You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
storie<br />
data male fino al ‘93, quando a dicembre sono<br />
tornato giù e l’11 gennaio del ‘94 mi sono sposato.<br />
Sono tornato in Italia che mia moglie era<br />
incinta e da lì la mia vita ha cominciato a cambiare.<br />
Avevo un nuovo lavoro: saldavo i ponti che<br />
usano i meccanici per sollevare le macchine.<br />
Dovevo seguire un robot, che faceva sette, otto<br />
colonne al giorno, e tutto quello che tirava fuori<br />
il robot lo dovevo finire. Distava sei chilometri<br />
e mi sono detto: “Non posso pedalare tutto<br />
quel tempo e poi andare al lavoro con la voglia,<br />
se sono già stanco prima come faccio a lavorare?”.<br />
E ho preso la moto.<br />
mi ha venduto la sua vecchia<br />
macchina, ed è stata fatta. Così<br />
va la vita: i piedi, la bicicletta, la<br />
moto e ora la macchina<br />
La mia situazione cominciava a migliorare. E<br />
così, per la casa. Chiara e suo marito Donato<br />
mi avevano fatto la proposta di cercare una casa<br />
da qualche parte qua in giro, dove volevo io,<br />
che loro si incaricavano di pagarla. Ho rifiutato<br />
ma Chiara insisteva: “Papa, guarda che sei giovane,<br />
stai mettendo su famiglia e le sofferenze<br />
stanno diventando troppe, e quindi ci devi pensare,<br />
perché la casa non è che noi te la compriamo,<br />
ti diamo soltanto una mano, alla fine<br />
del mese la paghi ma noi ti mettiamo le garanzie<br />
e tutto, così almeno tu vivi tranquillo”. Dopo<br />
una settimana le ho dato la risposta: “Va bene,<br />
ok, accetto”, e dopo un mese ho trovato una<br />
casa ad Alzano Lombardo. Siamo andati a vivere<br />
lì, ho comprato i mobili e tutto pagando in<br />
contanti, con i risparmi che avevo.<br />
Ma alla fine del ‘94 ho perso mia mamma. Un<br />
giorno che stavo lavorando, mi chiama mio<br />
fratello e mi dice: “La mamma non c’è più”. In<br />
quel momento lì non capivo più niente, e il<br />
principale mi ha detto: “Vai a casa”, e quando<br />
sono uscito per prendere la moto, mi ha detto:<br />
“Papa, tu non puoi guidare la moto oggi, lasciala<br />
qui, te la metto dentro io e ti porto a casa”,<br />
e così ha fatto. Quando sono arrivato<br />
c’erano mia moglie e la bimba che aveva un<br />
anno e mezzo che erano lì sedute ad aspettarmi,<br />
quando mi hanno visto con le lacrime hanno<br />
subito capito che c’era qualcosa di grave...<br />
Mia mamma... Quando eravamo piccoli ci diceva<br />
sempre: “Imparate a fare i mestieri in casa,<br />
a cucinare, a rammendare le calze...”. Il bucato<br />
non ce lo faceva fare mai, ma lavare i piatti<br />
sì. “Imparate a farlo perché un domani non<br />
sapete dove andrete a vivere”. Lei ci ha fatto<br />
crescere con dignità nonostante non avessimo<br />
più il papà, morto prematuramente (il papà era<br />
un agronomo importante, sì, era del Mali, e noi<br />
siamo mandinghi, tutti altissimi...). La mamma<br />
ci diceva sempre: “L’importante è non rubare,<br />
non vendere la droga e guardare negli occhi le<br />
persone con cui parli, se parli con uno che ti gira<br />
via gli occhi vuol dire che non sei a posto tu<br />
o non è a posto lui”. Noi siamo cresciuti con<br />
quella mentalità lì e in casa siamo tutti così:<br />
undici fratelli, otto maschi e tre femmine.<br />
E’ stato durissimo. Perdere la mamma mi aveva<br />
fatto passare la voglia di andare avanti a vivere.<br />
Il papà l’avevo perso da piccolo quando<br />
8<br />
una <strong>città</strong><br />
avevo nove anni, e quindi per venticinque anni<br />
ero vissuto sempre con mia mamma. Poi essendo<br />
lontano il dolore non mi passava più.<br />
Fra l’altro erano momenti duri per me perché<br />
avevo soltanto uno stipendio con la moglie e la<br />
bimba a carico. E non avevo neanche la macchina.<br />
C’erano vicini che portavano vestiti, scarpe e<br />
tutto, ma io mi sentivo troppo orgoglioso e rifiutavo<br />
tutto, davo tutto indietro. Dicevo: non<br />
voglio che mia <strong>figli</strong>a cresca vedendo che la<br />
gente mi regala le cose. Avevo in mente che<br />
dovevo lavorare per sopravvivere e mantenere<br />
anche gli altri, e sono andato avanti così fino<br />
ad adesso. Le spese erano tante ma non ho mai<br />
voluto niente da nessuno, salvo Chiara e l’Emilio.<br />
Mi sono sempre detto: “Così imparo a scavalcare<br />
le difficoltà, se vedo sempre la facilità<br />
alla fine andrà niente bene per me”, e sono andato<br />
avanti così fino al ‘99. Nel frattempo, nel<br />
‘97 avevo preso la patente, con l’autoscuola,<br />
pagando a rate l’iscrizione, l’esame di guida, la<br />
teoria e tutto. Mi ero deciso perché un giorno<br />
uscendo con la bimba e la moglie per andare a<br />
trovare un amico pioveva che non si riusciva<br />
neanche più a vedere la strada, eravamo lì alla<br />
fermata ad aspettare il pullman e dopo mezz’ora<br />
che non arrivava, mi sono detto: “Ma<br />
perché devo vivere così, perché devo vivere<br />
così? Avere qua la moglie e la <strong>figli</strong>a e poi io<br />
guidare la moto, non ce la faccio, basta!”. Quel<br />
giorno ho deciso di prendere la patente. Poi<br />
l’Emilio, il mio ex principale, mi ha offerto per<br />
un milione la sua vecchia macchina, che doveva<br />
demolire, ed è stata fatta. Così va la vita: i<br />
piedi, la bicicletta, la moto e ora la macchina.<br />
Mia moglie era contentissima. Ricordo il primo<br />
giorno, era un venerdì sera, ho caricato tutta<br />
la famiglia in macchina e ho detto: “Andiamo<br />
in giro”. Volevo prendere per Brescia, mi<br />
sono ritrovato a Bergamo, ma avevo messo il<br />
pieno, ho detto: “L’importante è che vi porto in<br />
giro, perché vi faccio vedere altre cose, sempre<br />
dentro quattro mura è ora di finirla”... Siamo<br />
andati in giro così fino alle dieci di sera, poi il<br />
giorno dopo che era domenica siamo ripartiti<br />
ancora per cercare un altro posto. Anche perché<br />
volevo prendere l’abitudine di guidare...<br />
Nel ‘99 ho trovato un secondo lavoro, da fare il<br />
sabato e la domenica. Grazie alla macchina.<br />
Ero venuto a sapere che un signore cercava<br />
qualcuno, per andare a vendere la carne. Mi<br />
presentai. “L’importante è che rispetti le tue<br />
parole”, mi disse. Il primo giorno ho caricato<br />
cento chili di carne sulla macchina, il Golf che<br />
avevo, e sono andato in giro a venderla, e dopo<br />
averla venduta avevo quarantamila lire in più e<br />
ho detto: “Cacchio, questo qua proprio è un affare,<br />
ci metto dentro tutti i sabati e se carico<br />
certe volte un po’ di più, centocinquanta, fino<br />
ad arrivare a <strong>due</strong>cento…”. Così è stato. Finalmente<br />
riuscivo a comprare alla mia <strong>figli</strong>a quello<br />
che le mancava. Poi, dopo sei mesi, ho avuto<br />
la proposta dal signor Diego di venire a lavorare<br />
tutta la settimana come corriere. Ho detto:<br />
“Va beh, se ci stai anch’io ci sto, se poi posso<br />
continuare anche il sabato pomeriggio…”.<br />
“Vediamo -ha detto- partiamo piano piano e<br />
poi vediamo”. Così ho lasciato il posto di lavoro<br />
da saldatore. Come corriere non sapevo neanche<br />
dove andare. Il primo giorno mi avevano<br />
messo dentro con un autista, il secondo mi sono<br />
dovuto arrangiare a fare tutte le consegne da<br />
solo. Sono partito alle cinque di mattina e sono<br />
arrivato alle cinque del pomeriggio, non avevo<br />
più gli occhi... e neanche la lingua, perché dovevo<br />
sempre chiedere i posti. Poi da lì ho preso<br />
la cartina e ho iniziato a imparare come si faceva<br />
a leggerla, un po’ a casa la sera, e un po’<br />
chiedendo agli altri autisti che erano lì a lavorare<br />
con me. Dopo un mese ero più pratico di<br />
Milano che di Bergamo.<br />
Lì ho visto proprio un cambiamento. Sono arrivato<br />
a 700 chili di carne la settimana, che vendevo<br />
in giro, e per ogni chilo venduto avevo<br />
cinquanta centesimi, ogni tanto mi capitava un<br />
euro e cinquanta centesimi al chilo.<br />
Nel frattempo però dal Senegal erano arrivati<br />
quattro fratelli. Ma non li ho voluti a lavorare<br />
con me. Siccome si possono prendere multe salate<br />
a vendere, non sarebbero più riusciti ad<br />
avere il permesso di soggiorno. Così ho detto:<br />
“Voi per adesso state a casa a non far niente.<br />
Penso io a tutto”. Devo dire che mia moglie è<br />
stata eccezionale. Vivere con quattro uomini in<br />
più in una casa con un bagno, <strong>due</strong> stanze, la sala<br />
e la cucina, non deve essere stato facile. Ma<br />
lei è stata geniale a organizzare il tutto, è una<br />
<strong>donna</strong> che io non <strong>sotto</strong>valuterò mai. Mi ha dato<br />
proprio la mano, si è sacrificata, ha fatto di tutto<br />
per me. Poi ha deciso che era il momento anche<br />
per lei di trovare un lavoro. Per fortuna<br />
l’hanno chiamata alla casa di riposo di Nembro,<br />
è andata lì a lavorare, ha fatto tre mesi, ma<br />
al quarto è rimasta incinta, e quindi doveva restare<br />
a casa.<br />
A quel punto ho dato una scossa ai miei fratelli:<br />
“Guardate che la situazione è così e quindi vediamo<br />
dove potete andare a trovare un lavoro in<br />
nero”. Così uno è partito per il Lussemburgo,<br />
perché ha avuto lì delle offerte di lavoro tramite<br />
un conoscente, e mi ricordo il giorno che partiva<br />
da Orio al Serio con l’aereo: sono passato a<br />
vedere come andava, se riusciva a imbarcarsi o<br />
no, perché il documento che aveva in mano era<br />
il mio. E quando mi ha chiamato e mi ha detto<br />
che era arrivato a destinazione ero felice. E poi<br />
sono andato a parlare con gente che conoscevo<br />
e per fortuna mi hanno preso i fratelli a lavorare<br />
in nero, e lì mi sono detto che qualcosa stava<br />
cambiando ancora di nuovo.<br />
quasi fossi matto, così magro,<br />
ad alzare certi pesi. Ma<br />
col cuore e la voglia -mi dicevo- si<br />
supera tutto. Non era vero...<br />
Loro la mattina partivano, anch’io partivo, gli<br />
davo un passaggio col furgone, il capo mi aveva<br />
detto: “Li puoi caricare ma non oltre venti<br />
chilometri”, così li caricavo la mattina presto,<br />
alle cinque e mezzo, loro dovevano iniziare a<br />
lavorare alle sette, ma arrivavano lì alle sei, e li<br />
lasciavo fuori ad aspettare che aprissero i cancelli<br />
della ditta. Per un mese sono andato avanti<br />
così, finché non han preso lo stipendio e anche<br />
loro si sono dati un po’ da fare.