7/10 <strong>gagarin</strong> n. 5 musica arte gusto teatro libri shopping bimbi cinema 12 OCChIO a IL mIO NOmE è bARTLEby L’Università di bologna, dopo tre occupazioni, ha concesso al collettivo uno spazio in centro. Non accadeva da dieci anni. Condivisione dei saperi, reddito minimo per artisti e operatori culturali, produzioni indipendenti sono le sue battaglie di Stefania Mazzotti L’incontro con Gianni Celati al Bartleby in via San Petronio Vecchio
Sono passati quasi dieci anni. La Bologna «rossa di vergogna e sangue non sogna più, anni e anni di cazzate tipo isola felice» però è rimasta sempre la stessa. «Stop al panico». Questo era l’inno dell’Isola Posse, gruppo rap nato dall’Isola del Kantiere. Il centro sociale occupato si trovava in via San Giuseppe, dietro a via Indipendenza - più o meno dove ora ci sono gli uffici dell’Arena del Sole - e fu sgomberato nei primi anni Novanta. Da allora, tranne la breve esperienza del Pelle Rossa in primavera estate del 1993, alla ex mensa dell’Acostud in Piazza Verdi a Bologna, per volere del Comune tutte le realtà autogestite sono state allontanate dal centro storico sancendo lentamente la loro perdita di influenza sulla scena culturale della città. Influenza che, invece, nella prima metà degli anni ’90, fu molto fervida e che vide Bologna, grazie a Link, Isola e Livello 57, al centro del movimento hip hop italiano (Sud Sound System, Neffa e Papa Ricky) e della musica elettronica internazionale. Il nostro racconto riparte proprio dalle Scuderie, ex mensa dell’Acostud, allora chiusa per problemi igienico sanitari. È qui che, nei locali trasformati a ristorante e pub, incontriamo Michele, rappresentante del collettivo Bartleby, troppo giovane per conoscere la meteora del Pelle Rossa. Allo slogan di «Libera spazi - Condividi saperi - Reclama reddito» Bartleby, il gruppo di studenti universitari formatosi dal movimento studentesco dell’Onda, ha occupato, da marzo a novembre 2009, per tre volte la sede universitaria di via Capo di Lucca e per tre volte è stato sgomberato. Michele mi viene incontro esile. Dietro la sua figura fragile si rivela, però, molta determinazione. Fa il dottorato di ricerca su Antonio Delfini al Dipartimento di Italianistica. Le sue passioni sono la letteratura e la politica. Bartleby, da marzo, ha ottenuto uno spazio tutto suo, negli spazi dell’ex Croce Rossa, in pieno centro, in via San Petronio Vecchio, 30. Questo non succedeva da oltre 10 anni. Io prendo un caffè, lui una Coca Cola. «È stata la contrattazione più veloce delle storie delle occupazioni. Con l’elezione del nuovo rettore Ivano Dionigi siamo riusciti ad accelerare i tempi e l’Università non ha più potuto liquidarci come un problema di ordine pubblico». Da subito Michele ci tiene a sottolineare le differenze con i movimenti studenteschi del passato, facendomi sentire una vecchia babbiona. «Facciamo parte di una corrente europea - precisa - Il movimento della Pantera degli anni Novanta era solo italiano. Vogliamo uscire dalla cultura underground e siamo lontani dalle logiche di partito, ma non dalla politica». «Siamo un atelier della produzione artistica e culturale indipendente nel cuore di Bologna. Un gruppo di studenti, ricercatori, artisti e precari, appartenenti a diversi indirizzi, sia umanistici che scientifici». Bartleby, sembra di capire, non vuole essere semplicemente «contro il sistema», come accade per il Popolo Viola, ma vuole cambiarlo con i fatti. Instaura relazioni tra diverse realtà culturali e sociali della città, è contro la decompartimentazione del sapere e immagina «una città nuova e differente da quella che negli ultimi anni abbiamo visto inaridirsi, stretta nella morsa dei divieti». E qui si riscrive la miope politica culturale di Bologna delle ultime amministrazioni, fatta di coprifuoco in nome della sicurezza e del decoro pubblico. «Bartleby - continua - preferisce i piccoli ai grandi eventi e un lavoro politico quotidiano che insista sul territorio per creare un alternativa politica con un taglio propositivo». Anche lo spazio di via San Petronio Vecchio è ridotto. Una piccola sala adibita a Biblioteca, un’altra più grande a bar, un piccolo palco fatto di pallet e compensato, un cortiletto interno. Quando entriamo, a sorpresa, siamo accolti dalle prove in corso di un gruppo di giovani musicisti classici in minaccia di licenziamento dal Teatro Comunale. Qualcosa è cambiato davvero. A miei tempi sarebbe stato impossibile trovarli in un centro sociale occupato. Nei giorni prima, Bartleby ha tenuto incontri letterari con Wu Ming, Tiziano Scarpa e Gianni Celati che ha donato al centro 3mila volumi di autori stranieri da archiviare e conservare nella sua biblioteca. Poi insieme «Solo attraverso al TPO ha costruito un cartellone estivo alternativo al vuoto di programmazione lasciato dall’amministrazione comunale. Facendo il verso al defunto Bè estate, Embè è il nome del progetto autofinanziato che vede la realizzazione di piccoli concerti ed eventi in luoghi pubblici della città come Piazza San Francesco, il Baraccano, Piazza Verdi e Piazza Santo Stefano. Fin dagli esordi si sono impegnati nella campagna «Yes we cash» sul reddito minimo garantito a chi si occupa di cultura, di ricerca universitaria e di produzione artistica. Il movimento dell’Onda è nato proprio da lì, sui tagli alla formazione e alla cultura da parte dello Stato. «Una città come Bologna non ha alternativa. - chiude Michele - È una città proiettata verso il declino. Non può che investire in cultura. Anche per uscire da questa crisi. Bologna non è una città turistica. Non è una città industriale. La maggiore industria è Unibo. Solo attraverso la cultura si può creare un pensiero critico di cittadinanza attiva». E bravi questi ragazzi. Con i piedi più a terra di noi, ventenni degli anni ‘90. la cultura si può creare un pensiero critico di cittadinanza attiva» iotube l’orto Va detto subito: il tempo che trascorrerete nell’orto a <strong>luglio</strong>, sudando sotto un sole cocente, non sarà mai abbastanza. Oltre ad irrigare, zappettare e rincalzare pressoché perennemente, e raccogliere ortaggi e frutti che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) maturare in abbondanza, tocca pure occuparsi delle nuove semine in pieno campo (spinacio, radicchio, fagioli, piselli, cavolo cappuccio), dei trapianti (cavolo, lattuga, cicoria), delle potature estive di arbusti e alberi da frutto. Se pensavate alle ferie, assumete un garden sitter. È uno scherzo. Mano alla zappa! (Aran) 7/10 <strong>gagarin</strong> n. 5 musica arte gusto teatro libri shopping bimbi cinema 13