LION CLUB PA VESPRI giornalino web - Lions Palermo dei Vespri
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Una recente notizia di cronaca relativa<br />
alla composizione della giunta comunale<br />
di Roma mi costringe a mettere giù<br />
qualche osservazione necessaria a chiarire<br />
innanzitutto a me stessa un dubbio che da qualche<br />
giorno mi tormenta: ma chi ha ideato, ha<br />
sostenuto e continua a dar credito a ciò che si definisce<br />
con l’orrenda perifrasi linguistica di “quote<br />
rosa”, identificando con questa espressione un intervento<br />
che tuteli l’uguaglianza <strong>dei</strong> diritti del cittadino<br />
riguardo alla differenza di genere? Come se tale<br />
uguaglianza non fosse già autorevolmente sancita,<br />
insieme ad altre di cui<br />
spesso ci si dimentica, dai<br />
Principi fondamentali<br />
della nostra Costituzione.<br />
Tralasciando la cattiva, inveterata<br />
abitudine di associare<br />
alle donne un colore,<br />
il rosa, non sempre a loro<br />
gradito e da qualche<br />
tempo, nella nostra città,<br />
prediletto, forse per motivi<br />
di appartenenza calcistica,<br />
anche da molti rappresentanti<br />
del sesso maschile, mi<br />
fa specie vedere assimilare<br />
le donne a una sorta di categoria<br />
a parte, depositaria<br />
di particolare<br />
attenzione da parte della<br />
Nazione, quasi a risarcimento<br />
di una ingiustizia<br />
sociale perpetrata da secoli. Una categoria protetta,<br />
destinataria di una quota, assegnata per legge, di precedenza<br />
e di “riserva”, a fronte di una situazione iniziale<br />
di svantaggio ( stavo per dire invalidità).<br />
Tutto ciò è per me fortemente offensivo e paradossalmente<br />
gravemente ingiusto.<br />
È offensivo privilegiare per un posto di responsabilità<br />
una donna in quanto donna e non valutarla per<br />
quelle capacità che in ugual misura vengono richieste<br />
a qualunque altro concorrente, senza mortificanti<br />
sconti legati al genere. Ma è ugualmente mortificante<br />
attribuire ancora solo alla donna certe com-<br />
A proposito di donne<br />
di Renata De Simone<br />
Frida Kahlo - Autoritratto<br />
11<br />
Società<br />
petenze, legate alla organizzazione e gestione della<br />
famiglia che di fatto la discriminerebbero e la metterebbero<br />
in una situazione di svantaggio nella carriera<br />
lavorativa.<br />
Se pur questo è vero, non sarebbe più equo ed imparziale<br />
curare maggiormente i problemi della famiglia,<br />
l’assistenza ai figli, specie nella prima<br />
infanzia, come onere da dividere in coppia, piuttosto<br />
che regalare alla donna una “quota rosa” per ricompensarla<br />
dell’abbandono in cui è stata lasciata<br />
nella conduzione familiare e nella cura <strong>dei</strong> figli?<br />
È pur vero che le recenti norme sul diritto di famiglia<br />
tendono a coinvolgere<br />
entrambi i coniugi,<br />
ma di fatto le più pesanti<br />
incombenze familiari<br />
continuano a pesare sulla<br />
donna.<br />
Ancora più incomprensibili<br />
sono poi i commenti<br />
che ho sentito esprimere<br />
da più parti al provvedimento<br />
in questione. Chi<br />
concorda lo fa per in<br />
nome di una illuminata, a<br />
suo avviso, (o forse solo<br />
galante) considerazione<br />
dell’universo femminile,<br />
chi è contrario, e molte<br />
sono donne, ritengono la<br />
categoria “donna” poco<br />
adatta a posti di comando<br />
e di alta professionalità. È<br />
scoraggiante come, nel Terzo Millennio dell’umanità,<br />
non siano ancora caduti i forti pregiudizi che<br />
pesano su una parte consistente e rappresentativa di<br />
essa, che pure ha dato ampie dimostrazioni di sé al<br />
mondo che sembra ancora oggi non ricordarsene.<br />
È il paradosso italiano della par condicio, dell’uguaglianza<br />
fittizia professata a gran voce che sottende<br />
discriminazioni di fatto profondamente<br />
radicate nella nostra cultura, come quella di chi, nel<br />
2011, si prende la briga di proteggere una inesistente<br />
categoria umana identificata dal suggestivo e mistificatorio<br />
colore della rosa.