LE ANGIOSPERME (Magnoliophyta1)
LE ANGIOSPERME (Magnoliophyta1)
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Seguendo il filo dell’evoluzione – 7: Da erba a albero e ritorno.<br />
Le prime piante terrestri furono erbe. La pressione selettiva portò successivamente nelle<br />
pteridofite all’evoluzione della forma arborea (con relativo accrescimento secondario), che<br />
garantiva una migliore dispersione delle spore e consentiva di sfuggire all’ombreggiamento<br />
delle altre piante.<br />
Anche le prime spermatofite o piante a seme furono alberi (pteridosperme) e arrivarono ad<br />
imporsi sulle contemporanee pteridofite arboree grazie alla maggiore efficienza dei processi<br />
riproduttivi legati alla comparsa dell’ovulo e del tubetto pollinico. Forme arboree di pteridofite<br />
(soprattutto licopodi) e in minor misura di gimnosperme dominarono la vegetazione del<br />
Carbonifero e della prima parte del Mesozoico (fino al Giurassico).<br />
Nelle gimnosperme, che sono le spermatofite meno evolute, il legno secondario è di tipo<br />
omoxilo, formato cioè da elementi (tracheidi) a lume relativamente sottile che svolgono<br />
funzioni sia di conduzione che di sostegno. Questa doppia funzionalità delle tracheidi va però<br />
a scapito dell’efficienza nella conduzione e questo è uno dei motivi dell’aspetto più o meno<br />
xerofilo comune praticamente a tutte le gimnosperme. Molto più efficiente e versatile si rivelerà<br />
il legno eteroxilo delle angiosperme, dove i compiti di conduzione e di sostegno sono distribuiti<br />
tra i vari elementi costituenti (fibre, fibrotracheidi, tracheidi, trachee). Per la conduzione si<br />
dimostrano particolarmente efficaci le trachee, a lume ampio e prive di pareti trasversali.<br />
Bisogna tenere presente che il volume di liquido condotto aumenta con la quarta potenza del<br />
raggio del conduttore, il che significa che anche un piccolo aumento del lume cellulare degli<br />
elementi conduttori del legno porta ad un enorme aumento del volume di acqua trasportato:<br />
raddoppiando il raggio, il flusso si moltiplica per 16 volte; quadruplicando il raggio, per 256<br />
volte. Questa efficienza di conduzione del legno eteroxilo rispetto al legno omoxilo è uno degli<br />
elementi che contribuirà all’affermazione delle angiosperme sulla terra.<br />
Probabilmente, anche le prime angiosperme furono arboree, anche se secondo alcuni<br />
paleobotanici la maggior parte delle linee filetiche delle antiche angiosperme comprendono sia<br />
specie erbacee che legnose. Con una certa approssimazione si può dire che fino alla loro<br />
comparsa il cammino dell’evoluzione delle piante terrestri sia andato costantemente nella<br />
direzione di una sempre maggiore altezza e longevità dei singoli individui. È nell’ambito delle<br />
angiosperme che la tendenza cambia e si assiste ad un ritorno secondario verso l’abito<br />
erbaceo e addirittura verso le piante a ciclo di vita annuale.<br />
Piccolo è bello: i vantaggi dell’abito erbaceo e del ciclo vitale breve.<br />
Che una pianta alta e longeva possa avere dei vantaggi rispetto a una pianta erbacea è<br />
intuitivo: ogni anno vincendo la concorrenza delle piante più basse manda più lontano i suoi<br />
elementi di propagazione (spore nelle pteridofite, semi nelle spermatofite) a colonizzare nuovi<br />
spazi; inoltre riesce a intercettare la luce a discapito di chi rimane negli strati inferiori<br />
ombreggiati.<br />
Più difficile è capire perché a un certo punto si sia rivelato vantaggioso il ritorno alle piccole<br />
dimensioni legate a un ciclo di vita breve. Eppure bisogna considerare che:<br />
- un albero impiega anni a raggiungere l’età riproduttiva. In tutto questo tempo non produce<br />
nuovi individui, cioè nuove combinazioni geniche che possano essere sperimentati<br />
dall’evoluzione. E ci sono molte possibilità che muoia prima di arrivare all’età riproduttiva e alle<br />
dimensioni definitive. Una pianta erbacea invece comincia a produrre semi fin dal primo anno,<br />
o dopo soli pochi anni di vita vegetativa.<br />
- anche quando è adulto e produce semi ogni anno, un albero dà una progenie che deriva<br />
sempre dallo stesso materiale genetico di partenza (lo sporofito genitore), quindi con ridotte<br />
possibilità di variazioni rispetto a questo e agli individui “fratelli”. In una pianta erbacea a ciclo<br />
breve, dopo qualche anno di produzione di semi (un solo anno nel caso estremo delle<br />
annuali), la pianta muore e viene sostituita da discendenti che hanno patrimonio genetico<br />
variato. Le generazioni si susseguono quindi molto più velocemente, con una possibilità<br />
enormemente più grande di comparsa di nuovi caratteri e in definitiva di evoluzione di nuove<br />
forme che si possono rivelare più adatte all’ambiente o a colonizzarne di nuovi.<br />
Se dunque la longevità è un vantaggio per il singolo individuo, non lo è ai fini<br />
dell’evoluzione della specie (o più in generale del gruppo) di cui quell’individuo fa parte. Ecco