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LE ANGIOSPERME (Magnoliophyta1)

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allontanano dalla pianta madre semplicemente grazie all'azione della forza di gravità (specie barocore).<br />

Spesso più strategie di dispersione sono presenti contemporaneamente nei frutti o semi di una stessa<br />

specie.<br />

La propagazione vegetativa spontanea è molto diffusa nei diversi gruppi di angiosperme. Il<br />

fondamento biologico della propagazione vegetativa sta nella proprietà delle cellule vegetali di<br />

mantenersi totipotenti non solo nella linea germinativa, ma anche in quella somatica, tanto che in<br />

opportune condizioni cellule di tessuti già differenziati possono essere indotte a sdifferenziarsi e tornare<br />

allo stato di tessuti meristematici. In questo modo, in condizioni favorevoli da tessuti di fusti possono<br />

svilupparsi radici avventizie. In natura si possono formare talee spontanee come adattamento a<br />

particolari condizioni ambientali, ad esempio in piante che crescono lungo corsi d’acqua (salici,<br />

oleandro). Molto diffusa tra le piante erbacee perenni è la propagazione per frammentazione di fusti<br />

modificati come stoloni, fusti rizomatosi, rizomi, tuberi, bulbi, ecc. È questo il mezzo di diffusione di<br />

molte infestanti (gramigna), che si avvantaggiano delle lavorazioni del terreno che frammentano i loro<br />

fusti sotterranei. Molte angiosperme arboree sono in grado di emettere polloni dalla ceppaia in seguito al<br />

taglio, all’incendio o al morso di animali. Questa capacità viene sfruttata dall'uomo nel governo a ceduo<br />

dei boschi. Alcune angiosperme arboree particolarmente invadenti come la robinia e l'ailanto emettono<br />

polloni anche dalle radici.<br />

In genere le piante capaci di propagazione vegetativa mantengono anche la capacità di riprodursi per<br />

seme. La propagazione vegetativa consente alla pianta una rapida diffusione in un ambiente uniforme,<br />

ma può risultare svantaggiosa in caso di cambiamento delle condizioni ambientali; la riproduzione<br />

sessuale interviene a fornire nuovi genomi che possono rivelarsi più adatti alle condizioni mutate.<br />

La propagazione vegetativa è da sempre utilizzata dall’uomo per mantenere inalterate nella<br />

discendenza le caratteristiche (organolettiche, morfologiche, di produttività, di resistenza) di molte<br />

cultivar di interesse economico (cloni) e per ottenere in breve tempo molti individui già con caratteri<br />

adulti. Le tecniche di moltiplicazione più usate dall’uomo sono la talea, l’innesto e la propaggine e<br />

possono prevedere l’utilizzo di sostanze stimolanti (fitormoni del tipo delle auxine) e/o di particolari<br />

condizioni ambientali, come le serre di nebulizzazione. Attualmente vengono utilizzate comunemente<br />

anche le tecniche di propagazione in vitro, che consentono di ottenere moltissime piantine in breve<br />

tempo a partire da pochissimo materiale. La tecnica prevede la coltura in ambiente sterile su mezzo<br />

nutritivo di frammenti di tessuti che vengono trattati con fitormoni: cambiando il rapporto<br />

citochinine/auxine viene stimolata dapprima la formazione di un tessuto indifferenziato (callo), poi<br />

l’insorgenza di germogli avventizi e infine di radici.<br />

La sistematica delle Angiosperme<br />

Secondo una visione tradizionale della sistematica basata essenzialmente sui caratteri morfologici, le<br />

angiosperme venivano divise nelle due classi delle monocotiledoni (Liliopsida) e dicotiledoni<br />

(Magnoliopsida). All’interno di queste ultime, venivano individuate in passato un piccolo numero di<br />

sottoclassi sulla base delle caratteristiche del perianzio: piante con fiori privi sia di calice che di corolla<br />

oppure provvisti di un solo verticillo; piante a fiori con corolla dialipetala; piante a fiori con petali fusi<br />

in corolla gamopetala. Tra queste sottoclassi veniva individuata una linea evolutiva che andava dal<br />

perianzio ridotto o assente, alla corolla a elementi liberi, a quella gamopetala. Sulla base di<br />

un’impostazione sistematica di questo tipo, tutte le angiosperme della flora mondiale vennero<br />

inquadrate dal sistematico tedesco Engler in uno schema tassonomico molto articolato che arrivava fino<br />

al rango di genere (Engler & Prantl Die Natürlichen Pflanzenfamilien, 1887-1915). Partendo<br />

dall’ordinamento di Engler, famiglie e generi sono stati ordinati in una sequenza sistematica su presunte<br />

basi filogenetiche, dal genere ritenuto meno evoluto a quello ritenuto più evoluto. Schematizzando<br />

molto, nelle dicotiledoni si andava dalle cosiddette amentifere – piante arboree con fiori anemogami a<br />

perianzio nullo o ridotto riuniti in amenti di famiglie come Salicaceae, Betulaceae, Fagaceae – fino alle<br />

più complesse composite (Asteraceae), con fiori a corolla gamopetala riuniti in infiorescenze<br />

specializzate a capolino. Nelle monocotiledoni, da famiglie con fiori regolari come Alismataceae,<br />

Juncaceae, Liliaceae, alle Orchidaceae con fiori irregolari complessi.<br />

Questa impostazione sistematica ha goduto a lungo di un vasto seguito in gran parte d’Europa.<br />

Sequenze di famiglie e generi basate su un simile schema di riferimento sono tuttora alla base<br />

dell’ordinamento seguito in flore autorevoli anche recenti (Flora Europaea, Flora d’Italia di Pignatti) e<br />

nelle collezioni di molti erbari.<br />

Tuttavia, indagini sistematiche condotte nell’ultimo mezzo secolo utilizzando altri dati oltre a quelli<br />

morfologici (dati anatomici, cromosomici e biosistematici in genere, dati biochimici) hanno messo in<br />

luce legami filogenetici e linee evolutive molto diversi da quelli ipotizzati da Engler e in particolare si è

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