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Rassegna Storica Crevalcorese - Dicembre 2011 - Comune di ...

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cia nel 1831; Tommasini Angelo <strong>di</strong> Bomporto, ma residente a Palata, emigrato<br />

nel 1832. La polizia indagò i comportamenti del parroco accusato della <strong>di</strong>stribuzione<br />

<strong>di</strong> coccarde tricolore dall’altare e della partecipazione alle bande armate<br />

dei rivoltosi. Il Priore Petronio Vecchi affermò che don Achille, scoppiati gli<br />

sconvolgimenti del 31, mentre era rettore a Palata, partì per Bologna da dove<br />

si trasferì a Molinella per pre<strong>di</strong>care tutta la Quaresima e che, all’avvicinarsi degli<br />

Austriaci, si era detto che si fosse unito alle orde dei ribelli <strong>di</strong>rette ad Ancona<br />

e che, <strong>di</strong>sperse queste, fosse emigrato in Francia. Poi non fece ritorno a Palata<br />

fino al Giugno 1832. Dal giorno del suo rientro fino a quello della sua partenza<br />

definitiva dalla parrocchia, cui aveva rinunziato per controversia con i Pepoli,<br />

nulla poteva <strong>di</strong>rsi contro <strong>di</strong> lui.<br />

Nel Maggio 1832 reparti dell’esercito modenese entrarono nel nostro territorio<br />

per eseguire, in unione ad un battaglione <strong>di</strong> cacciatori e Carabinieri pontifici,<br />

operazioni <strong>di</strong> rastrellamento degli insorti.<br />

Alle truppe modenesi in transito per il nostro comune venne concesso, dal<br />

Priore Petronio Vecchi, <strong>di</strong> alloggiare nell’e<strong>di</strong>ficio dell’ospedale.<br />

Una settimana prima, in uno scontro a fuoco avvenuto sulle rive del Panaro,<br />

fra Crevalcore e Camposanto, militari e profughi modenesi si erano dati battaglia,<br />

causando la morte <strong>di</strong> un dragone e il ferimento <strong>di</strong> un profugo, che venne<br />

ricoverato all’osteria San Marco <strong>di</strong> Crevalcore.<br />

L’episo<strong>di</strong>o venne citato su alcuni notiziari dell’epoca con versioni <strong>di</strong>fferenti.<br />

<strong>di</strong> seguito l’articolo riportato il 9 Giugno 1832 sulla modenese Gazzetta dell’Italia<br />

Centrale che criticava in particolare la versione dei fatti fornita dal filo rivoluzionario<br />

Corriere Francese : “Si legge nel Corriere francese del 1° giugno n. 153 . «Un<br />

<strong>di</strong>staccamento <strong>di</strong> Dragoni del Duca <strong>di</strong> Modena viene <strong>di</strong> violare il territorio Pontificio, portandosi<br />

nel <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> Crevalcore per arrestarvi taluni modenesi rifuggiti. Questi, non avendo<br />

alcun mezzo <strong>di</strong> fuggire si sono <strong>di</strong>fesi, ed hanno fatto fuoco <strong>di</strong> fucileria contro tali briganti. Un<br />

maresciallo d’ alloggio è stato ucciso, due dragoni sono stati feriti, e gli altri hanno preso la fuga.<br />

I conta<strong>di</strong>ni hanno perseguitato lungo tempo i dragoni, tra le più alte grida. Uno dei modenesi<br />

ha ricevuto una palla, che 1’ ha passato da parte a parte. Costui ha detto cadendo, che amava<br />

meglio morire, che essere rimesso al potere del Duca ». Oh bella! I soldati onorati <strong>di</strong> un legittimo<br />

Sovrano, stimato da tutte le Corti Europee, i Dragoni Estensi sono dunque briganti agli occhi<br />

del Corriere francese, perchè, fedeli al proprio dovere, sono affezionati al loro Augusto Principe,<br />

fanno rispettare le leggi, e perseguitano i pubblici delinquenti? Or che <strong>di</strong>re d’un tale vilissimo<br />

detrattore, che riguarda per ragione inversa come Eroi i <strong>di</strong>sperati fuorusciti e gli esecran<strong>di</strong> assassini?<br />

Siccome la sfrontata meretrice chiama sempre impu<strong>di</strong>ca la casta ed onesta donna, e il pubblico<br />

ladrone saluta sempre col nome <strong>di</strong> ladro la vittima innocente che a mano armata assalisce<br />

in pubblico cammino per rubarla e spogliarla, così il Corriere francese è in carattere naturale , e<br />

conserva il linguaggio proprio <strong>di</strong> lui, e <strong>di</strong> tutta la infamissima razza dei birbanti.<br />

Noi però poco curandoci dei falsi epiteti, rettificheremo soltanto il fatto, poiché il nostro scopo<br />

è quello <strong>di</strong> far conoscere, che i giornalisti rivoluzionari, ancorché volessero, non sanno <strong>di</strong>re mai<br />

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