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Pascal filosofo e autore spirituale Pascal philosophe et auteur spirituel

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itratto di una umanità che si tiene nella lontananza dal «soi», che non si cura<br />

(«songer») di se stessa e vive all’esterno di ogni possibile «chez soi».<br />

Il capitolo finale del nostro lavoro (cap. VI) potrà allora avvicinare dir<strong>et</strong>tamente<br />

la liasse 26 e interpr<strong>et</strong>arla «juxta propria principia». Si tratterà di dare un senso concr<strong>et</strong>o<br />

all’indicazione fornita da <strong>Pascal</strong> nell’espressione «morale chrétienne». Di comprendere<br />

cioè come l’«amour de soi» imponga una «règle». E come tale «règle» si identifichi<br />

meno con un prec<strong>et</strong>to che con un «bien penser» (§ 200) a «soi» e all’«amour». Ne verrà<br />

che l’amore di sé si presenterà prima nella sua impossibilità (logica), ovvero: «le moi».<br />

E poi nella sua realtà, il «membre pensant» che conforma la propria volontà a quella del<br />

tutto. Meditazione sull’unità e meditazione sull’amore si troveranno allora a convergere<br />

e a definire una nuova Genesi: «Dieu ayant fait le ciel <strong>et</strong> la terre qui ne sentent point le<br />

bonheur de leur être, il a voulu faire des êtres qui le connussent <strong>et</strong> qui composassent un<br />

corps de membres pensants».<br />

Speriamo così, mercé questo lungo accerchiamento dei «membres pensants», di<br />

riuscire a definire meglio i contorni di quello che consideriamo uno dei testi più belli e<br />

allo stesso tempo più enigmatici della filosofia moderna. Due avvertenze soltanto si<br />

impongono però ancora, qui in apertura, a giustificare un silenzio che potrà forse<br />

lasciare dubbiosi. In primo luogo, risp<strong>et</strong>to alla scelta dei testi analizzati: non si farà mai,<br />

o quasi mai, parola delle pensées più str<strong>et</strong>tamente attinenti alla prog<strong>et</strong>tata e mai<br />

realizzata «apologie». Anzi, dei molti testi di <strong>Pascal</strong>, si finirà per privilegiare quelli<br />

meno visitati dalla critica (un caso per tutti, la l<strong>et</strong>tera ai Périer della primavera 1657).<br />

Non si è trattato di una scelta programmatica bensì di una necessità imposta dall’intimo<br />

corso della riflessione: la meditazione pascaliana sulla «charité», fin dalla definizione<br />

puramente vuota e solo strutturale del suo «ordre» nei frammenti sui tre ordini, sembra<br />

scorrere ben al di sotto della superficie. Alimenta il pensiero di <strong>Pascal</strong> ma poco o niente<br />

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