1924-2004: gli ottanta anni del Ginnasio-Liceo di Brunico - EmScuola

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54 55 56 53. Le educande delle Orsoline nell’anno scolastico 1911-1912. 54. Anni ‘20-30: attività in cucina. 55. Anni ‘30: attività di cucito e ricamo. 56. Anni ‘30: attività di falegnameria. 57. Copertina del libro di Adolfo Scotto di Luzio, Il liceo classico. Qui metteva radici il sogno di una applicabilità immediata dell’esperienza degli antichi all’epoca moderna. La situazione dell’istruzione secondaria nell’Ottocento è complessa e variegata: nella Lombardia austriaca i recenti studi storiografici sulla storia della scuola hanno messo in luce l’esistenza nel 1825 tra ginnasi imperiali, comunali e privati di ben 29 istituti, contro i 25 boemi e i 20 veneti: alla vigilia del 1848 erano frequentati da 9.000 studenti, pari circa ad un ginnasiale ogni 296 abitanti. I figli del patriziato urbano, soprattutto in Lomabardia, frequentavano gli istituti privati, la maggior parte dei frequentanti i ginnasi imperiali invece apparteneva ad un ceto medio borghese ed ai possidenti. Le Legge Casati (1859), che fornisce il quadro normativo dell’istruzione pubblica nel nascente Regno d’Italia, articola l’istruzione classica in due gradi: il ginnasio, di 5 anni, in prevalenza a carico dei Comuni, e il liceo, di 3 anni, con carico parziale dello Stato; il modello di Casati rappresenta – secondo la storiografia più recente – la rottura con quello gesuitico. “La burocratizzazione degli uffici pubblici e la formalizzazione dell’accesso al servizio delo Stato che con la costituzione dell’apparato amministrativo dell’Italia unita impone, spezza il legame tra élite sociali tradizionali e studi classici, portando a definitivo compimento un processo che si è svolto in tutta la prima metà dell’Ottocento. Il latino, fondamento dei curricola formativi delle nuove burocrazie, diventa un patrimonio culturale condiviso e condivisibile da un destinatario sociale più ampio e soprattutto selezionato sulla base di principi che esulano totalmente dal diritto ereditario del sangue. La soluzione di continuità che la scuola dell’Italia liberale segna rispetto alla tradizione pedagogica di antico regime è dunque da questo punto di vista netta. Non solo l’introduzione del greco propiziata dalla legge Casati ed 57 in generale il rinnovamento degli studi classici sulla base delle acquisizioni della filologia germanica ne impone una generale rifondazione, ma il destinatario sociale dell’istruzione, quella classe media cui aspira il gruppo dirigente liberale, ne modifica profondamente significati e funzioni.” 5 Latino e greco diventano i contenuti irrinunciabili dell’educazione morale e intellettuale del cittadino del nuovo Stato unitario. Tra il 1861 e il 1924 i programmi di insegnamento subirono ben pochi mutamenti: italiano, latino, greco impegnavano l’attività scolastica degli studenti del ginnasio, sull’intero ciclo, con 75 ore settimanali su un totale di 100. Se inizialmente il greco impegnava 9 ore settimanali, l’italiano 28, contro le 37 del latino, nel corso degli anni Ottanta ad italiano e latino vennero assegnate 32 ore settimanali. Solo la riforma Gentile (1923-24) modificò l’assetto complessivo della scuola: cinque anni di scuola elementare, poi le opzioni per l’avviamento professionale (che avrebbe avuto come sbocchi il lavoro) o il ginnasio che avrebbe consentito poi l’accesso ai licei e all’università. Già nel 1918 Gentile aveva scritto: “Lo Stato deve bensì aprire una porta verso l’al- storiae37
ta cultura, ma piuttosto stretta che larga”. La scuola non poteva sopportare troppi studenti, troppo dissimili rispetto al rigore degli studi le “condizioni d’animo e di mente” che “il loro ingresso portava nella scuola italiana”: la scuola secondaria doveva essere riportata entro i giusti confini: una scuola elitaria quella dei licei, una scuola per il ceto medio, quello impiegatizio, le scuole tecniche, una scuola per i nuovi operai specializzati la scuola industriale, quella per i lavoratori la scuola professionale. La riforma era stata concepita per ridurre la popolazione scolastica: dai dati forniti da Jürgen Charnitzky emerge che nei due anni successivi alla entrata in vigore della riforma gli studenti diminuirono di più del 30 %. Dei 163.719 studenti iscritti alle scuole e agli istituti tecnici nel 1922-23, solo 43.432 passarono l’anno successivo al nuovo Istituto Tecnico creato dalla riforma, gli altri finirono alla scuola complementare, un corso post-elementare di durata triennale e senza sbocchi; ben diversa la situazione del ginnasio-liceo, che passò da78.959 studenti a 63.736 con un tasso di abbandono intorno al 19%. 6 “L’edificio della scuola media si innalzava nella riforma Gentile intorno al principio dell’autocoscienza. La cultura umanistica era cultura formale in quanto lo studio serio e rigoroso delle materie letterarie e filosofiche consentiva all’adolescente la conquista lucida e consapevole della propria personalità spirituale. Il lavoro intellettuale risiedeva in altri termini all’interno di un movimento autoriflessivo per il quale il soggetto prendeva coscienza di sé nell’atto stesso del conoscere. Non dunque alla semplice acquisizione di una serie determinata di contenuti, alla presa di possesso di un territorio più o meno vasto dell’enciclopedia del sapere mirava lo studio, bensì alla consapevolezza del travaglio del proprio pensiero nel processo di conoscenza. Risiedeva qui la centralità della filosofia nella scuola media gentiliana. Vertice dell’insegnamento liceale, luogo della ricomposizione del sapere trasmesso dalla scuola. [...] Deriva da qui la fondazione del liceo come spazio specifico dell’esperienza spirituale dell’adolescente e degli studi classici come luogo fondamentale della definizione dell’identità borghese nella prima metà del Novecento. Se il ginnasio era il tempo dell’apprendistato gram- 38 storiae 58 maticale, della faticosa appropriazione degli strumenti del leggere, il liceo, in corrispondenza della stagione gentiliana dei dubbi sistematici dell’adolescenza, assolveva ad una più alta funzione di nutrimento spirituale, avviava i giovani alla lettura cursoria dei poeti e degli autori classici, alla loro scoperta personale, integri, liberi dal compito scolastico della traduzione, non sminuzzati in frasi e brani d’antologia, ma letti in opera intera. Compito del liceo era sollecitare problemi e bisogni, addestrare i giovani al lavoro intellettuale autonomo.” 7 Centrale dell’impianto culturale del ginnasioliceo è l’educazione linguistica: “E’ qui, lungo il filo che si svolge ininterrotto nella vicenda della scuola classica tra Ottocento e Novecento che la storia di un’istituzione come il liceo-ginnasio diviene impercettibilmente quella di una tradizione di cultura che si fa viva e concreta, prende corpo forma e consistenza nella pratica didattica della trasmissione del sapere attraverso la sequenza delle generazioni. Era sul piano specificatamente verbale, dell’analisi delle parole, della valutazione attenta del lessico di un autore, della scoperta della sua necessità intrinseca come espressione esatta, unica ed incomparabile di un universo sentimentale ed intellettuale che la centralità letteraria dei programmi ginnasiali e liceali realizzava il suo pieno valore pedagogico.” 8 Negli anni Trenta il ginnasio-liceo subisce una grande espansione nelle frequenze, ma un progressivo indebolimento del nesso con la società italiana. “Uno scollamento tra i contenuti culturali del suo percorso formativo e il progetto politico e sociale ad esso soggiacente nel quale il liceo classico smarrisce la chiave di quel rapporto fecondo tra rigore degli studi disinteressati e meritocrazia borghese al cui interno ha preso storicamente forma l’esercizio della sua funzione culturale e civile.” 9 Nei registri dei ginnasi e dei licei pubblici del Regno d’Italia nell’anno scolastico 1939-40 gli iscritti sono più di 200.000, il 40% degli studenti; 128.386 frequentano gli Istituti Tecnici, 137.600 l’Istituto Magistrale. Gli alunni delle scuole secondarie di avviamento professionale, sorte nel 1929 dall’accorpamento della scuola complementare e del triennio integrativo di avviamento professionale con le scuole di avviamento al lavoro, sono già 150.000. Trent’anni più tardi, la riforma della scuola media unica (1962) e la liberalizzazione degli accessi universitari (1969) avrebbero sancito il tramonto del liceo-ginnasio, già “messo ai margini dal movimento di sviluppo dell’istruzione secondaria nella metà degli anni Sessanta ed ora non più indispensabile al conseguimento del grado accademico”. Il liceo scientifico – nella riforma Gentile “copia sbiadita” del liceo classico - nel 1973 raggiunge i 300.000 iscritti (con un incremento di 205.906 unità negli anni Sessanta rispetto all’aumento di 15.750 nel liceo classico)
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