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30<br />

Chiuso quel “sillabario dei tempi<br />

tristi” (per dirla con Ilvo Diamanti)<br />

che è stato il duemiladodici, si è<br />

aperto il libro del duemilatredici,<br />

tutto di pagine bianche. Ad oggi,<br />

almeno per quanto riguarda il<br />

nostro Paese, non si sa ancora chi<br />

le scriverà e, soprattutto, che cosa<br />

ci sarà scritto. Non sappiamo,<br />

per esempio, se si tratterà di un<br />

romanzo a lieto fine o se sarà una<br />

raccolta di novelle, ciascuna diversa<br />

dall’altra, dalle quali è difficile<br />

estrarre concetti riferiti ai problemi<br />

reali. O se la narrazione continuerà<br />

>DIALOGO< <strong>L'Azione</strong> 19 gennaio 2<strong>01</strong>3<br />

La tinteggiatura fa discutere<br />

I lavori a S. Biagio presentano una tonalità difforme dall'originale<br />

di AndreA CArAnCini<br />

Di tutti gli scempi che si<br />

sono abbattuti sulla città<br />

di Fabriano in seguito<br />

alla cosiddetta “ricostruzione”<br />

del post-terremoto, quello<br />

della storica chiesa di S. Biagio è sicuramente<br />

uno dei più appariscenti.<br />

Ecco cosa scrisse a suo tempo su S.<br />

Biagio il Molajoli nella sua famosa<br />

guida: “L’interno è il migliore esempio<br />

di tarda architettura barocca che<br />

si abbia a Fabriano: non manca di<br />

eleganza nella garbata varietà degli<br />

effetti pittorici e scenografici ricavati<br />

dalla struttura per se stessa più<br />

che dalla sobria ornamentazione di<br />

stucchi”. Bene, questa descrizione<br />

parla di una chiesa che non c’è più,<br />

di un equilibrio stilistico totalmente<br />

stravolto e compromesso dagli ultimi<br />

interventi di “restauro”.<br />

Sto parlando delle nuove tinteggiature<br />

che sono state apposte al soffitto<br />

e alle pareti. Coloro che conoscono<br />

la chiesa quale si presentava da<br />

diversi decenni ricorderanno sicuramente<br />

che le tinteggiature risalenti<br />

a <strong>prima</strong> del 1997 erano color<br />

“avana”: non erano originali ma si<br />

armonizzavano con discrezione alle<br />

imponenti pitture<br />

barocche del coro,<br />

che costituiscono il<br />

fulcro estetico della<br />

chiesa. Adesso<br />

lo scenario che si<br />

presenta al malcapitato<br />

visitatore è il<br />

seguente: il soffitto<br />

è stato ridipinto con<br />

una tonalità di un<br />

celestino chiarissimo,<br />

che nelle intenzioni<br />

dei tecnici<br />

(!) vorrebbe eviden-<br />

Interno<br />

della chiesa<br />

di S. Biagio<br />

Dubbi e speranze<br />

per il nuovo anno<br />

Nella notte di San Silvestro, Washington<br />

ricordava paurosamente<br />

Roma centro: nella mia mente come<br />

in un incubo, di quelli in cui un luogo<br />

familiare a mo’ di simulazione al<br />

computer si trasforma, senza motivo,<br />

in un altro, Pennsylvania Avenue<br />

(quella che va dal Capitol alla Casa<br />

Bianca) diventava via del Corso e<br />

lo Washington Monument (l’obelisco<br />

al centro del grande prato) si<br />

scioglieva in quello più piccolo e<br />

ornato di piazza Colonna. Motivo<br />

di quest’allucinazione transoceanica<br />

notturna, ahimè non è stato né<br />

un cenone troppo abbondante, né<br />

qualche brindisi di troppo (all’uno e<br />

agli altri, devo dire, sono abbastanza<br />

abituato). Molto più difficile da digerire,<br />

per me che dell’America da<br />

anni vado tessendo le lodi, è stato<br />

lo squallido teatrino di repubblicani<br />

e democratici che aspettano la sera<br />

dell’ultimo dell’anno per mettersi<br />

d’accordo su una cosa importante<br />

come il fiscal cliff (il precipizio<br />

fiscale). In soldoni (anzi in soldi!)<br />

si trattava degli aggiustamenti alle<br />

tasse e alla spesa pubblica che per<br />

legge dovevano essere fatti entro il<br />

31 dicembre, appunto, per evitare<br />

a essere costretta a indugiare su<br />

vicende nere di corruzione spesso<br />

impunite, di appropriazioni illegali<br />

di denaro pubblico, di sfacciata evasione<br />

fiscale. O, ancora, se saremo<br />

ancora costretti a meditare sull’impermeabilità<br />

del variegato mondo<br />

delle corporazioni a ogni tentativo<br />

di riforma. O se, infine, concetti<br />

come “equità”, “sicurezza sociale”,<br />

“crescita”, debbano continuare a essere<br />

considerati, in buona sostanza,<br />

illustrazioni fuori testo in un libro<br />

che parla d’altro. Non siamo “apolitici”,<br />

né pratichiamo l’ipocrisia di<br />

Precipizio fiscale,<br />

ogni mondo è paese<br />

che alla scadenza degli sgravi varati<br />

da Bush si aggiungessero i tagli,<br />

inevitabili in tempi di crisi come<br />

questi, spingendo in un colpo solo<br />

l’America delle famiglie e della<br />

classe media ancora più in basso<br />

nella china, più ripida e scivolosa<br />

del previsto, della recessione.<br />

Come in quei film degli anni ’50 in<br />

cui due ragazzotti a bordo di macchine<br />

scassate si lanciano verso un<br />

precipizio (vero) giocando a chi si<br />

butta più tardi per dimostrare il proprio<br />

coraggio, gli esponenti dei due<br />

schieramenti hanno fatto il muso<br />

duro fino all’ultimo, rischiando di<br />

caderci tutti nel precipizio, insieme<br />

ai risparmi, i servizi, le pensioni,<br />

i sussidi di disoccupazione di<br />

milioni di americani (compreso<br />

chi scrive), i quali di tutto hanno<br />

bisogno – o voglia - tranne che di<br />

gare di coraggio politico. Il bello<br />

(anzi il brutto) è che la scadenza era<br />

nota a tutti, da un anno e mezzo,<br />

da quando nell’estate del 2<strong>01</strong>1 lo<br />

stato federale era arrivato a un passo<br />

dalla bancarotta - sempre per il<br />

muro contro muro partitico sul tetto<br />

del debito pubblico – problema<br />

che tra due mesi si ripresenterà,<br />

temente replicare il famoso “color<br />

dell’aria” che veniva spesso apposto<br />

sui palazzi romani del 1700. La parete<br />

di sinistra è stata ridipinta con<br />

un celestino più scuro, steso a campiture<br />

uniformi. La parete di destra,<br />

invece, presenta come tonalità di<br />

definirci tali; abbiamo i nostri principi<br />

e le nostre idee, che intendiamo<br />

tradurre nelle nostre scelte elettorali;<br />

ma vorremmo anche, qualunque<br />

sia il colore del prossimo governo,<br />

non essere obbligati a rileggere le<br />

stesse vicende che abbiamo letto,<br />

con amarezza e preoccupazione, nel<br />

libro del duemiladodici; o, quanto<br />

meno, poterne leggerne qualcuna<br />

un po’ più confortante. Magari si<br />

osserverà che, a leggerlo tutto, il libro<br />

del duemiladodici non è poi così<br />

negativo; e questo è vero, soprattutto<br />

se si confrontano le ultime pagine<br />

con le prime. Magari si dirà che più<br />

di quanto è stato fatto non si poteva<br />

fare e che il nostro libro del nuovo<br />

anno è soltanto un libro dei sogni;<br />

e certo, così come stanno le cose,<br />

non è un’osservazione infondata.<br />

Ma il sogno può diventare qualcosa<br />

di meno evanescente se, a scrivere<br />

questo libro, ci mettiamo un po’ tutti<br />

tale e quale, visto che nell’accordo<br />

in extremis di capodanno l’unica<br />

cosa su cui un accordo si è trovato<br />

e stato aumentare le tasse (neanche<br />

di tanto, in realtà, meno del 5%) a<br />

chi guadagna più di 400,000 dollari<br />

l’anno. E c’è da scommettere che,<br />

anche in quel caso, questi James<br />

Dean riesumati (Repubblicani o<br />

Democratici che siano) aspetteranno<br />

l’ultima ora dell’ultimo giorno<br />

utile per guadagnare chissà quali<br />

consensi da chissà quali elettori.<br />

Il tutto mentre in Italia si svolgerà<br />

una delle elezioni politiche più<br />

demenziali della nostra storia Repubblicana:<br />

e come sono lesti ora i<br />

James Dean nostrani, nel comporre<br />

le liste con un sistema che nessuno<br />

a parole voleva più e che invece<br />

tutti, in pratica hanno contribuito,<br />

cincischiando per un anno intero, a<br />

mantenere. E’ triste, cari concittadini,<br />

guardare la politica di entrambe<br />

le nazioni che chiamo casa, e vedere<br />

lo stesso schifo.<br />

Dopo una laurea in scienze politiche,<br />

un master in giornalismo e 15<br />

anni di reportage e corrispondenze<br />

l’unica che riesco a dire è “…<br />

andassero tutti a casa, sti buffoni!”<br />

… ah, dimenticavo, in Italia ormai<br />

non si può dire più nemmeno questo<br />

senza essere schedati: dopo il tifo<br />

per la nazionale di calcio, la politica<br />

è riuscita anche ad appropriarsi del<br />

caro, vecchio e più che mai attuale,<br />

qualunquismo da bar.<br />

Stefano Salimbeni<br />

base il medesimo celestino della parete<br />

di sinistra, solo accompagnato<br />

da strane marezzature “nero fumo”,<br />

il cui scopo mi è ignoto. E’ forse un<br />

(maldestro) tentativo di “antichizzazione”<br />

del celestino suddetto? In<br />

ogni caso, l’effetto per l’integrità<br />

estetica della chiesa<br />

è devastante. E’<br />

chiaro che non di<br />

restauro si tratta,<br />

ma di gratuito e arbitrariorifacimento,<br />

doppiamente<br />

ingiustificabile in<br />

quanto sulla parete<br />

di destra è stata a<br />

suo tempo – e per<br />

breve tempo - visibile<br />

una “prova di<br />

colore” che aveva<br />

fatto intravedere<br />

quale fosse la tinteggiatura<br />

originale<br />

della chiesa, ben<br />

noi, e non solo quelli che ne hanno<br />

la responsabilità principale.<br />

Per esempio, e fuor di metafora,<br />

cercando di uscire dallo steccato dei<br />

nostri particolarismi e sforzandoci,<br />

senza sbavature retoriche, di sentirci<br />

appartenenti a una comune realtà.<br />

Per esempio, evitando di gabellare<br />

come democrazia il diritto di<br />

fare il proprio sporco comodo, o<br />

di concepire il denaro pubblico<br />

come proprietà privata di chi deve<br />

amministrarlo, o di spacciare bassi<br />

interessi per alti e sublimi ideali.<br />

E, anche, lasciando stare l’idea<br />

che lo sviluppo si possa creare per<br />

decreti e per provvidenze e non,<br />

anche, come risultato complessivo<br />

dell’impegno responsabile di ciascuno<br />

a far bene la sua parte. Nei<br />

difficili mesi dell’anno passato,<br />

abbiamo cercato di scaricare la<br />

causa dei nostri mali su una vasta<br />

gamma di capri espiatori: la Ger-<br />

diversa da quella ormai “storica”,<br />

ma ancor più da quella attuale,<br />

in quanto di una delicata tonalità<br />

dorata. Per completare lo scempio,<br />

le colonne sono state tinteggiate di<br />

bianco, a coprire una più antica tonalità<br />

di grigio, che era sicuramente<br />

più efficace e discreta dell’attuale.<br />

Attorno all’altare, infine, sono state<br />

riportate alla luce delle decorazioni<br />

floreali che fanno letteralmente a<br />

pugni con le pitture barocche cui<br />

dovrebbero accompagnarsi. La<br />

domanda è: con quale diritto questi<br />

presunti “esperti” hanno effettuato<br />

un intervento di tale pesantezza? Mi<br />

è stato detto che queste tinteggiature<br />

sono state apposte su indicazione<br />

di tecnici diversi, in assenza di un<br />

progetto unitario. Come è stato<br />

possibile?<br />

Tutto questo merita sicuramente<br />

un’ispezione, quantomeno della<br />

Regione, ma direi soprattutto del<br />

Ministero.<br />

mania, l’Europa, l’euro, i poteri<br />

forti, la spietatezza dei mercati.<br />

Tutto ciò, certo, non senza molte e<br />

fondate ragioni; non è, infatti, che<br />

non ci siano pagliuzze, o paglioni,<br />

negli occhi dei nostri critici, ma<br />

cerchiamo pure di guardare la trave<br />

che è nel nostro; per esempio, i<br />

decenni di sprechi incontrollati, di<br />

abusi vestiti da diritti, di privilegi<br />

sfacciati, accettati passivamente,<br />

se non collusivamente: tutta roba<br />

di cui oggi paghiamo il conto tutti,<br />

ma soprattutto quelli che meno ne<br />

hanno tratto vantaggio. E allora, un<br />

po’ di esame di coscienza, anche<br />

nei nostri modesti comportamenti<br />

quotidiani, può essere un piccolo<br />

contributo ad allontanare il rischio,<br />

ormai reale, di un’irreparabile decadenza<br />

e per scrivere il libro del<br />

duemilatredici con i rosei caratteri<br />

della speranza.<br />

Mario Bartocci<br />

Oggi i corsi d'acqua<br />

non si tombano più<br />

Caro direttore, tramite lei, vorrei consigliare all’autore della foto a pag.<br />

6 del numero de L’Azione di qualche settimana fa di modificare la quantità<br />

d’acqua che si vorrebbe far passare sotto il ponte all’inizio di piazza<br />

Garibaldi. Se dovesse passarci la quantità d’acqua in essa indicata, via<br />

Cialdini verrebbe allagata proprio all’incrocio di via Filzi. Ormai a Fabriano<br />

si è diventati tutti interessati allo scoprimento del “fiumiciattolo” Giano.<br />

Tale si è ridotto con il progredire della richiesta di acqua per le moderne<br />

necessità. Quanti ricordano i motivi della tombatura del fiume? Allora si<br />

parlava di motivi igienici. Oggi i fiumi non si tombano più, si costringono<br />

a fluire in argini sempre più stretti. Non sto a ricordare le portate estive<br />

ed invernali del Giano, gli esperti le conoscono (spero). Vorrei solo citare<br />

un verso del Pascarella da “La scoperta dell’America”: “il foco, se te ce<br />

sforzi, con le pompe ce ‘rivi tu a smorzallo, ma l’acqua, dimme ‘n po’,<br />

con che la smorzi?”. Cementifichiamo, tombiamo, regimentiamo, poi non<br />

lamentiamoci delle “disgrazie naturali”. La saggezza degli antichi diceva:<br />

“inutile piangere<br />

sul latte versato”.<br />

Sono del parere di<br />

controllare, scoprendolo,<br />

lo stato<br />

del suo letto. Il<br />

resto lo lascio agli<br />

esperti ed ai posteri.Scommettiamo<br />

però che dopo<br />

averlo “scoperchiato”,<br />

dovranno<br />

ricoprirlo perché<br />

emanerà cattivi<br />

odori?<br />

Francesco Frigio<br />

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