mia mamma: “Guarda che<br />
in America c’è gente che è lì da vent’anni e<br />
non riesce a prendere un documento, invece in<br />
Italia c’è una legge che sta uscendo, che se parti<br />
adesso -era dicembre- già ad aprile o maggio<br />
puoi prendere un permesso per andare a lavorare”.<br />
il 23 dicembre ero per strada<br />
con una scatola di accendini,<br />
calze... ogni tanto mi nascondevo,<br />
mi veniva da piangere<br />
Lì mia mamma ha ribaltato tutto: “Se vuoi andare<br />
in Italia, ci sono qua i soldi, ma purtroppo<br />
bastano solo per il viaggio”.<br />
Aveva venduto il braccialetto d’oro che il papà<br />
le aveva regalato. Ho preso quei soldi e sono<br />
venuto in Italia.<br />
Sono arrivato a Roma il 13 dicembre ‘89, e su-<br />
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una <strong>città</strong><br />
bito ho preso il treno per Pisa, dove avevo dei<br />
conoscenti. Per alcuni giorni sono rimasto a casa,<br />
mi spiegavano un po’ come giravano le cose.<br />
Il 23 dicembre ero per strada con una scatola<br />
di accendini, calze e tutte quelle cose lì. Ricordo<br />
che alcuni ragazzi della mia età mi prendevano<br />
in giro e ogni tanto mi nascondevo da<br />
qualche parte e mi veniva da piangere.<br />
Dopo qualche mese ho detto: “Basta, devo<br />
prendere i documenti, se prendo il permesso di<br />
soggiorno non vado più a vendere”. Mi è arrivato<br />
nel mese di marzo. Avevo fatto la richiesta<br />
nel ‘90 con la legge Martelli, dopo quindici<br />
giorni ho preso anche il libretto di lavoro, e ho<br />
deciso di venire a Bergamo. Non direi tutto se<br />
non dicessi che a Pisa mi era capitata la grande<br />
fortuna di aver conosciuto la signora Chiara<br />
che per me è stata come una mamma. Sì, non<br />
riesco a parlare di lei perché è come se parlassi<br />
della mia mamma, per tutto quello che ho avuto<br />
fino ad ora posso solo ringraziare lei. Lei voleva<br />
che restassi a Pisa ma io le dicevo che dovevo<br />
andare a fare la mia vita, dovevo cercare<br />
di superare gli ostacoli della vita, che non sarebbe<br />
andato bene se avessi avuto tutto facile.<br />
Avevo lasciato dietro di me la mia mamma e<br />
volevo essere un sostegno per la famiglia, insomma<br />
non potevo lasciarmi andare. Quando<br />
le dissi così, lei mi rispose: “Allora vai, ma ricordati<br />
che dovunque tu sia, ti sono sempre vicino”.<br />
E così è stato. Quando, da Bergamo, le<br />
dissi per telefono che avevo trovato un lavoro<br />
la sentii piangere.<br />
Ma a Bergamo era anche più dura, perché dormivo<br />
fuori per strada, su una macchina, a volte<br />
sulle panchine della fermata del pullman, a<br />
volte anche alla stazione, nei vagoni dei treni e<br />
ogni tanto arrivava la polizia e ti buttava fuori,<br />
e quindi dovevi andare a cercare un altro posto,<br />
e il giorno dopo dovevi essere al lavoro. Ho<br />
vissuto così per sei mesi, ed erano momenti<br />
troppo duri, perché non mangiavo neanche abbastanza.<br />
Ogni tanto, a mezzogiorno, il mio<br />
principale mi portava a casa sua a mangiare<br />
qualcosa, invece la sera un panino al tonno e<br />
coca cola, ogni tanto un pezzo di formaggio, e<br />
basta. Mi trovai una stanza dove potevo andare<br />
a dormire, ma c’era tanta muffa perché c’era il<br />
fiume che passava dietro, e quindi tutte le cose<br />
che lasciavi per terra erano da buttare via dopo<br />
<strong>due</strong> giorni, e dovevo mettere tutto sopra. La sera<br />
faceva un freddo bestiale là dentro, non ero<br />
mica tanto abituato, e sentivo proprio i dolori<br />
nelle ossa... Ho vissuto così per un po’, poi ho<br />
conosciuto uno che aveva appena preso… un<br />
appartamento, chiamiamolo così. Perché era<br />
una casa del 1600 con i pavimenti in legno e un<br />
bagno solo per tutti al piano terra, e quindi tutti<br />
gli amici per andarci dovevano camminare nel<br />
buio e il legno faceva un gran rumore… Quando<br />
nevicava non dormivamo, quando c’era tanto<br />
vento neanche, o se pioveva forte, sentivi<br />
che gocciolava dentro. Ho vissuto così un anno<br />
e mezzo con i miei amici fino a che il sindaco<br />
del paese ha deciso di buttarci fuori dalla casa<br />
perché non era più agibile. E’ stata molto dura…<br />
La mattina mi ricordo che facevo tre chilometri<br />
a piedi per arrivare al lavoro, poi mi<br />
presi la bicicletta.<br />
Del mio primo principale, che si chiamava<br />
Emilio -e sua moglie Emilia!- non posso che<br />
parlare bene, perché mi hanno fatto un po’ di<br />
tutto. Il signor Emilio mi ha sempre aiutato. Mi<br />
diceva sempre: “Usa il telefono quanto vuoi<br />
per chiamare la mamma, perché ricordati che<br />
io non ti prendo come un operaio, sei un fratel