Daniela Sacco, Pensiero in azione. Bertolt Brecht ... - Engramma
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LA CREAZIONE DEL FRAMMENTO<br />
Kafka Fragments di Peter Sellars<br />
<strong>Daniela</strong> <strong>Sacco</strong><br />
Qe 03• <strong>Pensiero</strong> <strong>in</strong> <strong>azione</strong><br />
Personalità eclettica, Peter Sellars spazia dalle produzioni <strong>in</strong>ternazionali del teatro lirico, il<br />
teatro musicale, e dal teatro di prosa all’anim<strong>azione</strong> teatrale <strong>in</strong> situazioni marg<strong>in</strong>ali, socialmente<br />
problematiche; si confronta spesso con i classici, la tragedia greca ma non solo, e fa liberamente<br />
uso dei nuovi media. Storicamente viene poco dopo la speriment<strong>azione</strong> avanguardistica di<br />
Robert Wilson, ed avendo com<strong>in</strong>ciato a lavorare dagli anni ’80 si colloca artisticamente a pieno<br />
titolo negli anni ’90 f<strong>in</strong>o ad oggi. È dagli anni ’90 che nel teatro si regista la tendenza a tornare<br />
al testo dopo l’elabor<strong>azione</strong> dell’esperienza della ‘drammaturgia visiva’ che ha avuto la<br />
massima diffusione tra gli anni ’70 e ’80. Secondo Valent<strong>in</strong>a Valent<strong>in</strong>i, la seconda ondata di<br />
artisti americani – che comprende per fare qualche esempio: John Jesurun, Robert Lepage, il<br />
Wooster Group – prende le distanze dalla precedente per effetto di una re<strong>azione</strong>, generalizzata<br />
negli Stati Uniti, “al conformismo degli anni Ottanta dell’arte e della cultura, al c<strong>in</strong>ismo e<br />
yuppismo post-avanguardistico che a sua volta nasceva dal rifiuto dell’impegno totale della<br />
gener<strong>azione</strong> degli artisti della neo-avanguardia” (VALENTINI 1999, p. 63).<br />
In sostanza si tratta come ha osservato anche Bonnie Marranca di un rifiuto di un certo<br />
formalismo disimpegnato, e <strong>in</strong> qualche modo di un ritorno, per quanto diverso, all’impegno<br />
politico che aveva caratterizzato le neo-avanguardie degli anni ’60 e ‘70. E <strong>in</strong>fatti Peter Sellars,<br />
alla domanda sulla sua posizione rispetto al nuovo teatro americano risponde di aver visto<br />
E<strong>in</strong>ste<strong>in</strong> on the Beach c<strong>in</strong>que volte, di ammirare la grandezza di Wilson ma di non apprezzare<br />
troppo il suo formalismo che manca, a suo giudizio, di “presenza morale” (Sellars <strong>in</strong> POMARICO<br />
[1997] 1999, p. 80).<br />
Di fatto Wilson e Sellars si collocano ai due poli che danno forma al mythos, come li ha<br />
<strong>in</strong>dividuati Aristotele nella Poetica <strong>in</strong> riferimento alla tragedia: la mimesis praxeos (l’imit<strong>azione</strong><br />
delle azioni) e l’opsis (la visione). Wilson <strong>in</strong> occasione di un’<strong>in</strong>tervista, alla domanda<br />
sull’afferm<strong>azione</strong> di un giudizio morale su Stal<strong>in</strong>, relativamente all’opera The Life and Time of<br />
Joseph Stal<strong>in</strong> risponde appellandosi alla sospensione del giudizio, evidentemente al di là del<br />
bene e del male: “No. Guarda Ivan il terribile di Ejzenštejn. Non ti vien fatto di dire quanto è<br />
malvagio. Lo è e basta. Tutto diventa scenico e non giudichi più, guardi e basta” (Wilson <strong>in</strong><br />
ADNAN 1976, p. 20). Questo è il regime della pura visibilità, dell’opsis, dove si annulla il<br />
giudizio per far emergere la crudezza della cosa <strong>in</strong> sé. Sellars di contro non vuole annullare il<br />
giudizio e quanto <strong>in</strong>tende mettere <strong>in</strong> scena sono storie, o non storie, che hanno la capacità di<br />
comunicare un senso morale. Entrambi sono americani ed entrambi rivendicano <strong>in</strong>fluenze<br />
comuni nella loro form<strong>azione</strong>, a partire da Gertrude Ste<strong>in</strong> a cui Wilson si è esplicitamente<br />
ricondotto, e con cui Sellars condivide la città d’orig<strong>in</strong>e, Pittsburgh <strong>in</strong> Pennsylvania e ha<br />
condiviso la casa parig<strong>in</strong>a, nella quale il regista diciottenne ha trovato ospitalità.<br />
Quello di Sellars è un teatro politico; il teatro è “un dialogo con il testo e fra gli attori, è una<br />
convers<strong>azione</strong> sempre aperta tra persone che collaborano” (Sellars <strong>in</strong> POMARICO [1997] 1999,<br />
p. 79). Il teatro di cui vuole essere portavoce “è cambiamento” e <strong>in</strong> questo segue la via aperta da<br />
<strong>Brecht</strong> che con Mejerchol’d è tra i pr<strong>in</strong>cipali riferimenti nella sua form<strong>azione</strong>. Sellars <strong>in</strong><br />
particolare, anche rispetto a Wilson, rivendica cont<strong>in</strong>uamente le sue orig<strong>in</strong>i americane, la sua<br />
nazionalità, e questo proprio perché il suo teatro è connotato politicamente. Il contesto <strong>in</strong> cui si<br />
fa teatro è un aspetto impresc<strong>in</strong>dibile per il regista statunitense, dovendo essere un luogo di<br />
confronto e condivisione è fondamentale <strong>in</strong> esso “dare forma a una esperienza comune” (Sellars<br />
<strong>in</strong> MARRANCA [2004] 2006, p. 149) e questo può avvenire solo sulla base di una<br />
consapevolezza profonda del contesto <strong>in</strong> cui si agisce. Sellars lavora con artisti americani e crea<br />
negli Stati Uniti le sue produzioni nella conv<strong>in</strong>zione che il teatro debba “fondare le sue radici<br />
sulla sua <strong>in</strong>fanzia, sul suo futuro condiviso, sul suo passato <strong>in</strong> comune”. Porta nel mondo le sue<br />
opere consapevole del filtro culturale americano che propone alle altre culture ed è cosciente di<br />
metterlo cont<strong>in</strong>uamente <strong>in</strong> discussione. Il teatro richiede la comunic<strong>azione</strong> e il dialogo perché<br />
“riporta sempre alla questione della democrazia”. Questo aspetto è centrale nella poetica di<br />
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