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gotha <strong>interview</strong><br />
di Katia Rossi<br />
Tra calcio e beneficenza<br />
Il portiere dell’Inter e della Nazionale Italiana, Francesco Toldo, ha lasciato il mondo del calcio,<br />
dopo aver vinto una serie memorabile di trofei per dedicarsi ai bambini poveri e portar loro i valori<br />
del gioco del calcio. Toldo è tornato a Padova, sua città natale, per ricevere il premio<br />
“Un fiore all’Occhiello” per il sostegno concreto di questo importante progetto benefico: Inter Campus.<br />
Francesco Toldo con la sua famiglia<br />
ZUSHI SAMBA<br />
SHIBUYA ROLLS<br />
SALMON ROLL<br />
TEMPURA MIX<br />
10<br />
Francesco Toldo<br />
riceve la targa<br />
“Un fiore all’Occhiello”<br />
Cosa ti ha portato a seguire il progetto Inter<br />
Campus?<br />
Conclusa la mia carriera calcistica dopo<br />
vent’anni di successi volevo comunque rimettermi<br />
in gioco. Mi hanno proposto di seguire il<br />
progetto Inter Campus che mi è subito piaciuto<br />
perché utilizza l’attività del calcio come strumento<br />
educativo per restituire a 10.000 bambini<br />
bisognosi tra gli 8 e i 14 anni il diritto al gioco.<br />
E’ un’esperienza ricchissima di storie di vita, maturata<br />
in anni di lavoro portato avanti a volte in<br />
condizioni quasi proibitive, con molta determinazione<br />
e coraggio. Faccio parte di un gruppo<br />
di lavoro che con passione coordina e aggiorna<br />
l’insegnamento del calcio, ma anche di progetti<br />
educativi e ricreativi in diciassette nazioni, recuperando<br />
bambini di realtà diverse per esempio<br />
dal Brasile, dalla Cina o dal Camerun. Cerchiamo<br />
di agire dove la guerra ha portato distruzione,<br />
ma dove esiste ancora un futuro, e il futuro sono<br />
proprio i bambini.<br />
Cosa ti manca del mondo del calcio?<br />
A trentanove anni, dopo aver vestito per otto<br />
anni la maglia della Fiorentina, per nove quella<br />
nerazzurra dell’Inter e per nove anni anche<br />
quella della Nazionale Italiana di calcio, ho deciso<br />
di appendere i guanti al chiodo e ritirarmi<br />
dall’attività agonistica. Sono talmente felice della<br />
mia carriera calcistica, dei miei successi, dei trofei,<br />
delle coppe e degli scudetti vinti che penso<br />
di essere arrivato ad una perfetta conclusione<br />
del mio lavoro nel mondo del calcio. Ora intendo<br />
prepararmi per crescere professionalmente<br />
all’interno delle file dirigenziali dell’Inter FC.<br />
Che rapporto hai con il Veneto?<br />
Sono nato a Padova ma sono rimasto solo fino<br />
a 16 anni. Poi sono stato assorbito dal vortice<br />
delle partite, delle trasferte, dei mille allenamenti<br />
che non mi facevano mai tornare a casa. Ho sofferto<br />
molto la lontananza anche perché sono<br />
molto legato al Veneto. Ho adorato la mia prima<br />
squadra l’Usma di Caselle di Selvazzano, tanto<br />
che quando ho dato l’addio ai tifosi allo stadio<br />
Meazza, prima di Inter-Fiorentina ho invitato<br />
tutta la società, loro mi hanno salutato con un<br />
applauso infinito.<br />
E dopo una carriera ai vertici ora cosa desideri?<br />
Ora voglio dedicarmi alla mia famiglia: a mia moglie<br />
Manuela ed ai miei due figli Alessandro di<br />
dieci anni e Andrea di sei. Sperando nell’arrivo di<br />
una dolce figlia femmina...<br />
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