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Intervento Avv. Luca Pastrolli - Gruppo ITAS

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funzione (si potrebbe dire) rieducativa della pena, laddove si<br />

incentiva l’adozione di canoni di legalità per la «ridefinizione<br />

dell’assetto organizzativo», che consentano, in radice, il<br />

superamento del rischio-reato, nonché alla predisposizione<br />

di norme di coordinamento che demandano l’integrazione al<br />

dettato del codice di procedura penale, «con l’obiettivo<br />

evidente di saldare due espressioni della giurisdizione<br />

penale ordinaria, le cui uniche differenze dovrebbero<br />

derivare dalla peculiare realtà dell’ente-imputato»18 (artt.<br />

34 e 35 del decreto).<br />

Questi sono i punti cardine su cui si basa la responsabilità<br />

delle persone giuridiche per illeciti amministrativi dipendenti<br />

da reato.<br />

Infine (o, come si sarebbe tentati di dire, dulcis in fundo),<br />

particolare attenzione merita la circostanza che tutta la<br />

disciplina del decreto si sviluppi sotto l’egida di quelli che<br />

sono i principi generali inderogabili accordati alla materia<br />

penale, il principio di legalità e di successione di leggi nel<br />

tempo, riaffermati dagli articoli 2 e 3 del d. legisl. 231/2001.<br />

Non pare dunque seriamente escludibile, anche a voler<br />

evocare le numerose, e per il vero ampie, discrasie dal<br />

modello penale ordinario, che la responsabilità a cui ci si<br />

trova davanti sia di carattere penale a tutti gli effetti. La<br />

stessa Relazione al decreto afferma la sua natura di tertium<br />

genus solo dopo aver premesso che «non si sarebbero<br />

incontrate insuperabili contraddizioni alla creazione di un<br />

sistema di vera e propria responsabilità penale degli enti». Il<br />

18G. PAOLOZZI, Promiscuità pericolose, in Vademecum, cit., p. 8.

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