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cosa sta succedendo<br />
Sarà un momento epocale. Ma nessuno se ne<br />
accorgerà. Ci sarà un anno in cui diremo:<br />
“Quest’anno la popolazione non è cresciuta<br />
oppure è lievemente diminuita”. E allora, se<br />
poi diminuisse per <strong>due</strong> o tre anni di seguito,<br />
comincerebbero le preoccupazioni per il crollo<br />
della popolazione mondiale.<br />
In Occidente oggi a registrare la natalità più<br />
bassa sono i paesi con un basso tasso di occupazione<br />
femminile, nello specifico l’Italia<br />
e i paesi mediterranei. Anche questa è una<br />
novità.<br />
Nel mondo occidentale e non solo, a lungo la<br />
tradizione prevedeva che la <strong>donna</strong> che stava a<br />
casa ad accudire la famiglia avesse molti <strong>figli</strong> e<br />
invece quella che lavorava ne avesse pochi, o<br />
non ne avesse proprio, e casomai non si sposasse<br />
nemmeno.<br />
Questa relazione inversa tra compiti domestici<br />
e attività lavorativa fuori della famiglia data a<br />
partire dalla rivoluzione industriale. E’ infatti<br />
con l’industrializzazione che la <strong>donna</strong> si trova<br />
costretta a lasciare quell’unità produttiva -podere,<br />
fattoria, piccola proprietà rurale- che le<br />
consentiva di svolgere un lavoro e contemporaneamente<br />
di badare alla famiglia. Nella società<br />
industriale, urbana, viene meno l’unità di<br />
luogo perché il lavoro per il mercato si svolge<br />
fuori casa e quindi le donne o lavorano o fanno<br />
<strong>figli</strong>.<br />
in Italia attualmente la natalità è<br />
più bassa nel Mezzogiorno che<br />
al Centro-Nord, cosa mai<br />
accaduta negli ultimi 150 anni<br />
A partire dagli anni ‘70 si assiste però allo sviluppo<br />
di un nuovo trend che porterà a una nuova<br />
inversione, che non riguarda solo il nostro<br />
paese. Oggi in Occidente i paesi con alti tassi<br />
di occupazione femminile sono anche quelli<br />
che hanno la natalità più alta. E viceversa. Non<br />
è un caso se in Italia attualmente la natalità è<br />
più bassa nel Mezzogiorno che al Centro-<br />
Nord, cosa mai accaduta negli ultimi 150 anni.<br />
Quindi questa relazione si è invertita.<br />
In fondo è un dato spiegabile. Nella società<br />
odierna l’identità e la realizzazione femminile<br />
si fondano anche sul lavoro, quindi sulla realizzazione<br />
delle proprie capacità e poi sempre<br />
più la sicurezza di una famiglia comporta la<br />
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una <strong>città</strong><br />
presenza di <strong>due</strong> redditi, quello del padre e<br />
quello della madre. Inoltre una <strong>donna</strong> senza lavoro<br />
è più vulnerabile perché se una relazione<br />
si interrompe, se un matrimonio si rompe, non<br />
è autonoma.<br />
Questo per dire che nelle condizioni attuali per<br />
una <strong>donna</strong> avere un lavoro non è solo un’assicurazione,<br />
una tutela e una forma di realizzazione,<br />
è anche la condizione per avere <strong>figli</strong>.<br />
Oggi, insomma, le scelte riproduttive delle<br />
donne sono fortemente connesse alla loro presenza<br />
nel mercato del lavoro. Parliamo di un<br />
cambiamento fondamentale, che indirettamente<br />
ha fatto elevare l’età della prima gravidanza,<br />
come conseguenza del ritardo nell’autonomia<br />
giovanile. Questo è avvenuto un po’ dappertutto,<br />
anche se da noi più velocemente che in altri<br />
paesi europei.<br />
Ma nel nostro paese il tasso di natalità è ancora<br />
in calo?<br />
Nel nostro paese il fondo è stato toccato a fine<br />
anni ‘90, primi anni 2000. Da qualche tempo è<br />
in corso una piccola ripresa, dovuta alla maggior<br />
natalità delle donne immigrate, ma non<br />
solo. Ci sono stati anche fattori di aggiustamento.<br />
Fino a un certo punto abbiamo assistito<br />
a una crescita del ritardo nelle scelte riproduttive.<br />
Ora questo ritardo si è stabilizzato facendo<br />
rientrare il conseguente effetto rallentatore. Intendiamoci,<br />
la natalità è sempre bassa, però<br />
non è la più bassa d’Europa, né del mondo. E’<br />
un dato che condividiamo con altri grandi paesi:<br />
la Spagna, la Germania sono come noi, metà<br />
Europa è come noi.<br />
Se è vero che sempre più donne sono al contempo<br />
madri e lavoratrici resta vero anche<br />
che, specie se si trovano a doversi occupare<br />
anche degli anziani genitori, si tratta di scelte<br />
estremamente gravose.<br />
E’ sicuramente così. Sul cosiddetto “doppio lavoro”<br />
delle donne sono state fatte tante indagini<br />
e un po’ tutte mostrano che il tempo dedicato<br />
al lavoro familiare, di cura e di allevamento,<br />
in Italia è più elevato che da altre parti. E questo<br />
si accoppia col fatto che l’impegno maschile<br />
nelle stesse attività è minore che da altre parti.<br />
In questo ambito il distacco rispetto ad altri<br />
paesi sviluppati è abbastanza notevole.<br />
C’è anche chi sostiene che le donne italiane sarebbero<br />
anche vittime di un “perfezionismo<br />
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culturale”, di una specie di perfezionismo casalingo<br />
che induce a un’attenzione esagerata a<br />
ordine e pulizia, che si potrebbe forse comprimere.<br />
in nessun altro paese del mondo<br />
verrebbe in mente di dire: “fino<br />
al venti di giugno pago le tasse e<br />
poi guadagno per me”<br />
In realtà, a mio avviso, il vero ostacolo culturale<br />
è un altro. Se io viaggio per il mondo avanzato,<br />
il mondo ricco, mi imbatto in culture -anche<br />
molto diverse l’una dall’altra- nelle quali<br />
l’idea che la <strong>donna</strong> lavori è un fatto normale, fa<br />
parte della civiltà che ci siamo dati. Un uomo<br />
lavora, una <strong>donna</strong> lavora, è normale. Poi ci sono<br />
quelli che scelgono di non farlo, ci sono i<br />
giramondo, quelli che hanno altre opzioni…<br />
Ma la stragrande maggioranza delle persone ha<br />
questo orizzonte.<br />
Ecco, in Italia si ha l’impressione che così ancora<br />
non sia, un po’ per cultura, un po’ per effettive<br />
difficoltà oggettive: lavorare e tirare su<br />
una famiglia resta un atto quasi rivoluzionario.<br />
D’altra parte, nel nostro paese i trasferimenti<br />
pubblici per famiglie e <strong>figli</strong> sono tra i più bassi<br />
d’Europa. Non voglio dire che debba essere il<br />
sistema pubblico a farsi carico dell’allevamento<br />
dei <strong>figli</strong>, ma certamente le donne italiane da<br />
questo punto di vista sono fortemente svantaggiate,<br />
perché il minor investimento economico<br />
si traduce in minore sostegno e minor attenzione<br />
a quelle attività sociali -pubbliche e privateche<br />
favoriscono le famiglie; dall’organizzazione<br />
dei tempi alle strutture: gli edifici scolastici<br />
sono tutt’altro che accoglienti, gli spazi pubblici<br />
sono pieni di ostacoli per i bambini, e anche<br />
i nostri comportamenti -al di là dello sbaciucchiamento<br />
che noi facciamo frequentementenon<br />
sono children friendly. Come dico sempre<br />
agli studenti al primo anno, parcheggiare sulle<br />
strisce è una misura antinatalista, perché aggiunge<br />
un costo a chi gira con un passeggino.<br />
Il problema del difficile rapporto delle donne<br />
madri col mercato del lavoro è dunque eminentemente<br />
culturale: le leggi ci sono, alcune anche<br />
molto belle, ma mancano i comportamenti.<br />
Culturalmente nel nostro paese non è ancora<br />
“normale” che una <strong>donna</strong> lavori e abbia dei<br />
bambini.<br />
Cosa succede negli altri paesi? Intanto le cosiddette<br />
politiche di conciliazione tra lavoro e<br />
attività domestica sono più sviluppate. Hanno<br />
anche culture più omogenee; il nostro resta un<br />
paese spezzato in <strong>due</strong>, tra Centro-Nord e Mezzogiorno,<br />
e anche questo è un fattore che incide.<br />
Al Centro-Nord è molto più normale che<br />
una <strong>donna</strong> lavori di quanto non sia a Caltanissetta,<br />
che non vuol dire che laggiù le donne<br />
non lavorano, ma che, appunto, non è considerato<br />
normale.<br />
Eppure nei paesi mediterranei l’enfasi sulla<br />
famiglia, sul far <strong>figli</strong>, si spreca.<br />
Nel privato. Cioè ci piacciono i bambini propri,<br />
ci piacciono meno i bambini degli altri. E’<br />
un paradosso. Però da noi è sempre difficoltosa<br />
la connessione tra il privato e il bene pubblico.<br />
E’ una relazione che facciamo poco volentieri.<br />
In nessun altro paese del mondo verrebbe in