Il ritorno della memoria - La Provincia di Sondrio
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Un cammino estenuante<br />
„Ci guardammo intorno, ma non c‟era niente da vedere, anche il paese pareva<br />
scomparso nel buio. Cercavo tra le ombre un segno <strong>di</strong> vita, poi all‟improvviso u<strong>di</strong>i<br />
un fischio <strong>di</strong> mio padre, così forte che avrebbe potuto raggiungere qualche<br />
mondo lontano, al <strong>di</strong> là <strong>della</strong> notte. Rimasi ad ascoltare trattenendo il respiro. Si<br />
sentiva soltanto il rumore del vento e <strong>della</strong> pioggia tra gli alberi. Di nuovo quel<br />
fischio attraversò la vallata. Aspettammo. Mio padre mi in<strong>di</strong>cò una sagoma che si<br />
stave avvicinando.<br />
“Non lo abbiamo perso, Sergio”.<br />
Tommi si infilò tra le gambe <strong>di</strong> mio padre. Guaiva, tremava. Un filo <strong>di</strong> sangue gli<br />
usciva da <strong>di</strong>etro l‟orecchio.<br />
Silenziosi tra i ricci <strong>di</strong> castagna ci inoltrammo nel bosco, cercando passo dopo<br />
passo la strada tra gli alberi. Mi ero aggrappato al cappotto <strong>di</strong> mio padre e mi<br />
lasciavo trascinare, in<strong>di</strong>fferente ormai al freddo, alla fatica, alla pioggia. Muovevo<br />
le gambe come un pupazzo meccanico, oscillavo, talvolta la testa mi finiva<br />
troppo avanti rispetto al corpo. Allora sbattevo contro la schiena <strong>di</strong> mio padre,<br />
che rallentava, e io ritrovavo l‟equilibrio perduto. Non avevo neppure la forza <strong>di</strong><br />
voltarmi per vedere se Tommi ci seguisse o se anche lui, stremato, si fosse<br />
acquattato da qualche parte. Mio padre si fermò a ridosso <strong>di</strong> un piccolo gruppo<br />
<strong>di</strong> alberi con grosse ra<strong>di</strong>ci che affioravano formando una cavità, come fosse una<br />
nicchia. Mi sollevò un poco reggendomi per le ascelle e mi posò delicatamente in<br />
quella nicchia come se fossi un oggetto prezioso che si potesse rompere. Si<br />
sedette vicino a me, stringendomi, quasi cullandomi fra le braccia. Tommi si aprì<br />
un varco tra i nostri corpi, s‟infilò tra le ginocchia, appoggiando il muso sulla mia<br />
spalla: pensai che saremmo rimasti così, per sempre 10 ‟.<br />
10 STEFANO ZECCHI, Quando ci batteva forte il cuore, pagg. 116- 117, Mondadori, Milano, 2010.<br />
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