LION CLUB PA VESPRI giornalino web - Lions Palermo dei Vespri
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Recensioni<br />
Uno scenario inquieto verso la chiarezza<br />
Vi dirò, cari Amici del <strong>Vespri</strong>no, come<br />
in uno scambio di vedute che una<br />
singolare vicenda si snoda ai nostri<br />
occhi attraverso più piani con il romanzo<br />
di Rosa Maria Ponte Nel cuore della<br />
notte. Il merito di questo lavoro (compreso il<br />
bel risultato editoriale attribuibile a “La Zisa”)<br />
va a una scrittura di tipo scenico corale dovuta<br />
a più campi o centri e condotta con tratti di indagine<br />
introspettiva di forte confidenzialità, a<br />
volte da diario inserito nel racconto e da ripercorrimenti di<br />
esperienze estesi o brevi, quasi <strong>dei</strong> flash.<br />
Proprio le esperienze sono la materia diretta presente quanto<br />
rievocata lontana, che guizza nella memoria, ossia nella presa<br />
di coscienza e regìa di un “io” narrante più o meno “responsabile”<br />
<strong>dei</strong> fatti da muoversi complementarmente in terza<br />
persona oltre alla sua (quella degli “altri”). Una coscienza<br />
questa che fluisce vigile, come un flusso che talora sembra<br />
automatico per il gioco delle interruzioni in subitanea alternanza,<br />
da rendere problematica la esplicabilità razionale di<br />
tale vicenda, problematica in sé specie in virtù del taglio narrativo<br />
impresso. Quello di un ritmo cadenzato sui passi di<br />
Wilde, con il gusto della citazione e insistita sempre sulla sua<br />
stessa opera, quello di una tecnica spezzettata tesa sapientemente<br />
alla ricomposizione dell’unitario senso di vivere.<br />
Ecco, la regìa di scrittura porta un impianto strutturale e un<br />
esito stilistico di forte quanto discreto non invadente avvincimento.<br />
Più che mai qui si sente stretto il rapporto autore-lettore,<br />
che quasi si sente medesimo o tutt’uno o solidale con<br />
l’autore, mentre dal canto suo l’autore si dispone con distacco<br />
persino impersonale, fuori da sé nonostante l’appassionamento,<br />
da mettere in scacco chi leggendo crede di risolvere il<br />
nucleo ampiamente disteso, lo spessore di non detto, di incognita<br />
che dà sapore a questa scrittura, a questo romanzo.<br />
Ma è proprio un romanzo?<br />
Si capisce non tradizionale, malgrado le apparenze. Non<br />
porta a una conclusione, non si svolge per passaggi chiarificatori<br />
<strong>dei</strong> vari episodi, non mostra cronologicamente e psicologicamente<br />
l’originarsi delle emozioni, non lega gli stati<br />
d’animo preferendo rompere il meccanismo del prima e del<br />
dopo, e giustapporre i risultati emozionali. Romanzo aperto<br />
invece, ben al di là della trama, romanzo a suo modo come<br />
diagnosi attraverso campionature, pezzi di mosaico che si ricompongono<br />
in un quadro, dove ogni tranche è dell’intera<br />
vita, tranche che cerca di essere colta nella sua interezza, nel<br />
suo senso riposto.<br />
Cari Amici del <strong>Vespri</strong>no, continuando, proprio le emozioni,<br />
come le esperienze, sono la materia che si muove a un certo<br />
punto nel nostro animo, nella misura in cui sappiamo noi intenderle<br />
in questa scrittura. Qui scorre a pause e riprese la<br />
suggestione del Principe felice di Oscar Wilde nel relativo racconto,<br />
appunto spezzettato, della Zia alla piccola Nipote, a<br />
Barbara che apprende l’infelicità e sofferenza del Principe, e<br />
non solo di lui (poi, la malattia e morte della Zia) sull’onda<br />
della Memoria, che non è nostalgia bensì ripercorrimento<br />
di Fabio Russo<br />
52<br />
spesso amaro di esperienze proprie quanto altrui,<br />
o proprie su quelle di altri e con altri, ben<br />
oltre quindi le circostanze sul simbolico-allegorico<br />
del Principe non più felice, semmai sulla<br />
lunghezza d’onda degli stati d’animo volta a<br />
volta delusi, e alla fine mortificatori, nello slancio<br />
d’amore della Rondinella (si spezza il cuore<br />
di piombo di lui, ma non meno quello vivo della<br />
Rondinella, e poi quello di carne di Barbara).<br />
Così ci sono pure i piani rievocativi, una Memoria<br />
come conoscenza, di questa Nipote ormai adulta che cerca<br />
di rintracciare la sua storia non solo su quella della Zia, senza<br />
nome, sul racconto fatto da lei, ma su quella del Principe e<br />
della Rondinella narratale appunto dalla Zia, per cogliere la<br />
propria all’indietro, rivista in vari momenti con il suo compagno<br />
d’un tempo, Giulio, poi lasciato (per volere di lui, anche<br />
per rifiuto da “ripiego” di lei). Piani di Attesa di un punto di<br />
arrivo che non c’è, esplicito. Che c’è, se vogliamo, in una<br />
forma però di segreto. Nel «cuore della notte» giunge improvviso<br />
l’ospite atteso/inatteso a svelare il mistero, l’incognita<br />
della vita di lei amareggiata di aver detto a lui no, e fiduciosa<br />
che lui in qualche modo le si annunci e riavvicini (come la<br />
donna per il Tasso nell’Aminta, «Fugge, / e fuggendo vuol che<br />
altri la giunga»). E c’è pure il senso della vita, l’Amore anche<br />
nel disagio e nella sofferenza, la Morte (simile al Sonno, nel<br />
motivo di Wilde), la presa di consapevolezza graduale forse<br />
progressiva verso quel chiarimento di sé, così desiderato.<br />
Qual è la verità, quale l’ospite, esso stesso simbolico, ma<br />
meno allegorico e più vivo rappresentativo di quello del Principe?<br />
Quale il senso di un concludersi, se c’è, e dove? Forse<br />
nel cuore della coscienza, contravvenendo qui al principio di<br />
dire ciò che non è detto nell’opera, e dovrebbe rimanere tale.<br />
Anche il lettore nella sua presa di posizione critica non dovrebbe<br />
rinunciare al senso dell’ indicibile e del mistero, magari<br />
solo fiutando e ipotizzando “soluzioni”, e rinunciando<br />
invece a facili epiloghi di trame svilite, ad effetto. Qui c’è<br />
l’interrogativo della Soglia e della Vita che non va visto in<br />
termini di impazienza e tiene invece un tempo di “pazienza”<br />
e di Attesa (Paul Valéry), una “sapienza” nel tumultuoso labirinto<br />
dell’esistere nostro, che non centra l’obiettivo.<br />
La Soglia (di stati emozionali) come rileva Antonio Martorana<br />
secondo lo strutturalismo di Genette. Anche come passaggio<br />
(Lina Galli, con le sue poesie in Un Volto per sognare)<br />
vorrei dire a un’altra realtà più alta (Biagio Marin, con I canti<br />
de l’Isola e le prose in Gabbiano reale). Non meno così il<br />
Volto delle cose (Rainer Maria Rilke, con in particolare Pont<br />
du Carrousel, e Il cieco) direi, non facilmente decifrabili nella<br />
loro “giusta” immagine, un’idea, più eidòla, un eidolon, un<br />
Volto insomma appropriato nell’ordine delle cose terrene.<br />
Oltre il terreno, l’arte, il sacro (del pensiero speculativo e<br />
scientifico il più attento) non danno misure unicamente<br />
umane e dicibili (in termini materiali), e riservano un’immagine<br />
senza volto (materiale), senza nome, figura “infigurabile”<br />
(Giordano Bruno). Riservano un messaggio con il suo significato<br />
da ravvisare.