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LION CLUB PA VESPRI giornalino web - Lions Palermo dei Vespri

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Teatro<br />

Siamo al centro della polemica che opponeva la professione<br />

di democrazia e di illuminismo di Pietro<br />

Chiari e la ragionata riforma della commedia di<br />

Carlo Goldoni con il suo programmato realismo<br />

contro l’altrettanto ostinata difesa della tradizione dell’antilluminista<br />

Carlo Gozzi. Perciò la sua fuga dalla realtà nel<br />

mondo della fantasia e del sogno, fino al livello <strong>dei</strong> racconti<br />

per bambini, le sue Fiabe che vorrebbero con altro spirito<br />

risuscitare pure esse la commedia dell’arte e il teatro delle<br />

maschere. Perciò la leggerezza di L’amore delle tre melarance<br />

o Augellin Belverde, e il populismo consolatorio di I<br />

pitocchi fortunati. Grande fortuna ebbe però il Re Cervo,<br />

ma soprattutto la Turandot (1762), apprezzata all’estero<br />

da Goethe a Schiller, a madame de Staël fino a Wagner,<br />

ma snobbato in Italia. Si spiega l’amore per le sue fiabe da<br />

parte <strong>dei</strong> romantici, se in questa temperie sarebbero nate<br />

le celebri Fiabe del focolare <strong>dei</strong> fratelli Grimm (1812-1822),<br />

un capolavoro di scavo nel folklore. A rendere celebre la<br />

sua opera fu un altro temperamento bizzarro e stravagante,<br />

che cercava situazioni strabilianti, seppure elegiache, talvolta<br />

alla moda come la sorprendente La fanciulla del West<br />

(Metropolitan, 1910). Perciò si fece confezionare da G.<br />

Adami e R. Simoni il libretto dalla fiaba teatrale di Gozzi.<br />

Non ebbe la fortuna di vederla rappresentata, perché un<br />

male inesorabile lo colse a Bruxelles il 1924. L’opera fu ripresa<br />

da Franco Alfano che su suoi appunti la completò<br />

con il duetto e la scena finale e la diede alla Scala il 25<br />

aprile1926, diretta da Toscanini. Giunto al terzo atto dopo<br />

l’aria di Liù Tu che di gel sei cinta, alla battuta «Dormi,<br />

oblia, Liù, poesia!», il maestro depose la bacchetta e disse:<br />

«Qui il maestro è morto» e lasciò la sala. Fu l’aggravarsi del<br />

male ad impedire il compimento dell’opera o l’incapacità<br />

di sciogliere quell’enigma d’amore e di morte? «Penso ora<br />

per ora – scriveva ad Adami - minuto per minuto a Turandot<br />

e tutta la mia musica scritta fino ad ora mi pare una<br />

burletta e non mi piace più».<br />

La scelta della fiaba era sicuramente emblematica dello<br />

stato d’animo di Puccini. Il genere popolare e l’andamento<br />

puerile rientravano in un bisogno di uscire dall’orrore del<br />

reale nel mondo del sogno. Il tema della fanciulla, algida e<br />

cinica, che spiega l’odio per l’uomo in genere con l’offesa<br />

subita dall’ava, «or son mill'anni e mille», «trascinata da<br />

un uomo come te, come te straniero», e l’indovinello punitore<br />

riprendono temi della cultura classica, nonostante<br />

vogliano apparire di impianto favolistico popolare. Basta<br />

per tutti il modello misogino mitico di Artemide cacciatrice<br />

e della sua ipostasi terrena di Ippolito, ma anche<br />

l’odio del re di Persia per le donne ritenute perfide, il loro<br />

La fiaba di Turandot<br />

di Carmelo Fucarino<br />

20<br />

possesso e l’uccisione all’alba (Shahrazād sfugge con l’espediente<br />

delle novelle delle Mille e una notte). Ma la proposta<br />

più celebre è l’indovinello della Sfinge e l’incesto di<br />

Edipo (non poteva mancare l’indovinello che la Sfinge fa a<br />

Harry nel labirinto durante la terza prova in Harry Potter<br />

e il calice di fuoco, vol. IV, della Rowling, centone di tutti<br />

i miti ad uso di giochetti magici). Così la ripresa simbolica<br />

del numero tre (I soluzione, il fantasma notturno o la Speranza,<br />

II, la fiamma o il Sangue, III, il gelo che brucia o la<br />

stessa Turandot), lo spergiuro contro la sua profanazione<br />

sacra, gli adescamenti <strong>dei</strong> gioielli, l’inutile sacrificio di Liù,<br />

la riproposta, ancora in termini erotici, del quarto indovinello<br />

di Calaf o il Mistero fino al disvelamento del suo<br />

nome e all’ipostasi, « Il suo nome è… Amor!».<br />

In effetti la favola era quanto mai di distante potesse esserci<br />

dalla sensibilità, in certo qual modo verista, di Puccini.<br />

Perciò i personaggi sono plasmati e risolti nella più<br />

schietta e complessa umanità, il principe ignoto Calaf -

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