<strong>Campo</strong> de’ fiori Come eravamo di Alessandro Soli Anno scolastico 1958-1959 scuola media II C. prima fila in piedi da sx: Emanuela Fantera, A.Rita Eroli, Gabriella Berardi, Mauro Cipriani, Enzo Pegoraro, Prof.Luigi Paolelli (disegno), Prof.ssa Elena D’Angiolini (lettere), Sergio Angeletti, Silvano D’Ascanio, Ermanno Nelli, Maria Mancini, Gabriella Fantera. seconda fila in ginocchio da sx: Pifferi, Alessandro Soli, Franco Masciangelo, Mario Russo, Biagio Caccialupi, Rolando Polidori, Fabrizio Fontana, Sergio Conti. terza fila seduti da sx : Mario Ginevoli, Sergio Bertolini, Michele Abbate. Quale migliore occasione per fissare i ricordi di una “infanzia Civitonica”, che per me, ormai ultra cinquantenne,rappresentano qualcosa di molto importante, infatti essi entrano a far parte di quel bagaglio, che la tradizione e la cultura popolare riescono a malapena a conservare. Allora non perdiamolo, questo bagaglio, e se qualcuno l’ha smarrito, spero di dargli la sensazione e la gioia di averlo ritrovato. Permettiamoci perciò questi “Flash back”(Lampi di cose vissute), che tanto bene fanno alla mente e allo spirito. Dividerò questo “lavoro”, in varie sezioni, iniziando dalla scuola, per continuare con i giochi, e via via tutte le tradizioni civitoniche, degne di essere conservate e (perché no?), fatte conoscere alle nuove generazioni. Pag.16 LA SCUOLA I banchi in legno, con il foro centrale per il calamaio in vetro, che la bidella riempiva ogni mattina di inchiostro, dove il “pennino”, (favoloso quello fatto a torre), diventava una lancia bluastra che trafiggeva il foglio del quaderno con la copertina nera e i bordi rossi. Il cancellino della lavagna, che veniva lanciato in classe (quando era possibile),sulle spalle del compagno di banco che all’improvviso si trasformava in “apprendista mugnaio”, malgrado il sinaletto nero. L’ora di ricreazione, con il formaggino “Ferrero”, quello triangolare al cioccolato e nocciole tritate, oppure il più classico “pane burro e marmellata”. I primi anni delle elementari, con intere pagine di quaderno, riempite a noia e fatica, di lettere A,B,C, e numeri 1,2,3. Eravamo sempre muniti di penna e calamaio, con l’immancabile”carta assorbente”, che ci salvava da macchie e “sbrodolamenti” vari. Poi, di colpo, la rivoluzione nella scrittura: la penna “Biro” (dal nome del suo inventore), ovvero la penna a sfera. Non riuscivamo a capire perché l’inchiostro non si “seccava” in quella cannuccia di plastica , e perché quella piccola sfera non scappava mai via. Quante volte l’abbiamo tolta, afferrandola magari con le pinze, macchiandoci le mani d’inchiostro così denso, che neanche il sapone fatto in casa dalla nonna, con grasso e cenere,riusciva a cancellare. I corridoi della scuola, con i manifesti dei Funghi Velenosi e Commestibili, ma noi eravamo affascinati da quelli che raffiguravano i pericoli che si potevano incontrare in campagna. Essi evidenziavano i vari residuati bellici, come bombe, mine antiuomo e anticarro, ancora inesplose, con il monito di non toccarle, scritti in stampatello e a caratteri cubitali. L’interno della classe, austero e spartano, con la cattedra e i banchi in legno, la lavagna un po’ distanziata dal muro, quel tanto che bastava ad accogliere il “discolo di turno”, e le pareti, tappezzate di cartine geografiche ormai logore, ma pur sempre affascinanti. Guardando quelle dei continenti extraeuropei, la nostra fantasia navigava verso terre lontane e sconosciute. Di colpo ci sentivamo “Tigrotti del fiume Treia”, agli ordini di Sandokan, nella “Foresta del Quartaccio”. Il suono della campanella, che ci riportava alla realtà, con la promessa di “darsele di santa ragione” all’uscita della scuola, quando le “borzate” non volavano più, e rimaneva il rammarico per battaglie mai fatte. I profumi della scuola, tipico e inconfondibile quello della grafite,che emanava la matita appena temperata, la cui punta si spezzava a ripetizione. Questa operazione veniva fatta con il temperino classico a volte sostituito dalla “Gillette”usata di papà, che ci dava la sensazione di essere più grandi. C’era poi il profumo della “gomma dura”, che cancellava i nostri errori, ma spesso bucava i quaderni, incontrando la resistenza dell’inchiostro. Ci sarebbero non mille, ma milioni di ricordi legati alla scuola, ma il più affascinante resta quello che ci riporta al primo giorno di scuola, quando con il grembiule stirato, mostrando con orgoglio l’asta di stoffa cucita sul braccio destro (marchio in numero romano che ci catalogava in prima elementare), armati di borsa in pelle e cestino per la colazione, entravamo a far parte di quel mondo che una vita intera non sarà sufficiente a scoprire veramente. .... continua sul prossimo numero E’ proprio il caso di dire: prendi carta, penna e calamaio (1952)
<strong>Campo</strong> de’ fiori Cari amici Noel sta crescendo e la sua storia si arricchisce di nuove avventure. Vi consigliamo di conservare tutti gli inserti. Buona lettura dai vostri Cecilia e Federico continua..... XVI