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gagarin 5 luglio 2010.indd - Gagarin Magazine

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7/10 <strong>gagarin</strong> n. 5<br />

musica<br />

arte<br />

gusto<br />

teatro<br />

libri<br />

shopping<br />

bimbi<br />

cinema<br />

38<br />

arTE<br />

Giuseppe Ferrari, Comparsa che entra (partcolare), 1962<br />

Mentre Pollock sgocciolava colore sulle sue<br />

tele posate a terra negli Stati Uniti e a Parigi il<br />

critico Tapié coniava l’appellativo Informale, in<br />

Italia Francesco Arcangeli, celebre per avere<br />

rotto la discontinuità tra la figura del critico e<br />

quello dello storico dell’arte, inventava la definizione<br />

di «ultimo naturalismo».<br />

In un articolo uscito su Paragone, rivista per<br />

eccellenza degli studi dedicati all’arte, Arcangeli<br />

rivendicava continuità storica tra il naturalismo<br />

padano di Wiligelmo, Foppa, Caravaggio,<br />

Crespi e Fontanesi e l’arte di una<br />

cerchia di artisti di provenienza padana che,<br />

in un modo o nell’altro, avevano aderito all’Informale.<br />

Volo pindarico o meno - di questo li criticò il<br />

maestro Roberto Longhi - questo gruppo di<br />

artisti seguiva una stessa poetica. Erano gli<br />

anni ’50. Appena sfiorata la morte della guerra,<br />

cercavano, come i loro colleghi europei, di<br />

liberarsi attraverso il gesto, il colore e la materia<br />

dai «fantasmi» della sofferenza vissuta,<br />

esprimendo, attraverso l’allusione alla natura,<br />

il loro «mal di vivere» e il loro inconscio.<br />

Una mostra appena terminata alla Fondazione<br />

Magnani Rocca di Mamiano di Traversatolo<br />

(Parma) ha celebrato tre dei suoi più<br />

famosi: Ennio Morlotti, Pompilio Mondelli,<br />

Mattia Moreni, ma la Fondazione Del Monte<br />

di Bologna - che da alcune stagioni si dedica<br />

alla riproposta di artisti bolognesi della metà<br />

del ‘900 - nella sede di via delle Donzelle, a<br />

Bologna, ospita fino al 31 <strong>luglio</strong>, «Figure nascoste.<br />

L’arte di Giuseppe Ferrari».<br />

Ferrari fu caro a Francesco Arcangeli fin dal<br />

1954 e fu considerato uno dei più originali interpreti<br />

dell’ultimo naturalismo. Nonostante il<br />

successo goduto nei primi anni della sua carriera,<br />

che lo portarono alla Biennale di Venezia<br />

e alla Quadriennale di Roma, Ferrari si è sempre<br />

tenuto ai margini del sistema dell’arte contemporanea.<br />

Schivo alla vita mondana, il suo<br />

carattere gli ha impedito di raggiungere quella<br />

notorietà che invece sarebbe stata dovuta.<br />

Roberto Pasini, uno dei massimi studiosi italiani<br />

della corrente informale, in una lettera<br />

pubblicata sul catalogo della mostra scrive:<br />

«Della stagione informale hai rappresentato<br />

l’ala nascosta, frusciante, umbratile».<br />

La mostra, curata da Michela Scolaro, con le<br />

sue 40 tele e 10 disegni che vanno dal 1946<br />

al 2005 espone un percorso artistico che affonda<br />

le sue radici nell’Informale, ma che con<br />

il passare degli anni diventa sempre più cupo,<br />

senza però mai abbandonare la sua vocazione<br />

al segno del gesto e al piacere del colore<br />

buttato sulla tela.<br />

Come dice il titolo stesso, dietro ogni suo dipinto<br />

si nasconde una figura nascosta: paesaggi,<br />

tronchi degli alberi, persone.<br />

L’ULTImO<br />

NATURALIsTA<br />

dImENTICATO<br />

La Fondazione del monte di<br />

bologna riscopre Giuseppe<br />

Ferrari e le sue figure nascoste<br />

Se negli anni intorno al ‘60 domina il gesto,<br />

e come dice Michela Scolaro: «è veloce , a<br />

guardare la traccia della pennellata, sibilante<br />

nell’aria con l’inesorabile precisione orientale<br />

che racchiude universi semantici in ideogrammi<br />

di china», dagli anni ’70 in avanti i<br />

colori diventato più scuri e le forme più abbozzate,<br />

come nel collage del 1989 «Sera in<br />

un parco», mentre le figure si trasformano in<br />

comparse «squadrate ed inquietanti».<br />

Negli ultimi lavori, quelli del 2005, gli sfondi<br />

variano dai toni del grigio, rischiarati da spruzzi<br />

di colore rosso e giallo. Paiono più sereni<br />

delle figure degli anni prima. Non cambia<br />

però la predisposizione per i toni malinconici<br />

e rimane costante la riflessione sull’esistenza<br />

e il male di vivere.<br />

Chiude il percorso un’intervista video all’artista<br />

di Andrea Emiliani, da anni amico e suo<br />

estimatore.<br />

Fino al 31 <strong>luglio</strong><br />

sTEFAnIA MAZZOTTI<br />

FIGURE NASCOSTE, L’ARTE DI GIUSEPPE FERRARI<br />

Bologna, Fondazione del Monte, via delle Donzelle 2<br />

Info 051 232882, ingresso gratuito

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