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La sfida del confronto - Moked

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P32 CULTURA / ARTE / SPETTACOLO<br />

ú– LETTERATURA / CINEMA<br />

Due voci al femminile<br />

“Scrivere contro il razzismo, scrivere per la Memoria”<br />

Nadine Gordimer, sudafricana, premio Nobel per la letteratura, è stata una <strong>del</strong>le<br />

più feroci e coraggiose critiche <strong>del</strong>l’apartheid nel suo Paese. Denise Epstein, nata<br />

nel 1929 in Francia, è divenuta famosa al grande pubblico dopo aver acconsentito a<br />

pubblicare Suite francaise, forse il capolavoro di sua madre, la scrittrice Irène<br />

Némirovsky, morta di tifo ad Auschwitz. Entrambe sono da lungo tempo impegnate<br />

sul fronte dei diritti umani, contro l’intolleranza e la discriminazione. Una battaglia<br />

che, dicono, si può e si deve combattere anche sul fronte <strong>del</strong>la cultura e dei libri.<br />

Per aiutare le nuove generazioni a comprendere le tragedie <strong>del</strong> passato evitando<br />

alle vittime di sprofondare nell’oblio. E per denunciare i tanti crimini commessi<br />

contro l’umanità. Nella speranza di riuscire prima o poi a sconfiggere il pregiudizio.<br />

ú–– Adam Smulevich<br />

<strong>La</strong> Francia durante l’occupazione nazista<br />

e il Sudafrica <strong>del</strong>l’apartheid, due<br />

momenti storici in cui follia e razzismo<br />

hanno avuto la meglio su ragione<br />

ed umanità. Cosa fare perché<br />

queste tragedie non si ripetano più?<br />

Denise Epstein: Ricordare. È anche<br />

per questo motivo, oltre che per<br />

onorare la memoria di mia madre,<br />

che ho deciso di pubblicare “Suite<br />

Francaise”, un volume che raccoglie<br />

alcune sue riflessioni sugli anni tragici<br />

<strong>del</strong>la presenza nazista in Francia;<br />

parole scritte da una persona consapevole<br />

che non sarebbe sopravvissuta<br />

al dramma <strong>del</strong>le persecuzioni<br />

razziali.<br />

Un libro che non ho avuto il coraggio<br />

di leggere per decenni, rimasto<br />

per molto tempo chiuso in una valigia,<br />

affidatami da mio padre per custodire<br />

gelosamente questa straordinaria<br />

testimonianza.<br />

Nadine Gordimer: Non bisogna fare<br />

l’errore, soprattutto in Sudafrica, di<br />

parlare <strong>del</strong> problema <strong>del</strong> razzismo<br />

come se appartenesse esclusivamente<br />

al passato. I discendenti dei colonialisti<br />

bianchi hanno infatti ancora<br />

il sopravvento sui neri, molti dei quali<br />

possono rivendicare il possesso di<br />

un solo piccolissimo pezzetto di terra:<br />

la propria tomba.<br />

Oltre che per i neri, la vita in Sudafrica<br />

si è fatta difficile anche per gli<br />

ebrei, soprattutto a causa <strong>del</strong>l’inasprimento<br />

<strong>del</strong> conflitto israeliano –<br />

palestinese.<br />

Conflitto che ha attirato l’astio di<br />

una parte consistente <strong>del</strong>la popolazione<br />

nei loro confronti, attraverso<br />

il solito meccanismo per il quale<br />

ogni ebreo diventa automaticamente<br />

responsabile per le azioni dei vari<br />

governi israeliani. Adesso, grazie all’intervento<br />

in prima persona <strong>del</strong> neo<br />

presidente Jacob Zuma, un personaggio<br />

comunque molto discutibile,<br />

qualcosa sta cambiando. È in atto<br />

un tentativo di ridare dignità alle varie<br />

minoranze <strong>del</strong> paese, tra cui gli<br />

ebrei, che passa attraverso il riconoscimento<br />

<strong>del</strong> loro contributo allo sviluppo<br />

<strong>del</strong> Sudafrica.<br />

Qual è il vostro legame con l’ebraismo?<br />

Denise Epstein: Ho un approccio distaccato<br />

nei confronti <strong>del</strong>la religione,<br />

quasi un “rapporto di buon vicinato”,<br />

sicuramente frutto <strong>del</strong>l’educazione<br />

laica che ho ricevuto in famiglia. È<br />

stato solo quando mi fu cucita sugli<br />

abiti una stella gialla che mi resi veramente<br />

conto di essere diversa dagli<br />

altri. Non credo in Dio, anche se ovviamente<br />

rispetto chi lo fa, perché<br />

se ci credessi sarei molto arrabbiata<br />

con lui. Spesso, inoltre, avverto un<br />

“senso di colpa” per essere sopravvissuta<br />

alle persecuzioni. Perché io<br />

sì e tantissimi altri no?<br />

Nadine Gordimer: Mi considero<br />

un’ebrea assimilata. A proposito <strong>del</strong><br />

“senso di colpa”, vorrei dire che questo<br />

sentimento è molto forte nelle<br />

nuove generazioni di bianchi suda-<br />

fricani, angosciati dal rimorso per le<br />

schifezze compiute dai loro parenti.<br />

Credo che sia comunque fondamentale<br />

chiedersi che cosa sia davvero<br />

questo disagio, se un semplice sentimentalismo<br />

oppure uno stimolo per<br />

cercare di costruire una società dove<br />

gli uomini siano tutti uguali. <strong>La</strong> questione<br />

<strong>del</strong> “senso di colpa”, tra l’altro,<br />

è attuale non solo nella società sudafricana,<br />

ma anche in quella tedesca,<br />

che non ha ancora rimosso completamente<br />

il trauma <strong>del</strong>le persecuzioni<br />

e <strong>del</strong>lo sterminio degli ebrei.<br />

Perché avete sentito l’esigenza di<br />

scrivere?<br />

Denise Epstein: Ho sempre considerato<br />

fondamentale lavorare per la<br />

trasmissione <strong>del</strong>la memoria. Credo<br />

che i sopravvissuti alla Shoah abbia-<br />

Premio ADEI<br />

Lizzie Doron,<br />

le ferite <strong>del</strong>la Shoah<br />

narrate con dolcezza<br />

Acasa sua, lo ammette con un<br />

sorriso, ci sono due cucine e tre<br />

frigoriferi. E’ un esorcismo <strong>del</strong>la<br />

fantasia, un tentativo di attrezzarsi in<br />

caso di fame, guerra e terrore. Tutte<br />

eventualità che Lizzie Doron, figlia di<br />

una sopravvissuta ad Auschwitz, conosce<br />

bene dalle parole <strong>del</strong>la madre. Proprio<br />

a partire dall’esperienza materna<br />

Lizzie ha saputo costruire, nel libro<br />

“Perché non sei venuta prima <strong>del</strong>la<br />

guerra?” (<strong>La</strong> Giuntina, 139 pagine, 12<br />

euro), un racconto che si avvicina alla<br />

Shoah con tenera <strong>del</strong>icatezza, narrandone<br />

le ferite e i fantasmi più che gli<br />

accadimenti in modo diretto. Un approccio nuovo che è valso all’autrice<br />

il nono premio letterario Adei Wizo intitolato ad A<strong>del</strong>ina Della Pergola.<br />

L’importante riconoscimento, frutto <strong>del</strong> giudizio <strong>del</strong>la giuria <strong>del</strong>le<br />

lettrici, è stato assegnato in una cerimonia pubblica a Trieste. Il secondo<br />

premio è andato a David Grossman per il suo romanzo A un cerbiatto<br />

somiglia il mio amore” (Mondadori, 281 pagine, 22 euro). Il terzo è<br />

andato invece a Boris Zaidman per Hemingway e la pioggia di uccelli<br />

morti (Il Saggiatore, 192 pagine, 16 euro).<br />

www.moked.it<br />

no il dovere di cercare di parlare per<br />

conto di chi non ce l’ha fatta. Non<br />

bisogna far sì che queste persone<br />

sprofondino nell’oblio, sarebbe come<br />

farle morire due volte.Spero inoltre<br />

di poter aiutare le nuove generazioni<br />

a capire cosa è stato quel periodo<br />

affinché crescano senza pregiudizi.<br />

Nadine Gordimer: Per denunciare i<br />

crimini che venivano commessi in<br />

Sudafrica. Un impegno che ho portato<br />

avanti per tutta la mia vita. Molti<br />

dei libri che ho scritto in pieno<br />

apartheid sono ancora attuali, a testimonianza<br />

<strong>del</strong> fatto che bisogna<br />

ancora lavorare molto affinché il Sudafrica<br />

diventi una vera democrazia.<br />

L’impegno di chi scrive deve essere<br />

inoltre quello di opporsi ai mo<strong>del</strong>li<br />

negativi che alcuni media e politici<br />

propongono ai più giovani.<br />

Èun film sulla nascita <strong>del</strong> sospetto,<br />

<strong>del</strong>l’odio, <strong>del</strong> razzismo.<br />

Un film splendido, <strong>del</strong>icato,<br />

intimista, in cui la Storia non<br />

irrompe, ma si infiltra – dalla radio,<br />

dalle finestre <strong>del</strong>le case, nei cortili,<br />

attraverso il passaparola, e cambia<br />

la vita. E’ uno di quei film che tutti<br />

dovrebbero vedere, che andrebbe<br />

proiettato nelle scuole, e invece probabilmente<br />

in Italia finirà nei circuiti<br />

dei film d’autore, dei festival di nicchia.<br />

Lo ha girato una regista ebrea di origine<br />

tunisine, Karin Albou, e racconta<br />

la storia di due ragazzine sedicenni,<br />

amiche di quella amicizia totale,<br />

quasi velata di omosessualità, che si<br />

t Nadine<br />

t Denise<br />

Gordimer,<br />

Epstein,<br />

Scrivere<br />

Survivre<br />

è vivere<br />

et vivre<br />

Eppure, soprattutto per i giovani, le<br />

moderne tecnologie sembrano avere<br />

molto più fascino dei libri<br />

Nadine Gordimer: Una volta, insieme<br />

ad un ricco filantropo, mi recai in<br />

un villaggio <strong>del</strong> Mali per donare alcuni<br />

computer alla popolazione locale,<br />

che ci accolse con calore ed<br />

entusiasmo.<br />

Quando ci fu fatto notare che nel<br />

villaggio non c’era energia elettrica,<br />

capimmo che non avremmo potuto<br />

ripagare la loro commovente accoglienza:<br />

i nostri doni erano inutilizzabili.<br />

Invece dei computer, avremmo dovuto<br />

regalare loro dei libri, che hanno<br />

la fortuna di non avere bisogno<br />

né di una spina né di un caricatore<br />

per “funzionare”! Ecco come i libri<br />

sono eterni ed insostituibili.<br />

Un’amicizia<br />

spezzata dall’odio<br />

Il Canto <strong>del</strong>le Spose racconta le vite<br />

di due ragazzine a Tunisi durante<br />

l’occupazione nazista e la genesi<br />

irrestitibile <strong>del</strong> sospetto<br />

instaura tra le<br />

adolescenti.<br />

Myriam e<br />

Nour vivono<br />

nello stesso<br />

riad a Tunisi<br />

nel 1942, sono entrambe povere e<br />

le loro famiglie condividono momenti<br />

di gioia e di fatica, si scambiano<br />

visite e doni per le feste. Ma<br />

Myriam è ebrea, figlia di una sarta<br />

vedova, interpretata dalla regista<br />

stessa, e Nour è musulmana, fidanzata<br />

a Khaled di cui è innamoratissima<br />

ma che non può sposare perché<br />

lui non trova lavoro. Nell’esistenza<br />

tranquilla e ripetitiva di questa<br />

piccola comunità che si rispetta e si

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