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Gli istituti femminili di educazione e di istruzione - Direzione ...

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Introduzione<br />

linguaggio, pesantissimi in materia <strong>di</strong> donne e <strong>di</strong> <strong>educazione</strong> femminile, ma pur<br />

sempre in lenta e non lineare evoluzione: quando si irrigi<strong>di</strong>scono e quando, al<br />

contrario, cominciano a muoversi in “zone franche”, <strong>di</strong>ventando più flessibili e<br />

aprendo così spazi per nuove definizioni della cultura e del comportamento<br />

delle donne?<br />

La molteplicità delle voci in campo rende <strong>di</strong>fficile e complessa tale operazione,<br />

che si rivela comunque opportuna per comprendere a fondo il gioco delle<br />

parti in uno scenario dominato da forti contrapposizioni; e questo anche quando<br />

la controparte del ministero non è rappresentata da or<strong>di</strong>ni e congregazioni religiose,<br />

ma dai notabili locali che amministrano gli <strong>istituti</strong>, spesso, però, in sintonia con<br />

suore e oblate, come nel caso dei conservatori della Toscana. Anche qui, il confronto<br />

che si apre dopo l’Unità sulla gestione dei conservatori giunge a esprimere<br />

punte <strong>di</strong> elevata conflittualità, facendo uscire allo scoperto posizioni inconciliabili<br />

e accesi <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong> sulla gestione dell’<strong>educazione</strong> e degli stessi destini <strong>femminili</strong>.<br />

Si può comprendere dunque, come mai, tra le fonti esaminate, le analisi<br />

sugli stu<strong>di</strong> postelementari delle donne occupino, almeno fino agli anni Ottanta<br />

dell’Ottocento, un posto sostanzialmente secondario, sospesi come sono tra la<br />

tra<strong>di</strong>zione delle arts d’agrément e la proposta, peraltro ancora debole, <strong>di</strong> nuove<br />

scienze <strong>femminili</strong> funzionali alla gestione della famiglia e della casa (igiene, economia<br />

e contabilità domestica), e rigidamente separati dal campo degli stu<strong>di</strong><br />

maschili. Lo statuto dell’<strong>istruzione</strong> secondaria femminile stentava, insomma, a<br />

venire definito, e i fiumi d’inchiostro che, nella pubblicistica ottocentesca, si<br />

sprecarono sulla missione della donna come sposa e madre spesso non aiutarono<br />

a chiarire e a precisare gli orientamenti sull’organamento e l’articolazione dei<br />

programmi, che tuttavia inevitabilmente affioravano in superficie, in modo vago<br />

e frammentario, tra uno stereotipo e l’altro, dal <strong>di</strong>scorso su una cultura <strong>di</strong> genere<br />

<strong>di</strong>ffuso a vari livelli, e non <strong>di</strong> rado assai contrad<strong>di</strong>ttorio. D’altra parte, almeno nei<br />

primi decenni postunitari, le note dominanti che si rintracciano nei documenti<br />

sono essenzialmente altre: le preoccupazioni delle autorità scolastiche per invadenze<br />

clericali vecchie e nuove e, innanzitutto, la volontà <strong>di</strong> normalizzare, contro<br />

ostinate resistenze, or<strong>di</strong>namenti amministrativi e <strong>di</strong>sciplinari e norme comportamentali<br />

<strong>di</strong> tipo prettamente monastico, che apparivano ormai alla stregua<br />

<strong>di</strong> residui tanto anacronistici, quanto fortemente con<strong>di</strong>zionanti per la vita delle<br />

donne, della società, dell’intera nazione.<br />

Non si potrà invece mai insistere abbastanza sul fatto che gli orientamenti<br />

sui curricula si incar<strong>di</strong>narono, ancora maggiormente – se possibile – nel caso <strong>di</strong><br />

educatori e <strong>di</strong> «reclusori» <strong>femminili</strong>, su un principio basilare del sistema pedagogico,<br />

accettato ovunque, ma dalla nuova classe <strong>di</strong>rigente rimesso a punto, fatto<br />

proprio e temperato solo nelle sue punte più dure e nelle contrad<strong>di</strong>zioni più stridenti:<br />

il rispetto assoluto, da parte delle istituzioni scolastiche, con la loro preci-<br />

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