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Lex Aurea - numero 25 - Fuoco Sacro

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Egli esamina infatti due possibili forme di<br />

vita: una edonistica, devota alla ricerca<br />

nella propria vita del piacere, ed un’altra<br />

consacrata invece all’esercizio del pensiero<br />

e della intelligenza.<br />

Il Bene, consiste in una di queste forme di<br />

vita? In realtà, nella sua ricerca dobbiamo<br />

tener conto di una sua caratteristica<br />

intrinseca: esso è qualcosa di compiuto,<br />

completo.<br />

Si pensi, inoltre, allo stretto legame<br />

corrente tra piacere ed intelligenza: senza<br />

questa ultima, non avremmo modo di<br />

discernere i piaceri dai non piaceri.<br />

Ecco allora che le due forme di vita,<br />

separatamente considerate, non conducono<br />

ad una espressione totalizzante delle facoltà<br />

umane, non rendono uomo l’uomo.<br />

La visione descritta, resta, nonostante la<br />

sua soluzione pratica, immagine<br />

profondamente dualistica della natura<br />

umana.<br />

Inoltre, la via dell’intelligenza vanta un<br />

certo privilegio nella determinazione del<br />

Bene: senza l’intelligenza essa non<br />

potrebbe comunque determinarsi.<br />

Secondo Platone il Bene è ciò che<br />

perseguiamo ed il fine stesso di ogni nostra<br />

azione.<br />

Aristotele parte da questa concezione del<br />

Bene, ma se ne discosta.<br />

Il suo intereresse di carattere<br />

maggiormente pratico vuole infatti mettere<br />

in risalto i rapporti tra il Bene Supremo e<br />

quello dell’uomo: in tal direzione si muove<br />

la critica alla concezione platonica del Bene.<br />

Questi definisce il Bene “ciò cui tutto<br />

tende”, ogni cosa mira innanzitutto ad un<br />

bene: nella indagine aristotelica Bene e Fine<br />

coincidono, ed inoltre notiamo la presenza<br />

di una pluralità di beni e di fini.<br />

Certo è possibile definire una gerarchia in<br />

questa pluralità di fini: infatti, alcuni di<br />

questi sono in rapporto di subordinazione,<br />

altri in rapporto dominante. Tuttavia, non si<br />

può procedere all’infinito: vi deve essere<br />

anche un fine ultimo, appunto “ciò cui tutto<br />

tende”.<br />

Questo coincide con il Bene Supremo.<br />

Qual è il bene Supremo per l’uomo?<br />

Secondo Aristotele è “la sua felicità”: tutto<br />

il nostro agire, la nostra vita intera tende<br />

ad essa.<br />

Ma, allora, si pone la domanda: in che cosa<br />

consiste la felicità per l’uomo?<br />

<strong>Lex</strong> <strong>Aurea</strong> <strong>25</strong> – Libera Rivista di Formazione Esoterica<br />

Nell’accumulo di piacere, ricchezze ed<br />

onori? Certamente anche ciò procura<br />

felicità, Aristotele non lo nega, ma vuole<br />

cercare una felicità che sia specifica della<br />

natura umana, una “felicità ultima” e non<br />

uno dei tanti piaceri.<br />

La suprema felicità dell’uomo si rinviene<br />

nella sua attività caratteristica, quella che<br />

tale lo rende: se l’uomo è la sua anima, ed<br />

in specie la parte razionale della sua anima<br />

(così vuole il nostro), ciò che è suo proprio<br />

è quella “attività della parte razionale<br />

dell’anima”.<br />

L’anima umana, secondo Aristotele è anche<br />

passione e desiderio: ma queste<br />

componenti possono lasciarsi guidare dalla<br />

parte razionale, ed avendo ruolo<br />

subordinato, non sono caratterizzanti della<br />

natura umana.<br />

In conclusione, due considerazioni: il Bene<br />

è il fine dell’uomo, e consiste nel fatto che<br />

questi deve realizzare (non creare, né<br />

determinare; ma un tradurre da potenza in<br />

atto) se stesso secondo la natura che gli è<br />

propria.<br />

Ancora ne viene qui sottolineato il carattere<br />

pratico: esso si può realizzare<br />

completamente nella vita dell’uomo, per<br />

mezzo di un agire secondo virtù.<br />

Aristotele critica Platone sostenendo che, se<br />

il Bene fosse un assoluto, cioè una unica<br />

realtà di natura universale, sarebbe<br />

umanamente impossibile attuarlo oltreché<br />

questione di scarso interesse: più che la<br />

conoscenza di un concetto universale,<br />

l’uomo vuole conoscere il Bene pratico, e le<br />

sue concrete possibilità di realizzazione.<br />

Aristotele: Felicità e virtù<br />

Aristotele esamina con molta profondità il<br />

rapporto tra virtù e felicità, specie in quale<br />

misura l’esercizio della una sia cagione<br />

dell’altra .<br />

Ebbene, la virtù è condizione sì necessaria,<br />

ma non sufficiente per il darsi della felicità:<br />

neppure la pratica sommamente<br />

perfezionata di tutte le “azioni buone”<br />

renderebbe lieto colui che soffra gravi dolori<br />

nel corpo e che si trovi in condizioni di forti<br />

privazioni esterne. La felicità, in questa<br />

concezione, sembra affine alla “vita mista”<br />

platonica: i beni del corpo, dell’anima e<br />

l’esercizio della virtù debbono essere<br />

compresenti, sebbene a questo ultimo<br />

spetti un primato imprescindibile.<br />

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