Febbraio - Federazione Trentina della Cooperazione
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“ Nei supermercati Usa Wal-Mart<br />
150 milioni di consumatori<br />
risparmiano il 30% sulla spesa.<br />
Ma 1,5 milioni di lavoratori sono sfruttati<br />
10<br />
quanto persona umana, è contemporaneamente consumatore,<br />
ma anche produttore, in quanto esprime<br />
capacità (e necessità) lavorativa. In quanto consumatore<br />
ha interesse a supportare i processi in atto (centralità<br />
del consumo a basso prezzo) in quanto produttore<br />
vorrebbe invece un sistema con maggiori sicurezze, più<br />
stabile”.<br />
DI FATTO IL CITTADINO (CHE UNISCE IN SÉ<br />
CONSUMO E LAVORO) SOFFRE.<br />
“Sì, e lo vediamo in quella febbre del sistema che viene<br />
dalla “flessibilità”, dalla precarietà del lavoro. La flessibilità<br />
fa “gioire” il consumatore che trova merci a minor<br />
prezzo, a “low cost”, ma ha per contropartita anche un<br />
“low welfare” un basso sistema di paghe, di assistenza,<br />
di sicurezza sociale. Il lavoratore precario è contento<br />
di trovare bassi prezzi quando fa la spesa al supermercato,<br />
ma non è per nulla contento quando a causa<br />
di quei bassi prezzi viene estromesso dal lavoro, nelle<br />
campagne o nelle fabbriche. L’esempio americano è<br />
illuminante e per molti versi tragico. La catena americana<br />
“Wal- Mart” di supermercati ha un milione e mezzo<br />
di dipendenti e 150 milioni di consumatori che risparmiano<br />
il 30 per cento. Ma l’effetto è che un milione e<br />
mezzo di persone stanno da cani, con stipendi bassissimi<br />
e sfruttamento, per consentire un certo risparmio<br />
a 150 milioni di persone”.<br />
IL CONFLITTO È INEVITABILE. SE NON LOTTA<br />
DI CLASSE, SCONTENTEZZA, RANCORE,<br />
LACERAZIONE SOCIALE DIFFUSA, PERDITA<br />
DI MOTIVAZIONI. GUERRA FRA POVERI.<br />
“Lo vediamo con gli oggetti di consumo, con i telefonini.<br />
Ci dicono: “Se vuoi un telefonino a trenta euro<br />
– poniamo – devo chiudere le fabbriche in Europa e<br />
produrli in Corea, con lo sfruttamento. Allora comperi<br />
un altro telefonino, ma resti disoccupato. Conseguenza:<br />
se vuoi il telefonino a prezzo basso, il prezzo<br />
basso devi applicarlo anche al “welfare”, agli ospedali,<br />
alla scuola”.<br />
TUTTO VA GIÀ AL RIBASSO, ALLE PERIFERIE<br />
E AI GHETTI COME NEGLI USA. SONO CON-<br />
TRADDIZIONI DISTRUTTIVE PER UNA COMU-<br />
NITÀ. LEI PARLA NEI SUOI INTERVENTI DI<br />
COOPERAZIONE TRENTINA n° 2 febbraio 2006<br />
”<br />
“TOTALITARISMO CONSUMISTICO”. COME<br />
USCIRNE?<br />
“Facendo in modo che una società di consumatori eviti<br />
la disumanizzazione insita in ogni totalitarismo, la<br />
“guerra fra poveri” che ogni totalitarismo provoca”.<br />
SEMBRA UNA SFIDA TAGLIATA SU MISURA<br />
PER LA COOPERAZIONE.<br />
“Se i cooperatori e i dirigenti se ne rendono pienamente<br />
conto. A mio avviso oggi l’obiettivo per un movimento<br />
come la <strong>Cooperazione</strong> di consumo è umanizzare la<br />
società “low cost”. Non possiamo fermare il corso <strong>della</strong><br />
storia, ma neppure restare passivi. Così come nel passato<br />
la <strong>Cooperazione</strong> ha cercato di umanizzare la<br />
società industriale, in parte riuscendovi, ora dovrà<br />
umanizzare la società dei consumatori”.<br />
BASTERÀ RICHIAMARSI ALLA SOLIDARIETÀ?<br />
“No, occorrerà agire sui meccanismi produttivi, non solo<br />
sul consumo. Riequilibrare la bilancia sull’uomo produttore-lavoratore,<br />
per disinnescare quei conflitti interpersonali<br />
sopra descritti. Occorre porsi tre obiettivi. Primo:<br />
stringere ancor più il rapporto fra consumo e identità.<br />
Accentuare il significato simbolico che ai prodotti viene<br />
dato. Questo è possibile solo valorizzando con nuovo<br />
valore aggiunto il momento produttivo. Secondo: consumo<br />
vuole dire fruizione. Usare il prodotto. Ma prima<br />
bisogna acquistarlo, e poi lo si giudica, per decidere se<br />
ricomprarlo o meno. Ogni fase di consumo ha quindi tre<br />
momenti: informazione (decisione dell’acquisto), fruizione<br />
e giudizio. Mi pare che oggi l’enfasi sia troppo sbilanciata<br />
sulla fase centrale, occorre riportare attenzione a<br />
monte e a valle: va potenziata l’informazione, va valorizzato<br />
il giudizio. Terzo: ritorno alle origini. Non abbiamo<br />
solo bisogni materiali, ma anche relazionali. Le relazioni<br />
fra chi vende e chi compera diventano centrali. Bisogna<br />
farne un punto di forza. Bisogna anche produrre un<br />
pensiero economico adeguato a questo “salto d’epoca”,<br />
capace di mostrare che il sistema cooperativo è<br />
vincente, in grado di corrispondere anche alle nuove<br />
identità (pensiamo agli immigrati) e soprattutto capace<br />
di non pensare solo a guadagni a breve termine.<br />
Occorre superare il “cortotermismo”, non occuparsi<br />
solo <strong>della</strong> generazione presente, tornare anche a pensare<br />
a come costruire il futuro”.