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LION CLUB PA VESPRI giornalino web - Lions Palermo dei Vespri

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magazine<br />

NUMERO VENTI<br />

esprino<br />

Il diario online del <strong>Lions</strong> Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong><br />

<strong>Lions</strong> Club International <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> - Distretto 108 Y/b - Circoscrizione I - Zona 1


<strong>Vespri</strong>no Magazine<br />

Editoriale di Luglio/Agosto<br />

Cari amici, Care Amiche, mi pare<br />

che questa estate sia stata all’insegna<br />

della lettura e della cultura in<br />

generale, musica, danza, canto.<br />

Non soltanto su <strong>Vespri</strong>no, ma sulle<br />

pagine <strong>dei</strong> quotidiani che hanno<br />

pubblicato articoli molto impegnativi<br />

e hanno offerto una volta alla<br />

settimana piccoli libri molto inte-<br />

Gabriella Maggio ressanti per pochi soldi; da mettere<br />

senza sforzo nella borsa anche piccola<br />

o già piena di oggetti. E’ un’inversione di tendenza ?<br />

E’ la crisi mondiale della finanza che si trascina dietro la delusione<br />

per uno stile di vita che sembrava definitivo e che<br />

improvvisamente mostra tutta la sua fragilità ed inconsistenza<br />

? Si cercano risposte, esempi di esistenze perennemente<br />

in crisi, quelle che la letteratura di tutti i tempi ci ha<br />

proposto. Il “ vissero felici e contenti” non ha mai interessato<br />

gli scrittori né i poeti. Dobbiamo, allora, aspettarci<br />

una fioritura di scrittori ? Non credo. Si pubblica facilmente<br />

solo sul <strong>web</strong>….ed ancora oggi come diceva Marziale nel I<br />

sec. d. C. “Litterae non dant panem”, ma soltanto una<br />

spinta per andare faticosamente avanti.<br />

Tommaso Aiello<br />

Attilio Carioti<br />

Natale Caronia<br />

Daniela Crispo<br />

Giuseppina Cuccio<br />

Carmelo Fucarino<br />

Visita > Leggi<br />

Commenta > Collabora > Scrivi<br />

<strong>Vespri</strong>noMagazine<br />

incontriamoci in rete<br />

lionspalermo<strong>dei</strong>vespri.wordpress.com<br />

Hanno Partecipato a questo numero:<br />

Gabriella Maggio<br />

Marinella<br />

Valentina Mirabella<br />

Raffaello Piraino<br />

Gianfranco Romagnoli<br />

Daniela Scimeca<br />

Comitato di redazione:<br />

Gabriella Maggio (Direttore)<br />

Mimmo Caruso • Renata De Simone<br />

Carmelo Fucarino • Francesco Paolo Scalia<br />

2<br />

SOMMARIO<br />

1. Editoriale<br />

2. Passaggio della campana ai Club <strong>Lions</strong> <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> e<br />

<strong>Palermo</strong> Conca d’Oro di Gabriella Maggio<br />

3. Passaggio della campana<br />

al Leo Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> di Aurora Picone<br />

4. Grande festa al Sea Club di Terrasini di Attilio Carioti<br />

5. San Matteo al Cassaro, si comincia di Attilio Carioti<br />

6. Sotto secoli di polvere<br />

sulle orme <strong>dei</strong> BB.Paoli di Carmelo Fucarino<br />

7. A proposito di donne di Renata De Simone<br />

8. Europa. Quale? di Natale Caronia<br />

9. Ricordo di un incontro con Alvaro Siza di Attilio Carioti<br />

10. Ernest Hemingway<br />

11. Il salotto di Gabriella<br />

di Gabriella Maggio<br />

dedicato a Rosa Balistreri di Carmelo Fucarino<br />

12. Ad occidente del sole di Lavinia Scolari<br />

13. La fiaba di Turandot di Carmelo Fucarino<br />

14. La rivincita della lingua di Gabriella Maggio<br />

15. La forza della poesia di Gabriella Maggio<br />

16. “La città tutta per lui” da I. Calvino a c. di Gabriella Maggio<br />

17. Con l’occhio <strong>dei</strong> bambini di Gabriella Maggio<br />

18. La scrittura come ancora di salvezza di Patrizia Lipani<br />

19. Incontri d’estate di Patrizia Lipani<br />

20. Mozart al Chiostro di S.Anna<br />

21. Le ricette letterarie di Marinella<br />

di Lavinia Scolari<br />

22. Viaggiatori stranieri in Sicilia di Daniela Crispo<br />

23. La vecchia dell’aceto di Gabriella Notarbartolo<br />

24. I “T Q”<br />

25. Il 22 luglio 2011 di Gabriella Maggio<br />

26. Glossario della biancheria intima<br />

di Lietta Pasta<br />

La camicia di Raffaello Piraino<br />

27. Berlino, 13 agosto 1961<br />

28. Nel centocinquantesimo anniversario<br />

di Gabriella Maggio<br />

dell’Unità d’Italia di Giuseppina Cuccio<br />

29. Giornata internazionale della commemorazione<br />

del commercio degli schiavi<br />

30. Nel centocinquantesimo anniversario<br />

di Giuseppina Cuccio<br />

dell’Unità d’Italia di Gabriella Maggio<br />

31. Ogni scuola che si chiude di Carmelo Fucarino<br />

32. Le Madonie orgoglio siciliano<br />

33. Pilipitò, racconti da bagno<br />

di Pino Morcesi<br />

per siciliani e non di Lavinia Scolari<br />

34. Viva Santa Rosalia di Renata De Simone<br />

35. Re Artù nell’Etna di Gianfranco Romagnoli<br />

36. Pomeriggio letterario a Prizzi di Attilio Carioti<br />

37. Se la scuola…<br />

38. Nel centocinquantesimo anniversario<br />

di Patrizia Lipani<br />

dell’Unità d’Italia di Irina Tuzzolino<br />

39. Oh Venezia dell’anima di Carmelo Fucarino<br />

40. Un’altra Spagna di Renata De Simone<br />

41. Uno scenario inquieto verso la chiarezza di Fabio Russo


<strong>Lions</strong> Club<br />

Passaggio della campana ai Club <strong>Lions</strong><br />

<strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> e <strong>Palermo</strong> Conca d’Oro<br />

Sabato 25 giugno 2011 sulla terrazza del Florio<br />

Park Hotel di Cinisi è avvenuto il tradizionale<br />

passaggio della campana tra l’avv. Giuseppe<br />

Maccarone ed il dott. Gianni Ammirata del Club <strong>Palermo</strong><br />

<strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>.<br />

Giuseppe Maccarone dopo avere enumerato le attività<br />

del club nell’ambito della solidarietà, del rapporto col<br />

territorio e le istituzioni e con gli altri club lions, ritiene<br />

positivo il bilancio dell’anno per i risultati conseguiti e<br />

per l’impegno <strong>dei</strong> soci coinvolti nelle varie iniziative.<br />

Tuttavia, dice Giuseppe Maccarone, non ci si deve mai<br />

accontentare <strong>dei</strong> traguardi raggiunti, ma cercare sempre<br />

di migliorarli secondo lo spirito lionistico.<br />

Il neopresidente Gianni Ammirata ha proposto come<br />

primo obiettivo dell’anno sociale 2011-12 la celebrazione,<br />

il 22 ottobre p.v. , della XV Charter night a Palazzo<br />

Mazzarino, per la cortese ospitalità del Marchese<br />

Annibale Berlingieri, socio onorario del Club. Con una<br />

metafora marinara, avvicinando il Club alla nave, ha<br />

evidenziato che la navigazione è tranquilla quando il<br />

comandante conosce e utilizza tutte le caratteristiche<br />

e le risorse della nave. Allo stesso modo Gianni Ammirata<br />

si propone di guidare il Club <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, valorizzandone<br />

le qualità, favorendo l’attuazione delle sue<br />

potenzialità in linea di continuità con la tradizione.<br />

Nella stessa serata il Club <strong>Lions</strong> <strong>Palermo</strong> Conca d’Oro,<br />

di cui il Club <strong>Vespri</strong> è padrino, ha confermato presidente<br />

dott. Lorenzo Ruisi.<br />

Il Presidente, pienamente soddisfatto degli esiti raggiunti<br />

nell’anno sociale appena concluso, ha espresso<br />

l’intenzione di continuare la collaborazione con<br />

l’E.I.S.A. (acronimo di Educazione per l’Integrazione<br />

Sociale degli Autistici) e di realizzare il service Emergenza<br />

Giovani per fornire ai giovani notizie chiare e<br />

dettagliate sulle opportunità di lavoro.<br />

Alla cerimonia erano presenti il prof. Gianfranco<br />

Amenta, Secondo Vice Governatore eletto, il Presidente<br />

della Prima Circoscrizione Sig.ra Zina Corso D’Arca,<br />

socia del club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, il Presidente della zona<br />

1 dott. Claudio Cassarà , che hanno espresso il vivo compiacimento<br />

per l’attività svolta dai club.<br />

Hanno partecipato anche i Past Governatori, avv. Michele<br />

Capra Pantò, socio onorario del club <strong>Palermo</strong><br />

<strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, il prof. Amedeo Tullio, il prof. Franco Amodeo.<br />

di Gabriella Maggio<br />

3<br />

Lo staff del nuovo Presidente Gianni Ammirata<br />

Lo staff del Presidente Lorenzo Ruisi


<strong>Lions</strong> Club<br />

Passaggio di campana<br />

al Leo Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong><br />

Giovedì 7 Luglio<br />

ha avuto luogo<br />

presso il Grand<br />

Hotel Federico<br />

II l’emozionante passaggio<br />

di campana del Leo Club<br />

<strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>. E’ stato bello celebrare<br />

insieme ai nostri<br />

amici, leo e lions, e al nostro<br />

Club <strong>Lions</strong> padrino, <strong>Palermo</strong><br />

<strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, il passaggio<br />

della campana, simbolo<br />

non soltanto della conclusione<br />

di un anno sociale e<br />

dell'apertura di quello<br />

nuovo, ma soprattutto testimonianza<br />

di uno sguardo<br />

costantemente rivolto al futuro,<br />

facendo tesoro delle<br />

esperienze passate. Durante<br />

la cerimonia è stato dato il<br />

benvenuto come socio onorario<br />

a Zina Corso D'Arca,<br />

che tutti noi abbiamo avuto<br />

il piacere di avere quale leo<br />

advisor, apprezzandone la<br />

tenacia e la grinta; con lei<br />

raggiungeremo nuovi ed entusiasmanti<br />

traguardi.<br />

È stato consegnato al Prof. Cimador<br />

il documento d’ acquisto<br />

della sonda laparoscopica<br />

destinata al Reparto di Chirurgia<br />

Pediatrica del Policlinico<br />

di <strong>Palermo</strong>. Incoraggianti<br />

e lusinghieri per il nostro operato<br />

sono stati gli interventi del<br />

prof. Gianfranco Amenta, secondo vicegovernatore eletto, del<br />

Presidente del Club padrino, dott. Giovanni Ammirata, dell’ advisor<br />

uscente , Sig. ra Zina Corso D’Arca, e del subentrante, dott.<br />

Salvatore Pensabene, del Presidente del Multidistretto Leo, Davide<br />

Brillo. Tutti hanno saputo, con i loro discorsi, spronarci a fare<br />

sempre del nostro meglio, e sentirci orgogliosi di essere leo. I nostri<br />

<strong>Lions</strong> credono molto in noi e noi ricambiamo riponendo<br />

grande fiducia in loro, ecco perchè daremo il via, con l'inizio del<br />

nuovo anno sociale, ad attività dove entrambi saremo protago-<br />

di Aurora Picone<br />

4<br />

Lo staff dell’anno sociale 2011-12<br />

Tra gli Ospiti era presente il Maestro Madè (a destra nella foto) che ha dipinto l’immagine <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> siciliani per il guidoncino <strong>dei</strong> leo<br />

nisti, dando linfa vitale a quello che è il vero spirito lionistico: uniti<br />

per servire. Lo scambio <strong>dei</strong> distintivi tra Claudio Ammirata e Virginia<br />

Geraci, ha sottolineato la continuità, ma anche l’impegno<br />

della Presidente a mettersi al servizio del club e della comunità<br />

palermitana. Le loro parole hanno saputo commuovere gli altri<br />

leo ed i nostri ospiti. Ci aspetta un anno di duro lavoro, afferma<br />

Virginia, ma all'insegna della reciproca collaborazione! È questo<br />

l'importante, progredire giorno dopo giorno nel servizio verso il<br />

prossimo e regalando momenti di gioia a chi vorrà prendere parte<br />

alle nostre attività.


Suggestiva apertura dell’anno sociale del <strong>Lions</strong> Club<br />

<strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> al Sea club di Terrasini, proprio<br />

al calar del sole. Il Presidente Gianni Ammirata<br />

ha dato inizio al suo anno sociale con un tocco<br />

di classe, riunendo i soci del club domenica 10 luglio in<br />

una grande festa in riva al mare.<br />

A conclusione della serata grande ballo fino a tarda notte,<br />

animato anche dalla presenza degli amici <strong>dei</strong> soci intervenuti<br />

dopo le 22.30.<br />

5<br />

<strong>Lions</strong> Club<br />

Grande festa al Sea Club di Terrasini<br />

L’aperitivo<br />

Foto di G. Ammirata<br />

La cena<br />

Foto di Attilio Carioti<br />

di Attilio Carioti<br />

Foto di Attilio Carioti<br />

Foto di Gianni Ammirata<br />

Foto di G. Ammirata<br />

Foto di Attilio Carioti Foto di Attilio Carioti<br />

Foto di Gianni Ammirata


Arte<br />

San Matteo al Cassaro, si comincia<br />

di Attilio Carioti<br />

Nella foto da sinistra: arch. Fr. Mannuccia, arch. G. Renda, mons. Renna, dott. G. Ammirata, ing. A. Carioti, arch. S. Cafarelli, Sig. Zina Corso D’Arca,<br />

arch. G.Gelardi, prof. Alberto Felici<br />

Venerdì 29 luglio 2011 nella Sagrestia<br />

della Chiesa di San Matteo al Cassaro il<br />

<strong>Lions</strong> Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, presieduto<br />

da Gianni Ammirata, al centro<br />

della foto, ha dato inizio ai lavori di<br />

restauro degli arredi lignei . Il<br />

primo passo, quello della catalogazione<br />

e della ripulitura, è stato<br />

fatto da diciotto ragazzi dell’Istituto<br />

d’Arte Alfonso Frangipane di Reggio<br />

Calabria in stage nella Chiesa<br />

grazie ad un progetto PON.<br />

I lavori proseguiranno con il cantiere<br />

della conoscenza per individuare,<br />

con la consulenza del prof.<br />

Giovanni Liotta insigne entomologo,<br />

le specie di insetti xilofagi che<br />

infestano le suppellettili lignee al<br />

fine di debellarli con appropriati in-<br />

6<br />

terventi. L’interesse del <strong>Lions</strong> Club per la Chiesa di<br />

S.Matteo comincia nel 2008, anno di presidenza di<br />

Pietro Manzella, che “adotta la Chiesa” su proposta<br />

dell’arch. Giuseppe Gelardi socio del club, pro-<br />

I ragazzi dell’Istituto d’Arte Alfonso Frangipane di Reggio Calabria in stage a S. Matteo<br />

con i Proff. Antonio Barbera docente di Restauro Pittorico e Salvatore Palmeri docente di Restauro Ligneo


segue nel 2009 nella presidenza di chi scrive<br />

quando viene sottoscritto un protocollo d’intesa<br />

con il Rettore Mons. Renna, col quale il Club si impegna<br />

a sollecitare l’attenzione della pubblica opinione<br />

e delle Istituzioni ad intervenire in maniera<br />

concreta in un luogo importante e rappresentativo<br />

dell’arte palermitana, purtroppo in stato di degrado<br />

, e nello stesso tempo a promuovere iniziative di<br />

raccolta fondi da impiegare in operazioni di restauro.<br />

Il Rettore dal canto suo si impegna a rendere<br />

disponibile la Chiesa per attività lionistiche mirate,<br />

come recentemente in occasione del concerto pianistico<br />

del maestro Calogero Di Liberto, durante la<br />

presidenza di Giuseppe Maccarone. Erano presenti<br />

all’incontro anche l’arch. Silvana Cafarelli in rappresentanza<br />

della Sovrintendenza ai BB.CC. di <strong>Palermo</strong>,<br />

l’arch. Gaetano Renda Direttore dell’Ufficio<br />

BB.CC. della Curia di <strong>Palermo</strong>, mons. Renna Rettore<br />

di S. Matteo, il prof. G. Liotta, l’arch. Francesco<br />

Mannuccia in rappresentanza dell’azienda<br />

7<br />

Arte<br />

San Matteo al Cassaro, si comincia<br />

Rilevamento diagnostico Intervento di pulitura superficiale<br />

L’Isola laboratorio di restauro srl, sponsor dell’iniziativa,<br />

il prof. Alberto Felici docente dell’Opificio<br />

delle Pietre Dure di Firenze in rappresentanza della<br />

rivista Kermes, edita da Nardini Press sponsor dell’iniziativa<br />

e partner per i progetti futuri. L’incontro<br />

di queste personalità nella sagrestia di S. Matteo rappresenta<br />

un atto concreto della volontà di attuare un<br />

coordinamento di tutte le istituzioni interessate per<br />

una proficua realizzazione del progetto di restauro.<br />

Il prof. G. Liotta spiega le procedure da adottare<br />

nella disinfestazione degli arredi lignei


Arte<br />

Sotto secoli di polvere sulle orme <strong>dei</strong> Beati Paoli<br />

Il <strong>Lions</strong> Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>,<br />

sotto l’impulso del Presidente Giovanni<br />

Ammirata e in concorso con<br />

l’impegno di patronato per il restauro<br />

del “Cristo liberatore” di Vito D’Anna<br />

nella Chiesa di S. Matteo al Cassaro, in<br />

continuità con quanto già avviato dal past<br />

presidente Attilio Carioti , che ha firmato<br />

il protocollo d’intesa con mons. Renna,<br />

rettore di S. Matteo, continuato da Salvatore<br />

Pensabene con una serie di concerti<br />

in sinergia con altri club service e l’Associazione<br />

VOLO e proseguito dal past Giuseppe<br />

Maccarone, ha eseguito una<br />

poderosa opera di intervento all’interno<br />

della Sacrestia di questa Chiesa. L’esecuzione<br />

è stata affidata all’Istituto Statale<br />

d’Arte “Alfonso Frangipane” di Reggio<br />

Calabria che da oltre un ventennio, inizialmente<br />

con la maxisperimentazione<br />

“Operatore nel Restauro e nella Conservazione<br />

dell’Arredo Ligneo e <strong>dei</strong> Dipinti”<br />

e con le successive sperimentazioni del<br />

progetto “Michelangelo II” “Arte e Restauro<br />

delle Opere Lignee” ed “Arte e Restauro<br />

delle Opere Pittoriche”, ha<br />

eseguito, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza<br />

<strong>dei</strong> Beni Culturali della Calabria,<br />

numerosi interventi conservativi.<br />

All’interno del progetto P.O.N (Obiettivo<br />

C azione C5, Stage in Italia. anno scolastico<br />

2010/2011), tra le altre attività programmate<br />

diciotto alunni selezionati<br />

dalle Terze alle Quinte classi dell’Istituto<br />

(indirizzi “Arte e restauro delle opere lignee” ed<br />

“Arte e restauro delle opere pittoriche”, ad esaurimento,<br />

secondo la geniale intuizione della Gelmini),<br />

hanno partecipato ad uno Stage Aziendale, realizzato<br />

in convenzione con la società “L’Isola Laboratori<br />

di Restauro” e svoltosi all’interno della Sacrestia<br />

dal 18 al 29 luglio, per un complesso di 1728 ore - lavoro.<br />

Purtroppo è un danno incalcolabile la cancellazione<br />

di tali indirizzi, che avrebbero richiesto<br />

di Carmelo Fucarino<br />

8<br />

invece un’espansione, se si considera l’immenso patrimonio<br />

artistico italiano, mai toccato da interventi<br />

e che va cadendo letteralmente a pezzi. Proprio oggi<br />

la stampa dà notizia dell’ulteriore perdita di pezzi<br />

del ponte di Rialto.<br />

L’attività è stata di grande rilievo per il recupero di un<br />

ambiente così prezioso e ricco di opere architettoniche<br />

e pittoriche e per gli originali manufatti. Essa si è<br />

svolta secondo protocolli di ricerca e di intervento e in


funzione delle diverse tipologie di opere, sotto la guida<br />

<strong>dei</strong> docenti Antonio Barbera e Salvatore Palmeri. Propedeutica<br />

e necessaria è stata la completa ricognizione<br />

dello stato conservativo degli arredi lignei, del Crocifisso<br />

ligneo, del Tabernacolo ligneo e delle decorazioni<br />

murali eseguite su tela, risalenti alla seconda metà del<br />

XVIII secolo, gli affreschi <strong>dei</strong> muri e quelli della volta<br />

attribuita a Filippo Randazzo (1742).<br />

Data l’ampiezza del locale e degli spazi pittorici, la<br />

quantità <strong>dei</strong> manufatti e il loro stato assai precario di<br />

conservazione, che da una superficiale indagine non<br />

presenta pulizie da almeno un secolo, in considerazione<br />

<strong>dei</strong> ristretti tempi cronologici del cantiere, in<br />

questa fase, gli insegnanti hanno ritenuto necessario<br />

ed urgente un intervento di carattere conservativo e<br />

perciò hanno mirato prevalentemente all’obiettivo<br />

della manutenzione ordinaria. Dopo una preliminare<br />

inventariazione di tutti gli elementi costitutivi dell’ambiente<br />

si è eseguita un’accurata macro e micro<br />

aspirazione <strong>dei</strong> depositi superficiali poco coerenti.<br />

Per quanto riguarda i manufatti in legno, fra gli altri<br />

Arte<br />

Sotto secoli di polvere sulle orme <strong>dei</strong> Beati Paoli<br />

9<br />

gli ampi armadi in noce intagliato dallo scultore Pietro<br />

Marino nel 1738 con statuette di santi e busti di<br />

papi e vescovi, attraverso l’impiego di una specifica<br />

strumentazione scientifica, il DAS, dispositivo per il<br />

monitoraggio degli infestanti del legno, in dotazione<br />

all’Istituto Statale d’Arte, è stato possibile individuare<br />

alcuni focolai di insetti xilofagi, le centinaia di specie<br />

di volgari tarme. È stata di conseguenza predisposto<br />

un immediato trattamento antitarlo.<br />

Tutte le fasi dell’attività sono state corredate e completate<br />

da un’ampia documentazione, che nella parte<br />

grafica è stata eseguita attraverso il rilievo delle opere<br />

e la mappatura dello stato conservativo. Sussidio indispensabile<br />

è stata la ripresa fotografica, eseguita in<br />

macro foto, sia a luce radente sia a luce ultravioletta,<br />

attraverso le quali si sono resi evidenti diversi e gravi<br />

fattori di degrado presenti nell’habitat.<br />

In questa fase di ricognizione di estremo interesse è<br />

stato il rilevamento di un’antecedente pavimentazione<br />

in ceramica, che meriterebbe ulteriori accertamenti.<br />

È sicuro che un’analisi più approfondita<br />

delle strutture architettoniche e del prezioso materiale<br />

pittorico potrebbe riservare altre sorprese in<br />

una chiesa dell’antichissima e prestigiosa via del<br />

Cassaro, secolare centro abitativo e propulsore della<br />

frenetica vita nobiliare palermitana.<br />

Una curiosità per incentivare la visita del sontuoso<br />

monumento. In questa sacrestia, sollevando il piano<br />

di un sedile in legno, si apre una botola che conduceva,<br />

secondo Natoli, alla sala di riunione <strong>dei</strong> misteriosi<br />

e terribili Beati Paoli.


Società<br />

A partire da noi stessi<br />

Sul numero del mese di giugno 2011 di <strong>LION</strong>,<br />

Il mensile <strong>dei</strong> <strong>Lions</strong> italiani, è stato pubblicato<br />

l’articolo di Pietro Manzella Perché continuare<br />

ad essere <strong>Lions</strong> oggi? già pubblicato<br />

su <strong>Vespri</strong>no il 29 gennaio<br />

2011e leggibile, oltre che sul bolg,<br />

nel n.14 di <strong>Vespri</strong>no Magazine. In<br />

questi giorni di riposo, che precedono<br />

la ripresa delle attività,<br />

anche di quelle lionistiche, si fanno<br />

programmi e progetti, e ci si interroga<br />

sui propri obiettivi e sugli<br />

scopi della propria attività. Per i<br />

<strong>Lions</strong> naturalmente ci si interroga<br />

e si fa un bilancio dell’essere lions.<br />

Allora mi sembra utile riproporre<br />

ai Lettori la riflessione dell’amico<br />

Pietro che dopo un’attenta disamina<br />

della condizione di lions<br />

di Attilio Carioti<br />

10<br />

oggi, spesso non immune da crisi, invita a trovare<br />

“la scala per la risalita”, che “alberga sempre<br />

dentro ciascuno di noi”, e che consiste nell’<br />

”operare” concretamente con<br />

umiltà ed amicizia nel proprio<br />

club. Un valido strumento ed una<br />

guida al proprio operato si trovano<br />

naturalmente nei Principi<br />

del lionismo, nel Codice dell’etica<br />

lionistica e nella nostra Costituzione,<br />

di questi testi bisogna “riprendere<br />

una rilettura attenta”.<br />

A questo punto sarebbe auspicabile<br />

un confronto d’idee, una discussione<br />

sui problemi ancora non<br />

risolti, su queste pagine di <strong>Vespri</strong>no.<br />

Perciò rivolgo un caloroso<br />

invito ai Soci <strong>Lions</strong> ed agli Amici<br />

Lettori ad inviare le loro opinioni.<br />

Aleksandr Isaevič Solženicyn<br />

Il 3 agosto 2008 Aleksandr Isaevič Solženicyn moriva<br />

nella sua casa di Mosca. Non so quanti oggi in Italia<br />

si ricordano di questo scrittore coraggioso che ha fatto<br />

conoscere al mondo i gulag sovietici, cioè i campi di lavoro<br />

forzato dove venivano deportati i dissidenti e dove<br />

è stato rinchiuso per oltre dieci anni. Il suo primo romanzo<br />

- Una giornata di Ivan Denisovič-, pubblicato<br />

nel 1962 nel periodo di Kruscěv, narra la giornata tipo<br />

del deportato politico Ivan Denisovič, offrendo un’immagine<br />

cruda <strong>dei</strong> campi di lavoro forzato in Siberia. Il<br />

campo è un assurdo meccanismo che scatta per cause<br />

anche di scarsa importanza, come è accaduto allo scrittore<br />

che per un’allusione a Stalin nella lettera ad un<br />

amico fu arrestato e condannato a otto anni di carcere,<br />

prolungati poi di altri tre anni. Il campo sconvolge la<br />

vita dell’uomo ed ha come fine lo sfruttamento implacabile<br />

del lavoro <strong>dei</strong> prigionieri fino al loro sfinimento<br />

fisico e mentale. Unica salvezza è trovare in se stessi la<br />

forza e la risolutezza di fermarsi prima di perdersi nell’abisso<br />

dell’oblio di sé. Uscito dal gulag Solženicyn comincia<br />

a raccontare queste sue esperienze in tutte le<br />

sue opere a cominciare da Una giornata di Ivan Deni-<br />

di Gabriella Maggio<br />

sovič. Dal 1964, fine del governo<br />

di Kruscěv, non riesce a pubblicare<br />

nient’altro in Russia e neppure<br />

gli viene concesso nel 1970<br />

di ritirare il premio Nobel per la<br />

letteratura : "Per la forza etica con<br />

la quale ha seguito le tradizioni<br />

indispensabili della letteratura<br />

russa". Progressivamente si allontana<br />

dal marxismo e si avvicina<br />

alla religione. Nel 1974 viene espulso dall’U.RS.S. e si<br />

trasferisce negli U.S.A. dove diventa un’icona del dissenso,<br />

ma vi si sente un estraneo. Finalmente dopo vent’anni<br />

può ritornare in Russia in seguito al crollo del<br />

regime sovietico. Solženicyn è quello che si può definire<br />

uno scrittore impegnato come si diceva negli anni<br />

cinquanta e sessanta nella denuncia degli abusi, della<br />

mancanza di libertà <strong>dei</strong> governi. Già negli anni settanta<br />

però questo ruolo intellettuale comincia a tramontare<br />

nella cultura italiana ed è forse questo che ha determinato<br />

il limitato successo dello scrittore russo, dopo gli<br />

entusiasmi iniziali.


Una recente notizia di cronaca relativa<br />

alla composizione della giunta comunale<br />

di Roma mi costringe a mettere giù<br />

qualche osservazione necessaria a chiarire<br />

innanzitutto a me stessa un dubbio che da qualche<br />

giorno mi tormenta: ma chi ha ideato, ha<br />

sostenuto e continua a dar credito a ciò che si definisce<br />

con l’orrenda perifrasi linguistica di “quote<br />

rosa”, identificando con questa espressione un intervento<br />

che tuteli l’uguaglianza <strong>dei</strong> diritti del cittadino<br />

riguardo alla differenza di genere? Come se tale<br />

uguaglianza non fosse già autorevolmente sancita,<br />

insieme ad altre di cui<br />

spesso ci si dimentica, dai<br />

Principi fondamentali<br />

della nostra Costituzione.<br />

Tralasciando la cattiva, inveterata<br />

abitudine di associare<br />

alle donne un colore,<br />

il rosa, non sempre a loro<br />

gradito e da qualche<br />

tempo, nella nostra città,<br />

prediletto, forse per motivi<br />

di appartenenza calcistica,<br />

anche da molti rappresentanti<br />

del sesso maschile, mi<br />

fa specie vedere assimilare<br />

le donne a una sorta di categoria<br />

a parte, depositaria<br />

di particolare<br />

attenzione da parte della<br />

Nazione, quasi a risarcimento<br />

di una ingiustizia<br />

sociale perpetrata da secoli. Una categoria protetta,<br />

destinataria di una quota, assegnata per legge, di precedenza<br />

e di “riserva”, a fronte di una situazione iniziale<br />

di svantaggio ( stavo per dire invalidità).<br />

Tutto ciò è per me fortemente offensivo e paradossalmente<br />

gravemente ingiusto.<br />

È offensivo privilegiare per un posto di responsabilità<br />

una donna in quanto donna e non valutarla per<br />

quelle capacità che in ugual misura vengono richieste<br />

a qualunque altro concorrente, senza mortificanti<br />

sconti legati al genere. Ma è ugualmente mortificante<br />

attribuire ancora solo alla donna certe com-<br />

A proposito di donne<br />

di Renata De Simone<br />

Frida Kahlo - Autoritratto<br />

11<br />

Società<br />

petenze, legate alla organizzazione e gestione della<br />

famiglia che di fatto la discriminerebbero e la metterebbero<br />

in una situazione di svantaggio nella carriera<br />

lavorativa.<br />

Se pur questo è vero, non sarebbe più equo ed imparziale<br />

curare maggiormente i problemi della famiglia,<br />

l’assistenza ai figli, specie nella prima<br />

infanzia, come onere da dividere in coppia, piuttosto<br />

che regalare alla donna una “quota rosa” per ricompensarla<br />

dell’abbandono in cui è stata lasciata<br />

nella conduzione familiare e nella cura <strong>dei</strong> figli?<br />

È pur vero che le recenti norme sul diritto di famiglia<br />

tendono a coinvolgere<br />

entrambi i coniugi,<br />

ma di fatto le più pesanti<br />

incombenze familiari<br />

continuano a pesare sulla<br />

donna.<br />

Ancora più incomprensibili<br />

sono poi i commenti<br />

che ho sentito esprimere<br />

da più parti al provvedimento<br />

in questione. Chi<br />

concorda lo fa per in<br />

nome di una illuminata, a<br />

suo avviso, (o forse solo<br />

galante) considerazione<br />

dell’universo femminile,<br />

chi è contrario, e molte<br />

sono donne, ritengono la<br />

categoria “donna” poco<br />

adatta a posti di comando<br />

e di alta professionalità. È<br />

scoraggiante come, nel Terzo Millennio dell’umanità,<br />

non siano ancora caduti i forti pregiudizi che<br />

pesano su una parte consistente e rappresentativa di<br />

essa, che pure ha dato ampie dimostrazioni di sé al<br />

mondo che sembra ancora oggi non ricordarsene.<br />

È il paradosso italiano della par condicio, dell’uguaglianza<br />

fittizia professata a gran voce che sottende<br />

discriminazioni di fatto profondamente<br />

radicate nella nostra cultura, come quella di chi, nel<br />

2011, si prende la briga di proteggere una inesistente<br />

categoria umana identificata dal suggestivo e mistificatorio<br />

colore della rosa.


Società<br />

Nel corso degli avvenimenti umani accade<br />

talora che circostanze, avvenimenti e fatti<br />

si concatenino in maniera tale da condizionare<br />

la storia. Così nell’Europa del secondo<br />

dopoguerra, dilaniata da recenti lotte<br />

fratricide, statisti del calibro di Adenauer, DeGasperi<br />

e Schumann, rappresentarono la luce di speranza per<br />

il futuro del vecchio continente, superando le lacerazioni<br />

dell’ultimo conflitto. La CECA (Comunità Economica<br />

per il Carbone e per l’Acciaio, 1951) metteva<br />

in comune la produzione di carbone ed acciaio tra<br />

Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lus-<br />

Europa. Quale?<br />

di Natale Caronia<br />

12<br />

semburgo, e l’EURATOM (Organizzazione europea<br />

per l’energia nucleare, sino al 1960), furono gli organismi<br />

comunitari nati dai primi sforzi di aggregazione,<br />

anche su sollecitazione statunitense in regime di<br />

piena guerra fredda: la Germania era divisa in due,<br />

Vienna occupata da truppe sovietiche sino al 1955, le<br />

Repubbliche baltiche sotto il tallone sovietico.<br />

CECA ed EURATOM furono precursori del Trattato<br />

di Roma del 1957, fondatore della C.E.E.<br />

Era la prima volta nella storia che il collante comune<br />

continentale non veniva dalle armi, come al tempo<br />

<strong>dei</strong> romani o di Napoleone, ma dalla cognizione co-


mune europea di rappresentare la più alta concentrazione<br />

di cultura occidentale con potenzialità aggregative.<br />

Differente tuttavia l’interpretazione che veniva data<br />

a tale embrionaria aggregazione: dall’Europa delle<br />

Patrie di Charles DeGaulle, allo scettico distacco di<br />

tipo insulare dell’Inghilterra, alla Germania divisa<br />

in due, col prioritario problema della sua riunificazione.<br />

E’ prevalso il lato economico, che ha condizionato la<br />

realizzazione dell’Unione Europea, i cui Soci si sono<br />

impegnati a soggiacere a rigide regole di bilancio e<br />

valutarie, sotto la spinta principale della Germania,<br />

che non ha mai dimenticato la lezione della Repubblica<br />

di Weimar, quando erano necessari miliardi di<br />

marchi per comprare un chilo di pane.<br />

Indubbiamente è stato un bene limitare il facile ricorso<br />

alla svalutazione, su cui l’Italia si adagiava per<br />

favorire le esportazioni, facendo pagare un pesante<br />

contributo a pensionati ed al reddito fisso. Le rigide<br />

regole valide per tutti gli stati aderenti hanno avuto<br />

la funzione di predisporre piani di sviluppo pluriennali<br />

armonizzati, cosa in cui l’Italia non ha certamente<br />

brillato e che le ha permesso di utilizzare, per<br />

la sua lentezza burocratica, mediamente soltanto il<br />

15% <strong>dei</strong> fondi europei messi a sua disposizione.<br />

L’Unione Europea non è una federazione di stati né<br />

un organizzazione cooperativa, ma un insieme di<br />

stati che unisce la propria individualità e sovranità<br />

per una migliore forza nel contesto mondiale, delegando<br />

alle Istituzioni comuni il proprio potere individuale.<br />

In atto la U.E. si regge sulla cooperazione economica<br />

di 27 paesi, con mercato unico, moneta unica<br />

(in atto non per tutti e 27) e libera circolazione di<br />

persone e merci. La sua opera si estende dagli aiuti<br />

allo sviluppo alle politiche ambientali, promuove i<br />

diritti umani, la democrazia.<br />

Politicamente, il Parlamento europeo ha poteri normativi,<br />

di controllo delle istituzioni comunitarie, discute<br />

ed adotta il bilancio, ma non ha poteri<br />

vincolanti sui singoli stati, bensì realizza direttive<br />

comunitarie, cui seguono sanzioni economiche (riduzione<br />

<strong>dei</strong> contributi europei) in caso di mancata<br />

applicazione.<br />

13<br />

Società<br />

Lo stesso vale per la carente armonizzazione della<br />

politica estera, per le diverse prese di posizione a seconda<br />

delle convenienze degli stati.<br />

Si diceva della Germania di Erhard (1963/1965)<br />

che era gigante economico ma nano politico.<br />

L’impostazione prevalentemente economica <strong>dei</strong> rapporti<br />

tra gli stati dell’U.E. e la contemporanea apertura<br />

<strong>dei</strong> mercati senza dazi doganali, ha sollecitato la<br />

libera concorrenza. La recente globalizzazione <strong>dei</strong><br />

mercati ha allargato a livello planetario la concorrenza<br />

produttivo-commerciale, favorendo quei paesi<br />

che non hanno sistemi di sicurezza sociale e bassi<br />

costi, sì da produrre con prezzi bassissimi, spiazzando<br />

le fabbriche similari degli altri paesi. Generalmente,<br />

se ciò aumenta per la gente l’ accesso a<br />

beni di consumo per i prezzi più bassi, specie in periodo<br />

di assenza di miglioramenti salariali della popolazione,<br />

dall’altro si riducono i posti di lavoro per<br />

le fabbriche di prodotti a tecnologia medio-bassa,<br />

costrette a diversificare o a dislocare in paesi che<br />

producono a costi più bassi (delocalizzazione delle<br />

aziende).<br />

Il liberismo selvaggio, che ha creato le recenti bolle<br />

speculative e la conseguente recessione che ancora il<br />

mondo sta pagando, rivela come la politica economica<br />

non possa prescindere dall’etica, ed ha evidenziato<br />

la necessità del rispetto di regole che<br />

devono temperare gli eccessi della finanza finalizzata<br />

a se stessa, avulsa dalla produzione e dalla morale.<br />

Ritornando alla domanda iniziale, quale Europa?,<br />

cosa conviene ai cittadini europei? Vivere in un continente<br />

delle Patrie, ovvero pensare ad una Unione<br />

Europea Federata di tipo statunitense, che limiti,<br />

omogeneizzandoli, i poteri degli stati singoli, ma che<br />

ne aumenti forza e prestigio internazionale?<br />

Il nostro Paese riceverebbe benefici da un sistema a<br />

conduzione sopranazionale? I politici europei, cui<br />

spettano le decisioni in proposito, sono disponibili a<br />

delegare parte del loro potere?<br />

Questi sono i quesiti a cui prima o dopo si dovrà<br />

dare risposta ed in tempi non eccessivamente lunghi,<br />

perchè il mondo corre ed è in ebollizione.<br />

Ma pare che quanti sono delegati a provvedere siano<br />

in altre faccende affaccendati.


Società<br />

Ricordo di un incontro con Alvaro Siza<br />

Un articolo apparso su “ La Repubblica”<br />

del 16 luglio dal titolo UN ARCHI-<br />

STAR IN SICILIA parlava dell’architetto<br />

Alvaro Siza, ” tornato a Enna per<br />

tenere una lectio magistralis presso l’università<br />

Kore, in un’aula magna gremita da una folla adorante<br />

di studenti che ha accolto con una autentica<br />

ovazione il celebre architetto”. La lettura di quell’articolo<br />

mi ha fatto ripercorrere come in un veloce<br />

film quella indimenticabile giornata in cui<br />

conobbi Alvaro Siza Vieria a Lisbona alla fine di<br />

novembre del 1998 quando, nell’ambito <strong>dei</strong> rapporti<br />

intrattenuti dal Settore Centro Storico del<br />

Comune di <strong>Palermo</strong> con altre istituzioni italiane ed<br />

internazionali operanti nel campo del restauro,<br />

una rappresentanza di ingegneri ed architetti di<br />

quell’ufficio, che dirigevo, ci recammo, in Portogallo,<br />

ospiti delle università di Lisbona e di Oporto,<br />

per uno scambio di esperienze. C’incontrammo nel<br />

suo studio al Chado, quartiere di Lisbona, di cui<br />

aveva progettato la ricostruzione, dopo l’incendio<br />

del 1988, mantenendo inalterato, nella ricostruzione<br />

degli isolati, lo stile storico del quartiere. Indossava<br />

una giacca di velluto a coste con le tasche<br />

deformate da un uso non accorto, come fanno le<br />

persone che usano le tasche della giacca per infi-<br />

di Attilio Carioti<br />

14<br />

larvi ciò che non possono tenere sempre in mano.<br />

Discutemmo di restauro <strong>dei</strong> centri storici, e soprattutto<br />

di <strong>Palermo</strong> di cui diceva di avere un ricordo<br />

indelebile per la sua stratificazione storica<br />

che la caratterizza tra le numerosissime città che<br />

ha visitato . Questa opinione ribadisce anche nell’intervista<br />

rilasciata a La Repubblica :”<strong>Palermo</strong> è<br />

stata una esperienza unica , una continua emozione<br />

visiva, un continuo affastellarsi <strong>dei</strong> segni della<br />

storia….” Il suo naturale riserbo che qualcuno a<br />

torto scambia per ritrosia svanì quando, accompagnandoci<br />

per le vie del Chado, si infervorò parlandoci<br />

in perfetto italiano di linee minimali e di<br />

razionalità dell’architettura. Rifiutava la definizione<br />

di architetto razionalista che sovente gli si<br />

attribuisce, perché la considerava riduttiva per il<br />

fatto che nel progetto di una nuova opera non va<br />

mai perso di vista il contesto in cui l’opera stessa<br />

viene inserita ed armonizzata . E con voce calma<br />

e suadente già estraeva da una delle tasche della<br />

giacca, un voluminoso taccuino e dal taschino una<br />

matita per tracciare con veloci linee essenziali,<br />

degli schizzi che fissavano con semplici esempi i<br />

concetti che esprimeva. Non mi meraviglio, perciò,<br />

anche a distanza di anni da quell’incontro, se oltre<br />

<strong>Palermo</strong> nel 1985, altre università come Valencia,<br />

Losanna, Lima, Santander,<br />

Coimbra gli abbiano conferito<br />

la laurea ad honorem<br />

e se numerosi e prestigiosi<br />

riconoscimenti gli siano<br />

stati tributati quali il premio<br />

Mies Van Der Rohe, la<br />

medaglia d’oro della Fondazione<br />

Alvar Aalto, il premio<br />

Pritziker Prize etc. e se<br />

ancora al’eta di 78 anni<br />

continua ad insegnare ed a<br />

tenere seminari in ogni<br />

parte del mondo. Egli dimostra<br />

di essere uno <strong>dei</strong><br />

più importanti maestri dell’architettura<br />

del ‘900.


ERNEST HEMINGWAY<br />

Nato a Oak Park, nei pressi di Chicago, nell’Illinois,<br />

il 21 Luglio del 1899, muore il 2<br />

luglio 1961 nella sua casa di Ketchum,<br />

nell’Idaho per un colpo partito accidentalmente<br />

mentre puliva un fucile da caccia, come<br />

disse la moglie Mary alla stampa. Era una bugia. Alcolizzato<br />

e depresso si era suicidato a 62 anni. Vincitore<br />

del Premio Pulitzer nel 1953 per IL VECCHIO<br />

E IL MARE insignito del Premio Nobel per la letteratura<br />

nel 1954, ha rivoluzionato la prosa americana,<br />

come dice Derek Walcott, con la sua scrittura<br />

essenziale e semplice, concentrata sui nomi e non<br />

sugli aggettivi. Hemingway ha riempito i pomeriggi<br />

delle estati calde e noiose della mia adolescenza<br />

schiva. Sdraiata a letto leggevo per ore intere romanzi<br />

e racconti in edizioni economiche che ancora conservo,<br />

sebbene disfatte e tenute insieme da un elastico.<br />

Erano gli Oscar Mondadori dal costo contenuto di £<br />

350 a volume, acquistabili anche nelle edicole. Non<br />

erano cuciti, ma a queste raffinatezze sono arrivata<br />

più tardi. Allora non me ne curavo, volevo il libro e<br />

basta. Avevo fame di vita, diversa da quella quotidiana,<br />

e la trovavo tra le pagine di Hemingway. Così<br />

ho conosciuto la corrida spagnola, Parigi, l’Africa, i<br />

fiumi dove si pescano i salmoni, l’inquietudine e la<br />

continua ricerca di qualcos’altro.<br />

di Gabriella Maggio<br />

15<br />

Letteratura<br />

Non mandare mai a chiedere<br />

Per chi suona la campana.<br />

Essa suona per te ( John Donne)


Letteratura<br />

Salotto di Gabriella<br />

dedicato a Rosa Balistreri<br />

L’ultimo appuntamento pre-estivo del salotto<br />

letterario di Gabriella Maggio, organizzato<br />

dalla dinamica Maria Di<br />

Francesco, presidente dell’Associazione<br />

Volo, il 30 giugno 2011 ha trovato la sua location<br />

in un luogo della memoria, quella biblioteca comunale<br />

che ci ha visto alla scoperta <strong>dei</strong> suoi tesori<br />

negli anni gioiosi. Quella sala di lettura in penombra,<br />

quel silenzio che odorava di carta antica, diversa<br />

dall’ariosità della sala dell’altro sito gesuitico,<br />

la Biblioteca, allora Nazionale, del Collegio gesuitico.<br />

Al centro di questo arioso colonnato Gabriella<br />

Maggio ha introdotto il genere particolare della<br />

poesia popolare e la specificità della canzone folk in<br />

lingua siciliana, certamente, come ha fatto osservare,<br />

sacrificata dall’invadenza e dalla preponderante<br />

fama universale della canzone napoletana,<br />

che tra l’altro non è sentita come folklore, ma è<br />

vera e propria creazione di cantautori come quella<br />

in lingua italiana. Nell’abituale dialogo con l’autore<br />

del volume Rusidda… a licatisi, Nicolò La<br />

Perna, Gabriella ha analizzato la struttura dell’opera,<br />

articolata in diverse sezioni, temi e aspetti<br />

della ricerca dell’autore. Questi, a partire dalla biografia<br />

che ha completato con nuovi apporti rispetto<br />

a quella tradizionale, scarna e ormai introvabile,<br />

ha fornito altra documentazione con testimonianze<br />

di amici e conoscenti della cantautrice. Il libro è<br />

completato dalle esperienze teatrali e musicali,<br />

l’ascesa nazionale con Ci ragiono e canto di Dario<br />

Fo, il cimento con la Ballata del sale, fino alla Lupa,<br />

alla Lunga notte di Medea e alle Eumenidi, è arricchito<br />

dai testi e dalle partiture di tutte le canzoni.<br />

L’intervento video di Ignazio Buttitta, le<br />

testimonianze di amici, la voce vibrante e accorata<br />

della giovane Francesca Campisi hanno reso pia-<br />

di Carmelo Fucarino<br />

16<br />

cevole la serata che Gabriella ha tenuto sempre ad<br />

alto livello culturale.<br />

Se mi è permesso, un ricordo strettamente personale.<br />

Fu una serata indimenticabile, propiziata dall’amore<br />

per le esperienze letterarie, non solo quelle nazionali,<br />

ma anche quelle tipicamente siciliane, del Centro di<br />

Cultura Siciliana “G. Pitré”, la creatura di Domenico<br />

Bruno, presidente dal 1973, che amò e guidò<br />

con infaticabile amore insieme a un gruppo attivo di<br />

fondatori nel 1970, fra i quali mi onoro. Si volle<br />

creare una serata dedicata, in un piccolo teatro, che<br />

ricordo nella evanescenza della favola e del sogno,<br />

forse il Teatro Teatès del compianto Michele Perriera.<br />

E si cominciò con l’arte della parola e del gesto<br />

epico, la voce e i movimenti scenici di Mimmo Cuticchio,<br />

i suoi splendenti paladini, il tradimento del<br />

perfido Gano e poi l’amuri di Angelica e i primi timidi<br />

sacrileghi trasbordi nei miti popolari. Poi si offrì<br />

nella sua semplicità, nel volto frastagliato di popolana<br />

la Rosa, in mezzo a noi, a toccare il suo vestito<br />

zingaresco, a percepire i sospiri, i rantoli, le effusioni<br />

del suo amore infinito che straripava (allora non era<br />

imperante il letterario “esondare” di originali cronisti<br />

TV) e ci sommergeva tutti, pochi intimi a godere<br />

delle sue creazioni. Fra tutti ricordo quel celebre lamento,<br />

così ricordato da Ignazio Buttitta (20 ottobre<br />

1984): “Io ho incontrato Rosa Balistreri a Firenze,<br />

circa 22 anni fa, in casa di un pittore mio amico.<br />

Quella sera Rosa cantò il lamento della morte di Turiddu<br />

Carnivali che è un mio poemetto. Quella sera<br />

non la dimenticherò mai. La voce di Rosa, il suo<br />

canto strozzato, drammatico, angosciato, pareva che<br />

venissero dalla terra arsa della Sicilia. Ho avuto l’impressione<br />

di averla conosciuta sempre, di averla vista<br />

nascere e sentita per tutta la vita: bambina, scalza,<br />

povera, donna, madre, perché Rosa Balistreri è un


personaggio favoloso, direi un dramma, un romanzo,<br />

un film senza volto”. Tutti citano il rapporto con<br />

Sciascia, ma la vera simbiosi psichica e sentimentale<br />

fu con Ignazio, un dialogo che era in sintonia con la<br />

loro anima popolana, lei spigolatrice di Licata, lui<br />

commerciante di Bagheria, alla scoperta della profonda<br />

e vergine anima popolare. Era l’impegno civile<br />

e politico che aveva dettato tanti canti, in registri<br />

diversi, dal dolore quotidiano della miseria al tema<br />

della condanna mafiosa. Solo per citare qualche<br />

canto: Acidduzzu, La virrinedda, Mirrina, La pampina<br />

di l’alivu, Cu ti lu dissi, Venniri Santu, alla celebre<br />

Mi votu e mi rivotu (cavallo di battaglia di<br />

Mara Eli, stroncata in un incidente stradale), fino al<br />

forte j’ accuse di Mafia e parrini, oppure il terribile<br />

Carzari. La giovane Francesca si è cimentata nell’ironia<br />

smagliante di Me mughhieri unn’avi pila, che<br />

si intriga con la novità della lavatrice. Poco hanno<br />

aggiunto gli altri interventi.<br />

Con diverso amore amai tra gli anni Sessanta e<br />

Settanta la voce calda e passionale di Gabriella<br />

Ferri (la morte tragica nel 2004 per una caduta dal<br />

balcone, l’improvviso ictus per Rosa), non certo<br />

quella di Dove sta Zazà, ma quella che si incanagliva<br />

con la sua Roma popolare (vi ricordate La società<br />

<strong>dei</strong> magnaccioni del 1971?). Così Le<br />

mantellate ricordava Matri chi aviti li figghi a la<br />

badia, così tanto saettare di coltelli. Così altre rievocazioni<br />

malavitose si ripetevano nelle celebri<br />

Canzoni della mala di Ornella Vanoni, già nel<br />

17<br />

1957 con le solite Mantellate e Canto di carcerati<br />

calabresi, La Zolfara. Era tutto un fervere di esperienze<br />

popolari che davano vita ad un’Italia sotterranea<br />

che era ancora viva e sentita. Quella vita<br />

eccezionale che aveva antiche radici, dal Porta del<br />

Lament del Marchionn, delle Desgrazi de Giovanin<br />

Bongee e della Ninetta del Verzee fino alla<br />

plebe gaglioffa del Belli, ma anche alla vita eccezionale<br />

degli Scapigliati.<br />

Oggi? Si corre il rischio, come giustamente ammoniva<br />

Gabriella, di fare archeologia del Folklore,<br />

di musealizzare questo immenso<br />

patrimonio di esperienze di vita. La ragione?<br />

Tutta la materia è passata in mano agli addetti ai<br />

lavori, a quella scienza che purtroppo, nell’intento<br />

di salvare quella vita, la sta imbalsamando<br />

come un imenottero, parlo, con molto rincrescimento<br />

e sine ira et studio, del laboratorio palermitano<br />

di Cocchiara, gli studiosi di tradizioni<br />

popolari o antropologia culturale. L’amore tout<br />

court di Pitrè per la tradizione popolare trasformato<br />

in scienza. Ma è soprattutto l’assenza di<br />

geni dell’affabulazione emotiva, di cantatrici<br />

come Rusidda che davano a quei canti di vita il<br />

respiro dell’anima, dalle semplici ninnananne, ai<br />

canti del lavoro (la trebbiatura o la pesca), alle<br />

proteste sociali, tutte le ricerche sul campo, che<br />

formano già un’immensa biblioteca di sapere,<br />

sono destinate a restare relitti di un passato forse<br />

irrimediabilmente perduto.


Letteratura<br />

Ad occidente del sole<br />

e ad oriente della Luna:<br />

la fiaba nordica di Amore e Psyche<br />

Nelle Metamorfosi di Apuleio, autore latino<br />

del II sec. d. C., si incontra alla fine<br />

del IV libro un lungo racconto mitico-favolistico<br />

passato alla storia come “la favola<br />

di Amore e Psyche”, che assume in effetti la<br />

forma e il tono di quella che noi moderni definiamo<br />

fiaba. Cìoè qualcosa, nel tema e nella struttura primordiale<br />

di questa storia, che ha attraversato le barriere<br />

delle civiltà, un nucleo mitologico comune,<br />

forse, un’idea, un barlume di storia antica e mistica,<br />

che è proprio non solo del mondo greco-romano<br />

(semplicistica definizione per descrivere un complesso<br />

storico culturale sfaccettato, distinto e immenso!).<br />

Infatti, a chi sfogli una raccolta di fiabe<br />

nordiche, può capitare di imbattersi in un racconto<br />

dal titolo “Ad occidente del Sole e ad Oriente della<br />

Luna”, nelle cui righe è possibile riconoscere il tema<br />

portante, l’intreccio e i motivi della favola latina.<br />

La trama della fabula Amore e Psyche:<br />

La bellissima Psyche, ultima di tre figlie, causa l’invidia<br />

di Venere, che ingiunge al dio Amore di infondere<br />

in lei un sentimento per l’uomo più abietto<br />

della terra, ma il dio, preso dalla bellezza della fanciulla,<br />

decide di portarla con sé nel suo palazzo.<br />

Ogni notte Psyche è visitata da Amore, e l’incantesimo<br />

del castello, dove la giovane è servita come<br />

una principessa, perdurerà finché ella manterrà<br />

fede alla promessa e non vedrà il volto del misterioso<br />

padrone del palazzo. Ottenuto da Amore il<br />

permesso di ricevere le due sorelle, Psyche viene<br />

mal consigliata da queste ultime, invidiose della sua<br />

fortuna. Le due infatti, la convincono che il suo<br />

amante sia un terribile mostro, e una sera, mentre<br />

il dio si è assopito, Psyche gli si avvicina per ucciderlo<br />

con un pugnale, ma Amore le si rivela nel suo<br />

folgorante aspetto divino e Psyche, turbata, si feri-<br />

di Lavinia Scolari<br />

18<br />

sce con la punta di una delle sue frecce divine,<br />

ch’ella ha tratto dalla faretra. Subito la fanciulla si<br />

innamora perdutamente del dio, ma questi, deluso<br />

dal tradimento, fugge via e l’abbandona. Inizia così<br />

la ricerca di Psyche: in un poema carico di allegorie<br />

e misticismo, la protagonista dovrà affrontare<br />

mille prove, perfino la discesa nell’Ade, per poter<br />

infine ritrovare il suo amato, e ottenere da Giove<br />

l’immortalità per l’anima della bellissima Psyche.<br />

In “Ad occidente del sole e ad oriente della Luna“,<br />

però, Amore è sostituito dalla figura di un Orso<br />

bianco:<br />

Dopo essere arrivata a casa ed essersi coricata,<br />

tutto andò come al solito, e qualcuno venne a coricarsi<br />

accanto a lei. Ma a notte fonda, quando<br />

sentì che dormiva, si alzò, accese la candela e lo<br />

illuminò, e allora vide che era il più bel principe<br />

che si potesse vedere, e fu subito presa da lui al<br />

punto che le sembrò di non poter vivere se non lo<br />

avesse subito baciato: e lo baciò, ma intanto fece<br />

cadere sulla sua camicia tre gocce di sego bollente,<br />

e lui si svegliò. “Ah, cos’hai fatto adesso?”<br />

chiese lui. “Hai reso infelici entrambi. Se solo<br />

avessi resistito un anno sarei stato salvo: ho una<br />

matrigna che mi ha fatto un incantesimo, così<br />

sono un orso bianco di giorno e uomo di notte.<br />

Ma ora è finita tra noi, devo lasciarti per andare<br />

da lei, abita in un castello che si trova a oriente<br />

del sole e a occidente della luna, e lì c’è anche una<br />

principessa con un naso lungo tre braccia, e ora<br />

me la devo sposare”. La ragazza pianse e si disperò<br />

ma non c’era niente da fare, lui doveva partire.<br />

Allora gli chiese se non poteva<br />

accompagnarlo. No, non era possibile. “Se mi dici<br />

la strada verrò a cercarti: questo almeno posso<br />

farlo?” disse lei. Si, questo poteva farlo, ma non


c’era nessuna strada, era a oriente del sole e a occidente<br />

della luna, e lei non ci sarebbe mai arrivata.<br />

La mattina, quando si svegliò, il principe e il<br />

castello non c’erano più: era coricata su un piccolo<br />

spiazzo verde in mezzo a un bosco scuro e<br />

fitto, e accanto aveva lo stesso fagotto di stracci<br />

che aveva portato da casa.<br />

L’episodio della goccia di cera incandescente che<br />

19<br />

cade sul volto di Amore, svegliandolo, si riverbera<br />

in questa scena della fiaba nordica (o è forse la<br />

prima che si riflette nel racconto latino?). Straordinarie<br />

e profonde le corrispondenze di un mito<br />

che ha varcato le distanze e ha costruito, con forme<br />

appena differenti, una narrazione mossa dalla<br />

stessa intuizione o, chissà, forse dalla stesso antico<br />

segreto.


Teatro<br />

Siamo al centro della polemica che opponeva la professione<br />

di democrazia e di illuminismo di Pietro<br />

Chiari e la ragionata riforma della commedia di<br />

Carlo Goldoni con il suo programmato realismo<br />

contro l’altrettanto ostinata difesa della tradizione dell’antilluminista<br />

Carlo Gozzi. Perciò la sua fuga dalla realtà nel<br />

mondo della fantasia e del sogno, fino al livello <strong>dei</strong> racconti<br />

per bambini, le sue Fiabe che vorrebbero con altro spirito<br />

risuscitare pure esse la commedia dell’arte e il teatro delle<br />

maschere. Perciò la leggerezza di L’amore delle tre melarance<br />

o Augellin Belverde, e il populismo consolatorio di I<br />

pitocchi fortunati. Grande fortuna ebbe però il Re Cervo,<br />

ma soprattutto la Turandot (1762), apprezzata all’estero<br />

da Goethe a Schiller, a madame de Staël fino a Wagner,<br />

ma snobbato in Italia. Si spiega l’amore per le sue fiabe da<br />

parte <strong>dei</strong> romantici, se in questa temperie sarebbero nate<br />

le celebri Fiabe del focolare <strong>dei</strong> fratelli Grimm (1812-1822),<br />

un capolavoro di scavo nel folklore. A rendere celebre la<br />

sua opera fu un altro temperamento bizzarro e stravagante,<br />

che cercava situazioni strabilianti, seppure elegiache, talvolta<br />

alla moda come la sorprendente La fanciulla del West<br />

(Metropolitan, 1910). Perciò si fece confezionare da G.<br />

Adami e R. Simoni il libretto dalla fiaba teatrale di Gozzi.<br />

Non ebbe la fortuna di vederla rappresentata, perché un<br />

male inesorabile lo colse a Bruxelles il 1924. L’opera fu ripresa<br />

da Franco Alfano che su suoi appunti la completò<br />

con il duetto e la scena finale e la diede alla Scala il 25<br />

aprile1926, diretta da Toscanini. Giunto al terzo atto dopo<br />

l’aria di Liù Tu che di gel sei cinta, alla battuta «Dormi,<br />

oblia, Liù, poesia!», il maestro depose la bacchetta e disse:<br />

«Qui il maestro è morto» e lasciò la sala. Fu l’aggravarsi del<br />

male ad impedire il compimento dell’opera o l’incapacità<br />

di sciogliere quell’enigma d’amore e di morte? «Penso ora<br />

per ora – scriveva ad Adami - minuto per minuto a Turandot<br />

e tutta la mia musica scritta fino ad ora mi pare una<br />

burletta e non mi piace più».<br />

La scelta della fiaba era sicuramente emblematica dello<br />

stato d’animo di Puccini. Il genere popolare e l’andamento<br />

puerile rientravano in un bisogno di uscire dall’orrore del<br />

reale nel mondo del sogno. Il tema della fanciulla, algida e<br />

cinica, che spiega l’odio per l’uomo in genere con l’offesa<br />

subita dall’ava, «or son mill'anni e mille», «trascinata da<br />

un uomo come te, come te straniero», e l’indovinello punitore<br />

riprendono temi della cultura classica, nonostante<br />

vogliano apparire di impianto favolistico popolare. Basta<br />

per tutti il modello misogino mitico di Artemide cacciatrice<br />

e della sua ipostasi terrena di Ippolito, ma anche<br />

l’odio del re di Persia per le donne ritenute perfide, il loro<br />

La fiaba di Turandot<br />

di Carmelo Fucarino<br />

20<br />

possesso e l’uccisione all’alba (Shahrazād sfugge con l’espediente<br />

delle novelle delle Mille e una notte). Ma la proposta<br />

più celebre è l’indovinello della Sfinge e l’incesto di<br />

Edipo (non poteva mancare l’indovinello che la Sfinge fa a<br />

Harry nel labirinto durante la terza prova in Harry Potter<br />

e il calice di fuoco, vol. IV, della Rowling, centone di tutti<br />

i miti ad uso di giochetti magici). Così la ripresa simbolica<br />

del numero tre (I soluzione, il fantasma notturno o la Speranza,<br />

II, la fiamma o il Sangue, III, il gelo che brucia o la<br />

stessa Turandot), lo spergiuro contro la sua profanazione<br />

sacra, gli adescamenti <strong>dei</strong> gioielli, l’inutile sacrificio di Liù,<br />

la riproposta, ancora in termini erotici, del quarto indovinello<br />

di Calaf o il Mistero fino al disvelamento del suo<br />

nome e all’ipostasi, « Il suo nome è… Amor!».<br />

In effetti la favola era quanto mai di distante potesse esserci<br />

dalla sensibilità, in certo qual modo verista, di Puccini.<br />

Perciò i personaggi sono plasmati e risolti nella più<br />

schietta e complessa umanità, il principe ignoto Calaf -


Walter Fraccaro (la languida Non piangere, Liù e l’arcano<br />

Nessun dorma) e l’applaudita Liù - Rachele Stanisci (Signore,<br />

ascolta, Tanto amore, segreto e inconfessato e Tu<br />

che di gel sei cinta), ma anche la Turandot - Giovanna Casolla<br />

(aria In questa reggia), una specialista del ruolo. Ritorna<br />

a <strong>Palermo</strong> dopo la sua recita nel 2006, in secondo<br />

ruolo (primo Giorgina Lucakcs), una prima tormentata per<br />

le proteste, nell’allestimento del Maggio Musicale Fiorentino<br />

del 1997, con un organico di cento artisti, sontuosa<br />

messa in scena di Zhang Yimou (Lanterne rosse), Coro di<br />

voci bianche e corpo di Ballo del Massimo assieme alla<br />

Jilin City Song e Dance Ensemble, scene, costumi e coreografia<br />

cinesi, Calaf il coreano Francesco Hong, sul<br />

podio a dirigere i 90 orchestrali e una banda Nello Santi.<br />

Erano venute l’edizione del 1998 nella Città Proibita di<br />

Zhang Yimou con direzione di Zubin Metha e l’altra del<br />

2008 sempre a Pechino per l’inaugurazione del Teatro Lirico<br />

(finale scritto dal cinese Hao Weya). Oggi, come prima<br />

soprano, ha affrontato con scioltezza le forti difficoltà tecniche<br />

vocali che si sviluppano in un ampio registro, dall’estremo<br />

acuto al bassissimo. In certi momenti<br />

l’amplificazione ha falsato la provenienza delle voci con effetti<br />

stranianti. Più chiari i corali, quello iniziale del popolo<br />

e <strong>dei</strong> servi del boia Gira la cote! o l’Invocazione alla luna.<br />

La ricerca del folklore che era già nel West ricreato qui si<br />

manifesta nel coro di ragazzini Là sui monti dell'est, melodia<br />

tratta dalla canzone folk cinese Mo Li Hua, ma anche<br />

in tanti effetti che dal XVII secolo diedero il nome Chinoiserie<br />

ad una fase dell’arte europea, come della letteratura,<br />

il gusto per l’oriente (1820, il Divano occidentale<br />

orientale di Goethe, o il Divan del Tamarìt di Lorca nel<br />

21<br />

1936). Si pensi agli svaghi del nostro Borbone Ferdinando<br />

a preparare ricottine nell’oleografica Casina alla Cinese<br />

realizzatagli dal Marvuglia nel 1799. Da altra prospettiva<br />

effetti comici di un certo teatro buffo e di molta musica<br />

pucciniana sono evidenti nel terzetto delle maschere, Olà<br />

Pang! Olà Pong!<br />

In linea con il progetto del direttore Cognata per questa<br />

stagione si è trattato ancora di un nuovo allestimento. Ha<br />

trovato una cornice privilegiata nel parco del Teatro della<br />

Verdura (ultima edizione estiva 1986), realizzata con una<br />

scenografia sontuosa ed abbagliante e con costumi ripresi<br />

dalla tradizione in un alternarsi nelle grandi masse corali<br />

e di comparse del bianco e del rosso.<br />

Dovuto il ricordo di Roland Petit, uscito il 10 giugno ad<br />

87 anni a passo di danza dal palcoscenico, dove lo piange<br />

la sua Zizi da sessanta anni compagna di vita e di balletti.<br />

A noi rimangono la sua levità di farfalla, le rivoluzionarie<br />

ed indimenticabili performance coreografiche, ultimo ricordo<br />

la sua Coppélia ripresa nella scorsa stagione, il<br />

marzo 2010, con Eleonora Abbagnato e Luigi Bonino.<br />

Così ricordo con stupore per la naturalezza e la spontaneità<br />

<strong>dei</strong> movimenti, allora al Politeama, il suo balletto La<br />

bella addormentata nel 1990, Il Gattopardo il 1995, assieme<br />

ad una sua Carmen.<br />

Edizione 1972 Joan Sutherland, Monserrat Caballé, Luciano Pavarotti,<br />

Nicolaj Ghiaurov<br />

1982 Katia Ricciarelli, Placido Domingo, Ruggero Raimondi, Herbert<br />

von Karajan.<br />

Foto per gentile concessione dell’Ufficio Stampa del Teatro Massimo di<br />

<strong>Palermo</strong>.


Libri<br />

La rivincita della lingua<br />

FINESTRA SUL MARE di Pietro Manzella<br />

da Acetilene, Pungitopo 2010<br />

Il cielo<br />

si irradia e si oscura<br />

come finestra sul mare<br />

I tuoi occhi sotto palpebre silenziose<br />

battono<br />

e aprono il dizionario<br />

dell’anima<br />

Pulsazioni<br />

delicate<br />

scandiscono<br />

il tempo di lettura.<br />

di Gabriella Maggio<br />

22<br />

Ogni poesia è un tentativo di mettere ordine nel<br />

mondo attraverso le parole, così come queste sono<br />

ordinate nell’immaginario dizionario di Pietro Manzella.<br />

La donna, elemento centrale come indica la<br />

sua collocazione nella strofa di mezzo, con gli occhi<br />

entra nell’anima per leggerla. L‘amore è delicate<br />

pulsazioni . Il senso del testo sembra rasserenante se<br />

si trascura la rima, sia pure lontana, oscura - lettura,<br />

che apre una parentesi d’ombra che unisce il cielo<br />

che si oscura col dizionario dell’anima anch’essa<br />

oscura. Il mare che resta confinato solo nella similitudine<br />

della prima strofa e nel titolo della poesia, costituisce<br />

l’elemento paesaggistico, che allude al<br />

sentimento del poeta come nell’aiku giapponese, e<br />

sembra suggerire la situazione d’inizio della poesia<br />

grazie anche ad una lontana assonanza che lega<br />

mare e delicate. L’unico termine che non trova legami<br />

immediati ed evidenti è il cielo che si irradia<br />

ma anche si oscura e solo nell’azione di oscurarsi è<br />

rimesso in gioco alla fine del testo. Complesso e non<br />

decidibile appare il mondo sentimentale del poeta.<br />

La forza della poesia<br />

La poesia è una forma d’arte coraggiosa perché non ci comunica<br />

in maniera immediata il suo significato, legato al nostro essere<br />

uomini, ma ci spinge a cercarlo, soprattutto oggi che i punti fermi<br />

dell’esistenza sono sempre più personali, infatti all’etica si è sostituita<br />

l’estetica, cioè il “ mi piace “. Sempre i poeti hanno parlato<br />

dell’uomo all’uomo. Ebbene colui che oggi scrive poesie<br />

vuole ricordare a sé stesso ed ai suoi lettori che è un uomo, vuole<br />

rivelare la propria umanità, che è capacità di provare sentimenti.<br />

Perciò la poesia procede dall’interno verso l’esterno. Da più parti<br />

si dice che oggi la poesia è in declino,<br />

questo mi sembra un modo semplicistico<br />

per sfuggirla e non affrontare il<br />

problema che la poesia costantemente<br />

ci pone davanti , col suo interrogarci.<br />

Perciò l’ultima raccolta poetica di Carmelo<br />

Fucarino “ Percorsi di labirinto”,<br />

che viene presentata a Prizzi<br />

mette a prova la nostra capacità di<br />

provare sentimenti , ci pone davanti ad<br />

uno specchio per interrogarci. La<br />

raccolta contiene versi, composti tra<br />

di Gabriella Maggio<br />

il 1982 ed il 2010, alternati a prose proprie o di altri autori: Platone<br />

e Borges. Il poeta usa diversi linguaggi: l’italiano, lo spagnolo,<br />

il francese, il disegno e la fotografia, facendoli dialogare<br />

l’un l’altro. Tra i temi emerge quello della natura dell’infanzia a<br />

Prizzi come in<br />

LA NUCA NEL <strong>PA</strong>LMO DELLA MANO<br />

Ed insieme la brama O notti di abbandono<br />

di tornare a contare le stelle di spossanti delizie,<br />

nelle notti serene, al centro del mondo,<br />

sdraiato nel campo di grano l’anima immersa<br />

ove il grillo ritma nel profumo di grano.<br />

la sua impazienza. ( 4 giugno 1991)<br />

Sentire il fruscio del tempo<br />

nella stella che svirgola lampi<br />

nell’estremo sussulto,<br />

nel latrare del cane,<br />

ombra che si leva sul pozzo,<br />

echeggiare d’oscuri richiami.


Da “La città tutta per lui”<br />

di I. Calvino in Marcovaldo -Einaudi<br />

..E così a furia di riempire treni e ingorgare autostrade,<br />

al 15 del mese (di agosto) se ne erano andati<br />

proprio tutti. Tranne uno. Marcovaldo era l’unico<br />

abitante a non lasciare la città. Uscì a camminare<br />

per il centro, la mattina. S’aprivano larghe e interminabili<br />

le vie, vuote di macchine e deserte… Per<br />

tutto l’anno Marcovaldo aveva sognato di poter<br />

usare le strade come strade, cioè camminandoci in<br />

mezzo: ora poteva farlo… Così dimenticando la funzione<br />

<strong>dei</strong> marciapiedi e delle strisce bianche, Marcovaldo<br />

percorreva le vie con zig-zag da farfalla…<br />

La macchina con un gran gnaulio frenò… I giovanotti<br />

erano armati di strani arnesi. - Finalmente l’abbiamo<br />

trovato!... l’unico abitante rimasto in città il<br />

giorno di ferragosto. Mi scusi, signore, vuol dire le<br />

sue impressioni ai telespettatori? … Insomma gli fecero<br />

l’intervista… Tutta la piazza era sottosopra… -<br />

Eccola , è arrivata -… da una fuoriserie scoperta,<br />

scese una stella del cinema. - Sotto, ragazzi, possiamo<br />

cominciare la ripresa della fontana! Il regista<br />

del “teleservizio” Follie di Ferragosto cominciò a<br />

Lettura ferragostana a cura di G. Maggio<br />

23<br />

Libri<br />

dar ordini per riprendere il tuffo della famosa diva<br />

nella principale fontana cittadina. Al manovale Marcovaldo<br />

avevano dato di spostare per la piazza un<br />

padellone di riflettore dal pesante piedistallo… Agli<br />

occhi di Marcovaldo, accecato e stordito, la città di<br />

tutti i giorni aveva ripreso il posto di quella intravista<br />

solo per un momento…<br />

Con l’occhio <strong>dei</strong> bambini<br />

di Gabriella Maggio<br />

Il disegno esprime un desiderio. Forse in concomitanza<br />

di una stella cadente perché siamo ad agosto. Tra due<br />

palazzoni s’intravede il cielo stellato, illuminato da tre<br />

riflettori posti sul tetto di un teatro dove si rappresenta<br />

la “Mitica Aida”. Voglia di conoscenza senza dubbio,<br />

ma forse di rinascita , di miglioramento. Per i Palermitani<br />

Aida è veramente mitica perché ha segnato<br />

l’apertura del Teatro Massimo nel 1897 e la sua riapertura<br />

con la stessa opera lirica nel 1997, dopo una<br />

chiusura lunga ventitré anni . Il piccolo artista ne avrà<br />

sentito parlare….Ancora una volta i bambini rappresentano<br />

con semplicità quello che i grandi pensano,<br />

ma non riescono ancora a realizzare: una nuova rinascita<br />

della città, una riappropriazione del territorio urbano<br />

espropriato dalla sporcizia, dall’invadenza di marciapiedi e carreggiate da locali più o meno regolari, dalla<br />

violenza verbale e non solo di concittadini esasperati e resi violenti dall’incultura nella quale sono immersi. Ancora<br />

una volta, anche nei giorni della canicola, ripeto che la bruttezza genera bruttezza e la bellezza genera bellezza.<br />

Impegniamoci a scegliere la bellezza, vivremo meglio.


Scrittura<br />

La scrittura come ancora di salvezza<br />

Il bisogno di raccontare<br />

nasce con l’uomo,<br />

dalla necessità che<br />

questi manifesta di far<br />

emergere la sua vera essenza,<br />

di tirar fuori il vissuto,<br />

che si presenta talvolta<br />

come la brutta bestia che<br />

giace nascosta nel mondo<br />

interiore, di trasmettere ad<br />

altri le proprie esperienze ,<br />

le emozioni, le sensazioni.<br />

Tutto questo perché ci si<br />

vuole esprimere, conoscere,<br />

o liberarsi semplicemente dal peso del passato che<br />

spesso inconsapevolmente, condiziona le azioni del<br />

nostro presente. Raccontare diventa spesso confessione,<br />

nel momento in cui il vissuto, sonnolente nei<br />

meandri della nostra memoria, si ridesta e spesso ci<br />

terrorizza perché proietta a distanza di tempo immagini<br />

più o meno distorte. In questi casi raccontare<br />

in forma scritta diventa quasi terapeutico, e non<br />

abbiamo bisogno di scomodare i grandi letterati del<br />

passato per trovare conferma di tutto ciò. Quindi<br />

l’approccio alla scrittura non è casuale nasce da un<br />

travaglio interiore e raccontare diventa un’ancora di<br />

salvezza, un salvagente in questo mare di inquietudine<br />

che è la nostra esistenza,un conforto necessario<br />

,un bisogno quasi fisiologico per chi vive nella<br />

tempesta quotidiana, nel buio , ma anche una condivisione<br />

per chi nella tranquillità dell’esistenza ama<br />

condividere con altri le note di colore della vita. Ma<br />

la strada da percorrere non risulta aperta a tutti<br />

perché la capacità del narrare, l’arte della parola, o<br />

della creatività, del mettere nero su bianco,è un privilegio.<br />

Istintivamente le sensazioni ed le emozioni ci<br />

ispirano,un semplice fatto di cronaca ci induce ad<br />

una riflessione,o semplicemente il vissuto personale,eventi<br />

semplici e ordinari,non è solo l’originalità<br />

o la complessità del racconto ad affascinare ma il<br />

modo in cui viene articolato ed espresso. Come dire,<br />

si possiedono i colori, la tavolozza ma non si sa tracciare<br />

il disegno con il pennello. Subentra così il<br />

di Patrizia Lipani<br />

24<br />

“blocco della pagina<br />

bianca”.<br />

La capacità di concepire<br />

discorsi coerenti, corretti,<br />

creativi,abituarsi a pensare<br />

e a portare avanti le coordinate<br />

logiche del pensiero,<br />

è possibile impararle con<br />

un esercizio continuo, con<br />

un allenamento deciso.<br />

Non è un caso che ,proprio<br />

nell’era delle immagini,ci<br />

sia un revival della scrittura,<br />

e che stiano nascendo<br />

in Italia, e non solo in ambito scolastico, laboratori<br />

per sperimentare approcci diversi alla scrittura<br />

stessa. Quando a scuola costringiamo i nostri<br />

ragazzi a cimentarsi con scritture guidate, saggio<br />

breve, analisi del testo,non facciamo altro che veicolare<br />

il loro pensiero, reprimiamo la creatività,ostacoliamo<br />

la libera circolazione delle idee,<br />

e alla fine penalizziamo ciò che è stato prodotto<br />

perché il più delle volte non è consono alla tipologia<br />

richiesta. Si dovrebbe invece sensibilizzare i<br />

giovani alla scrittura libera,e non scoraggiarli,<br />

prendendo spunto da tutto ciò che ci circonda. Saperlo<br />

fare aiuta a superare i momenti critici, è un<br />

conforto, è un piacevole passatempo,è uno sfogo e<br />

per farlo , basterebbe conoscere gli ingredienti necessari<br />

per la migliore riuscita dell’intento e quelli<br />

che risultano essere vincenti sono una buona dose<br />

di curiosità,per esplorare il proprio mondo interiore<br />

e per spingersi poi verso l’esterno,verso gli<br />

altri, una buona dose di pazienza per imparare<br />

l’uso di termini precisi,elaborare strategie per<br />

esplicitare pensieri ed impressioni in forma scritta,<br />

piccoli esercizi quotidiani, per far nascere in<br />

ognuno di noi,piccoli e grandi, dietro l’immagine<br />

dello scrittore che riesce ad esprimere l’inesprimibile,<br />

la voglia di liberarsi dal macigno spesso incontrastato<br />

del vivere quotidiano, il desiderio di<br />

crescere, rappresentarsi,integrarsi,o semplicemente<br />

di memoria.


Incontri d’estate:<br />

raffronti di scrittura creativa<br />

Arinfrescare la<br />

mente dalla calura<br />

estiva non<br />

sono mancati<br />

anche quest’anno a Cefalù<br />

momenti di ristoro culturale.<br />

Presso la “Corte delle<br />

stelle”infatti giorno 17 agosto,come<br />

da palinsesto, si è<br />

svolta una serata dal titolo<br />

“Librandosi a Cefalù”- Incontri<br />

d’estate, organizzata<br />

dal prof. G. Cristina, ,il cui<br />

intento è stato quello di<br />

dare visibilità a coloro che in vari campi dell’arte<br />

esprimono il meglio di sé. In particolare la serata<br />

ha visto come protagonisti tre scrittori emergenti<br />

che hanno presentato al pubblico non solo il frutto<br />

del loro estro creativo, tre romanzi, ma anche le innumerevoli<br />

difficoltà che una pubblicazione comporta,<br />

diffidenza in campo editoriale e alti costi ,<br />

per cui preferisce la forma on line chi manifesta l’<br />

esigenza di scrivere. Marco Bonafede, Annalisa Maniscalco,<br />

Emanuele Miceli sono i tre scrittori intervenuti<br />

nella serata, originari della cittadina<br />

normanna, con qualche esperienza di scrittura alle<br />

spalle. Il primo è uno psichiatra che da sempre dedito<br />

al fumetto si è dilettato nel disegno e nella sceneggiatura<br />

pubblicando nella rivista Eureka.<br />

L’intento del suo romanzo è stato quello di far conoscere<br />

la psicanalisi alla gente attraverso il fumetto.<br />

Ultimo romanzo “Scio” edito con il metodo “il mio<br />

libro .it” è attualmente visionabile sul sito dello<br />

stesso. Si tratta di un romanzo sulla televisione italiana<br />

che malgrado propini spettacoli orrendi , riesce<br />

ad ottenere ugualmente il massimo consenso. Il<br />

secondo romanzo presentato è quello di Annalisa<br />

Maniscalco “ le versioni della mezza noce” Perrone<br />

editore. Il romanzo, ancora non visionabile sul cartaceo<br />

è nato da un progetto non realizzato di un<br />

cortometraggio ideato dalla Maniscalco che ha indotto<br />

l’editore a credere e a sovvenzionare il romanzo<br />

che da lì sarebbe nato. L’idea centrale è<br />

di Patrizia Lipani<br />

25<br />

Scrittura<br />

quella dell’incrocio,punto in<br />

cui convergono tre esistenze,tre<br />

vite. Tre personaggi,<br />

accomunati dalla<br />

solitudine , si incontrano su<br />

un vagone della metropolitana<br />

e sono gli unici che si<br />

accorgono di una noce che<br />

cade dalle mani di un<br />

quarto personaggio e interpretano<br />

in modo diverso<br />

l’episodio. Ne vengono fuori<br />

tre storie diverse che potrebbero<br />

essere lette come tre romanzi<br />

diversi ma che prendono vita solo nel loro<br />

incontro. La scrittrice si reputa fortunata per aver<br />

trovato l’editore sulla base del cortometraggio.<br />

Il terzo romanzo ,che <strong>dei</strong> tre è l’unico disponibile<br />

nelle librerie della cittadina, ha per titolo “Vagantes”di<br />

Emanuele Miceli e fa riferimento al girovagare<br />

all’interno della psiche per cercare risposte che<br />

facciano luce sulle verità nascoste. L’autore sottolinea<br />

tra le pagine e lo ribadisce nella serata che gli<br />

uomini sono vagantes sempre alla ricerca di qualcosa,<br />

ciò significa intraprendere un cammino ma<br />

non per questo appare necessario trovare qualcosa.<br />

L’esperienza del protagonista del romanzo ,autobiografica,<br />

nasce da un travaglio interiore che ha indotto<br />

come racconta l’autore stesso a compiere negli<br />

anni passati il lungo cammino di pellegrinaggio a<br />

Santiago di Compostela. Ma “Vagante”è nel romanzo<br />

il maestro di Samuel, il protagonista,ma è al<br />

contempo la coscienza, è l’immagine sicura di ogni<br />

essere, e nel contempo sono le verità assolute che<br />

vengono pronunciate dal saggio. Samuel è un personaggio<br />

che appare sicuro di sé, malgrado la ricerca<br />

delle verità lo faccia sembrare diversamente. Di Samuel<br />

viene evidenziata la sua fisicità,il suo coraggio,la<br />

sua abilità nel campo delle arti marziali,<br />

esperienza che lo scrittore ha maturato negli anni e<br />

che rappresenta il vero leit motiv del romanzo.<br />

Arti marziali significano percorso di introspezione e<br />

disciplina. Il racconto si articola in una terra asso-


Titolo<br />

lata, la Sicilia, in una stagione calda, nel mese di<br />

Agosto. Samuel è una guida turistica che svolge nell’isola<br />

la sua attività lavorativa, fa da sfondo il suono<br />

del mare e la voce <strong>dei</strong> gabbiani. L’azione si svolge in<br />

un paese di pescatori nel ridente golfo siciliano,con<br />

tanto di rocca, cattedrale e torri, in una località il cui<br />

nome è volutamente omesso ma è palese che si<br />

tratti di Cefalù . Un angolo privato finirà per essere<br />

la foresta di bambù,luogo isolato dove Samuel trova<br />

ristoro materiale oltre che spirituale. Non manca nel<br />

racconto il contatto naturalistico,che ritroviamo nel<br />

riferimento al mare verde smeraldo e azzurro, foreste<br />

,bosco folto circondato da montagne,<br />

insomma non vengono<br />

risparmiate le descrizioni di una natura<br />

incontaminata dalla quale Samuel riceve<br />

il fascino mansueto che riesce a<br />

trasmettere mediante uno spontaneo<br />

rispetto naturalistico a coloro che usufruiscono<br />

della sua guida. Tra la presenza<br />

<strong>dei</strong> due cani dell’amico Al e il<br />

piacere della cavalcata sulla giovane cavalla<br />

saura Rugiada,Samuel prova un<br />

melanconico richiamo per una vedova e<br />

triste donna , “una sagoma scura,una<br />

donna bellissima” il cui lento incedere<br />

e la fragranza del profumo conferisce<br />

un grande fascino . Amalia dopo l’incontro<br />

diventa il chiodo fisso di Samuel,<br />

l’apparizione della donna sa di<br />

misterioso, “avanza silente, impalpabile”,Da<br />

quando la donna entra nella<br />

sua vita gli incontri con il suo maestro<br />

da cui egli trae la grande esperienza<br />

vanno diradandosi , .”Il mio maestro mi<br />

aveva insegnato ad attendere, raccogliermi<br />

per scattare in un attimo”.Samuel<br />

trova la sua “pienezza” in lei e la<br />

sua condizione di escluso dal mondo , il<br />

vivere e il nutrirsi della filosofia del maestro,<br />

<strong>dei</strong> momenti di contemplazione, di<br />

meditazione,di ciò di cui la mente necessita,sembra<br />

venir meno non appena<br />

l’amore tanto agognato fa capolino, ma<br />

come tutte le belle storie però il finale<br />

Incontri d’estate: raffronti di scrittura creativa<br />

26<br />

non sempre è a lieto fine. Samuel sa che di fronte al<br />

triste epilogo il maestro non l’ha abbandonato “le<br />

orme del maestro avanzavano parallele alle mie”,lui<br />

solo ne percepisce la presenza costante, “ solo un vagante<br />

può scorgere un altro vagante” per questo<br />

l’uno non ha perso di vista l’altro. La ricerca all’interno<br />

del proprio mondo di una verità diventa il<br />

tema costante dell’autore il quale , con un con il linguaggio<br />

chiaro e fluido della sua penna e con lo<br />

sguardo vigile e avvezzo all’osservazione, è riuscito a<br />

“fotografare” gli angoli nascosti di una natura incontaminata.


Già da qualche settimana<br />

il Chiostro del complesso<br />

monumentale di<br />

Sant’Anna ospita l’iniziativa<br />

“<strong>Palermo</strong> Classica”, I Festival<br />

Internazionale di arte e musica<br />

che sta portando in concerto l’opera<br />

integrale delle musiche per pianoforte<br />

e orchestra composte da Mozart.<br />

Ad arricchire gli spettacoli,<br />

iniziati il 30 Luglio 2011 e destinati<br />

a continuare fino a Ottobre, si sono<br />

avvicendati e continuano ad alternarsi<br />

maestri provenienti da tutto il mondo, che si<br />

soffermano in uno scenario antico ed elegante.<br />

Il cortile del complesso, che è anche la sede della<br />

Galleria di Arte Moderna, è stato adibito a teatro<br />

per l’occasione, con sedie disposte sulla erba e sui<br />

viottoli lastricati, in uno spazio incorniciato dalle colonne<br />

che sorreggono il tetto; l’orchestra suona sotto<br />

il cielo stellato della <strong>Palermo</strong> d’Agosto, mentre su<br />

uno schermo una telecamera nascosta proietta le immagini<br />

delle dita <strong>dei</strong> pianisti che scivolano sui tasti.<br />

Sabato 20 Agosto 2011 sono saliti sul palco rialzato<br />

il maestro Wicktor Bockman, formatosi all’Accademia<br />

di musica di Cracovia e a Monaco di Baviera, il<br />

quale ha girato l’Europa con le sue esibizioni, colla-<br />

27<br />

Musica<br />

Mozart al Chiostro di Sant’Anna<br />

di Lavinia Scolari<br />

borando con le più importanti orchestre.<br />

Germania, Austria, Svizzera,<br />

Francia, Romania, Russia,<br />

Turchia, Polonia: è questo l’elenco<br />

delle sue tappe artistiche, che lo<br />

hanno condotto anche nella nostra<br />

<strong>Palermo</strong>, a dirigere, tra le altre, l’<br />

“Ouverture” del Don Giovanni K.<br />

527 con sicurezza e spirito.<br />

Nella seconda parte della serata sale<br />

sul palco per sedersi davanti al suo<br />

maestoso pianoforte il maestro Paul<br />

Badura Skoda. Chi infatti meglio di<br />

un viennese di nascita avrebbe potuto rendere onore<br />

a Mozart e al suo spirito? Ma Paul Badura Skoda<br />

non è solo questo, è anche considerato a oggi uno<br />

<strong>dei</strong> più celebri e talentuosi pianisti viventi, capace di<br />

ammaliare per l’estro e la vivacità delle sue esibizioni.<br />

Il festival ha colpito nel segno, l’atrio a cielo aperto<br />

è ricolmo di pubblico, nessuna sedia vacante, qualcuno<br />

perfino in piedi, sullo sfondo, ad acclamare un<br />

“bis”. Girasoli per i maestri e sorrisi in platea.<br />

La musica non è stata solo ascoltata, ma si è vista<br />

pulsare nell’aria. <strong>Palermo</strong> dovrebbe augurarsi un<br />

ricco proliferare di queste iniziative, che valorizzano<br />

e nobilitano i luoghi dell’arte, rendendoli vivi.


Società<br />

Le ricette letterarie di Marinella<br />

di Marinella<br />

Melanzane conciate - Proposta da Clara Sereni in Casalinghitudine, Einaudi- 1987<br />

Tartine alla rughetta:<br />

Melanzane,<br />

olio, aceto,<br />

aglio, prezzemolo,<br />

basilico, sale<br />

Preparazione:<br />

Tagliare le melanzane nel senso della lunghezza, a fette alte un dito,<br />

inciderle a grata con la punta del coltello. Disporre le fette in una teglia<br />

con olio abbondante, passarle nel forno a 220° per 20 minuti. Scolare le<br />

melanzane, farle asciugare sulla carta del pane, disporle a strati su un piatto<br />

da portata, salandole via via. Scaldare l’aceto con l’aglio tritato, le foglie di<br />

prezzemolo e basilico, versarlo caldo sulle melanzane, e lasciare insaporire<br />

per un paio d’ore. Si possono anche surgelare, resistono bene.<br />

28


29<br />

Cucina<br />

Le ricette letterarie di Marinella<br />

Preparazione:<br />

di Marinella<br />

Polpettone di tonno e patate Da “Casalinghitudine “ di Clara Sereni - Einaudi<br />

Tartine alla rughetta:<br />

Gr, 300 di tonno sott’olio,<br />

gr.300 di patate lesse,<br />

1 spicchio d’aglio,<br />

2 cucchiai di prezzemolo tritato,<br />

1 tazza di maionese per guarnire.<br />

Schiacciare e mescolare energicamente il tonno, le patate, l’aglio tritato<br />

finissimo, il prezzemolo. Dare all’impasto la forma di un pesce, ricoprirlo<br />

di maionese. Passare per un quarto d’ora in frigorifero.<br />

Altre guarnizioni sono affidate all’estro, alla voglia, al tempo a disposizione<br />

di chi prepara.


Sicilia<br />

Viaggiatori stranieri in Sicilia<br />

di Daniela Crispo<br />

CARLO CASTONE DELLA TORRE DI REZZONICO - parte sesta<br />

Il giorno 2 ottobre 1793 volli fare una scorsa pel litorale<br />

di <strong>Palermo</strong> verso nord-ovest e meco venne<br />

il Sig. Giacomo Tough, cortesissimo e bene istruito<br />

uomo in ogni genere di utili cognizioni. Passammo<br />

dalla fertile pianura detta Li Colli , tutta seminata di deliziose<br />

e magnifiche ville ….Bellissimi oliveti ombreggiano<br />

i campi, ed aloe ed opunzie …manifestano la<br />

clemenza del beato clima…. A Sferracavallo la strada,<br />

per la somma scabrosità dell’acute pietre, ben merita tal<br />

nome, e qui cominciano i seni verso la marina ed alzarsi<br />

una catena di rupi assai pittoriche….Uno sfasciume<br />

di antica torre qui sorge sovra l’acuta punta d’un<br />

isolato macigno….ed offre uno stupendo esemplare de’<br />

capricci della natura e del tempo. Osservammo la ton-<br />

30<br />

nara e l’isoletta delle Femmine, che è corruzione di<br />

Fimi, giacchè da Gugliemo II chiamasi Insula Fimi,<br />

ossia del fango, e fimini dicono in plurale i Siciliani per<br />

femmine ( nel loro corrottissimo linguaggio, che abbonda<br />

d’infiniti iotacismi e si tinge di somma barbarie,<br />

cosicché parmi gran meraviglia che da sì impura fonte<br />

derivasse la toscana favella, sì fluida, sì bene accentata e<br />

linda…ripiena di grazie. Ma se non varcava lo stretto<br />

peloritano la volgar favella e non isvestiva le rozze<br />

forme acquistate nella montuosa Sicilia e non perdeva<br />

nelle glottidi toscane la saracena e la normanna asperità<br />

e riaccostata alla grecanica e latina sonorità, eleganza e<br />

purezza , che da ‘ tre sommi scrittori, Dante , Petrarca<br />

e Boccaccio ebbe in dono) .


Il 30 luglio del 1789, esattamente 222 anni fa,<br />

moriva a <strong>Palermo</strong> giustiziata sulla forca una<br />

diabolica vecchietta, Giovanna Bonanno, meglio<br />

conosciuta come la vecchia dell’aceto. Fu<br />

l’ultimo processo di stregoneria svoltosi a <strong>Palermo</strong>,<br />

anche se proprio di stregoneria non si trattò e anche<br />

perché il tribunale dell’Inquisizione era stato abolito<br />

dal vicerè Caracciolo nel 1782. Giovanna Bonanno<br />

era una vecchia megera che si guadagnava da vivere<br />

vendendo intrugli per pochi spiccioli a povera gente<br />

che credeva nelle proprietà di queste pozioni da cui<br />

di solito ricavava un miserevole beneficio. Una pozione,<br />

l’aceto per i pidocchi, invece era molto efficace<br />

e quindi molto richiesta. Delle proprietà<br />

venefiche di questa pozione la vecchia si accorse solo<br />

per caso quando una bambina bevutone qualche<br />

sorso per poco non morì. La diabolica megera pensò<br />

di trarre profitto da queste straordinarie proprietà<br />

dell’intruglio che lei, tra l’altro, comprava regolarmente<br />

da un farmacista che lo vendeva come cura<br />

per i pidocchi. Al composto a base di arsenico e<br />

piombo del farmacista la vecchia aggiungeva o del<br />

vino bianco o dell’aceto che messo in un brodo o<br />

una minestra era totalmente insapore. L’arsenico,<br />

infatti, molto simile al fosforo e altamente tossico<br />

anche nei suoi composti è di solito inodore e ha una<br />

proprietà particolare, sublima, cioè passa direttamente<br />

dallo stato solido allo stato aeriforme. Un veleno<br />

perfetto! L’avvelenamento da arsenico inoltre<br />

è molto difficile da diagnosticare perché causa molteplici<br />

sintomi colpendo sia il sistema digerente sia<br />

nervoso. Molte donne stanche di matrimoni sbagliati<br />

e di mariti violenti o traditori si rivolsero a lei chiedendo<br />

il rimedio alle loro sofferenze. Chi se ne andava<br />

soffrendo però era il povero marito che tra<br />

atroci dolori si consumava in poco tempo. Quando<br />

il numero delle vittime nel quartiere della Zisa, dove<br />

operava la diabolica megera, cominciava a essere già<br />

un po’ eccessivo accadde un fatto che portò poi al<br />

processo e quindi alla condanna di Giovanna Bonanno.<br />

Una donna commissionò una dose di veleno<br />

La vecchia dell’aceto<br />

di Gabriella Notarbartolo<br />

31<br />

Service online<br />

che doveva essere destinato al marito. La Bonanno<br />

consegnò la pozione e solo dopo seppe che il marito<br />

della donna era il figlio di una sua cara amica. Cercando<br />

di salvarle il figlio confidò all’amica le intenzioni<br />

della nuora, ma inutilmente, l’uomo morì poco<br />

dopo. L’amica della vecchia megera si vendicò accusandola<br />

di stregoneria e consegnandola alla giustizia.<br />

Tragico epilogo di una misera esistenza.<br />

L’ignoranza e la superstizione sono due streghe davvero<br />

paurose. Curiosamente in quello stesso anno,<br />

1789, Antoine Lavoiser il chimico francese pubblicò<br />

“ le Traitè Elémentaire de Chimie” il trattato di chimica<br />

elementare.<br />

Palazzo Steri sede del Tribunale dell'Inquisizione a <strong>Palermo</strong>


Società<br />

In questi ultimi mesi ci sono novità nel mondo della cultura<br />

: i T Q . Sono scrittori tra trenta e quaranta anni,<br />

che si interrogano sul ruolo sociale degli scrittori, delle<br />

case editrici, <strong>dei</strong> luoghi in cui usualmente si fa cultura. Progettano<br />

una nuova fase d’impegno intellettuale dopo anni<br />

di assenza. I TQ scrivono in un loro manifesto che “ il<br />

nuovo secolo appare ancora come un Novecento svuotato<br />

di senso. Sono caduti insieme alle ideologie anche gli ideali<br />

….la forza del futuro“. La crisi profonda che viviamo in<br />

questi giorni assegna a ciascuno di noi<br />

nuovi doveri, soprattutto ci impone<br />

una riflessione sul nostro recente passato,<br />

ma anche di lanciare almeno uno<br />

sguardo verso il futuro per delineare un<br />

progetto di società migliore. La cultura<br />

non può sentirsi esonerata. Anzi deve<br />

prendere o riprendere il suo ruolo<br />

guida, uscendo dai luoghi tradizionali,<br />

dalle torri d’avorio, dai privilegi garantiti<br />

e “sporcarsi le mani”mescolandosi<br />

con la gente, ascoltandone esigenze e<br />

I TQ<br />

di Lietta Pasta<br />

Il 22 luglio 2011<br />

di Gabriella Maggio<br />

Isola di Utøya dopo la strage del 22 luglio<br />

32<br />

gusti reali. Deve contrastare la rozzezza <strong>dei</strong> tempi e l’incultura<br />

troppo diffusa, la logica della quantità che prevale<br />

sulla qualità con un progetto di ampio respiro che sia in<br />

grado di suscitare curiosità ed interesse ed avvicinare alla<br />

cultura quante più persone è possibile. Questi T Q conoscono<br />

bene il mondo della produzione e della divulgazione<br />

della cultura perché ci lavorano dentro, ed è un vantaggio.<br />

Anzi i TQ sono una risorsa, sostiene Nicola Lagioia.<br />

Altri al contrario li criticano perché ritengono che il loro<br />

sia un modo piuttosto spregiudicato di<br />

individuare ed affrontare i problemi<br />

culturali nei manifesti e nei forum, proprio<br />

perché sono organici al sistema<br />

culturale. Io credo che una critica che<br />

si fondi su fatti concreti e conosciuti sia<br />

preferibile a quella astratta. E siccome<br />

mi pare di cogliere in giro una sempre<br />

più diffusa stanchezza di come vanno le<br />

cose e una voglia di cambiamento,<br />

anche nel mondo culturale, incoraggiamo<br />

i TQ al di là dell’anagrafe.<br />

Il democratico e tollerante Popolo Norvegese è stato offeso dal folle gesto di Anders Behring Breivik , che il 22 luglio 2011 con spietata<br />

e impassibile determinazione ha ucciso settantasette persone nella città di Oslo e nell’isola di Utøya . Tutte le donne e gli uomini<br />

responsabili che hanno fiducia nell’uomo e nella comunità alla quale appartengono sinceramente condannano questo gesto<br />

efferato ed esprimono la loro solidarietà al Popolo Norvegese così duramente provato.


33<br />

Moda<br />

Glossario della biancheria intima<br />

Camicia da notte (IV parte)<br />

AtQuesto indumento per la notte fa la sua comparsa<br />

soltanto nel tardo Medioevo sotto il<br />

nome di camicia da letto. Prima di allora le<br />

persone dormivano nude o con indosso gli<br />

stessi indumenti tenuti durante il giorno. Le prime camicie<br />

da notte erano molto larghe ma, per il resto, assomigliavano<br />

più o meno alle camicie da giorno ricavate da<br />

un grande taglio di stoffa con lunghe maniche abbondanti.<br />

La camicia da notte ha avuto una diffusione generale<br />

solo nel secolo XIX e in molti paesi ancora più tardi.<br />

Spesso le donne indossavano sopra la camicia una giacca<br />

da notte. In Sicilia, il 4 dicembre del 1563, si consumò la<br />

tragedia della baronessa di Carini. La tenace tradizione<br />

orale del popolo ha tramandato la lontana tragedia sici-<br />

di Raffaello Piraino<br />

1800-1900. Camicie da notte della Collezione Piraino<br />

liana con parole vestite di poesia e di commossa pietà per<br />

la vittima. L’antica ballata popolare infatti narra di un<br />

sanguinoso dramma d’amore, consumatosi nell’antico<br />

Castello di Carini. La fanciulla, di nobilissimi natali, una<br />

La Grua-Talamanca, si era lasciata coinvolgere in una<br />

peccaminosa relazione amorosa con un avventuriero di<br />

pochi scrupoli. La sfortunata, fragile ed eterea baronessa,<br />

colpevole di aver macchiato l’onore della famiglia, cadde<br />

trafitta dalla spada del padre mentre la sua camicia da<br />

notte bianca, tutta trine e merletti, si tingeva di rosso. La<br />

tradizione popolare tramanda inoltre che la sua mano<br />

insanguinata, appoggiandosi alla parete delle torre, lasciò<br />

un segno indelebile che riappare ad ogni anniversario<br />

della sua triste fine.


Storia<br />

BERLINO 13 AGOSTO 1961<br />

di Gabriella Maggio<br />

All’alba del 13 agosto del<br />

1961 i Berlinesi si svegliarono<br />

divisi tra est<br />

ed ovest. Edifici e famiglie,<br />

senza alcuna differenza tra<br />

cose e persone, vennero divisi in<br />

due parti. Così la Germania venne<br />

divisa in due parti: occidentale ed<br />

orientale, la prima nell’orbita politica<br />

degli U.S.A. ,la seconda in<br />

quella dell’U.R.S.S. I divieti erano<br />

severi ad infrangerli si rischiava la<br />

vita, perché i soldati della parte<br />

orientale avevano l’ordine di sparare<br />

su chiunque tentasse di attraversare<br />

il confine, subito segnato<br />

già dalle prime ore del 13 agosto<br />

con filo spinato. Dopo lunghi anni di avvicinamento tra est ed ovest, cominciato col Cancelliere Federale<br />

Willy Brandt, che nel 1971 ebbe il Nobel per la pace per l’importante opera di avvicinamento tra i due blocchi<br />

politici, il muro di Berlino cade il 9 novembre 1989.<br />

Il muro di Berlino ha segnato la storia europea, sia quando è stato costruito che quando è stato demolito. E’ vero che si è parlato poco<br />

d’Europa negli ultimi tempi ed oggi se ne parla in termini esclusivamente economici, ma non dobbiamo dimenticare l’Europa degli<br />

uomini e delle donne comuni con le loro esperienze. Sono loro che fanno l’Europa.<br />

34


Società<br />

NEL CENOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO<br />

DELL’UNITA’ D’ITALIA<br />

Nel marzo del 1821 il conte Santorre di<br />

Santarosa guida in Piemonte la cospirazione<br />

<strong>dei</strong> patrioti che lottano per la<br />

concessione della Costituzione. Dopo<br />

aver consultato Carlo Alberto, considerato simpatizzante<br />

delle idee liberali, l’inizio dell’insurrezione<br />

è dato issando un tricolore ( è incerto se si tratti del<br />

nostro tricolore o di quello della Carboneria, blu,<br />

rosso, nero) sulla<br />

cittadella di Alessandria.<br />

Il colonnello<br />

Guglielmo<br />

Ansaldi, che intanto<br />

ha assunto<br />

il comando della<br />

cittadella e la<br />

presidenza della<br />

Giunta, emette il<br />

proclama:” Cittadini,<br />

lo stendardo<br />

del<br />

dispotismo è per<br />

sempre curvato a<br />

terra fra noi. La<br />

patria che ha gemuto<br />

finora sotto<br />

il peso di obbrobriose<br />

catene, respira<br />

finalmente<br />

l’aure soavi di<br />

fraternità e di pace. Cittadini! L’ora dell’italiana Indipendenza<br />

è suonata!” Tra i patrioti della Lombardia<br />

si diffonde la notizia che l’esercito degli<br />

insorti piemontesi avrebbe invaso e liberato la Lombardia<br />

dagli Austriaci. Si dava per certo che il 17<br />

marzo l’esercito avrebbe varcato il Ticino. Emozionato<br />

dagli eventi, Alessandro Manzoni comincia a<br />

comporre l’ode “ Marzo 1821”, che comincia : “<br />

Soffermati sull’arida sponda,/ volti i guardi al varcato<br />

Ticino,/ tutti assorti nel nuovo destino,/ certi<br />

in cor dell’antica virtù/ …. Altri forti..rispondean<br />

da fraterne contrade….” Ma il generoso tentativo<br />

resta privo di successo, immediatamente subentra<br />

di Giuseppina Cuccio<br />

35<br />

la delusione e lo sconforto, anche per le incertezze<br />

di Carlo Alberto. Ciò nonostante è cominciato un<br />

percorso che non si arresterà se non con la proclamazione<br />

dell’Unità. L’ode di Manzoni è bellissima,<br />

dà voce sincera e profonda alla passione di quei<br />

giorni, ma tace il sentimento della sconfitta e della<br />

delusione. Però Manzoni ritornerà indirettamente<br />

sul sentimento della sconfitta nella tragedia Adelchi,<br />

in cui il protagonista<br />

esprime<br />

la delusione dell’esercizio<br />

della<br />

politica.<br />

E’ un principe<br />

leale e giusto, desideroso<br />

di buona<br />

gloria, ma si<br />

rende conto che<br />

governare è<br />

“reggere iniqui” ,<br />

cioè governare da<br />

iniqui; in fin di<br />

vita dice al padre<br />

Desiderio, che gli<br />

sopravvive , sebbene<br />

prigioniero<br />

di Carlo: “Godi<br />

che re non sei;<br />

godi che chiusa/<br />

all’oprar t’è ogni<br />

via : loco a gentile,/ ad innocente opra non v’è: non<br />

resta/ che fare il torto, o patirlo…Una feroce /forza<br />

il mondo possiede, e fa nomarsi/ dritto….”. La<br />

delusione storica si manifesta amara e completa, supera<br />

gli eventi della storia e dell’invenzione per elevarsi<br />

a dolente considerazione sul senso universale<br />

della storia. La tragedia, composta tra il 1820 ed il<br />

1821, riecheggia in maniera chiara, se ne trova, infatti,<br />

traccia analizzando le diverse stesure di alcuni<br />

episodi riguardanti il “potere”, anche l’amarezza<br />

per i lutti milanesi seguenti la scoperta una “vendita<br />

“ carbonara e la dura inevitabile repressione<br />

austriaca.


Società<br />

Giornata internazionale<br />

della commemorazione del commercio degli schiavi e<br />

della sua abolizione<br />

“<br />

A Santo Domingo (oggi Haiti e Repubblica Dominicana),<br />

la notte tra il 22 e il 23 agosto 1791 vide il<br />

sorgere della rivolta che avrebbe giocato un ruolo essenziale<br />

nell’abolizione della tratta transatlantica degli<br />

schiavi”. Queste parole si leggono in un documento<br />

dell’UNESCO che ha proclamato il 23 agosto giornata<br />

della commemorazione. Per quanto ci sembri lontana<br />

la data del 1791, ancora oggi siamo ben lontani<br />

dalla reale abolizione della schiavitù, che purtroppo<br />

continua ad essere una realtà in molti luoghi del pia-<br />

di Giuseppina Cuccio<br />

36<br />

neta. “Nessun Paese può dirsi immune alle nuove<br />

forme di schiavitù”, dice Gulnara Shahinian, studiosa<br />

delle forme contemporanee di schiavitù. L'associazione<br />

Save the Children pubblica nell’occasione un<br />

dossier sulla situazione italiana. Ciò che emerge è allarmante.<br />

Nel nostro Paese si pratica la tratta e lo<br />

sfruttamento <strong>dei</strong> minori a scopo sessuale, ma anche<br />

per l’accattonaggio ed il lavoro o nelle attività illegali.<br />

Quindi è necessario non dimenticare questa ricorrenza.<br />

Il Centocinquantesimo Anniversario dell’unità d’Italia<br />

Dal GATTO<strong>PA</strong>RDO di Giuseppe Tomasi di Lampedusa<br />

Nell’ottobre 1860 a Donnafugata il<br />

sindaco Calogero Sedara annuncia<br />

l’esito del Plebiscito: votanti 512, sì 512.<br />

Qualche pagina più avanti, durante la<br />

battuta di caccia sulla cima del monte<br />

Morco don Ciccio Tumeo argomenta al<br />

principe Fabrizio le ragioni del suo no e la<br />

sua delusione per la mancata considerazione<br />

del suo voto: “ Per una volta che potevo<br />

dire quello che pensavo, quel<br />

succhiasangue di Sedara mi annulla…..” A sua volta il<br />

principe Fabrizio riflette : “….adesso sapeva chi era stato<br />

ucciso a Donnafugata, in cento altri luoghi, nel corso di<br />

quella nottata di vento lercio: una neonata : la buonafede:<br />

proprio quella creatura che più si sarebbe dovuta curare,<br />

il cui irrobustimento avrebbe giustificato altri stupidi vandalismi<br />

compiuti. Il voto negativo di don Ciccio, cinquanta<br />

voti simili a Donnafugata, centomila “no” in tutto il regno,<br />

non avrebbero mutato nulla al risultato, lo avrebbero reso<br />

più significativo; e si sarebbe evitata la storpiatura delle<br />

anime.” Nel romanzo don Fabrizio è favorevole alla costituzione<br />

del regno unitario per ragioni di opportunità e necessità<br />

politica e l’Autore variamente sviluppa il tema nel<br />

corso della narrazione. Nel contesto del romanzo, perciò,<br />

l’episodio di monte Morco mette in evidenza un’importante<br />

osservazione politica, perché con amarezza fa riferimento<br />

al tradimento dell’occasione di cominciare a<br />

formare una coscienza civile schietta e fiduciosa nelle istituzioni,<br />

tale da costruire una nazione più moderna e più<br />

civile. Ancora una volta rileggendo il romanzo di Tomasi<br />

di Lampedusa emergono aspetti interessanti, lasciati in<br />

ombra da letture e giudizi critici che oggi appaiono re-<br />

di Gabriella Maggio<br />

strittivi. Compresa l’affascinante e suggestiva<br />

interpretazione del regista Luchino Visconti.<br />

Ma questa mia considerazione non<br />

vuole riaccendere vecchie polemiche letterarie<br />

né cedere all’esaltazione acritica del<br />

romanzo, secondo un certo stile siciliano.<br />

Vuole soltanto ristabilire un’equilibrata considerazione<br />

<strong>dei</strong> temi che Tomasi affronta e<br />

che trovano relazione col nostro attuale contesto<br />

culturale, in questa dolente e contrastata<br />

rievocazione <strong>dei</strong> centocinquant’anni dell’Unità.<br />

Quando il romanzo fu pubblicato da Feltrinelli nel 1958<br />

l’orizzonte d’attesa era profondamente diverso da quello di<br />

oggi, si cercava sebbene in vari modi un rinnovamento letterario<br />

sia nel linguaggio sia nei temi. Di lì a poco il Menabò<br />

di E. Vittorini ed I. Calvino, mentre già dal’56 si<br />

pubblicava Il Verri di L.Ancechi aperto a nuove esperienze<br />

letterarie, che troveranno espressione nella neoavanguardia<br />

ed in un’ideologia antineocapitalistica. Il<br />

Gattopardo appariva contrastante con quest’orizzonte,<br />

fuori tempo come il suo autore, un gentiluomo d’altri<br />

tempi, di un’eleganza compassata. Quest’atmosfera letteraria<br />

spiega il rifiuto di Vittorini di pubblicare l’opera<br />

presso Einaudi e l’interesse di G. Bassani, che insieme a C.<br />

Cassola allora veniva definito “Liala della letteratura”.<br />

Oggi l’interpretazione è diversa, l’elemento storico acquista<br />

valore in quanto richiama il presente e ne dà una lettura.<br />

Il principe Fabrizio è un acuto osservatore del<br />

mondo che lo circonda così come lo è del mondo siderale.<br />

Ma la differenza è che il mondo delle stelle appare al principe<br />

regolare e preciso, quello degli uomini confuso e<br />

campo di scontro di pulsioni distruttive.


37<br />

Società<br />

Ogni scuola che si chiude<br />

«Un anonimo<br />

cronista inviò, datata<br />

il giorno di Ognissanti,<br />

un’infervorata accusa contro la<br />

trascuratezza, gli doleva dirlo,<br />

della scuola, “questo tempio di educazione, come<br />

la chiamò Bovio, questo laboratorio dell’uomo,<br />

tanto necessaria nelle epoche di progresso che attraversiamo”.<br />

Anche se parole come progresso tradiscono<br />

la parte politica, le ragioni dell’attacco ci<br />

appaiono oggi strabilianti. Ad oltre un mese dall’inizio<br />

dell’anno scolastico, si assisteva al “penosissimo<br />

inconveniente di vedere la 1a bis<br />

frequentata da 78 alunni, la 2a da 84 e la 3a da<br />

80”. Sì, erano proprio tanti i piccoli frequentanti<br />

una classe. Difficile immaginare come potessero<br />

essere stipati in aule piccole e fredde e come un<br />

maestro potesse farsi sentire da tale selva di testoline<br />

vocianti. Se pure a ciò tende il progetto Gelmini<br />

(si dimentica che fu avviato dalla splendida<br />

Moratti), allora era illegale e, come precisava il<br />

cronista, contrario all’art.<br />

323 della Legge 13 novembre<br />

1889 e all’art. 11 del Regolamento<br />

generale 9<br />

ottobre 1895, norme dettate<br />

e raccomandate ai prefetti<br />

con circolare ministeriale 26<br />

novembre 1897, n. 75, che<br />

prescrivevano <strong>dei</strong> limiti invalicabili,<br />

pur se lo sconto era<br />

risibile: “quando per un determinato<br />

periodo di tempo<br />

in una scuola elementare si<br />

accolgano più di 70 fanciulli<br />

debba il Municipio provvedere<br />

dividendo la classe in<br />

sale separate e con sotto<br />

maestri”. Il limite posto non<br />

metteva in conto la capienza<br />

di locali di privata abitazione<br />

presi in affitto e le umane<br />

di Carmelo Fucarino<br />

possibilità del maestro che doveva educare <strong>dei</strong> piccoli<br />

in un’età poco suscettibile ai richiami e allo<br />

stare fermi e in silenzio. Il nostro Municipio, sensibile<br />

al problema, “vagheggiava” un rimedio<br />

“non ammissibile”, sdoppiare la scuola “in modo<br />

che ad una parte degli alunni si facesse lezione<br />

nelle ore del mattino e all’altra parte nelle ore pomeridiane”.<br />

Sembrava una soluzione ragionevole<br />

e nella mia esperienza scolastica, fatta proprio nei<br />

locali degli odierni uffici amministrativi del Municipio,<br />

allora diversamente disposti – una ripida<br />

scala immetteva in fredde e piccole aule - anche<br />

io alternai periodi mattutini ad altri pomeridiani.<br />

C’era però una grossa differenza, allora il maestro<br />

doveva essere unico nei due turni. Il cronista<br />

amante della cultura, forse un maestro, più verosimilmente<br />

il direttore, data l’estrema competenza<br />

<strong>dei</strong> problemi, aveva ben da ridire con argomentazioni<br />

in linea di massima giuste, anche se dimentiche<br />

della vera finalità della scuola, che non era


Società<br />

certo semplice “deposito” o “custode” della sicurezza<br />

<strong>dei</strong> bambini, come purtroppo ancor oggi si<br />

ritiene da genitori e politici: “ma tal rimedio a prescindere<br />

dal fatto che stanca l’educatore e non affida<br />

alcun utile risultato, perde il valore rispetto al<br />

danno morale che incontestabilmente deriva ai<br />

fanciulli dalla abbreviata convivenza coi propri<br />

educatori e dal troppo lungo abbandono nel quale<br />

vengono lasciati fuori dalla scuola, esposti ai pericoli<br />

di ogni specie. Insomma la scuola non servirebbe<br />

più a sottrarre per quanto è possibile i<br />

fanciulli alla deleteria influenza della strada”. Era<br />

senz’altro vero che “le aule delle nostre scuole antigieniche<br />

per se stesse, frequentate da un così rilevante<br />

numero di alunni, sono focolari di<br />

infezioni e depongono contrariamente a qualsiasi<br />

norma educativa”. Secondo il cronista, la scelta<br />

non si poteva giustificare con “una qualsiasi ragione<br />

di economia, perché, quando l’economia è<br />

intesa ad ostacolare la scuola popolare è grettezza,<br />

38<br />

Ogni scuola che si chiude<br />

taccagneria biasimevole”. Il Ministero, come<br />

aveva fatto per altri comuni, sarebbe potuto certamente<br />

venire in aiuto del nostro, “occorrendo<br />

l’apertura di nuove aule scolastiche con l’assunzione<br />

in servizio di altrettanti sottomaestri”. Perciò<br />

faceva appello “all’energia del provveditore perché<br />

al più presto sia provveduto secondo legge in<br />

modo di togliere le giuste ansie ai numerosissimi<br />

padri di famiglia, i quali, continuando le cose in<br />

questo modo si contenteranno meglio di aver <strong>dei</strong><br />

cavallini vivi che <strong>dei</strong> dottori morti”. A parte questa<br />

colorita immagine, il cronista, “interprete dell’opinione<br />

pubblica” che muoveva tali lagnanze,<br />

concluse con una profonda intuizione sociologica<br />

da trasmettere ancor oggi al posto delle interessate<br />

e strumentali Pubblicità Progresso, “ripetendo una<br />

massima ormai celebre, ogni scuola che si chiude<br />

favorisce l’incremento di dieci case penali”».<br />

(Estratto da Stratigrafia del comune di Prizzi come metafora della storia dell’Isola,<br />

vol. III, Il Novecento, pp.85-86, ed. Comune di Prizzi, in fase di<br />

stampa).<br />

Le Madonie orgoglio siciliano<br />

Forse a tanti siciliani non sembra possibile, ma le<br />

Madonie non sono soltanto un patrimonio dell’umanità,<br />

come le ha dichiarate l’Unesco, ma una<br />

vera risorsa economica, perché il loro “marchio”,<br />

ovvero il loro brand, secondo la Camera di Commercio<br />

di Monza e della Brianza, esperta di valutazioni<br />

<strong>dei</strong> territori italiani<br />

di pregio naturalistico, vale<br />

oltre 2 miliardi di euro. Questa<br />

stima è ricavata da dati<br />

del Registro Imprese, dell’ISTAT,<br />

dell’Agenzia del<br />

territorio, della Banca d’Italia<br />

e mira alla visibilità ed all’attrattiva<br />

per imprese e<br />

turisti. Spetta quindi ai Siciliani<br />

mettere a frutto nel migliore<br />

<strong>dei</strong> modi questa<br />

di Pino Morcesi<br />

situazione, elaborando tecniche di ricezione turistica<br />

che mirano a mantenere l’interesse del visitatore,<br />

affinché ritorni nei luoghi e se ne faccia<br />

testimonial col passa parola. Ed anche sviluppando<br />

imprese che tutelano l’ecosistema e rifuggono da<br />

un guadagno rapido, ma dissennato perché alla<br />

lunga dannoso, se non letale,<br />

per quei luoghi. Spesso i Siciliani<br />

cercano un volano<br />

per l’economia isolana, forse<br />

è il momento di passare dalle<br />

parole ai fatti, dal navigare a<br />

vista se non sott’acqua, a navigare<br />

in superficie ed alla<br />

luce del sole, evitando i soliti<br />

mezzucci un po’ loschi che<br />

spesso caratterizzano certe<br />

nostre iniziative.


Pilipintò, Racconti da bagno per siciliani e non<br />

Quattro mila copie in cinque mesi, questa<br />

volta i numeri premiano la qualità e il<br />

piacere di una lettura irriverente e simpatica:<br />

“Pilipintò, Racconti da bagno<br />

per siciliani e non” di Carlo Barbieri, edito dalla<br />

casa editrice Zerounoundici di Stefania Lovati, è<br />

stata una rivelazione. L’idea è quella già sperimentata<br />

dalla rivista “Toilet”, ma nuova per una raccolta<br />

autonoma e compiuta di racconti umoristici originali<br />

e gaudenti: ogni storia, infatti, ha un “tempo durata”<br />

di lettura segnalato a inizio narrazione, che la<br />

rende adeguata anche per l’intimità delle nostre<br />

“sale da bagno”. Ma sarebbe riduttivo pensare a Pilipintò<br />

come una lettura occasionale da toilette. Si<br />

tratta di un caleidoscopio di maschere, caratteri, racconti<br />

fantastici e realistici, dove la “sicilianità” è raccontata<br />

ed espressa in modo graffiante e sorridente,<br />

senza patetismi o stereotipi grotteschi, ma con una<br />

verve nuova e appassionante.<br />

Ho sempre pensato che il segreto per scrivere una<br />

bella storia, (dove all'aggettivo "bella" potete sostituire<br />

a piacimento intrigante, divertente, sorprendente,<br />

geniale, piacevole, simpatica, toccante,<br />

originale, unica) fosse quello di seguire un'intuizione.<br />

L'intuizione è l'anima delle storie, e, ancor più che<br />

<strong>dei</strong> romanzi, <strong>dei</strong> racconti e delle novelle. Ebbene, i<br />

racconti di Pilipintò sono tutti l'evoluzione narrativa<br />

di intuizioni, ognuno di essi è sorprendente, divertente,<br />

inatteso e forse anche "scorretto". In ogni racconto<br />

l'autore ammicca, irride, stravolge le regole e<br />

rovescia gli stereotipi, oppure li porta all'eccesso in<br />

un susseguirsi di personaggi animatissimi, vivi, urlanti,<br />

di invenzioni e di dimensioni fantastiche, che<br />

partono dalla Sicilia e dal modo in cui è vista da<br />

fuori e da dentro, per poi sbilanciarsi, deformala, caricarla,<br />

addolcirne i tratti, ma molto più spesso<br />

acuirli. Si sorride, si ride perfino: "La Ronda" e "il<br />

conferenziere" sono due perle di comicità, o forse di<br />

umorismo; ti lasciano il sorriso affianco a una ruga<br />

di perplessità, perché raccontano ridendo e scherzando<br />

un frammento del nostro reale, quello che da<br />

Siciliana vivo, sperimento, amo e a volte biasimo.<br />

Barbieri Non teme di confrontarsi con grandi modelli,<br />

di giocare con il Montalbano di Camilleri e di<br />

porsi in rapporto umoristico-competitivo con lui e<br />

di Lavinia Scolari<br />

39<br />

Libri<br />

con il suo commissario più celebre, di storpiare nomi<br />

che fanno riferimento a realtà vicine, anche troppo<br />

vicine.<br />

Per concludere, parola all’autore, che nella quarta<br />

di copertina si presenta così, dicendo tutto sulla sua<br />

personalità, di certo fuori dagli schemi, come i suoi<br />

racconti:<br />

“Carlo Barbieri è nato.<br />

È chimico, marketer pentito e ha vissuto a <strong>Palermo</strong>,<br />

Teheran, Il Cairo.<br />

Ora si è calmato e fa avanti e indietro fra <strong>Palermo</strong> e<br />

Roma senza riuscire a decidersi perché, come molti<br />

Palermitani, ha <strong>Palermo</strong> nel cuore, ma...”<br />

Questa raccolta è stata una folgorante lettura, leggera<br />

e pensosa allo stesso tempo, un'opera che consiglio<br />

vivacemente.


Costume<br />

VIVA SANTA ROSALIA<br />

Togliete tutto ai Palermitani, ma non toccate<br />

il festino! Quei tre giorni di allegra profana<br />

sregolatezza mista a fiduciosa attesa che la<br />

Santuzza interceda presso un Potente al di<br />

sopra di qualsiasi altro terreno protettore, i cui favori<br />

non hanno un prezzo né richiedono alcuna contropartita.<br />

Liberaci, Santuzza, dal peso <strong>dei</strong> giorni presenti e<br />

dal nero addensarsi di ombre che oscurano il nostro futuro,<br />

come hai liberato la città di <strong>Palermo</strong> dal flagello<br />

della peste del 1625. Questo grido sembra uscire dalla<br />

bocca <strong>dei</strong> devoti insieme al vociare di canti che accompagna<br />

il percorso cittadino del carro con l’effigie della<br />

vergine eremita. E’ così da secoli. Ai primi giorni di luglio<br />

<strong>Palermo</strong> si prepara a festeggiare la sua benefattrice.<br />

Gli amministratori della città hanno sempre accolto,<br />

anche in tempi critici, il tacito invito <strong>dei</strong> palermitani a<br />

celebrare al meglio la loro patrona. Ecco cosa avvenne<br />

nel luglio del 1817.<br />

Dalla Relazione <strong>dei</strong> festeggiamenti promossi dal Pretore<br />

D.Giuseppe Reggio Saladino e dal nobile Senato di<br />

<strong>Palermo</strong> in onore della gloriosa S.Rosalia, vergine palermitana<br />

(per le stampe di Filippo Barravecchia, impressore<br />

dell’Ecc.mo Senato) si ricava un affresco a forti<br />

tinte dell’atmosfera cittadina nelle calde giornate di<br />

festa, con le vie del centro accese di luci e impregnate<br />

di suoni.<br />

Il programma è denso di eventi. Le manifestazioni,<br />

della durata di 5 giorni , sono affidate ai noti talenti del<br />

Senatore don Simone Tarallo duca della Ferla ; si comincia<br />

l’11 luglio con la processione del carro della<br />

Santa, di nuova e sontuosa foggia, accompagnato da<br />

cori di musici che diffonderanno ad ogni sosta gradevoli<br />

armonie.<br />

La sera il popolo è invitato alla Marina di Porta Felice<br />

per godersi un’illuminazione a giorno, creata da un artificioso<br />

viale di piramidi accese e variopinte disposte con eleganza<br />

sino alla villa Giulia e uno spettacolo di fuochi<br />

pirotecnici prodotti da una macchina scenica, come si usava<br />

in occasioni di feste cittadine. Collocata nel lungomare, rappresenta<br />

Castel S.Angelo, sontuoso Mausoleo dell’Imperatore<br />

Adriano, fiancheggiato da due fontane, eruttanti<br />

coloratissimi fuochi.<br />

Anche la villa Giulia sarà sfarzosamente illuminata con file di<br />

piramidi accese e ospiterà una Loggia dove verranno eseguite<br />

gradevoli sinfonie.<br />

Piazza Vigliena sarà adorna di pitture trasparenti raffiguranti<br />

le gesta di S.Rosalia; concluderà il percorso di luci una<br />

grande Aquila illuminata.<br />

di Renata De Simone<br />

40<br />

Nel II, III e IV giorno ci saranno in via Toledo corse <strong>dei</strong> più<br />

agili destrieri e delle più generose cavalle provenienti da tutto<br />

il Regno allettate da ricchi premi e la sera ancora il Carro in<br />

processione e fuochi alla Marina.<br />

La IV sera luminarie al Cassaro e nella fonte Senatoria e infine<br />

la cerimonia religiosa con Messa solenne pontificale in<br />

Cattedrale e processione dell’urna d’argento con le ossa della<br />

Santa, con grande seguito di Compagnie, Confraternite e<br />

Comunità Regolari.<br />

Poi le luci si spegneranno, i suoni si smorzeranno, nelle strade<br />

di <strong>Palermo</strong> rimarrà l’odore della cera sciolta, <strong>dei</strong> fuochi consumati<br />

e dell’incenso bruciato; negli occhi l’immagine dello<br />

sfarzo e nelle orecchie l’eco delle sinfonie. E <strong>Palermo</strong> ricadrà<br />

nel quotidiano travaglio di sempre.


Artù, re <strong>dei</strong> Bretoni, è il protagonista delle leggende del cosiddetto<br />

Ciclo arturiano o della Tavola Rotonda, le cui<br />

prime attestazioni, tra le tante, appaiono nel VI secolo. Sulla<br />

natura storica o leggendaria della figura di questo sovrano si è<br />

molto discusso: secondo una delle tante tesi, si tratterebbe di un<br />

condottiero romano-britannico, vissuto tra il V e il VI secolo.<br />

La sconfitta <strong>dei</strong> Bretoni ad opera <strong>dei</strong> Sassoni, in una battaglia<br />

nella quale Artù sarebbe rimasto ucciso, diede origine a varie<br />

leggende: secondo una di esse, riflettente il desiderio degli<br />

sconfitti, il sovrano bretone non sarebbe in realtà morto ma, rimasto<br />

ferito, sarebbe stato trasportato nell’isola incantata di<br />

Avalon, dove avrebbe dovuto rimanere, immune dalla morte,<br />

per un tempo indeterminato, sino al suo ritorno nel mondo<br />

per restaurare il suo regno.<br />

A partire dal secolo XII è però documentata una diversa tradizione,<br />

che fa arrivare Artù in Sicilia, ponendo la sua dimora<br />

incantata in un ameno sito all’interno dell’Etna. Tale tradizione<br />

è attestata nell’opera Otia di Gervasio da Tilbury, che fu<br />

in Sicilia al servizio di re Guglielmo intorno al 1190; da Cesario<br />

di Heisterbach, nel suo Dialogus miracolorum, che pure fu<br />

in Sicilia al tempo quando l’Isola fu conquistata da Enrico IV<br />

(1294) e dal poema francese Florian et Forete, del secolo XIII<br />

o forse del successivo.<br />

Il sito magico ove Artù risiede non è, tuttavia, descritto come<br />

inaccessibile ai mortali: le prime due opere citate narrano infatti<br />

di un garzone di un vescovo o di un diverso alto prelato,<br />

che essendogli sfuggito un cavallo del suo padrone lo inseguì fin<br />

dentro il vulcano, giungendo in un sito ameno dove fu ricevuto<br />

in uno splendido palazzo da Artù, che gli fece restituire l’animale<br />

dandogli inoltre ricchi doni per il suo padrone. Il poema<br />

francese narra invece che nel palazzo alloggiava Morgana, la<br />

sorellastra di Artù, che preservò dalla imminente morte il protagonista<br />

e la sua sposa prendendoli ad abitare con sè, affer-<br />

RE ARTù NELL’ETNA<br />

di Gianfranco Romagnoli<br />

41<br />

Recensioni<br />

mando inoltre che altrettanto avrebbe fatto con Artù quando<br />

questi sarebbe stato prossimo a morire.<br />

Una diversa versione di Stefano di Borbone (morto circa nel<br />

1261), pur ricalcando il tema del garzone giunto per caso al<br />

palazzo incantato, introduce invece nella leggenda elementi infernali<br />

e diabolici.<br />

La leggenda di Artù nell’Etna non sembra nata in Sicilia, perché<br />

non se ne trova traccia in miti locali, tutti improntati all’antichità<br />

classica, né riscontro nella popolarità del ciclo<br />

bretone, qui inesistente a differenza del ciclo carolingio <strong>dei</strong> paladini,<br />

fatto proprio dai Siciliani; i quali inoltre consideravano<br />

il vulcano nel suo aspetto terrifico, certamente non adatto a<br />

racchiudere siti ameni. Essa presenta, invece, caratteri riscontrabili<br />

nelle leggende germaniche, come i doni offerti all’ospite<br />

ed il risiedere all’interno di un monte di grandi personaggi,<br />

quali Carlo Magno, Federico II, Carlo V, ritenuti non morti,<br />

ma pronti a tornare un giorno tra gli uomini.<br />

Ci si chiede allora come tale tradizione sia giunta in Sicilia: potrebbe<br />

pensarsi alla documentata opera <strong>dei</strong> trovatori, arrivati<br />

in Italia nella seconda metà del secolo XII, ma l’onomastica<br />

del ciclo bretone è qui presente da molto prima. La conclusione<br />

logica, anche se non supportata da prove documentali, è<br />

che la leggenda sia venuta con i Normanni, i quali attribuirono<br />

all’intera Sicilia la qualità di isola incantata già propria di Avalon<br />

e identificarono l’Etna, quale più alto monte dell’Isola,<br />

come la sede adatta all’eroe che doveva un giorno tornare nel<br />

mondo, conformemente alle leggende germaniche, così fuse<br />

con la tradizione precedente.<br />

Peraltro, la presenza in Sicilia, non altrimenti spiegabile, di personaggi<br />

del ciclo arturiano trova riscontro nel fenomeno ancora<br />

oggi detto della Fata Morgana, visibile in particolari<br />

condizioni sullo Stretto di Messina, al cui centro, in profondità,<br />

si troverebbe il suo magnifico palazzo di cristallo.<br />

Pomeriggio letterario a Prizzi<br />

di Attilio Carioti<br />

artedì 23 agosto nell’ Aula Consiliare del Comune di<br />

MPrizzi Rosa Maria Ponte ha presentato il suo romanzo “<br />

Nel cuore della notte” , editore La Zisa ; relatori Gabriella<br />

Maggio e Antonio Martorana, moderatore Carmelo Fucarino.<br />

Rosetta Faragi, Irene Ponte, Milena Verga hanno letto<br />

brani significativi scelti dall’autrice. Alla presenza di un pubblico<br />

numeroso ed attento i relatori hanno messo in luce<br />

aspetti dell’opera. In particolare Antonio Martorana rileva :”<br />

E’ certo che con questo suo esordio Rosa Maria Ponte definisce<br />

con esiti assolutamente originali un suo domaine tematico<br />

e stilistico, inserendosi come una delle voci più interessanti nel<br />

panorama della narrativa odierna”. Gabriella Maggio nota la<br />

contiguità tra esperienza pittorica e narrativa di Rosa M.<br />

Ponte e l’incidenza <strong>dei</strong> personaggi femminili nel romanzo ed<br />

in particolare della zia, esperta anglista, che racconta la favola<br />

del Principe Felice di O. Wilde alla nipotina Barbara. Ha concluso<br />

la scrittrice chiarendo che solo alcuni punti della trama<br />

sono autobiografici, in fondo il suo romanzo si è fatto da solo<br />

; le relazioni critiche le hanno mostrato prospettive nuove a<br />

cui non aveva pensato e per questo le considera interessanti.


Società<br />

Icorsi per i test d’ammissione agli studi<br />

universitari che da un po’ di tempo a<br />

questa parte stanno prendendo campo<br />

come probabile ed esoso lasciapassare<br />

per le alte sfere degli studi scientifici, trovano<br />

un terreno particolarmente fertile in<br />

Sicilia, si estendono a macchia d’olio, si<br />

moltiplicano come cellule, attecchiscono<br />

laddove le formule statali dell’istruzione falliscono.<br />

I privati, sembrerebbero avere la<br />

“formula che mondi possa aprirti”, serietà,<br />

impegno, professionalità,disponibilità, competitività,la<br />

chiave per il successo e al contempo<br />

per arginare il problema che da<br />

sempre coinvolge i nostri alunni cioè la<br />

mancanza, alla fine del percorso di studi di<br />

scuola superiore, delle competenze necessarie<br />

per poter accedere agli studi universitari. Non si<br />

spiegherebbe altrimenti l’affluenza a tali corsi in cui<br />

si registra il tutto esaurito, con turnazioni antimeridiane<br />

e postmeridiane, da parte <strong>dei</strong> giovani appena<br />

“maturi”, in una stagione afosa, di per sé pesante,<br />

provenienti da tutte le parti dell’isola. Un tempo, la<br />

fine degli esami di Stato rappresentavano nei mesi<br />

estivi il raggiungimento della libertà, erano i mesi<br />

più belli, i più spensierati, si partiva da soli o in comitiva,<br />

verso paesi lontani la Grecia, la Spagna, le<br />

terre della libertà dai vincoli familiari ed era questa<br />

la prima vera prova di maturità, adesso invece si ripiomba<br />

dopo solo due giorni nel turn over dello studio<br />

“matto e disperatissimo”, i ragazzi impiegano il<br />

loro tempo migliore e ancora le loro forze e le famiglie?<br />

Pagano anche loro lo scotto di un assurdo sistema<br />

del quale pur criticandone le forme finiscono<br />

per assecondarlo. La causa di tutto questo? Chi di<br />

dovere e mi riferisco all’organo preposto all’istruzione,<br />

la scuola, senza fare di tutta un’erba un fascio,<br />

non riesce ad immettere nel mondo<br />

universitario giovani con competenze adeguate in<br />

campo scientifico, la matematica,la fisica, la chimica,<br />

la biologia appaiono avvolte nel mistero, solo pochi<br />

le “masticano”. D’altronde se ci confrontiamo giornalmente<br />

con ragazzi che tra i banchi appaiono demotivati,<br />

disorientati, ragazzi che sembrerebbero<br />

non reclamare il diritto al “sapere”, allora il gioco è<br />

SE LA SCUOLA…<br />

di Patrizia Lipani<br />

42<br />

fatto, il docente non si attiva più di tanto, lo stipendio<br />

non gli sarà negato e l’insuccesso del ragazzo<br />

poco importa che risulti essere il risultato del fallimento<br />

del docente. Sembra che qualcosa non funzioni<br />

nel sistema scolastico, la demotivazione non è<br />

solo del discente ma di più ampio raggio, forse riguarda<br />

anche il docente! Se la scuola in 13 anni di<br />

percorso fosse capace di trasmettere consapevolmente<br />

“saperi”, se la scuola abituasse a stimolare,a<br />

vivacizzare le intelligenze che spesso appaiono, ma<br />

non lo sono affatto, spente dietro i banchi, anziché<br />

appesantire con lezioni frontali, cattedratiche, se la<br />

scuola insegnasse ai ragazzi a far prendere coscienza<br />

di sé, se la scuola educasse all’onestà e alla serietà, se<br />

la scuola riuscisse a cogliere gli aspetti molteplici di<br />

ogni alunno –individuo e li valorizzasse, alla fine<br />

degli esami di Stato, di questa inutile, ( la Commissione<br />

difficilmente si discosta dal giudizio del Consiglio<br />

di classe di giugno) e costosa macchina,<br />

funzionante 15 giorni l’anno, ci troveremmo più<br />

soddisfatti del percorso effettuato. E quando poi gli<br />

Atenei statali siciliani, da come emerge dall’indagine<br />

del “Sole 24 ore”, risultano essere tra i peggiori<br />

d’Italia, non c’è da preoccuparsi, è il segnale che il<br />

virus si sta propagando anche in questi ambienti,e<br />

quindi, ci penseranno le università private ad offrirci<br />

l’antidoto e chi non ci sta? Non gli resta, se ci<br />

riesce, che scappare via dall’isola.


43<br />

Società<br />

NEL CENOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA<br />

"Siamo tutti figli della vostra civiltà"<br />

Dal discorso pronunciato da JFK nel 1961 in occasione <strong>dei</strong> 100 anni dell’Unità d’Italia<br />

“Mo l<br />

t i<br />

d e i<br />

p r e -<br />

senti<br />

non sono italiani né per<br />

sangue, né per nascita, ma<br />

ritengo che tutti noi abbiamo<br />

un grande interesse<br />

per questo anniversario.<br />

Tutti noi, nel senso più<br />

vasto, dobbiamo qualcosa<br />

all’esperienza italiana….E’<br />

un fatto storico straordinario:<br />

ciò che siamo e in cui<br />

crediamo ha avuto origine<br />

in questa striscia di terra<br />

che si protende nel Mediterraneo. Tutto quello per<br />

la cui salvaguardia combattiamo oggi ha avuto origine<br />

in Italia, e prima ancora in Grecia. Perciò per<br />

me come Presidente degli Stati Uniti è un onore<br />

partecipare a questa occasione importantissima<br />

nella vita di un Paese amico, la Repubblica Italiana.<br />

Il Risorgimento, da cui è nata l’Italia moderna,<br />

come la Rivoluzione americana che ha dato le origini<br />

al nostro Paese, è stato il risveglio degli ideali<br />

più radicati della civiltà occidentale: il desiderio di<br />

libertà e di difesa <strong>dei</strong> diritti-individuali…..Lo Stato<br />

esiste per proteggere questi diritti, che non ci vengono<br />

grazie alla generosità dello Stato. ….E’ fonte<br />

di soddisfazione per noi sapere che coloro che<br />

hanno costruito l’Italia moderna siano stati in parte<br />

ispirati dalla nostra esperienza, così come noi prima<br />

eravamo stati in parte ispirati dalla vecchia Italia.<br />

Per quanto l’Italia moderna abbia solo un secolo di<br />

vita, la cultura e la storia della penisola italiana<br />

vanno indietro di oltre duemila anni. La civiltà occidentale<br />

come la conosciamo oggi, le cui tradizioni<br />

e valori spirituali hanno dato grande significato alla<br />

vita occidentale in Europa dell’Ovest e nella comunità<br />

Atlantica, nata sulle rive del Tevere. A questo<br />

ruolo storico della civiltà italiana dobbiamo ag-<br />

di Irina Tuzzolino<br />

giungere il contributo di<br />

milioni di italiani che sono<br />

venuti nel nostro Paese ha<br />

rafforzarlo, a farne la loro<br />

casa e diventarne cittadini<br />

di valore.<br />

Nel grande anniversario<br />

del 1961 vediamo che ancora<br />

una volta forze nuove<br />

e potenti tornano a sfidare<br />

le idee su cui si fondano sia<br />

l’Italia che gli Stati Uniti.<br />

Se dobbiamo affrontare<br />

questa nuova sfida, dobbiamo<br />

mostrare ai nostri<br />

popoli e al mondo che ci<br />

guarda, che chi è disposto ad agire nella tradizione<br />

di Mazzini, Cavour e Garibaldi, come di Lincoln e<br />

Washington, può portare agli uomini una vita più<br />

ricca e più piena.<br />

Questo è l’obiettivo del nuovo Risorgimento, un<br />

nuovo risveglio delle aspirazioni più antiche dell’essere<br />

umano per la libertà e il progresso, e la fiaccola<br />

accesa nell’antica Torino un secolo fa guida la lotta<br />

degli uomini dovunque: in Italia, negli Stati Uniti,<br />

in tutto il mondo intorno a noi.


Viaggi<br />

Sempre ho sentito Venezia in una particolare<br />

condizione di spleen, come nell’inesorabile<br />

incipit di Baudelaire da Les fleurs du mal, le<br />

cinque strofe martellanti di alessandrini:<br />

Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle<br />

Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,<br />

Et que de l'horizon embrassant tout le cercle<br />

Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits.<br />

E poi, quando la terra cambia in umida cella, ove la<br />

Speranza come pipistrello sbatte l’ala contro i muri<br />

e picchia la testa contro il fradicio soffitto, quando la<br />

pioggia con le sue immense strisce (Oh! le cinque<br />

linee di pianto di Il pleut di Apollinaire nei suoi Calligrammes)<br />

imita le sbarre di una vasta prigione, e ripugnante<br />

popolo muto di ragni tende reti dentro i<br />

nostri cervelli ed esplodono urli spaventosi di campane,<br />

e spiriti vaganti e senza patria gemono ostinati,<br />

Oh! Venezia dell’anima!<br />

di Carmelo Fucarino<br />

44<br />

— Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,<br />

Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,<br />

Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,<br />

Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.<br />

O forse mi ha steso il suo velo bigio la Malinconia di<br />

quei temi struggenti che hanno accompagnato i<br />

primi abbandoni giovanili, quell’Adagio in sol minore<br />

(Mi 26) che Remo Giazzotto restituì o verosimilmente<br />

inventò spacciandolo per frammenti di un<br />

tema di Tommaso Albinoni oppure quell’Anonimo<br />

veneziano (1970, l’anno in cui esplose il cult movie<br />

Love Story, soggetto di Erich Segal, tema di Francis<br />

Lai) che ha inondato le sale cinematografiche di lacrime<br />

con la tragica storia di Giuseppe Berto, rivissuta<br />

da Florinda Bolkan e Tony Musante e scandita<br />

dal Concerto in Do minore per oboe, archi e basso<br />

continuo del veneziano Benedetto Marcello. A risalire<br />

indietro ai diciassette anni quando incontrai il


Goldoni con i suoi tristi amori e con le sue languide<br />

invenzioni, dove anche Arlecchino stillava tristezza<br />

per le sue allucinazioni di servo eternamente in debito<br />

con la pancia.<br />

Perciò mi ha sorpreso questa Venezia <strong>dei</strong> primi di<br />

luglio, abbagliante e stordente nello splendore delle<br />

onde ribollenti del Canal Grande, nell’allegria delle<br />

brigate di turisti che l’hanno letteralmente invasa.<br />

Così lungo il suo corso quei palazzi dai nomi gloriosi<br />

(ben 170 residenze nobiliari) mi son venuti incontro<br />

come persone a me note per lunga e affabile<br />

connivenza e mi hanno comunicato la pienezza<br />

della loro felicità. È impossibile nominarli tutti, solo<br />

qualcuno più nobile, anche con il rischio di dovuti risentimenti:<br />

se solo chiamo a destra la Ca’ Pesaro, la<br />

Ca’ Foscari, la Ca’ Rezzonico, a sinistra la gotica Ca’<br />

d’oro, il Palazzo Mocenigo, il Palazzo Grassi, la Ca’<br />

Giustinian, gli altri mi gridano i loro nomi gloriosi,<br />

45<br />

Viaggi<br />

perché tutta Venezia è un’infinita vetrina, fino alla.<br />

magnifica pescheria e al suk del mercato. E i ponti,<br />

possenti o semplici ponticelli, i noti e gli sconosciuti,<br />

l’ultimo arrivato, il chiacchierato Ponte della Costituzione<br />

di Santiago Calatrava (2008), possente e ingombrante<br />

culturalmente e tecnicamente. Proprio<br />

ieri in TV si parlava di spostamenti continui e si metteva<br />

in dubbio la futura stabilità per errore di calcoli.<br />

Poi l’agile merletto di Ponte degli Scalzi e<br />

l’arcata lignea di Ponte dell’Accademia, eretta provvisoria<br />

in 37 giorni nel 1933 fascista e rimasta tale,<br />

si fa per dire, fra tutti il capolavoro universale di<br />

Rialto, nel suo slancio sublime verso il cielo, che, secondo<br />

me, la vince sul fiorentino Ponte Vecchio, una<br />

stradina di bottegucce sull’acqua.<br />

In questa solenne toccata e fuga nella città non mi<br />

sono negato la regata (e poteva non essere deludente<br />

in nome della spremitura del turista?) con il gondo-


Viaggi<br />

Oh! Venezia dell’anima!<br />

liere guida da generazioni di antenati. Ho incrociato<br />

gondole tronfie di fregi e dorature, ove per la delizia<br />

di tedeschi e giapponesi un complesso di chitarre e<br />

mandolini strimpellava stornellate e un cantante in<br />

un improbabile costume veneziano intonava a prua<br />

al lamento di una fisarmonica addirittura Mare<br />

chiaro e ‘O sole mio. E la traversata della laguna<br />

esterna, passando per l’Arsenale, e per concludere<br />

le vie d’acqua l’aliscafo fino al Terminal aereo in<br />

mezzo a Murano e Burano e sperduti e misteriosi<br />

isolotti.<br />

Tuttavia furono gli incontri casuali quelli che mi<br />

hanno inondato l’anima di pienezza. In quel piccolo<br />

Campo San Fantin la modesta facciata non prometteva<br />

grandi sorprese. L’esaltazione della celere<br />

ricostruzione, dall’incendio del 29 gennaio 1996 all’inaugurazione<br />

di Muti il 14 dicembre 2003, invitava<br />

alla visita. Qui, il grande choc, si può assistere<br />

alle prove del Sogno di una notte di mezza estate (A<br />

Midsummer Night’s Dream) di Shakespeare con<br />

musiche di scena per soli, coro e orchestra di Felix<br />

46<br />

Mendelssohn-Bartholdy. Portato per mano dalla<br />

guida audio l’ingresso nello stordente Palco Reale<br />

che si è spalancato su quel capolavoro delle sala, il<br />

miracolo scenico <strong>dei</strong> palchetti, il cielo di paradiso<br />

del soffitto. Un incanto che ti prende l’anima e fa<br />

ringraziare Dio di aver dato all’uomo questa scintilla<br />

di divino. Non mi disturba la recitazione sopra<br />

le righe del giovane attore, stoppato dal direttore<br />

Gabriele Ferro, mi distraggo anzi nella ripetizione<br />

di passi citati con numeri di scena, mi avvincono i<br />

passaggi dalla recita allo scoppio dell’orchestra al<br />

completo, all’intervento del soprano Elena Monti.<br />

La mia fantasia si perde in quel cielo del soffitto e la<br />

favola delle nozze di Teseo e dell’amazzone Ippolita<br />

mi giunge a sprazzi mischiata alla vicenda parallela<br />

dell’amore di Demetrio e Lisandro per Ermia e la<br />

sua fuga nel bosco. È il momento del re degli elfi<br />

Oberon e della regina delle fate Titania, e poi degli<br />

artigiani che vogliono provare la vicenda di Piramo<br />

e Tisbe. Non è chiaro se è la musica a prevalere o la<br />

voce recitante. Ce n’è abbastanza per non ascoltare


i gridi e i miagolii <strong>dei</strong> giovani interpreti<br />

e seguire i mille fantasmi che si<br />

aggirano su quelle scene immortali.<br />

Lungo il Canal Grande invita ad una<br />

sosta l’insegna del celebre Casinò<br />

municipale. Sul retro nella stretta<br />

calle Nuova un’entrata e un’epigrafe<br />

che scompiglia ricordi palermitani, il<br />

Grand Hotel et des Palmes e l’epigrafe<br />

in via Wagner per la conclusione<br />

del Parsifal nel 1881, qui invece<br />

il sipario che cala con il fulminante<br />

infarto: «A Riccardo Wagner morto<br />

fra queste mura il 13 febbraio 1883».<br />

Altra sorpresa andando per campi e<br />

ponticelli un campanile di mattoni<br />

rossi un po’ storto e una maestosa<br />

facciata nella Salizada San Geremia.<br />

È la chiesa dedicata a S. Geremia e,<br />

sorpresa, anche a Santa Lucia. Nel<br />

mio immaginario la Santa della vista<br />

si identificava con Siracusa, la Santa<br />

della Luce che cadeva intorno al solstizio<br />

d’inverno,oggi il 13 dicembre<br />

per effetto del calendario gregoriano,<br />

festa solare antichissima come l’Hanukkah<br />

ebraica. Sull’altare maggiore<br />

la sua urna, il corpo offerto agli indiscreti<br />

voyeur da dietro l’altare, solo<br />

scoperti e mummificati i piedi, il piccolo<br />

corpo di una bambina.<br />

E la curiosa, lunga storia di quelle<br />

misere spoglie, da Siracusa allora bizantina<br />

il periglioso viaggio fino a<br />

Costantinopoli, ove rimane per anni<br />

segno di venerazione, poi la celebre IV Crociata veneziana<br />

e il dominio sulla città (1204-1261) fino al<br />

saccheggio e altro difficile viaggio verso la laguna,<br />

sull’isola di S. Giorgio Maggiore. Nel 1279 in seguito<br />

al naufragio di pellegrini nuovo trasferimento nella<br />

chiesa di Cannareggio a lei dedicata e forse ristrutturata<br />

da Andrea Palladio. Napoleone nel 1805 sopprime<br />

l’ordine delle Serve di Maria che la<br />

custodivano. L’editto del sacrilego generale fu nulla<br />

se si pensa alla sorte che l’attendeva. Era destino che<br />

47<br />

Viaggi<br />

Oh! Venezia dell’anima!<br />

le sue spoglie non trovassero pace. Per costruire la<br />

nuova stazione ferroviaria la chiesa fu demolita tra il<br />

1861 e il 1863 (il nostro teatro Massimo atterrisce<br />

con dicerie di fantasmi di suore) e il suo corpo fu ancora<br />

traslato e ospitato nella chiesa già di S. Geremia.<br />

Avrebbe rivisto la sua Siracusa nel dicembre<br />

del 2004, ma soltanto per sette giorni, una celere visita<br />

per il 17° centenario del martirio.<br />

E la fiumana con protesi di valigie carrellate, visi di<br />

tutti i colori in fogge turistiche di massa, lombrico snodantesi<br />

senza interruzione da e verso piazza S. Marco,


Viaggi<br />

Oh! Venezia dell’anima!<br />

gioiello composito di stili, dal merletto di piani della<br />

facciata, allo scempio prospettico dello storto campanile<br />

rosso, al campanile dell’orologio, alle due possenti<br />

colonne del Leone, il tetramorfo, forse primitiva Chimera,<br />

e di San Todaro, il primo patrono (ora mi sovviene<br />

del “sor brontolon” goldoniano), il bizantino<br />

Teodoro (“dono di Dio”) che trafigge il drago, — la<br />

terza colonna scomparve in mare con la nave. Per ruberie<br />

coloniali la Serenissima fu in piccolo maestra di<br />

Londra, oltre alle colonne e al leone, giunsero i cavalli<br />

della quadriga asportati dall’ippodromo di Costantinopoli<br />

e collocati in un luogo anomalo e a loro<br />

estraneo. Accanto il mio luogo della mente, la cara<br />

Marciana, a me familiare per le sigle <strong>dei</strong> suoi codici<br />

greci, i preziosi codici <strong>dei</strong> tragici. E svoltando l’angolo<br />

il luogo degli incontri culturali, il mitico Caffè Florian,<br />

ove risuona ancora la voce del Giacomo, il seduttore<br />

per antonomasia che ammaliava le putee, di<br />

48<br />

Goldoni che creava le sue damine incipriate (lo misero<br />

in posa in Campo S. Bartolomeo con cappello e<br />

bastone), Gaspare e Carlo Gozzi che divagava con<br />

l’esotica Turandot, e Parini e Pellico e Byron e Foscolo<br />

e Goethe e Dickens e il Gabriele D’Annunzio e mille<br />

altri affascinati dalle mitiche sale, ignoti come me.<br />

E all’altro lato altro luogo del mito, la riva degli Schiavoni,<br />

e il merletto del rosso Danieli. E unico, il Ponte<br />

<strong>dei</strong> Sospiri, sito dell’immaginario amoroso, il più<br />

“scattato” dal Ponte della Paglia e ricreato in stile (a<br />

Cambridge, a Oxford, a New York al MetLife Tower),<br />

attraverso le cui grate si diceva che i carcerati vedessero<br />

per l’ultima volta il cielo (visuale assente dall’interno),<br />

passando dalle Prigioni Nuove agli uffici degli<br />

Inquisitori. Le prospettive della storia, in atto funzionali<br />

nella vista di un riquadro incorniciato da un immenso<br />

cartellone azzurro tra i due monumenti, il<br />

tributo da pagare al regno assoluto del consumismo,


per un contributo al restauro dato da una collezione<br />

di orologi giocattolo (traduco) alla moda e di costo<br />

adeguato alle pietre e ai minerali usati. Così una facciata<br />

di piazza S. Marco celata dietro un’altra immensa<br />

reclame. L’alibi: lo sponsor che nasconde i<br />

ponteggi. Si può? E ci saranno limiti ai diktat del mercato?<br />

Meglio i milioni di maschere di ogni tipo, da<br />

piccole spille a preziosi monili, lussuosi abiti d’epoca,<br />

uno splendore di colori di un’età rivissuta nel vortice<br />

del commercio. Fino al Pinocchio dinoccolato che un<br />

magrebino ha regalato al suo bambino felice. Perché<br />

il Carnevale è Venezia, ancora oggi, nonostante la<br />

festa turistica, di borghesi e di ricchi, sempre fresco<br />

della sua antichità. Il gondoliere mi additò un palazzetto<br />

rosso e mi narrò di leggende sull’origine del Carnevale<br />

in un ballo in quella casa. Ed io ho ritrovato nel<br />

Sestiere di S. Marco il Ponte <strong>dei</strong> Barcaioli o del Cuoridoro<br />

e ho letto l’epigrafe a Morzart, quindicenne,<br />

49<br />

Viaggi<br />

Oh! Venezia dell’anima!<br />

ospite di amici, in quella casa ove «soggiornò festevolmente<br />

durante il carnevale 1771», il fanciullo «nel<br />

quale la grazia del genio musicale e il garbo settecentesco<br />

si fusero in una purissima poesia» (II Centenario<br />

1971).<br />

Alla fine in una sera visitata dalla luna, la profanazione<br />

del mostruoso transatlantico che sconvolge il<br />

suo ventre: scivolava davanti la galera finta e mi opprimeva<br />

la mole di un mostro lussuoso di dodici<br />

piani, che si annunciava come un museo galleggiante<br />

con centinaia di quadri di autore, ma pur<br />

sempre fuori posto, mentre un altro sostava sfavillante<br />

nel Canal. Cosa non si fa per il dollaro, anche<br />

l’ignoranza dell’inquinamento acustico e ottico,<br />

salve pero le gradinate, proibite a poveri e mendicanti,<br />

come alla Basilica del poverello di Assisi (ordine<br />

del priore, all’interno c’è l’urna dove imbucare<br />

le offerte).


Viaggi<br />

Che siamo in Spagna ce lo ricordano le<br />

grandi sagome nere di tori che appaiono<br />

all’improvviso su un’altura o sul ciglio di<br />

una delle ampie strade che offrono ai turisti<br />

su quattro ruote un comodo accesso a realtà urbane<br />

e rurali di grande bellezza e varietà<br />

paesaggistica. Dall’ampia meseta, per chi venga da<br />

Madrid diretto al nord, si passa ad un paesaggio caratterizzato<br />

dallo snodarsi di fitte foreste, ondulati e<br />

lussureggianti crinali, interrotti da improvvisi squarci<br />

di mare che si fanno spettacolari man mano che si<br />

procede ad ovest verso la costa atlantica Si affaccia<br />

sul golfo di Biscaglia una terra che porta ancora i<br />

segni di un antico popolo che la abitò in epoca preromana,<br />

il mitico popolo <strong>dei</strong> Celti. Lo percepiamo dal<br />

suono delle cornamuse che ci accompagna nel nostro<br />

viaggio con destinazione Santiago, meta ambita di<br />

viandanti e pellegrini che a piedi o in bici aspirano all’agognato<br />

abrazo dell’apostolo Giacomo, di cui si<br />

conservano per antica tradizione i resti mortali. Ce lo<br />

ricordano i totem in pietra disseminati per lo più nei<br />

centri abitati e i granai costruiti su pilastri, gli horreos,<br />

che affiancano le case coloniche.<br />

Ce lo ricordano a Vitoria, capitale <strong>dei</strong> paesi baschi,<br />

i pittoreschi costumi indossati nei giorni festivi<br />

dagli abitanti orgogliosi della loro identità<br />

rappresentata dai copricapo schiacciati sul capo,<br />

le morbidissime scarpe in cuoio con lunghi lacci<br />

legati fin sotto il ginocchio e i variopinti fazzoletti<br />

allacciati al collo, ornamento di uomini, donne,<br />

bambini, fin dalla più tenera età.<br />

Non diverso è il contesto umano e ambientale se dalla<br />

Spagna ci si sposta in territorio francese, come nella<br />

vicina Bayonne. Stessa gente ospitale, stessa cucina al<br />

sapore di mare, stessa caratterizzazione urbana, fatta<br />

di chiese dall’impronta gotica e piccolo artigianato locale.<br />

Dal mondo di streghe e folletti che affollano la<br />

storia <strong>dei</strong> luoghi dove pure la lingua si vuole distinguere<br />

dalla ufficialità del castigliano, seguendo il cammino<br />

<strong>dei</strong> pellegrini, attraverso paesaggi mozzafiato si<br />

arriva all’imponente Santuario che in un tripudio di<br />

ori, preziosi retabli e mirabili scenografie scultoree<br />

segna il punto d’arrivo di ogni ricerca umana e del<br />

suo insopprimibile anelito spirituale. Si rimane come<br />

frastornati e sbigottiti da quello che appare un eccesso<br />

ma che pur sembra giustificare e coronare il desiderio<br />

di una lunga ricerca.<br />

E’ la definitiva tappa di chi è vissuto per giorni, talvolta<br />

per mesi, nella solitudine, nel silenzio, nella fa-<br />

Un’altra Spagna<br />

di Renata De Simone<br />

50<br />

Santiago, il Santuario<br />

Santiago-Danze davanti al santuario


tica di un cammino che richiede l’essenziale, lo<br />

stretto necessario per affrontare la via, un bastone<br />

per appoggiarsi, una borraccia per bere, una conchiglia<br />

per la propria identità. Santiago è la gioia<br />

dell’arrivo, il delirio di ritrovarsi, di sciogliere finalmente<br />

ogni angoscia in un continuo, interminabile<br />

alleluia di canti, di balli, di bandiere, di abbracci e di<br />

girotondi in cui si incontra una variopinta, diversa<br />

eppur simile umanità che si riconosce uguale in quel<br />

lunghissimo interminabile ed emozionante abbraccio.<br />

Emozionante fino alle lacrime che sono un tutt’uno<br />

con il riso e con la gioia, gioia della ritrovata e riscoperta<br />

identità umana.<br />

Vitoria-Costumi Baschi<br />

51<br />

Viaggi<br />

Sul Cammino di Santiago La Conchiglia del Pellegrino<br />

Noia - Il porto


Recensioni<br />

Uno scenario inquieto verso la chiarezza<br />

Vi dirò, cari Amici del <strong>Vespri</strong>no, come<br />

in uno scambio di vedute che una<br />

singolare vicenda si snoda ai nostri<br />

occhi attraverso più piani con il romanzo<br />

di Rosa Maria Ponte Nel cuore della<br />

notte. Il merito di questo lavoro (compreso il<br />

bel risultato editoriale attribuibile a “La Zisa”)<br />

va a una scrittura di tipo scenico corale dovuta<br />

a più campi o centri e condotta con tratti di indagine<br />

introspettiva di forte confidenzialità, a<br />

volte da diario inserito nel racconto e da ripercorrimenti di<br />

esperienze estesi o brevi, quasi <strong>dei</strong> flash.<br />

Proprio le esperienze sono la materia diretta presente quanto<br />

rievocata lontana, che guizza nella memoria, ossia nella presa<br />

di coscienza e regìa di un “io” narrante più o meno “responsabile”<br />

<strong>dei</strong> fatti da muoversi complementarmente in terza<br />

persona oltre alla sua (quella degli “altri”). Una coscienza<br />

questa che fluisce vigile, come un flusso che talora sembra<br />

automatico per il gioco delle interruzioni in subitanea alternanza,<br />

da rendere problematica la esplicabilità razionale di<br />

tale vicenda, problematica in sé specie in virtù del taglio narrativo<br />

impresso. Quello di un ritmo cadenzato sui passi di<br />

Wilde, con il gusto della citazione e insistita sempre sulla sua<br />

stessa opera, quello di una tecnica spezzettata tesa sapientemente<br />

alla ricomposizione dell’unitario senso di vivere.<br />

Ecco, la regìa di scrittura porta un impianto strutturale e un<br />

esito stilistico di forte quanto discreto non invadente avvincimento.<br />

Più che mai qui si sente stretto il rapporto autore-lettore,<br />

che quasi si sente medesimo o tutt’uno o solidale con<br />

l’autore, mentre dal canto suo l’autore si dispone con distacco<br />

persino impersonale, fuori da sé nonostante l’appassionamento,<br />

da mettere in scacco chi leggendo crede di risolvere il<br />

nucleo ampiamente disteso, lo spessore di non detto, di incognita<br />

che dà sapore a questa scrittura, a questo romanzo.<br />

Ma è proprio un romanzo?<br />

Si capisce non tradizionale, malgrado le apparenze. Non<br />

porta a una conclusione, non si svolge per passaggi chiarificatori<br />

<strong>dei</strong> vari episodi, non mostra cronologicamente e psicologicamente<br />

l’originarsi delle emozioni, non lega gli stati<br />

d’animo preferendo rompere il meccanismo del prima e del<br />

dopo, e giustapporre i risultati emozionali. Romanzo aperto<br />

invece, ben al di là della trama, romanzo a suo modo come<br />

diagnosi attraverso campionature, pezzi di mosaico che si ricompongono<br />

in un quadro, dove ogni tranche è dell’intera<br />

vita, tranche che cerca di essere colta nella sua interezza, nel<br />

suo senso riposto.<br />

Cari Amici del <strong>Vespri</strong>no, continuando, proprio le emozioni,<br />

come le esperienze, sono la materia che si muove a un certo<br />

punto nel nostro animo, nella misura in cui sappiamo noi intenderle<br />

in questa scrittura. Qui scorre a pause e riprese la<br />

suggestione del Principe felice di Oscar Wilde nel relativo racconto,<br />

appunto spezzettato, della Zia alla piccola Nipote, a<br />

Barbara che apprende l’infelicità e sofferenza del Principe, e<br />

non solo di lui (poi, la malattia e morte della Zia) sull’onda<br />

della Memoria, che non è nostalgia bensì ripercorrimento<br />

di Fabio Russo<br />

52<br />

spesso amaro di esperienze proprie quanto altrui,<br />

o proprie su quelle di altri e con altri, ben<br />

oltre quindi le circostanze sul simbolico-allegorico<br />

del Principe non più felice, semmai sulla<br />

lunghezza d’onda degli stati d’animo volta a<br />

volta delusi, e alla fine mortificatori, nello slancio<br />

d’amore della Rondinella (si spezza il cuore<br />

di piombo di lui, ma non meno quello vivo della<br />

Rondinella, e poi quello di carne di Barbara).<br />

Così ci sono pure i piani rievocativi, una Memoria<br />

come conoscenza, di questa Nipote ormai adulta che cerca<br />

di rintracciare la sua storia non solo su quella della Zia, senza<br />

nome, sul racconto fatto da lei, ma su quella del Principe e<br />

della Rondinella narratale appunto dalla Zia, per cogliere la<br />

propria all’indietro, rivista in vari momenti con il suo compagno<br />

d’un tempo, Giulio, poi lasciato (per volere di lui, anche<br />

per rifiuto da “ripiego” di lei). Piani di Attesa di un punto di<br />

arrivo che non c’è, esplicito. Che c’è, se vogliamo, in una<br />

forma però di segreto. Nel «cuore della notte» giunge improvviso<br />

l’ospite atteso/inatteso a svelare il mistero, l’incognita<br />

della vita di lei amareggiata di aver detto a lui no, e fiduciosa<br />

che lui in qualche modo le si annunci e riavvicini (come la<br />

donna per il Tasso nell’Aminta, «Fugge, / e fuggendo vuol che<br />

altri la giunga»). E c’è pure il senso della vita, l’Amore anche<br />

nel disagio e nella sofferenza, la Morte (simile al Sonno, nel<br />

motivo di Wilde), la presa di consapevolezza graduale forse<br />

progressiva verso quel chiarimento di sé, così desiderato.<br />

Qual è la verità, quale l’ospite, esso stesso simbolico, ma<br />

meno allegorico e più vivo rappresentativo di quello del Principe?<br />

Quale il senso di un concludersi, se c’è, e dove? Forse<br />

nel cuore della coscienza, contravvenendo qui al principio di<br />

dire ciò che non è detto nell’opera, e dovrebbe rimanere tale.<br />

Anche il lettore nella sua presa di posizione critica non dovrebbe<br />

rinunciare al senso dell’ indicibile e del mistero, magari<br />

solo fiutando e ipotizzando “soluzioni”, e rinunciando<br />

invece a facili epiloghi di trame svilite, ad effetto. Qui c’è<br />

l’interrogativo della Soglia e della Vita che non va visto in<br />

termini di impazienza e tiene invece un tempo di “pazienza”<br />

e di Attesa (Paul Valéry), una “sapienza” nel tumultuoso labirinto<br />

dell’esistere nostro, che non centra l’obiettivo.<br />

La Soglia (di stati emozionali) come rileva Antonio Martorana<br />

secondo lo strutturalismo di Genette. Anche come passaggio<br />

(Lina Galli, con le sue poesie in Un Volto per sognare)<br />

vorrei dire a un’altra realtà più alta (Biagio Marin, con I canti<br />

de l’Isola e le prose in Gabbiano reale). Non meno così il<br />

Volto delle cose (Rainer Maria Rilke, con in particolare Pont<br />

du Carrousel, e Il cieco) direi, non facilmente decifrabili nella<br />

loro “giusta” immagine, un’idea, più eidòla, un eidolon, un<br />

Volto insomma appropriato nell’ordine delle cose terrene.<br />

Oltre il terreno, l’arte, il sacro (del pensiero speculativo e<br />

scientifico il più attento) non danno misure unicamente<br />

umane e dicibili (in termini materiali), e riservano un’immagine<br />

senza volto (materiale), senza nome, figura “infigurabile”<br />

(Giordano Bruno). Riservano un messaggio con il suo significato<br />

da ravvisare.

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