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MemOria_febbraio_2013 - Diocesi di Oria

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mente dell’uomo semplice e <strong>di</strong> magnifi care attraverso i<br />

materiali preziosi l’immateriale <strong>di</strong>vinità. Nella chiesa <strong>di</strong><br />

San Domenico <strong>di</strong> Ceglie, dove mancano cicli decorativi<br />

pittorici aff rescati ma non tele <strong>di</strong> qualche interesse<br />

iconografi co, sono invece vere e proprie opere d’arte<br />

<strong>di</strong> rilevante interesse storico artistico gli arre<strong>di</strong> lignei.<br />

In particolare meritano <strong>di</strong> essere meglio preservati dal<br />

degrado e da una <strong>di</strong>struzione certa il coro ligneo nel<br />

catino absidale, due pulpiti mobili <strong>di</strong>sposti lungo la<br />

navata e il simulacro del santo titolare custo<strong>di</strong>to in una<br />

teca ormai aggre<strong>di</strong>ta dall’umi<strong>di</strong>tà.<br />

Il coro è elegante nelle forme e prezioso nei materiali,<br />

databile tra i secoli XVII/XVIII, è caratterizzato da<br />

motivi ornamentali vegetali e animali <strong>di</strong> fi nissimo<br />

intaglio, che lo rendono unico nel paese e <strong>di</strong> maggiore<br />

pregio rispetto al coro ligneo molto più semplice nelle<br />

forme e in miglior stato <strong>di</strong> conservazione, collocato<br />

nella vicina chiesa matrice.<br />

Miracolosamente scampati alle aggressioni dei tarli, i<br />

due pulpiti sono davvero ‘cosa rara’.<br />

Se quello issato sul lato destro della navata, recante<br />

la data 1717, si fa notare per l’elaboratezza degli<br />

intagli, sia nella copertura che nel ballatoio, l’altro<br />

mobile collocato sul lato opposto, senza dubbio ancor<br />

più antico del primo, stupisce per la minuzia della<br />

lavorazione del legno, l’eleganza dei motivi ornamentali,<br />

la rara tipologia dello schienale recante al centro un<br />

<strong>di</strong>pinto su tela. In essa, l’immagine <strong>di</strong> San Vincenzo<br />

Ferrer alato e recante una fi ammella sulla testa, evoca<br />

la potenza dell’ispirazione <strong>di</strong>vina attraverso l’omelia,<br />

che proprio da quel mobile i frati pre<strong>di</strong>cavano ai fedeli.<br />

Ritenuto ad<strong>di</strong>rittura cinquecentesco in virtù dell’aquila<br />

bicipite <strong>di</strong> memoria imperiale collocata in posizione<br />

preminente, lo straor<strong>di</strong>nario mobile proviene forse<br />

dalla cappella <strong>di</strong> prima e<strong>di</strong>fi cazione <strong>di</strong> patronato<br />

privato. In proposito è interessante un intervento <strong>di</strong><br />

taglio storiografi co <strong>di</strong>vulgato fuori commercio nel<br />

2004 dallo storico locale Pasquale Elia, intitolato Ceglie<br />

Messapica (Le chiese), riproposto nella rivista online<br />

«l’Idea» nel 2007.<br />

Alla committenza <strong>di</strong>retta dei frati si deve invece lo<br />

<strong>Mem<strong>Oria</strong></strong><br />

straor<strong>di</strong>nario simulacro del santo, vero e proprio<br />

“pezzo da museo”, così come l’elaborato altare barocco<br />

impreziosito <strong>di</strong> marmi rari.<br />

Caratterizzato dall’elegante postura e dalla delicatezza<br />

dei lineamenti del volto, umanizzato da una fi nitura<br />

pittorica delle più cre<strong>di</strong>bili, la scultura <strong>di</strong> legno<br />

policromato del San Domenico è accostabile alla<br />

produzione della bottega <strong>di</strong> Gaetano e Pietro Patalano.<br />

Artisti del legno attivi tra la fi ne del Seicento e il primo<br />

Settecento a Napoli, tali scultori raggiunsero livelli<br />

altissimi nella confezione <strong>di</strong> simulacri sacri con cui<br />

riempirono le chiese del meri<strong>di</strong>one. Divenuti ormai<br />

oggetti rari per la facile deperibilità del legno e ormai<br />

riscattati negli stu<strong>di</strong> dallo status ancillare <strong>di</strong> oggetti<br />

d’artigianato artistico, non solo tali sculture sono<br />

tutelate a pieno titolo dalle sovrintendenze regionali e<br />

apprezzate dagli specialisti del settore, ma ad<strong>di</strong>rittura<br />

sono ritenute oggetti degni <strong>di</strong> collezioni <strong>di</strong> prestigio<br />

se alcuni esemplari si conservano, oggi, in musei<br />

d’oltreoceano come il Paul Getty <strong>di</strong> Malibù.<br />

L’altare, probabilmente coevo alla campagna <strong>di</strong><br />

ristrutturazione dell’e<strong>di</strong>fi cio promossa dall’Or<strong>di</strong>ne<br />

quando ne entrò in possesso, è <strong>di</strong> squisita fattura.<br />

Senza dubbio frutto <strong>di</strong> maestri scalpellini napoletani<br />

(dell’altezza <strong>di</strong> quelli del preziosissimo cappellone <strong>di</strong><br />

anno VIII n. 2 Febbraio <strong>2013</strong><br />

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