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La sfida del confronto - Moked

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P6 POLITICA / SOCIETÀ<br />

Paolo Mieli: “Giornali, cultura, identità.<br />

ú–– Guido Vitale<br />

Adesso vi racconto la mia Storia”<br />

Le minoranze sono fondamentali, afferma il direttore dei grandi giornali italiani. Ma devono esaltarsi a vicenda<br />

a volte te la scegli,<br />

a volte ti ci adatti, a volte<br />

L’identità,<br />

te la sbattono in faccia. Accade<br />

alla gente qualunque e ai professionisti<br />

di successo. Era la vigilia<br />

<strong>del</strong> grande turbine, stava per scatenarsi<br />

il turbine <strong>del</strong> ‘68, quando Paolo<br />

Mieli, giovanissimo ha oltrepassato<br />

per la prima volta la soglia di un<br />

grande giornale.<br />

Mezzo secolo di storia a cavallo di<br />

due millenni che solo pochi giornalisti<br />

italiani sono riusciti ad attraversare<br />

affrontandone con successo gli<br />

sconvolgimenti e le sfide. Eppure<br />

l’identità, che a seconda dei casi affiora<br />

o si fa sommergere, pone un interrogativo<br />

che non ti lascia tregua.<br />

“Ci sono state mille occasioni – racconta<br />

Paolo Mieli – in cui qualcuno<br />

ha cercato di giustificare i suoi pregiudizi<br />

sottolineando le mie origini<br />

ebraiche. Qualche volta è un segno<br />

appena percettibile, quasi un tic. Ma<br />

non ci ho mai dato peso”.<br />

Mai? Nemmeno quando eri in corsa<br />

per la presidenza <strong>del</strong>la Rai e i muri di<br />

Milano grondavano <strong>del</strong>la vernice di<br />

slogan antisemiti?<br />

Quella volta ho pensato che questo<br />

è un paese strano. Che capisco, ma<br />

non giustifico. E ho pensato che a<br />

maggior ragione mi sento ebreo.<br />

Anche senza il riconoscimento <strong>del</strong>la<br />

legge rabbinica?<br />

E’ vero, sono ebreo da parte di padre<br />

e non di madre. Ma nel mio cuore<br />

mi sento ebreo. E’ un sentimento che<br />

nutro nei confronti <strong>del</strong>l’identità, <strong>del</strong>la<br />

comunità. E di Israele.<br />

Torna alla luce l’eredità <strong>del</strong>la tua famiglia?<br />

<strong>La</strong> famiglia di mio padre veniva da<br />

Alessandria d’Egitto. Lui divenne un<br />

dirigente <strong>del</strong> Partito comunista italiano.<br />

Era un laico convinto e solo<br />

molto più tardi ha voluto riscoprire<br />

a sua volta le radici. Quando per la<br />

prima volta sono arrivato in Israele<br />

avevo una scarsissima consapevolezza<br />

<strong>del</strong>la mia identità.<br />

Quando è avvenuto questo primo incontro?<br />

Avevo cominciato a lavorare in redazione<br />

all’Espresso nel 1967. Ero<br />

molto giovane, la ferita <strong>del</strong>la Guerra<br />

dei sei giorni era ancora aperta, non<br />

solo in Medio Oriente, ma anche in<br />

Italia. <strong>La</strong> redazione era divisa, Arrigo<br />

Benedetti si separò da Eugenio Scalfari.<br />

E nasceva la questione palestinese.<br />

Ero come tanti miei coetanei schierato<br />

con l’estrema sinistra. Ma non<br />

credo di aver mai scritto sulla base<br />

di idee preconcette. Una maggiore<br />

comprensione venne per me in occasione<br />

di un nuovo viaggio verso<br />

l’area <strong>del</strong> conflitto, nel 1973.<br />

www.moked.it<br />

<strong>La</strong> Guerra <strong>del</strong> Kippur ti fece aprire gli<br />

occhi?<br />

Mi resi conto che molti compagni<br />

<strong>del</strong>la sinistra parlavano sulla base di<br />

stereotipi antisemiti. Gran parte <strong>del</strong>le<br />

polemiche erano basate su una colossale<br />

ignoranza dei fatti. Cominciai<br />

a domandarmi come mai la parola<br />

“palestinesi” non appariva in nessun<br />

luogo prima <strong>del</strong> conflitto <strong>del</strong> ‘67, e<br />

subito dopo tutti ne parlavano come<br />

ú– STORICO E GIORNALISTA<br />

Le radici, le ragioni, le nuove sfide<br />

<strong>La</strong> Storia, le storie. Il titolo di uno dei libri di Paolo Mieli rappresenta<br />

bene la sua vicenda di intellettuale impegnato sul fronte <strong>del</strong>l’attualità giornalistica<br />

e degli studi accademici. Il nostro dialogo, nello studio all’ultimo<br />

piano <strong>del</strong>la sede <strong>del</strong> gruppo editoriale Rizzoli Corriere <strong>del</strong>la Sera, si dipana<br />

alternando considerazioni, memorie, progetti. In una doppia pagina <strong>del</strong><br />

Corriere, Mieli ha offerto quest’autunno ai lettori un saggio di come ricerca<br />

rigorosa e giornalismo possano talvolta coesistere e di come i fogli di un<br />

grande quotidiano possano ospitare anche contributi destinati a durare<br />

nel tempo. L’antisemitismo e le influenze ideologiche pagane che hanno<br />

inquinato l’ideologia cristiana sono al centro di questa sua ricostruzione<br />

meticolosa e densa di spunti, ma sempre ancorata a solide fonti. E mentre<br />

il dialogo attraversa il tempo e getta ponti fra informazione e rigore, fra<br />

passato e sfide <strong>del</strong> presente, Paolo Mieli accetta di lasciarsi cogliere dalla<br />

matita di Giorgio Albertini nelle immagini che illustrano queste pagine.<br />

se si trattasse di una realtà sempre<br />

esistita. Questo mi incoraggiò a riscoprire<br />

me stesso e le mie origini.<br />

Puoi descrivere l’atmosfera che si respirava<br />

allora fra gli intellettuali e<br />

nelle redazioni?<br />

Agli ebrei di sinistra si chiedeva, applicando<br />

la vecchia logica dogmatica,<br />

di testimoniare contro Israele. Gli scivoloni<br />

lessicali sul terreno <strong>del</strong>l’anti-

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