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LIBERO D’AGOSTINO
1918
Influenza spagnola
Pandemia che
uccise 50 milioni di
persone. Venne
chiamata così
perché inizialmente
la notizia fu
riportata solo dai
giornali spagnoli
a mucca pazza, i
polli all’H5N1 e, ora,
la febbre dei maiali.
Dall’encefalopatia
spongiforme bovina
allo zibetto della
Sars, la sindrome acuta respiratoria,
severa, dall’aviaria, all’influenza
suina. Nella catena
alimentare dell’uomo ad essere
contaminati da qualche
micidiale virus ad alta potenza
diffusiva mancano ormai soltanto
i pesci da allevamento.
Dalla sofisticazione all’infezione,
a tavola si serve la
paura. “Con la produzione
agroalimentare industriale,
non abbiamo più la conoscenza
diretta di quello che
mangiamo, lo percepiamo
come qualcosa di estraneo, di
straniero e, dunque, a volte
come fonte di possibili rischi”
dice l’antropologo Marino
Niola.
Una mutazione culturale e antropologica
che ha trasformato
il rapporto stesso con la produzione
e il consumo del cibo:
da risorsa, piacere e nutrimento,
a pericoloso veicolo di
contagio pandemico, ossia di
epidemia su scala mondiale.
Per Niola, ecco un’altra faccia
della globalizzazione: “L’economia
mondializzata ci fa vivere
tutti a più a stretto contatto
e inevitabilmente cresce
la paura, confusa ma pressante,
di essere contagiati con
qualche terrificante malattia.
Che si tratti di mucche, polli o
maiali, il cibo diventa il gancio
L’INCHIESTA
Dalla mucca pazza alla febbre
dei maiali, verità e allarmi bluff
sul rischio di una pandemia
1957
Influenza asiatica
Pandemia
influenzale di
origine aviaria che
negli anni 1957/60
causò circa un
milione di morti. Il
virus venne
individuato in Cina
Il “cibo straniero”
fa ritornare
il virus della paura
a cui appendere di volta in
volta questa nostra paura”.
Timori, in questo caso, non del
tutto infondati, visti gli interrogativi
su alcuni sviluppi
dell’industrializzazione agroalimentare
o talune tecniche intensive
di allevamento. Paura
che nell’alimentazione ha, secondo
Niola, anche un forte
impatto simbolico: “Perché il
cibo è qualcosa che noi introduciamo
nel nostro corpo, é
ciò che ci fa sentire diversi,
perché noi, come si ama ripe-
L’industrializzazione della
produzione ha allontanato da
noi la conoscenza degli alimenti
tere spesso, siamo anche ciò
che mangiamo. Tutto questo
non può non accrescere un
senso d’inquietudine e di sospetto”.
Su cui fanno poi larga
presa le campagne di allarme
lanciate dall’Oms, l’Organizzazione
mondiale della sanità.
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1968
Influenza Hong Kong
Pandemia aviaria
individuata ad
Hong Kong nel
1968 e diffusasi
negli Stati Uniti
l’anno seguente.
Le stime parlano di
700 mila morti
Le pandemie del secolo scorso
“Porco Mondo”
L’antropologo Niola:
“Il timore di un
contagio planetario
è l’altra faccia della
globalizzazione”
Sebbene le varie pandemie annunciate
in questi ultimi anni,
che pronosticavano milioni di
morti, alla prova dei fatti non
si sono rivelate tali: solo 139
Il veterinario
SERGIO CAPALDO*
Un nuovo allarme pandemico
legato ad un fattore
animale, alla nostra alimentazione,
dunque, con un possibile
rischio diretto per la nostra
salute. È già successo con la
mucca pazza, con il virus dei polli,
ora é la volta dei maiali. Solo che
abbiamo la memoria corta. Da
anni gli specialisti più attenti,
quelli non compromessi con le
multinazionali del cibo, avvertono
che gli allevamenti intensivi
abbassano le difese immunitarie
degli animali, trasformandoli in
veicoli di malattie. Nessuno, però,
ha mai chiamato alle proprie responsabilità
quanti in Inghilterra
avevano alimentato con farine
animali - che dovevano essere in-
I livelli di allerta dell’Oms
Il virus colpisce
solo gli animali,
non l’uomo
Il virus colpisce
animali e pure
esseri umani
Casi sporadici
o focolai ridotti.
Non c’è diffusione
Contagio tra uomini.
Diffusione prolungata
nella popolazione
Ulteriore diffusione
e focolai estesi
in almeno 2 nazioni
Diffusione in almeno
due “Aree Oms”
Africa Americhe Europa
Area mediterranea
Sud Est Asiatico Pacifico
occidentale
ESERCITAZIONE
Un’esercitazione in Ticino
per testare le misure di
sicurezza sanitaria
casi per la mucca pazza, 890
per la Sars, 369 per l’aviaria.
Non sono certo numeri da
pandemia, parola che, proprio
grazie ai continui allarmi, è en-
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24
trata ormai nel linguaggio comune.
“In queste campagne
c’è sicuramente una forte
componente allarmistica -
segue nella pagina accanto
“Produzione di massa significa
avvelenamento di massa”
vece distrutte - le bestie dei grandi
allevamenti, innescando così il
morbo della mucca pazza. Anzi,
negli allevamenti intensivi si è
continuato ad usare gli animali
come pattumiere, ingozzandoli
con tutto per farli crescere e ingrassare
più in fretta. È la produzione
di massa per un lento avvelenamento
di massa.
Da anni come Slow Food ci battiamo
affinché si ponga fine a queste
tecniche, affinché bestiame,
carne e altre produzioni alimentari
non circolino da un paese all’altro,
per ritornare, invece, a privilegiare
la produzione locale, gli
interessi quindi dei consumatori e
non quelli dei grandi gruppi dell’industria
agroalimentare internazionale.
Sono tante piccole
aziende agricole e di allevatori a
fare la ricchezza e la salute di un
territorio. Non si tratta di sognare
l’impossibile ritorno a pascoli
verdi con animali allo stato brado,
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segue dalla pagina accanto
spiega l’antropologo -, e qualcuno
ha pure interesse ad alimentare
una paura che per la
grande industria chimica far-
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“Oggi c’è un rapporto di estraneità con
quello che mangiamo, perche non
sappiamo come e da chi sia prodotto”
maceutica si trasforma in un
colossale business. Ciò non toglie,
però, che noi stessi siamo
pronti e ben predisposti a farci
allarmare”.
Per Niola viviamo in una condizione
di paura permanente,
ma indistinta per cui c’è bisogno
di darle un volto, di simbolizzarla
in qualche cosa. Solo
che quando si tratta del cibo,
dei possibili pericoli che s’annidano
in esso, ci sente ancora
più indifesi e violabili in qualche
cosa di cui non si può fare
a meno, l’alimentazione.
Probabilmente della febbre
suina, che è sicuramente una
malattia virale grave, e del
nuovo rischio di una pandemia
tra qualche mese non si
parlerà più. Intanto per la
“gripa puerca”, come la chiamano
in Messico, che ha
messo in allerta il sistema sanitario
internazionale, scatta
l’ennesima mobilitazione:
ovunque si abbatteranno maiali
sospetti, si faranno ingenti
scorte di medicinali, si predisporranno
piani di emergenza
ma molto più semplicemente di
produrre di meno e consumare
tutto, di riscoprire come si può
fare il contadino o l’allevatore togliendo
la chimica dalla terra e dagli
allevamenti. Ecco, bisogna tornare
alle radici autentiche della
terra, se con la natura vogliamo
salvare anche la nostra salute. La
speculazione e l’avidità produttivistica
hanno bruciato quei benefici
che potevano derivare dai progressi
tecnico-scientifici. La monocoltura
agricola ha cancellato la
tradizione della rotazione dei terreni,
sovraccaricandoli di trattamenti
chimici per renderli più
produttivi, ma avvelenando
giorno per giorno tutti noi.
* veterinario e responsabile
zootecnico dei Presidi Slow Food
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24
MUCCA PAZZA
La causa della
malattia viene
imputata all'uso di
farine animali
nell'alimentazione
dei bovini. Ha
provocato una
sessantina di morti
in Europa
Le pandemie animali
Recuperare territori e mercati locali contro gli eccessi chimici nei campi e gli allevamenti intensivi della logica super produttivistica
CITOFONARE A...
Sergio Capaldo
risponde
a una intervista
sul “web
citofono”
del Caffè
www.caffe.ch
Le aree
dell’Oms
Contagio soprattutto
tra animali e non molto
frequenti negli esseri umani
Contagio
prolungato
negli esseri
umani
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e di vaccinazione di massa e
calerà drasticamente il consumo
di carne suina, con le
inevitabili lamentele degli allevatori
di maiali, come è già
successo con la mucca pazza o
per i polli infetti dall’aviaria.
Giusto fare opera di prevenzione,
invitare ad un consumo
di carne più attento e prudente
o a tenersi lontani dai luoghi
dove si è manifestato qualche
focolaio d’infezione. Ma, come
avvertono da tempo gli specialisti,
tutto ciò serve a ben poco
se non cambiano tecniche e
condizioni di allevamento,
dall’igiene nei Paesi più poveri
all’alimentazione nei grandi
stabilimenti delle multinazionali
della carne. Se non si rimuovono,
cioè, le vere cause
che faranno da incubatori a
nuovi virus e a nuove paure alimentari.
È il rovescio cattivo di
una produzione di massa per
un consumo di massa che negli
ultimi decenni ha permesso
una più larga accessibilità a
prodotti alimentari prima riservati
a pochi. “Ma l’indu-
Sofisticazioni
e infenzioni
hanno cambiato
il rapporto
con l’alimentazione
strializzazioneagro-alimentare ha portato lontano da noi
la produzione del cibo - dice
Niola -. Quando esso era legato
al nostro territorio lo conoscevamo,
ci fidavamo. Oggi è diventato
un elemento di cui abbiamo
sempre bisogno, ma
estraneo. Un cibo ‘straniero’ di
cui sappiamo ben poco, che
semina perciò inquietudine e
incertezza per la nostra salute”.
ldagostino@caffe.ch
INFLUENZA
AVIARIA
Malattia contagiosa
dovuta ad un virus
che colpisce uccelli
selvatici e polli. Tra
200 e i 400 i morti
nel mondo. L’Oms
temeva una
pandemia
Grazie alla tariffa all in one.
IL CAFFÈ 3 maggio 2009
47
L’analisi
“Lo sfruttamento animale
è l’origine delle pandemie”
ALLEVAMENTI
“Gli allevamenti
industriali sono
ritenuti una
necessità, ma
è sbagliato”
Morbo della mucca
pazza. Influenza
aviaria. Influenza
suina. Tre problemi diversi,
ma con un unico comun denominatore:
“lo sfruttamento
degli animali in condizioni
aberranti”. Non lo sostengono
solo gli animalisti, ma anche
la comunità scientifica internazionale.
Se all’origine del
morbo di Creutzfeldt-Jakob
c’era la somministrazione di
farine animali ai bovini, notoriamente
vegetariani, nel caso
di aviaria e influenza suina ci
sono proprio queste condizioni,
come sottolineato in
Medici e associazioni zoofile puntano
il dito sulle pessime condizioni in cui
nel mondo si allevano polli e maiali
questi giorni da Enrico Moriconi,
medico veterinario e politico
italiano ambientalista:
“è naturale che tali modificazioni
(dei ceppi di virus ndr)
siano più facili laddove vi sia
una grande concentrazione di
animali con caratteristiche
immunitarie diverse, come
può avvenire negli allevamenti
industriali, dove gli animali
sono sottoposti a stress e
a continui trattamenti terapeutici,
per cui si generano le
condizioni migliori per indurre
la trasformazione dell’agente
virale”.
Secondo la comunità scientifica,
sono gli allevamenti intensivi
i principali focolai di
virus e malattie potenzialmente
pericolose. Luoghi ritenuti
un habitat che facilita
la trasformazione dei virus
,mettendoli in grado di fare il
“salto di specie. “Una prima
conseguenza è che le pandemie
sono sempre più comuni
e frequenti perché sostenute
da un sistema zootecnico intensivo
globale che non si
pensa di modificare” ha
scritto Moriconi. I suini sono
sensibili sia ai virus influenzali
umani sia a quelli aviari.
È pertanto probabile che
siano loro i responsabili del
riassorbimento genetico del
virus, fino a renderlo patogeno
per la specie umana.
Inoltre, come denunciato dall’associazione
Stiftung für da
Tier im Recht, con sede a Zurigo
“le autorità sanitarie non
si preoccupano minimamente
di intervenire per contenere
l’espansione di tali allevamenti,
anzi li sostengono
anche con contributi pubblici.
È ugualmente degno di
nota che gli allevamenti industriali
siano ritenuti una necessità,
in quanto le richieste
dei consumatori e dell’industria
di avere sempre maggiori
quantità di cibo di origine
animale, anche carne di maiali
e salumi, richiedono questi
sistemi zootecnici industrializzati”.
L’associazione
zurighese ha ribadito che è
necessario un altro approccio:
“È chiaro che i cittadini
devono comprendere che
sono anche loro responsabili
nel provocare determinati sistemi
con la smodata richiesta
di carne, e che il loro comportamento,
di fatto, genera
una delle probabili cause
delle pandemie ricorrenti”.
Nel frattempo le autorità sanitarie
messicane e americane
si preparano a uccidere migliaia
di maiali così come, nel
caso dell’influenza aviaria, in
Asia erano stati sterminati milioni
di polli. In diversi Paesi,
come mostrarono i tg di
mezzo mondo, sotterrandoli
ancora vivi in sacchi di plastica.
c.g.
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