Bologna per mezzo <strong>di</strong> un suo biglietto fatto recapitare al padre, dovette restituire degli indumenti rubati durante le fuga. Fu poi nuovamente ricoverata e dopo la guarigione rinchiusa in carcere per scontare nove giorni <strong>di</strong> punizione. Qualche tempo dopo richiese un libretto <strong>di</strong> servizio per recarsi a lavorare a Bologna nel tentativo <strong>di</strong> “ritornare nella via dell’onestà” ma presto la troviamo a farsi me<strong>di</strong>care dal dott. Sacenti per lesioni al viso prodotte da uno “scal<strong>di</strong>no” lanciatole contro in una bottega. da Maria Magoni che si era lamentata con una vicina <strong>di</strong> non aver nulla da mangiare perché suo marito aveva consumato tutto il suo denaro trattenendosi due giorni a S. Agata con Virginia. dopo ulteriori ricoveri per le stesse malattie, Virginia faceva sapere <strong>di</strong> trovarsi a Firenze, dove era stata abbandonata da un “buon giovane”, che era partito senza avvertirla con un <strong>di</strong>staccamento militare, e dove si nascondeva presso una signora per il timore <strong>di</strong> essere arrestata. Con una pietosa lettera fatta recapitare al delegato <strong>di</strong> Persiceto chiedeva che egli le inviasse, presso un soldato dei Granatieri <strong>di</strong> Sardegna, le sue “carte <strong>di</strong> sicurezza” allo scopo <strong>di</strong> rientrare in paese. Rientrò e qualche anno dopo, nel 1866, ricompare in un elenco <strong>di</strong> meretrici, nel quale <strong>di</strong> lei si <strong>di</strong>ce: “fu puttana, ora ha marito e non ha del tutto smesso”. Enrica Vignoli, detta Bellaparola, per la sua “proclività al malcostume” ottenne ben presto il “libretto” da lei ripetutamente richiesto. Era un’irrequieta, non stava agli or<strong>di</strong>ni, nel gennaio del 1869 era iscritta nell’elenco degli arrestati per la rivolta e le violenze insorte in paese a seguito della tassa sul macinato. Più volte ricoverata al Sifilocomio e nel Ricovero, più volte incarcerata o rimandata in patria con foglio <strong>di</strong> via, nel 1869 rimase incinta e scandalosamente non si faceva scrupolo <strong>di</strong> andare in giro a “portare in trionfo la vergogna della prostituzione”, tanto da procurare l’intervento del Parroco per “togliere l’offesa”. Negli anni successivi, fino al 1879, subì ancora ricoveri, ammonizioni a recedere dalla prostituzione e ad osservare la legge, ed arresti perché trovata a girovagare per le vie principali <strong>di</strong> sera, anche dopo l’Ave Maria, e a provocare schiamazzi ad<strong>di</strong>rittura nella pubblica piazza. Per concludere, esprimo l’opinione che dalle storie e dai fatti fin qui riportati sia possibile ricavare riflessioni e modelli attorno ad un argomento che tuttora ci costringe a confrontarci con la miseria, lo sfruttamento e la tratta delle donne, la prevenzione <strong>di</strong> gravi malattie, la vigilanza sull’or<strong>di</strong>ne pubblico, il contrasto alla delinquenza ed anche, non secondariamente, l’analfabetismo e la pochezza sessuale <strong>di</strong> troppi uomini. Con la speranza 31
32 che tale riflessione possa in<strong>di</strong>rizzare il <strong>di</strong>battito pubblico e le decisioni politiche al superamento degli inefficaci e rovinosi schemi del passato, per progettare interventi capaci <strong>di</strong> frenare l’ignoranza, il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, la violenza e l’abuso senza compromettere la <strong>di</strong>gnità, la sensibilità e la responsabilità personale dei soggetti coinvolti nel fenomeno del sesso a pagamento.