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donna dalle forme procaci, i giovanotti si davano di gomito ed ammiccavano:<br />
«<strong>La</strong> g’ ha un pet ch’ la par un’ urlandesa».<br />
Santa Maria <strong>del</strong>la <strong>Versa</strong> - Il Casale Denari<br />
Si noti la erre che deturpa la parola olandese, a riprova di un un livello<br />
culturale che era davvero infimo in quei tempi.<br />
Il corpulento mugnaio Bellinelli era l’inevitabile termine di paragone<br />
quando si parlava di obesi. Era frequente la battuta scherzosa secondo la<br />
quale, per confezionargli un paio di pantaloni, ci sarebbe voluta “tänta tila<br />
da cuatá l’èra dlä Musca”.<br />
A titolo informativo, a Santa Maria <strong>del</strong>la <strong>Versa</strong> qualsiasi cosa avesse<br />
avuto dimensioni superiori alla norma era per definizione “grand mè l’èra<br />
dlä Musca”, perché la tenuta Mosca, nella frazione omonima, era molto vasta<br />
ed aveva un’aia commisurata all’estensione <strong>del</strong>la proprietà.<br />
Di una donna magra e longilinea si usava dire “ch’ la par una fuslena”,<br />
perché tale suppellettile <strong>del</strong>la tavola rende molto bene l’idea <strong>del</strong>la magrezza.<br />
Quando si voleva connotare l’assoluta mancanza di forme femminili si<br />
aggiungeva che “l’è piata mè un’ asä da lavá”. Se la donna era gracile e<br />
striminzita veniva usata l’espressione “lä par la scalmä di sizar”, dove la<br />
<strong>La</strong> <strong>Madona</strong> <strong>dla</strong> <strong>Versa</strong> 77