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50 - Il Calitrano

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N. <strong>50</strong> n.s. – Maggio-Agosto 2012 IL CALITRANO<br />

RICORDARE PER CHI NON SA - PARTE X<br />

Fanciulli che crescono con occhi profondi,<br />

Di nulla sanno, crescono e muoiono<br />

E tutti gli uomini vanno per la loro strada.<br />

Dolci frutti che nascono dagli acerbi<br />

E cadono già di notte come uccellini morti,<br />

Giacciono pochi giorni e marciscono.<br />

Tutto ciò, e questi giochi, a noi che giovano?<br />

A noi che pure siamo adulti ed eternamente<br />

soli,<br />

Che vagando non cerchiamo mai una meta?<br />

Che gioia, di queste cose averne viste tante?<br />

E tuttavia, dice molto che dice «Sera»,<br />

Una parola da cui scorre profondità e tristezza<br />

Come greve miele dagli incavati favi.<br />

«Ballata della vita esteriore»<br />

(di Hugo Von Hafmannsthal)<br />

esse da parte le ultime, isolate testi-<br />

Mmonianze che ancora sopravvivono<br />

alle sofferenze della vecchiaia, a Calitri è<br />

scomparso pure il vasto mondo degli artigiani.<br />

Insieme a quello dei contadini, poco<br />

più di mezzo secolo fa, esso rappresentava<br />

il secondi pilastro dell’attività economica<br />

e produttiva della popolazione.<br />

La parte antica delle case, quella che in<br />

anni non lontani riecheggiava di voci e di<br />

rumori dentro le botteghe di artigiani intenti<br />

al lavoro dalla mattina alla sera dopo<br />

che l’abituale gruppo di amici aveva consumato<br />

il caffè al solito bar e soddisfatto i<br />

bisogni del corpo nel “Pascone” che lambiva<br />

la periferia del centro abitativo, oggi<br />

è ridotta a un camminare monotono e occasionale<br />

per stradine e vicoli avvolti dal<br />

silenzio di una realtà diventata da molti<br />

anni testimonianza muta di un’epoca<br />

scomparsa per sempre. Allora non c’era<br />

angolo del caseggiato che al passante non<br />

offriva la presenza di una bottega spalancata,<br />

magari poco spaziosa perché adattata<br />

ad una funzione di emergenza, con dentro<br />

il “Mastro” al lavoro insieme a qualche<br />

discepolo-apprendista. Ricordare oggi<br />

com’era Calitri ieri, quando il popolo che<br />

ci viveva era quasi un affresco di famiglie<br />

numerose con una storia insignificante<br />

fatta di vite semplici, spesso umili e difficili,<br />

tormentate da stenti e confortate da<br />

speranze ed attese, significa raccontare la<br />

storia di vite vissute nella maniera più comune<br />

e naturale.<br />

di Gerardo Melaccio<br />

Più di mezzo secolo fa il nostro Paese si<br />

presentava sotto un aspetto diverso da<br />

quello odierno. Gli abitanti erano tanti e le<br />

risorse per vivere piuttosto ristrette. Si<br />

coltivava la terra in ogni maniera, con le<br />

braccia e con gli animali; si seminava e si<br />

aspettava il raccolto. Si allevavano animali<br />

domestici e animali da fatica; galline,<br />

conigli e tacchini; pecore, capre, buoi e<br />

maiali per la famiglia. Bastava percorrere<br />

le campagne e frequentare le strade che<br />

tagliavano l’abitato per averne le prove<br />

concrete. Nel periodo adatto i campi erano<br />

popolati di contadini al lavoro che rallegravano<br />

lo spirito coi canti completando<br />

le colorature naturali. <strong>Il</strong> centro abitativo e<br />

le stradine periferiche riecheggiavano di<br />

rumori che animavano le botteghe degli<br />

artigiani intenti al compimento del proprio<br />

dovere. Ce n’erano di tutti i tipi e di<br />

ogni condizione: anziani e giovani, sposati<br />

con moglie e figli, scapoli di una certa<br />

età per scelta personale. L’estrazione<br />

sociale era più o meno la stessa per la<br />

maggior parte di essi: figli di artigiani che<br />

continuavano il mestiere paterno; “Mastri”<br />

fatti da poco o per scelta propria o<br />

per decisione presa in famiglia.<br />

Appena trovata la strada, i giovani che si<br />

avviavano al mondo del lavoro artigianale,<br />

venivano affidati al maestro che dava<br />

maggiore affidamento e già il giorno dopo<br />

cominciavano a prendere dimestichezza<br />

con la bottega e con l’attrezzatura. Ricevevano<br />

un po’ alla volta i primi rudimenti<br />

di formazione. Imparavano a familiarizzare<br />

con gli attrezzi più semplici prima<br />

di prendere contatto con quelli più complicati.<br />

Imparavano a distinguere la materia<br />

prima. Osservavano e ascoltavano con<br />

attenzione i suggerimenti del maestro che<br />

era competente, intransigente e di poche<br />

parole. I segreti del mestiere più che essere<br />

svelati con l’insegnamento, spesso bisognava<br />

scoprirli con prontezza di riflessi,<br />

comprenderli e rubarli furtivamente con<br />

l’intelligenza.<br />

Nella bottega c’era sempre da fare qualcosa,<br />

anche quando tardavano le ordinazioni<br />

private. Nella circostanza il “Mastro” concedeva<br />

ampia facoltà di suoi apprendisti di<br />

attendere alla realizzazione di lavoretti in<br />

proprio. Le circostanze per imparare in<br />

fretta non mancavano e i ragazzi che avevano<br />

voglia di farlo potevano sfruttare<br />

l’occasione specialmente se avevano la<br />

fortuna di venire affidati ad una guida di<br />

mente elastica, di discreto livello di cono-<br />

9<br />

scenze scolastiche e di stima per i suoi allievi.<br />

Quasi tutti i maestri di bottega non<br />

trascuravano l’informazione, la lettura del<br />

giornale e l’occasione di innalzare la loro<br />

coscienza civile, sociale e politica. Sapevano<br />

essere pratici e teorici al tempo stesso.<br />

Sapevano badare a sé stessi e amavano<br />

discutere dei problemi che li toccavano da<br />

vicino. Sapevano fare i padri di famiglia e<br />

sapevano svolgere con coscienza il loro<br />

ruolo di cittadini consapevoli e responsabili.<br />

Magari avendo poca scuola, ma pure<br />

tanta esperienza vissuta e praticata.<br />

Per gli apprendisti il tempo per imparare il<br />

mestiere e mettersi in proprio era piuttosto<br />

lungo. Le ragioni c’erano ed erano tante.<br />

La scarsezza delle risorse economiche in<br />

famiglia rendeva difficile mettere su un<br />

piccolo laboratorio e adeguatamente attrezzato;<br />

il tempo per farsi un nome comportava<br />

esperienza e lungaggini; conquistare<br />

la fiducia della clientela esigenza e<br />

contesa dalla concorrenza; la mancanza di<br />

capitale per l’approvvigionamento della<br />

materia prima; le difficoltà di eseguire e<br />

consegnare ordinazioni a credito ai clienti<br />

che si trovavano in difficoltà economiche.<br />

Di solito l’età di che veniva destinato all’apprendistato<br />

di un mestiere coincideva<br />

più o meno con quella della conclusione<br />

della frequenza della Scuola Elementare.<br />

In casi eccezionali, con il conseguimento<br />

della Licenza Media o di Avviamento Professionale.<br />

In realtà, più che la scuola, le<br />

prospettive per il futuro dei figli delle famiglie<br />

calitrane di allora erano pochissime<br />

e quasi obbligate: l’attività agricola, quella<br />

artigianale e quella dell’operaio: unici<br />

sbocchi facilmente reperibili e la possibilità<br />

immediata di dare una mano ai genitori<br />

in difficoltà per mandare avanti la casa.<br />

In quegli anni il lavoro era alla base di tutto,<br />

ma poterlo svolgere in proprio senza<br />

dover rinunciare alla libertà e all’autonomia<br />

di sé stessi, era, a dir poco, un privilegio.<br />

Importava l’utile che si ricavava, ma<br />

contava molto di più il rispetto e la stima,<br />

la possibilità di percorrere la propria strada<br />

con la mente e con le forze personali.<br />

Tra le molteplici categorie artigianali correvano<br />

sentimenti contrapposti: amicizia,<br />

rispetto e solidarietà da una parte; gelosia,<br />

invidia e discredito dall’altra. Naturalmente<br />

l’effetto di tale atteggiamento si ripercuoteva<br />

sul comportamento delle persone<br />

che ricorrevano al loro lavoro.<br />

Una delle abitudini che praticava buona<br />

parte degli artigiani calitrani era quella di

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