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La sfida del confronto - Moked

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P30 CULTURA / ARTE / SPETTACOLO moked /דקומ<br />

ú– MUSICA<br />

Li hanno paragonati a Jeff Buckley, a<br />

Macy Gray e persino a Janis Joplin.<br />

Asaf Avidan & the Mojos sono uno<br />

dei pochi, anzi dei pochissimi gruppi israeliani<br />

che sono riusciti a sbarcare nel mondo <strong>del</strong>la<br />

musica leggera internazionale. Il fatto che cantino<br />

in inglese certo ha aiutato, ma ancora di<br />

più ha aiutato uno stile unico e accattivante:<br />

un sound che per convenzione è stato collocato<br />

nel “folk rock” (definizione, peraltro, che<br />

loro dicono di non potere sopportare), ma<br />

che dimostra fortissime influenze blues, talvolta<br />

strizzando l’occhio al soul e all’indie rock. Per<br />

ora restano un fenomeno di nicchia, osservato<br />

con grande interesse dagli addetti ai lavori ma<br />

ancora sconosciuto tra il grande pubblico. <strong>La</strong><br />

loro musica, troppo energica, ricercata e individuale<br />

per rimanere confinata nel piccolo<br />

mondo dei cantautori made in Israel, ha già<br />

stregato prestigiosi critici musicali internazionali.<br />

In particolare il cantante <strong>del</strong> gruppo, Asaf<br />

Avidan, nato a Gerusalemme nel 1980, è stato<br />

definito “un genio” dalla rivista Rolling Stone:<br />

“Una voce genuina e potente, qualcuno che<br />

sa cantare, urlare, sussurrare e sorprendere”,<br />

al punto da “farti pensare di stare ascoltando<br />

Janis Joplin”. Il successo commerciale ora però<br />

sembra a portata di mano. Avidan e la sua<br />

band hanno appena firmato un contratto di<br />

L’INTERVISTA<br />

Il tuo sound è davvero unico per gli<br />

standard israeliani. Da dove viene?<br />

Sono cresciuto con la collezione di<br />

vinili dei miei genitori. Loro si sono<br />

incontrati a New York negli anni Settanta,<br />

quindi c’era un’abbondanza<br />

dei grandi nomi <strong>del</strong> rock’n’roll, <strong>del</strong><br />

blues e <strong>del</strong>le leggende <strong>del</strong> jazz. Non<br />

mi sono interessato molto a questo<br />

genere di musica fino a 13 anni,<br />

quando si è formato<br />

il nuovo<br />

rock anni Novanta.<br />

Ho<br />

ascoltato i Nirvana<br />

per la prima<br />

volta, e la<br />

mia vita è cambiata<br />

per sempre.<br />

Quali sono le altre<br />

tue influenze musicali?<br />

Poco dopo ho cominciato a scoprire<br />

chi aveva influenzato questo nuovo<br />

rock: i Led Zeppelin, i Doors, Janis<br />

Joplin, Jimi Hendrix. Poi sono andato<br />

ancora indietro e ho scoperto il<br />

Blues. E’ cominciato tutto da lì: John<br />

Lee Hooker, Muddy Waters, Robert<br />

Johnson, una volta che si ascolta<br />

questa musica non si torna più indietro.<br />

Aggiungici i testi di Bob Dylan<br />

e Leonard Cohen e avrai il cavallo<br />

vincente. Non so se il “folk”<br />

faccia davvero parte <strong>del</strong>la mia influenza,<br />

perché non sono un artista<br />

folk in nessun modo. Scrivo di me<br />

e solamente di me, non ho le pretese<br />

di mettere i pensieri e i sentimenti<br />

<strong>del</strong>la gente nelle mie canzoni. Sono<br />

la voce dei miei sentimenti ed esperienze,<br />

il fatto che così tanta gente<br />

si possa riconoscere nelle mie parole<br />

un po’ mi sorprende.<br />

Il nuovo folk blues<br />

viene da Gerusalemme<br />

Assaf Avidan & The Mojos, rivelazione <strong>del</strong>la musica leggera israeliana,<br />

sbarcano in Europa: “Ho ascoltato i Nirvana e la mia vita è cambiata”<br />

racconta il cantante. “Poi ho scoperto Bob Dylan e Leonard Cohen”<br />

Sei cresciuto in Giamaica, come ti ha<br />

influenzato?<br />

<strong>La</strong> Giamaica mi ha dato molto, ma<br />

non nel senso che ci si potrebbe<br />

aspettare. Non ascolto musica reggae,<br />

a parte Bob Marley, che non è<br />

proprio un artista reggae in senso<br />

stretto, visto che mischia elementi<br />

rock e soul. Ma Marley ha qualcosa<br />

che ho capito essere l’ingrediente<br />

chiave in tutte<br />

le arti: l’onestà. Credi a<br />

ogni parola, perché lui<br />

crede veramente in ogni suono che<br />

vocalizza. E’ un dono che in pochi<br />

hanno, specie nel mondo musicale<br />

di oggi.<br />

Quali artisti contemporanei ammiri<br />

di più?<br />

Là fuori ci sono un paio di band veramente<br />

spettacolari: i Radiohead,<br />

White Stripes, i Raconteurs, Kings<br />

of Leon (ma non l’ultimo album),<br />

Cold War Kids, Fiona Apple. Però<br />

non mi piace il termine ammirare:<br />

www.moked.it<br />

io non sono il tipo che ama guardare<br />

le persone dal basso in alto, e nemmeno<br />

dall’alto in basso. Rispetto la<br />

loro arte, il talento, la creatività, ma<br />

non credo che una persona possa<br />

essere l’idolo di qualcuno solo per<br />

una canzone che ha scritto. Penso<br />

che dovremmo conservare l’ammirazione<br />

per i medici, gli insegnanti,<br />

i difensori degli animali e per il volontariato.<br />

I critici musicali ti hanno paragonato<br />

distribuzione europea con la casa discografica<br />

Sony Columbia – la stessa che fu di Leonard<br />

Cohen e di Bob Dylan, due punti di riferimento<br />

per l’artista. E pensare che fino a un anno<br />

fa Avidan era un perfetto sconosciuto anche<br />

per gli israeliani, uno studente <strong>del</strong>l’accademia<br />

di belle arti di Bezalel, a Gerusalemme. Nel<br />

2008 si è autoprodotto il suo primo album,<br />

“The Reckoning”, da cui è stato rilasciato il<br />

singolo “Weak”, con un video girato da due<br />

suoi compagni di corso: “Lo abbiamo creato<br />

per la nostra tesina finale”, raccontano Elyashiv<br />

Levine e Hadar <strong>La</strong>ndsberg sul loro canale di<br />

Youtube. Nel giro di poche settimane “Weak”<br />

ha scalato le classifiche israeliane. Nel dicembre<br />

<strong>del</strong>lo stesso anno Rolling Stones ha distribuito<br />

“The Reckoning” nella sua edizione che<br />

viene venduta in Germania, Olanda, Belgio e<br />

Svizzera: “E’ un grande onore”, aveva commentato<br />

il giovane artista. “Speriamo sia anche<br />

il segnale di un buon inizio per il 2009”. Un<br />

augurio che si è trasformato in realtà, visto<br />

che quest’anno hanno tenuto due concerti a<br />

Londra e firmato il contratto discografico che<br />

potrebbe rivoluzionerà la sua carriera. In vista<br />

<strong>del</strong>la distribuzione europea, Avidan si racconta<br />

a Pagine Ebraiche.<br />

Anna Momigliano<br />

a Janis Joplin. Ora ti senti sotto pressione?<br />

Beh, è un gran bel complimento. Ma<br />

non mi preoccupo troppo di quello<br />

che la gente scrive o non scrive di<br />

me e <strong>del</strong>la band. L’unica pressione<br />

che sento è quella di essere soddisfatto<br />

<strong>del</strong> mio lavoro, e da parte <strong>del</strong>la<br />

cerchia ristretta degli amici. Certo<br />

adesso ci sono molte aspettative su<br />

di noi. Ma io cerco di non pensarci<br />

e di concentrarmi sulle cose importanti,<br />

nella vita e nell’arte.<br />

Parliamo <strong>del</strong> contratto con la Sony<br />

Columbia. Che effetto fa questo successo<br />

improvviso?<br />

Io non la vedo come un successo<br />

improvviso. Certamente non il contratto<br />

con Columbia-Sony. Alla fin<br />

fine l’unica cosa che è successo è un<br />

po’ di inchiostro su un pezzo di carta.<br />

Il duro lavoro per la band e per<br />

chi lavora con noi continua, come<br />

è continuato per gli ultimi tre anni.<br />

Siamo cresciuti lentamente, ma con<br />

le unghie e con i denti, abbiamo lavorato<br />

sodo per essere arrivati dove<br />

siamo ora.<br />

Non ci dirai che non siete contenti...<br />

Ma no, non ci lamentiamo per niente:<br />

stiamo facendo quello che amiamo, e<br />

il fatto che il nostro lavoro sia notato<br />

ci dà grandi soddisfazioni. <strong>La</strong> gente<br />

di Sony/Columbia è diventata parte<br />

<strong>del</strong>la “famiglia Mojo” e noi la siamo<br />

dei loro. Ormai siamo degli amici e<br />

penso che stiamo costruendo un bel<br />

rapporto. Però la firma di un contratto<br />

attira la stampa, ma non vuol dire di<br />

per sé un successo. Non è un risultato,<br />

ma solo l’inizio di un cammino per<br />

diffondere l’arte che pensiamo valga<br />

la pena di essere diffusa.

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