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NESSUNA IMPRESA È UN'ISOLA - Trentino Sviluppo

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BIM della Valle del Chiese <strong>Trentino</strong> <strong>Sviluppo</strong> SpA<br />

2. Filiere produttive e reti di impresa come soggetti<br />

di modernizzazione<br />

Quasi il 98 per cento delle imprese manifatturiere italiane conta meno di 50 dipendenti.<br />

Di queste, quasi l’83 per cento ha meno di nove dipendenti. Eppure sono proprio le piccole a<br />

costituire il motore trainante dell’economia italiana. E i dati lo dimostrano: il 25,5 per cento<br />

dell’occupazione nel settore si deve a loro, così come il 14,3 per cento del valore aggiunto<br />

dell’industria manifatturiera.<br />

Il dato più interessante emerso dal “Rapporto sulla Piccola e Media Impresa Italiana 2007”,<br />

realizzato da Unioncamere e Istituto Tagliacarne è la nuova propensione della piccola impresa<br />

italiana a creare relazioni e aggregazioni. Dall’indagine emerge che a manifestare segnali di ripresa<br />

più sensibile nel 2006 sono state proprio le imprese che, non potendo contare sulle dimensioni,<br />

“fanno massa”.<br />

Accanto al consolidamento delle relazioni di tipo verticale (evoluzione e qualificazione dei<br />

rapporti di subfornitura attivate dalle medie e grandi imprese) crescono le relazioni orizzontali<br />

tra piccole imprese di tipo equity 1 (gruppi di impresa, acquisizioni, fusioni) e no equity 2 (accordi di<br />

cooperazione, joint venture, associazionismo). Molte Pmi hanno capito che per essere competitive<br />

bisogna instaurare relazioni con altre imprese manifatturiere e di servizi a monte e a valle del ciclo<br />

produttivo.<br />

Da un punto di vista congiunturale, l’indagine sulle 3500 imprese del settore manifatturiero<br />

(consuntivo 2006 e aspettative 2007), realizzata in occasione del Rapporto Pmi, mostra che a<br />

manifestare segnali di una sensibile ripresa nel 2006-2007 sono state le imprese del Nord, quelle<br />

distrettuali, e più in generale le imprese che hanno relazioni con altre imprese, quelle di medie<br />

dimensioni, quelle della cosiddetta “Middle class” (ovvero la piccola impresa con caratteristiche<br />

di media impresa) e le imprese esportatrici. Al contrario, presentano ancora performance deboli ed<br />

in alcuni casi negative le imprese con meno di 9 addetti, quelle del Mezzogiorno, quelle orientate<br />

soprattutto sul mercato domestico e le imprese “isolate”.<br />

Tali dati portano a considerare in parte superata la visione declinista che individua nel<br />

nanismo imprenditoriale il principale limite del sistema produttivo italiano. Emerge una nuova<br />

specializzazione produttiva connessa alla capacità di produrre e commercializzare in reti che non<br />

sono più necessariamente di livello locale: vi è in sostanza, un’evoluzione dal “capitalismo dei<br />

distretti” al “capitalismo delle reti”.<br />

Abbiamo certamente ancora un problema di “dimensioni aziendali”, che va però interpretato<br />

in maniera corretta: esso non riguarda sempre e soltanto le dimensioni occupazionali, ma spesso<br />

riguarda le dimensioni “strategiche”. Per crescere come sistema, l’Italia ha bisogno di puntare<br />

1 Equity – Collaborazioni con partecipazione al capitale di rischio.<br />

2 No equity – Accordi tra imprese senza partecipazione al capitale di rischio.<br />

3 Nel rapporto Unioncamere Tagliacarne vengono definite “middle class” le imprese che pur essendo di piccole<br />

dimensione hanno adottato strategie, investimenti e comportamenti organizzativi, relazionali e di mercato che<br />

sono tipici di imprese più strutturate. In totale, in tale cluster rientrano 20 mila imprese che rappresentano il 3,7%<br />

dell’universo delle imprese (nel 2005 rappresentavano il 2,8%). Queste imprese, si rileva nel rapporto, sono meglio<br />

distribuite sul territorio rispetto alle medie imprese, anche se la presenza nel Nord del paese è numericamente molto<br />

più forte che nel centro (14,9% del totale) e nel mezzogiorno (9,7% del totale). Da un punto di vista settoriale i<br />

comparti di maggiore presenza della “middle class” sono il meccanico (18,1% del totale), il tessile-abbigliamento<br />

(14,7%), la lavorazione prodotti in metallo (12,8%), elettronica-mezzi di trasporto (10,7%) e pelli, cuoio e calzature<br />

(10,1%).

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