MemOria_febbraio_2013 - Diocesi di Oria
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globale, assistiamo a forme <strong>di</strong> sra<strong>di</strong>camento e <strong>di</strong><br />
deterritorializzazione: non abbiamo più il potere <strong>di</strong><br />
controllare gli eventi perché non solo sono più gran<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
noi, ma soprattutto perché gli attori si sono fatti invisibili<br />
e sono concentrati in poche persone che agiscono in<br />
modo globale.<br />
d) La società plurale<br />
Ci troviamo a vivere in un doppio pluralismo: religioso<br />
e culturale. La società oggi più che educare ala fede<br />
educa ala libertà religiosa. E questo sia a causa dei fl ussi<br />
migratori che della laicizzazione della cultura. Come<br />
comportarci? Dobbiamo educare al e nel rispetto delle<br />
<strong>di</strong>versità, per cercare più ciò che unisce che ciò che <strong>di</strong>vide,<br />
mantenendo la <strong>di</strong>ff erenza cristiana. Cercare quelle che il<br />
fi losofo Italo Mancini chiamava le “convergenze etiche”.<br />
Senza tuttavia confondere il relativismo con il pluralismo.<br />
Il primo <strong>di</strong>ce che non vi è alcuna verità, o che non vi è<br />
un’unica verità, ma che ognuno ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> crearsi una<br />
propria verità. Il secondo invece aff erma che alla stessa<br />
verità si può arrivare per vie <strong>di</strong>verse e che la stessa verità<br />
può essere detta in linguaggi <strong>di</strong>versi.<br />
e) L’epoca delle passioni tristi 4 e la società<br />
estetica. La morte del desiderio<br />
Prima le passioni erano in funzione del legame. Eros era<br />
in funzione <strong>di</strong> Agape. Oggi invece il legame è in funzione<br />
della passione, fi no ad arrivare a delle passioni senza più<br />
legami. Le passioni che non si trasformano in legami<br />
<strong>di</strong>ventano tristi, perché restano incompiute. Perchè sono<br />
i legami che danno senso alle passioni.<br />
Ci troviamo nella “società estetica” 5 dove si ha il dominio<br />
dell’esteriorità e dove l’uomo è stato rubato della propria<br />
interiorità. Il 44° Rapporto Censis parla <strong>di</strong> un “inconscio<br />
collettivo senza più legge né desiderio”, parla <strong>di</strong> pulsioni<br />
sregolate, <strong>di</strong> un egoismo autoreferenziale e narcisistico.<br />
Vi è un eccesso <strong>di</strong> stimolazione esterna che supplisce<br />
il vuoto interiore del soggetto. Prevale più la curiosità<br />
che la ricerca. Si cerca <strong>di</strong> vivere più l’intensità che la<br />
“profon<strong>di</strong>tà”; si cerca ciò che è imme<strong>di</strong>ato e si ha paura<br />
<strong>di</strong> affi darsi alla logica della promessa che chiede fedeltà.<br />
Invece della linearità che da valore al senso dell’attesa,<br />
prevale la simultaneità che ci fa vivere nella logica del<br />
4 M. BENASAYAG – G. SCHMIT, L’epoca delle passioni tristi,<br />
Feltrinelli, Milano. 2004<br />
5 C. GIACCARDI – M. MAGATTI, L’Io globale. Dinamiche dela socialità<br />
contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001<br />
SPECIALE<br />
consumare tutto qui, adesso e subito.<br />
Nello spazio estetico l’uomo <strong>di</strong>venta un collezionista <strong>di</strong><br />
esperienze, sena un fi lo conduttore che le tenga unite e<br />
che <strong>di</strong>a ad esse un senso. Manca un progetto unitario e<br />
coerente. Dominano le emozioni e ciò che conta è più<br />
quello che si prova e si sente per sé piuttosto che quello<br />
che ha valore in sé (sia esso l’altro o io stesso).<br />
Per essere abbiamo bisogno <strong>di</strong> apparire: l’ostentazione e<br />
il potere dell’immagine ci seducono. Non è importante<br />
essere ciò che siamo, ma importante è fare credere agli<br />
altri che lo siamo.<br />
f) L’epoca del nichilismo. Oltre l’ateismo.<br />
Il nichilismo, riprendendo un defi nizione <strong>di</strong> Nietzsche,<br />
è stato ribattezzato come un ospite inquietante 6 . Nell’era<br />
del nichilismo l’uomo si coglie come un essere gettato nel<br />
mondo (Heidegger), senza origini e senza un “fi ne” (telos,<br />
skopos, eskaton). Al posto de “il” fi ne, “la” fi ne. Nichilismo<br />
signifi ca anche crisi o assenza <strong>di</strong> senso. Questo vuol <strong>di</strong>re<br />
che dobbiamo educare nell’era del vuoto. Un vuoto però<br />
che è “pieno <strong>di</strong> niente”. Non si tratta <strong>di</strong> un vuoto “vuoto”,<br />
ma un vuoto pieno <strong>di</strong> cose inutili. Il che è peggio, perché<br />
dobbiamo prima rimuovere le cose sbagliate con cui ci<br />
siamo riempiti, per poi fare spazio alle cose autentiche.<br />
Dire che siamo pieni <strong>di</strong> nulla signifi ca che il nulla ci<br />
riempie, solo che ci riempie svuotandoci. Siamo pieni<br />
fuori e vuoti dentro (cfr. la canzone “Sono un vuoto a<br />
perdere”). È come <strong>di</strong>re che siamo dei quadri senza<br />
pareti. Da qui il valore pedagogico del monito della S.<br />
Scrittura: (Is 55, 1-3)<br />
“O voi tutti assetati venite all’acqua,<br />
chi non ha denaro venga ugualmente;<br />
comprate e mangiate senza denaro<br />
e, senza spesa, vino e latte.<br />
Perché spendete denaro per ciò che non è pane,<br />
il vostro patrimonio per ciò che non sazia?<br />
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone<br />
e gusterete cibi succulenti.<br />
Porgete l’orecchio e venite a me<br />
ascoltate e voi vivrete”.<br />
Nella crisi <strong>di</strong> senso ci troviamo <strong>di</strong> fronte ad un uomo<br />
spaesato: senza patria (Heimatlosigkeit). In perenne esilio,<br />
per cui si parla <strong>di</strong> “noma<strong>di</strong>smo” (VMPM, n. 2). Non è<br />
6 U. GALIMBERTI, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2007<br />
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