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È presente anche in IP, p. 16 e in CL, p. 150<br />
Io credo in un credo mio speciale.<br />
Non so cos’è non so cosa vale.<br />
METRO: due decasillabi non canonici rimati.<br />
Ripetizione equivoca di parole identiche foneticamente ma diverse nella funzione<br />
grammaticale al v. 1 («credo… credo»), iteratio enfatica al v. 2 («Non so cos’è non so cosa vale»).<br />
La lirica, brevissima, richiama, sia per il suo valore programmatico che per l’uso iterato<br />
della negazione non, gli ultimi versi di una famosissima lirica montaliana: Non chiederci la parola<br />
(Ossi di seppia), 9-12: «Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, / sì qualche storta<br />
sillaba e secca come un ramo. / Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non<br />
vogliamo». Il lascito di C. (credere in qualcosa pur non sapendo cosa) può apparire debole e<br />
insignificante (neppure il poeta stesso ne conosce il valore), eppure ha tutto il valore di una «fede<br />
[…] combattuta», per dirla con il Montale di Piccolo testamento, una fede che resiste nonostante<br />
tutto. Della lirica è stata fatta una traduzione presente in C’est encore loin la mer, dalla pittura di<br />
Anne Le Sage, testi di A. C., traduzioni a cura dell’Istituto francese di Firenze, Istituto francese di<br />
Firenze-Consolato Onorario di Francia, Firenze [s.d., ma 2003] che riporto: «Je crois en un credo à<br />
moi bien spécial / Je ne sais ce que c’est je ne sais ce que ça vaut». Fa parte della sezione Colme di<br />
paura gonfie di futuro.