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marzo-aprile 2010 - Fnsi

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28a<br />

Roma per protestare,<br />

<strong>2010</strong>. Ancora una<br />

volta giornalisti in piazza<br />

28<strong>aprile</strong><br />

frenare e contrastare la corsa al voto<br />

parlamentare sul ddl Alfano che tradisce<br />

la voglia di censura e di bavagli<br />

da parte del Governo e del sistema<br />

dei poteri dietro il pretesto di<br />

combattere gli abusi dei tam-tam<br />

sulle intercettazioni telefoniche.<br />

In piazza Navona, ma “anche<br />

nelle piazze delle redazioni”, come<br />

ha assicurato il segretario della<br />

FNSI, Franco Siddi, la reazione è<br />

stata dura e, stavolta, persino spalleggiata<br />

dagli editori. Se il disegno di<br />

legge di centro-destra, passato alla<br />

Camera nel giugno dello scorso anno,<br />

come quello (Mastella) di centrosinistra<br />

della scorsa legislatura,<br />

vietavano ai cronisti di pubblicare<br />

quasi tutto delle inchieste giudiziarie,<br />

al giro di boa in commissione<br />

giustizia al Senato si vieta tutto, si<br />

impone il silenzio totale di ogni notizia<br />

fino al processo pubblico; e con<br />

l’andazzo dei tribunali di oggi fino a<br />

due o tre anni dopo il fatto. E la cronaca<br />

in differita non è più cronaca.<br />

Peraltro, il ddl, inasprito dal carico<br />

dei nuovi emendamenti persecutori,<br />

va giù pesante contro il mestiere<br />

del cronista, e non risparmia<br />

gli editori che rischiano sanzioni per<br />

centinaia di migliaia di euro; sanzione<br />

che possono ammazzare le piccole<br />

testate.<br />

Quel giorno di fine <strong>aprile</strong>, l’incontro<br />

FNSI, UNCI, FIEG con il<br />

presidente del Senato, Renato Schifani<br />

ha prodotto soltanto la speranza<br />

dei tempi lunghi caratteristici dei<br />

nostri rissosi parlamentari. Non a<br />

caso il presidente dell’Unione cronisti<br />

italiani, Guido Columba, confida<br />

che il seme della ragionevolezza possa<br />

emergere dal gioco contrapposto<br />

maggioranza/opposizione. Comunque,<br />

il clima politico generale non<br />

promette nulla di buono, E i giornalisti<br />

sono pronti a tutto, garantisce il<br />

presidente della FNSI, Roberto Natale:<br />

scioperi, disobbedienza civile e<br />

professionale, ricorso alla Corte europea<br />

dei diritti dell’uomo a Strasburgo.<br />

Da qualche anno ormai, con il<br />

vento in poppa della rivoluzione<br />

’10<br />

IN PIAZZA A ROMA CONTRO LA POLITICA<br />

DEL BAVAGLIO ALLA STAMPA<br />

INTImIdIrE I GIOrNAlI<br />

PEr AbOlIrE lA crONAcA<br />

elettronica, il sistema dei poteri<br />

aspira a sbarazzarsi della mediazione<br />

giornalistica e a tarpare le ali ad<br />

ogni palpito di critica, sale e pepe di<br />

ogni modello di informazione in un<br />

Paese democratico. In sintonia con<br />

questo obiettivo, un disegno di legge,<br />

che avrebbe dovuto ridimensionare<br />

gli eccessi di intercettazioni telefoniche<br />

(nel 2007 125mila costate<br />

224 milioni di ero), scoraggiare il<br />

gossip sulla pelle degli altri, si è trasformato<br />

in un giro di vite sulle indagini<br />

e sulle notizie. Commenta il<br />

sen. Felice Casson, uno dei pochissimi<br />

parlamentari (per la verità assieme<br />

a Di Pietro), coerente oggi come<br />

ieri sulla necessità della resistenza, e<br />

assolutamente contrario a una svolta<br />

così radicale: “l’intento è di mettere<br />

le manette a polizia e magistrati<br />

che indagano, e di imbavagliare la<br />

stampa”:<br />

Quando scattò la censura fascista,<br />

la prima vittima fu la cronaca.<br />

Mussolini in persona ridusse le pagine<br />

dei giornali e ordinò la smobilitazione<br />

della nera, niente più notizie<br />

su fatti e misfatti della politica e della<br />

società. Oggi lo scopo non è diverso<br />

anche se si ricorre a un metodo<br />

più raffinato, l’intimidazione. Non<br />

centra nulla il pettegolezzo sulle intercettazioni,<br />

quando si pretende di<br />

rinviare sine die la pubblicazione<br />

degli atti giudiziari (divieto assoluto<br />

persino per riassunto) già conosciuti<br />

dalle parti in causa, e quindi non più<br />

segreti, e si minacciano da 4 a 6 anni<br />

di carcere e onerose sanzioni pecuniarie<br />

ai cronisti che esercitano il<br />

loro diritto/dovere di informare. Un<br />

diritto che coincide con quelle dei<br />

cittadini di conoscere le malefatte e<br />

di essere compiutamente informati.<br />

Se queste norme fossero state già<br />

vigenti, il black-out sarebbe calato<br />

su fatti delittuosi che hanno impres-<br />

5<br />

maggiogiugno<br />

Il GIOrNAlISTA | mAGGIO | GIuGNO | <strong>2010</strong><br />

sionato enormemente l’opinione<br />

pubblica: le vicende sulla clinica di<br />

S. Rita a Milano, le risate di due imprenditori<br />

alla notizia del terremoto<br />

all’Aquila. Il bacio in fronte del<br />

banchiere Fiorani a Fazio, la concussione<br />

di un giudice tributari e di<br />

un suo consulente per aggiustare<br />

una sentenza su controversie fiscali,<br />

le tangenti sulla sanità in Puglia, le<br />

torbide vicende del campionato di<br />

calcio.<br />

Ma cosa prevede il ddl? Si potrà<br />

intercettare in presenza di “gravi<br />

indizi di reato”, cioè come la legge<br />

attuale, ma le intercettazioni dovranno<br />

essere “assolutamente indispensabili”<br />

per la prosecuzione delle<br />

indagini. Per i reati di mafia e terrorismo<br />

basteranno, invece, “sufficienti<br />

indizi di reato”. Al magistrato<br />

è fatto divieto di rilasciare “pubblicamente<br />

dichiarazioni”, ed è impedita<br />

la pubblicazione sui giornali di<br />

nomi e foto dei magistrati inquirenti.<br />

Chi pubblica gli atti proibiti del<br />

procedimento, rischia l’arresto fino<br />

a 2 mesi e l’ammenda dai 2 ai<br />

10mila euro. In caso di intercettazioni,<br />

la condanna è più severa: carcere<br />

fino a 2 mesi e ammenda da 4<br />

a 20mila euro; per gli atti secretati<br />

la condanna arriva fino ai 6 anni.<br />

Oltre all’arresto fino a 2 mesi, i cronisti<br />

rischiano il carcere fino a 4 anni<br />

se registrano conversazioni senza<br />

avvertire l’interessato e fino a 6 anni<br />

se si rendono “complici”. Qualora<br />

il disegno di legge fosse approvato<br />

così come è dal Parlamento, varranno<br />

i divieti di pubblicazione, sia<br />

pure per stralci e riassunti, anche<br />

per i procedimenti in corso.<br />

Pietra tombale sulla cronaca<br />

giudiziaria, se l’opinione pubblica<br />

finisce per accettare l’ineluttabile<br />

per quieto vivere.<br />

| ROMANO | BARTOLONI |

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