Il valore aggiunto dei bollini rosa - Fondazione Salvatore Maugeri
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Parola di...<br />
La rubrica Parola di…<br />
di questo numero di Notizie FSM<br />
ospita l'intervista<br />
al Prof. Bruno Dallapiccola,<br />
Direttore Scientifi co<br />
Ospedale Bambino Gesù, Roma<br />
NOTIZIE FSM<br />
La genetica<br />
ci salverà?<br />
La strada del Dna appare segnata senza via di ritorno e le applicazioni ne<br />
confermano le straordinarie potenzialità per il progresso della scienza medica.<br />
Ciò non ha impedito a un gruppo di ricercatori di affermare sulle colonne di<br />
Nature “Nonostante l’enorme <strong>valore</strong> scientifi co della ricerca fatta, le nuove<br />
tecnologie hanno solo un impatto marginale per la cura delle malattie nella<br />
popolazione”. Anche il mondo si chiede se le aspettative circa la rivoluzione<br />
genetica siano state in parte disattese e si interroga sulle implicazioni etiche<br />
della genomica. Ne parliamo con il Professor Bruno Dallapiccola, genetista,<br />
direttore scientifi co Ospedale Bambino Gesù di Roma<br />
Dieci anni fa, l’annuncio della decodifi cazione del genoma umano inaugurava<br />
una nuova era. Di strada da allora ne è stata fatta tanta e i progressi non<br />
mancano, tuttavia molte aspettative appaiono tuttora disattese. Professore,<br />
a che punto siamo?<br />
“Quando, nel 2000, è stato dato l’annuncio della bozza del sequenziamento<br />
del genoma umano, avvenuto un paio d’anni dopo, da più parti si gridava alla<br />
più grande scoperta dell’umanità. Anche se non si può non concordare con<br />
l’idea che si sia trattato di un evento scientifi camente epocale, personalmente,<br />
mettendomi dalla parte del cittadino, ho sempre sottolineato che nessuno si<br />
sarebbe dovuto attendere ricadute rivoluzionarie nel breve periodo. Oltre ad<br />
essere un ricercatore, infatti, sono un medico quotidianamente a contatto con<br />
i pazienti e so che non dovremmo illudere i non addetti ai lavori con promesse<br />
che sappiamo di non poter mantenere, quantomeno in un arco temporale<br />
ragionevole. Per questo, senza volere negare l’importanza straordinaria del<br />
progetto genoma umano, la sua traslazionalità, quello cioè che percepisce il<br />
paziente, è ancora purtroppo lontano da certe predizioni divulgate con molta<br />
superfi cialità”.<br />
Ci aspettano più sorprese di quelle fi nora svelate?<br />
“Attualmente, il maggior risultato della ricerca genetica in campo pratico è<br />
l’uso di test genetici, che migliorano la diagnosi. La terapia ha sicuramente<br />
fatto progressi, ma moltissimi ne deve ancora compiere. Ci si aspettava di<br />
capire molto di più in relazione alle malattie complesse, dall’ipertensione alle<br />
malattie cardiovascolari, al diabete ecc. ma, in effetti, il progresso fatto su<br />
questo fronte è limitato. Se, da un lato, conosciamo centinaia di fattori di<br />
suscettibilità genetica, il loro peso è tanto minimo che di fatto è più importante<br />
agire sugli stili di vita. Un ottimo esempio riguarda l’invecchiamento: negli<br />
ultimi 50 anni la vita media si è allungata di circa 25 anni, senza aver toccato<br />
un gene. Senza dubbio c’è una base genetica, lo dicono i centenari della<br />
Sardegna e non solo quelli, ma dal punto di vista pratico siamo riusciti a fare<br />
molto di meglio modifi cando gli stili di vita, dal controllo della malattia alla<br />
cura dell’alimentazione, fi no a comprendere l’importanza dell’attività fi sica”.<br />
Quali ricadute potranno avere gli sviluppi raggiunti in ambito genetico nello<br />
studio delle malattie rare?<br />
“Un importante risultato consiste nell’avere individuato il difetto biologico<br />
alla base di molte centinaia di queste malattie, con due conseguenze<br />
fondamentali: da un lato il miglioramento delle capacità diagnostiche o<br />
delle possibilità di confermare un sospetto diagnostico; una volta compreso<br />
il meccanismo biologico della malattia, è diventato inoltre possibile in<br />
numerosi casi avviare una terapia e un trattamento più appropriato. In alcune<br />
malattie questo progresso è stato rivoluzionario: una<br />
volta individuato il difetto della malattia metabolica<br />
si è sintetizzata in laboratorio la proteina defi citaria<br />
che è stata poi somministrata. In altri casi, l’impiego di<br />
molecole già sviluppate per altre fi nalità ha permesso di<br />
interferire con le alterazioni metaboliche della malattia;<br />
senza considerare i numerosi vantaggi del progresso delle<br />
conoscenze genetiche nell’ambito della prevenzione”.<br />
Parliamo di terapia genica. Quali benefi ci possiamo<br />
attendere in un futuro prossimo?<br />
“Qualcosa è cambiato da quando si è capito che era<br />
possibile correggere meglio il difetto utilizzando le cellule<br />
staminali. La vera rivoluzione si avrà tuttavia solo quando<br />
si riuscirà a utilizzare la terapia genica nel trattamento<br />
di malattie di grande impatto sociale; quello che tutti<br />
attendiamo, e che potrebbe veramente fare uscire la<br />
terapia genica da questa fase di trattamento di nicchia,<br />
è la cura di una malattia come la talassemia. Alcuni trial<br />
stanno partendo, uno tutto italiano, e nei prossimi due<br />
anni potrebbero segnare questa svolta. Un altro settore<br />
nel quale si attendono risultati importanti è il trattamento<br />
oncologico. Tuttavia ritengo che attualmente esistano<br />
altri protocolli dai quali le malattie rare possono trarre<br />
maggiore benefi cio rispetto alla terapia genica”.<br />
Recentemente il Comitato Nazionale per la Bioetica e il<br />
Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie<br />
e le Scienze della Vita hanno elaborato un documento<br />
sui “Test genetici di suscettibilità e la medicina<br />
personalizzata”, sostanzialmente in linea con l’approccio<br />
cautelativo della Government Accountability Offi ce (GAO)<br />
degli Stati Uniti. Qual è la sua opinione in merito?<br />
“Anche un documento di prossima pubblicazione<br />
della Società Europea di Genetica Umana si allinea<br />
su una posizione di cautela nei confronti dell’uso di<br />
questi test. Siamo preoccupati che il cittadino ignaro<br />
sia sottoposto a una serie di test inutili. Navigando in<br />
internet, per un certo verso è divertente, ma per altro<br />
verso raccapricciante, vedere quali promesse vengono<br />
fatte, con le quali si pretenderebbe di condizionare con<br />
i test del DNA i nostri stili di vita, attraverso la scelta<br />
della dieta più appropriata, o addirittura comprendere se<br />
possediamo un profi lo idoneo a diventare degli atleti. Si<br />
tratta di enfatizzazioni di possibilità che allo stato attuale<br />
le analisi del DNA non hanno: sono poche le situazioni in<br />
cui oggi la predizione può dirci qualche cosa. In questo<br />
ambito rientrano, ad esempio, le malattie cardiovascolari.<br />
Sicuramente, in tema test genetici predittivi è necessaria<br />
una regolamentazione, ma soprattutto è necessario fare<br />
una informazione corretta e capillare”.<br />
Un altro fronte riguarda la farmacogenomica. A che punto<br />
è questo fi lone di ricerca?<br />
“Rispetto alle attese i successi sono abbastanza limitati.<br />
Conosciamo oggi solo una trentina di molecole per le quali<br />
è stato accertato un discreto rapporto con il genoma in<br />
termini di risposta al farmaco e/o suscettibilità agli eventi<br />
avversi. La Food and Drug Administration degli Stati Uniti<br />
ha individuato solo quattro molecole per le quali ritiene<br />
che prima della somministrazione (si tratta per lo più di<br />
farmaci utilizzati nella terapia <strong>dei</strong> tumori) sia opportuno<br />
esaminare le caratteristiche genetiche <strong>dei</strong> soggetti<br />
candidati al trattamento, per verifi carne la capacità di<br />
rispondere e reagire al farmaco. C’è poi un altro aspetto<br />
da considerare: raramente un paziente prende un solo<br />
farmaco. Oltre a capire i problemi dell’interazione tra quel<br />
farmaco e il genoma della persona, va perciò considerata<br />
anche l’interazione tra quella molecola e le altre molecole<br />
con le quali viene a contatto. Questo richiederebbe la<br />
decodifi cazione di una complessità biologica, che oggi<br />
non è possibile”.<br />
La notizia di un nuovo sviluppo nel campo della genetica<br />
applicata, si parli di clonazione, di cellule staminali, di<br />
fecondazione assistita o, più banalmente, di previsioni<br />
sulle aspettative di vita, non manca di sollevare<br />
interrogativi e riaccendere il dibattito sul rapporto tra<br />
progresso della scienza medica e bioetica, che coinvolge<br />
il mondo scientifi co, ma anche la società. Come è<br />
possibile gestire al meglio la discussione nel rispetto<br />
delle legittime posizioni?<br />
“È attuale il dibattito intorno alla proposta di parlare di<br />
bioetica a partire dalle scuole, proposta che in generale<br />
condivido. Credo però che il problema di fondo consista<br />
nella necessità preventiva di formare il corpo <strong>dei</strong> docenti<br />
in grado di insegnare la bioetica in maniera bilanciata e<br />
intellettualmente onesta. Allo stesso modo, per informare<br />
il pubblico e aumentare la coscienza nei confronti di tutti<br />
gli aspetti e le implicazioni del progresso scientifi co,<br />
sarebbe auspicabile una onestà intellettuale che spesso<br />
manca. E ciò dipende da un lato da colpe attribuibili<br />
ai ricercatori stessi, che qualche volta enfatizzano i<br />
risultati delle loro ricerche per ragioni fi n troppo ovvie,<br />
dall’altro lato dal giornalismo scientifi co spesso non<br />
suffi cientemente preparato o, peggio, politicamente<br />
condizionato. Va considerato inoltre che la velocità con cui<br />
il progresso scientifi co avanza è di gran lunga maggiore<br />
rispetto ai tempi necessari ai legislatori nell’elaborare<br />
i testi delle leggi o ai fi losofi e ai pensatori per dare<br />
indicazioni adeguate.<br />
La stragrande maggioranza delle persone, purtroppo<br />
anche tra i medici, aggiorna la propria cultura scientifi ca<br />
direttamente dai giornali, che raramente sono obiettivi.<br />
Questo rafforza il ruolo che l’informazione e la carta<br />
stampata rivestono nella formazione di una coscienza<br />
informata e consapevole sui temi del progresso scientifi co<br />
e della bioetica”.<br />
NOTIZIE FSM<br />
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