Il ritorno della memoria - La Provincia di Sondrio

Nella testa sento loro gridare felici, chiamare il mio nome con gioia: vogliono che
giochi con loro.
Belle giornate di sole scaldavano le nostre lezioni, a cui ricordo i bambini
partecipare con interesse. Allora il pericolo partigiano sembrava lontano.
Purtoppo non lo era. Prepotentemente è entrato nelle nostre vite, nelle nostre
case e anche nella nostra scuola. Il luogo che una volta mi riempiva di gioia ora
mi strugge e consuma. Sono costretta a macchiare con le mie grida strazianti le
pareti di questo istituto che una volta abbiamo tutti amato, perché non riesco,
non posso sopportare dentro me questo male. Devo espellerlo e posso farlo solo
urlando.
Urlo, urlo, urlo
Ma nessuno mi sente. Solo i miei aguzzini, che ne sembrano estremamente
compiaciuti e continuano a usare il mio corpo a loro piacimento.
Fa male, tutto questo.
Infangare con strepiti, sporcare con urla indecenti questi luoghi.
Conoscere, capire, provare la crudeltà che l'uomo può celare in sè.
Soffrire, sopportare, morire ed essere innocenti.
Chi ora mi sta sfruttando, sicuramente poi mi ucciderà. Ma non voglio morire
invano.
Voglio lasciare un segno nel cuore del mondo. Voglio che la mia tragica storia
non si ripeta, che l'uomo si penta e che questi fatti insegnino. Voglio far pensare.
Voglio morire consapevole di poter dare qualcosa a chi verrà: una speranza.
Speranza per crescere, capire e andare avanti.
Per questo posso morire con un sorriso sereno sulle labbra.
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