Prefazione - i 2 Colli
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A mia madre Rosetta Capputi<br />
Terni<br />
Esile, curva<br />
sotto il peso degli anni e degli affanni<br />
l’espressione attonita a rimestar pensieri<br />
mai un gemito un lamento<br />
solerte, sempre, nel soccorrere il compagno<br />
pronta ad assumersi le pene.<br />
Bella e altera un tempo<br />
vivo lo sguardo, il sorriso aperto<br />
l’incarnato trasparente d’alabastro<br />
avvenente era, anche per quel suo piglio:<br />
per me piccina un simbolo, un traguardo.<br />
Ed ora che son passati anni e anni<br />
e il tempo esser volato sembra<br />
oltre l’orizzonte ove perdonsi i gabbiani<br />
Il timore dell’ultimo commiato è grande.<br />
E mi vien di coccolarla, cingerla d’amore<br />
ma cautamente devo agire poiche si sente madre.<br />
Alle sue tenere premure allora m’abbandono...<br />
Mi sembra quasi un ritornar bambina,<br />
un riviver emozioni antiche...<br />
Così, quasi da altra dimensione<br />
mi giunge il pianto sommesso di una piccolina<br />
per il distacco dal suo grande arco<br />
e l’echeggiar di saggi ammonimenti lungo il cammino.<br />
Ma quel che più tocca l’essere profondo<br />
è l’immagine di due figure quasi sovrapposte<br />
in quel balcone prospiciente il lago I<br />
unite da un legame che non conosce fini.<br />
Ed or che il lento fiume si avvicina al grande mare<br />
una mestizia greve affonda l’anima...<br />
È proprio vero: le mamme restan sempre tali<br />
in loro c’è qualcosa di divino che traluce per l’Eterno.<br />
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