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Prof. Jean Paul Lieggi - Diocesi di Rimini

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Le Antiche Chiese Orientali 9<br />

I.<br />

In Egitto, nella Libia e nella Pentapoli sia mantenuta<br />

l’antica consuetu<strong>di</strong>ne per cui il vescovo <strong>di</strong> Alessandria<br />

abbia autorità su tutte quelle provincie, come è<br />

consuetu<strong>di</strong>ne anche per il vescovo <strong>di</strong> Roma.<br />

Ugualmente ad Antiochia e nelle altre provincie siano<br />

conservati alle chiese i loro privilegi.<br />

(can 6 del concilio <strong>di</strong> Nicea; COD 8-9)<br />

II.<br />

<strong>Prof</strong>essiamo perciò il signore nostro Gesù Cristo, il<br />

Figlio <strong>di</strong> Dio, l’Unigenito, Dio perfetto e uomo<br />

perfetto per anima razionale e corpo, nato dal Padre<br />

prima dei tempi secondo la <strong>di</strong>vinità, e negli ultimi<br />

giorni egli stesso per noi e per la nostra salvezza nato<br />

da Maria Vergine secondo l’umanità, consustanziale al<br />

Padre secondo la <strong>di</strong>vinità e consustanziale con noi<br />

secondo l’umanità. Infatti è avvenuta l’unione <strong>di</strong> due<br />

nature (duvo ga;r fuvsewn e{nwsi").<br />

Perciò professiamo un solo Cristo, un solo Figlio, un<br />

solo Signore. Secondo questo concetto dell’unione<br />

senza confusione, professiamo la santa Vergine Madre<br />

<strong>di</strong> Dio (qeotovkon), perché il Dio Logos si è incarnato e<br />

si è fatto uomo e per questo concepimento ha unito a<br />

sé il tempio che ha assunto da lei.<br />

Quanto alle espressioni che gli evangelisti e gli<br />

apostoli riferiscono al Signore, sappiamo che quegli<br />

uomini che parlavano <strong>di</strong> Dio alcune le hanno<br />

considerate in comune, riferendole all’unico prosopon,<br />

altre invece le hanno <strong>di</strong>vise, riferendole alle due<br />

nature, e ci hanno trasmesso quelle degne <strong>di</strong> Dio<br />

secondo la <strong>di</strong>vinità <strong>di</strong> Cristo e quelle umili secondo la<br />

sua umanità.<br />

(Formula <strong>di</strong> unione del 433)<br />

III.<br />

Dichiarazione comune <strong>di</strong> Giovanni Paolo Il<br />

e del catholicos degli Armeni Karekin I<br />

(Roma, 13 <strong>di</strong>cembre 1996)<br />

Mentre si accingono a concludere il loro solenne<br />

incontro, nella profonda convinzione del suo<br />

significato particolare per la continuità delle relazioni<br />

tra la Chiesa cattolica e la Chiesa apostolica armena,<br />

sua santità papa Giovanni Paolo II, vescovo <strong>di</strong> Roma, e<br />

sua santità Karekin I, patriarca supremo e catholicos <strong>di</strong><br />

tutti gli armeni, rendono umilmente grazie al Signore<br />

e Salvatore Gesù Cristo che ha permesso loro<br />

d’incontrarsi nel suo amore, per pregare insieme, per<br />

un fecondo <strong>di</strong>battito sul loro comune desiderio <strong>di</strong><br />

ricercare una più perfetta unità nello Spirito Santo, e<br />

per uno scambio <strong>di</strong> vedute sul modo secondo il quale le<br />

loro chiese possono dare una più efficace testimonianza<br />

DOCUMENTAZIONE<br />

al Vangelo in un mondo che va verso un nuovo<br />

millennio nella storia della salvezza.<br />

Papa Giovanni Paolo II e il catholicos Karekin I<br />

prendono atto della profonda comunione spirituale che<br />

già li unisce, e unisce i vescovi, il clero e i fedeli delle<br />

loro chiese. Si tratta <strong>di</strong> una comunione con ra<strong>di</strong>ci<br />

profonde nella comune fede nella Trinità santa e<br />

vivificante, fede proclamata dagli apostoli e trasmessa<br />

attraverso i secoli dai tanti padri e dottori della chiesa,<br />

da vescovi, sacerdoti, martiri alla loro sequela. Essi<br />

constatano con gioia che i recenti sviluppi delle<br />

relazioni ecumeniche e le <strong>di</strong>scussioni teologiche,<br />

condotte in spirito <strong>di</strong> amore cristiano e <strong>di</strong> fratellanza,<br />

hanno <strong>di</strong>ssipato molti dei malintesi ere<strong>di</strong>tati dalle<br />

controversie e dai <strong>di</strong>ssensi del passato. Tali <strong>di</strong>aloghi e<br />

incontri hanno preparato una salubre situazione <strong>di</strong><br />

comprensione reciproca e il ristabilimento <strong>di</strong> una più<br />

profonda comunione spirituale basata sulla fede<br />

comune nella santa Trinità, che le due chiese hanno<br />

con<strong>di</strong>viso e con<strong>di</strong>vidono per mezzo del vangelo <strong>di</strong><br />

Cristo e nella santa tra<strong>di</strong>zione della chiesa.<br />

Essi prendono atto con particolare sod<strong>di</strong>sfazione del<br />

grande progresso compiuto dalle loro chiese nella loro<br />

comune ricerca dell’unità in Cristo, il verbo <strong>di</strong> Dio<br />

fatto carne. Dio perfetto nella sua <strong>di</strong>vinità, uomo<br />

perfetto nella sua umanità, la sua <strong>di</strong>vinità è unita alla<br />

sua umanità nella persona dell’unigenito Figlio <strong>di</strong> Dio,<br />

in una unione che è reale, perfetta, senza confusione,<br />

senza alterazione, senza <strong>di</strong>visione, senza forma <strong>di</strong><br />

separazione alcuna. La realtà <strong>di</strong> questa fede comune in<br />

Gesù Cristo e nella stessa successione del ministero<br />

apostolico è stata a volte oscurata o ignorata. Fattori<br />

linguistici, culturali e politici hanno in sommo grado<br />

contribuito all’insorgere <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong>vergenze<br />

teologiche che hanno trovato espressione nella loro<br />

terminologia <strong>di</strong> formulazione delle loro dottrine. Sua<br />

santità papa Giovanni Paolo II e sua santità Karekin I<br />

hanno espresso la ferma convinzione che, in virtù della<br />

comune e fondamentale fede in Dio e in Gesù Cristo, e<br />

quale risultato della presente <strong>di</strong>chiarazione, le<br />

controversie e le deplorevoli <strong>di</strong>visioni a volte derivate<br />

dai mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenti <strong>di</strong> esprimere tale fede, non<br />

dovrebbero più continuare a influire negativamente<br />

sulla vita e la testimonianza della chiesa oggi. Essi<br />

<strong>di</strong>chiarano umilmente davanti a Dio il loro dolore per<br />

queste controversie e <strong>di</strong>ssensi, nella determinazione <strong>di</strong><br />

estirpare dalla mente e dalla memoria delle loro chiese<br />

l’amarezza, le reciproche recriminazioni, e persino<br />

l’o<strong>di</strong>o che si sono manifestati in passato, e che possono<br />

ancora oggi velare le relazioni veramente fraterne e<br />

genuinamente cristiane tra le autorità e i fedeli <strong>di</strong><br />

entrambe le chiese, specie nel modo in cui tali relazioni<br />

sono andate sviluppandosi in tempi recenti.

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