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TESI def.12.pdf - OpenstarTs - Università degli Studi di Trieste

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non comprendono il concetto <strong>di</strong> numero, deriverebbe dall’osservazione secondo la quale se<br />

viene chiesto loro <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care tra due file <strong>di</strong> oggetti quella che ne contiene <strong>di</strong> più, questa<br />

risposta sembra essere influenzata in maniera decisiva dallo spazio occupato dagli oggetti<br />

stessi in quanto, nel caso <strong>di</strong> due file numericamente uguali ma occupanti estensioni <strong>di</strong>verse, la<br />

risposta cade frequentemente su quella nella quale gli oggetti sono più <strong>di</strong>stanziati (Piaget &<br />

Szeminska, 1976). Piaget considera questa una prova del fatto che i bambini <strong>di</strong> quell’età non si<br />

rendono conto che il numero non cambia al variare della <strong>di</strong>sposizione <strong>degli</strong> oggetti.<br />

In un altro esperimento venne sottoposto a verifica sperimentale il possesso da parte dei<br />

bambini <strong>di</strong> 4-5 anni <strong>di</strong> una regola elementare dell’inclusione <strong>degli</strong> insiemi, che a sua volta<br />

costituisce uno dei fondamenti dell’aritmetica: dopo aver mostrato loro un gruppo composto<br />

da otto alberi <strong>di</strong> cui sei abeti e due querce, è stato chiesto se ci sono più abeti o più alberi. La<br />

risposta “ci sono più abeti” <strong>di</strong>mostrerebbe che i bambini confondono la categoria cui afferisce<br />

l’insieme con gli elementi ivi contenuti.<br />

In base a questa e ad altre osservazioni, tutte che sembrano in<strong>di</strong>care un’acquisizione lenta e<br />

incerta delle proprietà fondamentali del numero, Piaget conclude che le conoscenze logiche e<br />

matematiche, comprese le universali regole <strong>di</strong> inferenza, anziché essere <strong>di</strong>sponibili attraverso<br />

una comprensione intuitiva delle proprietà <strong>di</strong> oggetti ed eventi, si costruiscono nel bambino in<br />

maniera progressiva me<strong>di</strong>ante l’osservazione e l’interiorizzazione delle regolarità del mondo,<br />

quin<strong>di</strong> attraverso la continua interazione con gli elementi che lo compongono e la registrazione<br />

delle regolarità che lo caratterizzano. Tale conclusione, pur non contrapponedovisi<br />

apertamente, si pone su un piano <strong>di</strong>verso rispetto all’ipotesi - avanzata all’inizio <strong>di</strong> questo<br />

capitolo ed ispirata alla previsione <strong>di</strong> Darwin sulla continuità dell’intelletto tra uomo e animali -<br />

secondo la quale le facoltà mentali avrebbero non solo una componente genetica<br />

fondamentale, tale da influenzare ed in<strong>di</strong>rizzare in maniera decisiva qualsiasi interazione con<br />

l’ambiente esterno, ma ad<strong>di</strong>rittura, nelle sue linee essenziali, con<strong>di</strong>visa con altre specie<br />

animali, prive <strong>di</strong> trasmissione culturale e nelle quali l’apporto dell’ambiente e dell’esperienza<br />

sulle facoltà cognitive e sui comportamenti è minore. Questa ipotesi presuppone che i<br />

meccanismi cognitivi <strong>di</strong> base per la rappresentazione <strong>degli</strong> aspetti rilevanti dell’ambiente<br />

<strong>di</strong>pendano dalla presenza <strong>di</strong> un “core knowledge system” – un set <strong>di</strong> strumenti cognitivi ad uso<br />

<strong>di</strong> ogni essere umano – che sia <strong>di</strong>sponibile alla nascita e, in virtù della nostra derivazione<br />

filogenetica comune da progenitori non umani, presente anche in altre specie animali<br />

(Vallortigara et al., 2010).<br />

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