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Trilogia dell’inesistente<br />
tra sarcasmo e poesia<br />
Da Rimini arriva il duo dei Quotidiana.com<br />
per smascherare quell’ipocrisia del dolore<br />
Un teatro aggressivo e provocatorio<br />
quello dei Quotidiana.com<br />
che portano<br />
a Modena il nuovo lavoro<br />
Soffro ma non sembra (al<br />
Teatro delle Passioni 3 e 4<br />
dicembre ore 21). Il giovane<br />
duo riminese, formatosi nel<br />
2003 e composto da Paola<br />
Vannoni e Roberto Scappin<br />
un<strong>it</strong>i sul palco come nella<br />
v<strong>it</strong>a, presenta il secondo<br />
cap<strong>it</strong>olo di una ambiziosa<br />
Trilogia dell’inesistente, di<br />
cui il primo Tragedia tutta<br />
esteriore è stato presentato<br />
nel 2009, mentre il terzo ed ultimo Grattati e vinci è ancora<br />
in fase di creazione. Soffro ma non sembra affronta con<br />
un urlo silenzioso il delicato tema del dolore ricorrendo al<br />
registro del sarcasmo e alla sensibil<strong>it</strong>à poetica. I due attori<br />
riducono la scena a poco più di niente, azzerano gli effetti<br />
sonori e fanno della rec<strong>it</strong>azione una sensibile parvenza. Lo<br />
spettacolo fa poco rumore ma riesce a urlare di tutto. Un<br />
uomo e una donna, su due scarni inginocchiatoi, “sfidano l’alto<br />
dei cieli dal basso della più vivida inerme condizione umana”<br />
semplicemente parlando e interrogandosi“i due avanzano<br />
temerari in un labirinto di questioni aperte, di domande<br />
irrisolte davanti a cui si ferma la voce, ma proprio quando<br />
la caduta sembra fatale deflagra in un vuoto sapientemente<br />
dilatato la comic<strong>it</strong>à intelligente dei Quotidiana.<br />
Su la maschera… è questione di v<strong>it</strong>a e di morte<br />
V<strong>it</strong>torio Franceschi dà voce<br />
e corpo a cinque personaggi<br />
per farci riflettere sulla fine<br />
I mille volti dell’uman<strong>it</strong>à, le tante maschere<br />
di un’esistenza affrontate A corpo<br />
morto. V<strong>it</strong>torio Franceschi, attore,<br />
regista e drammaturgo, crea ed interpreta<br />
per il Teatro Stabile di Genova uno<br />
spettacolo di cui è l’unico interprete di<br />
cinque diversi personaggi. Indossando e<br />
scambiando maschere in tessuto particolarissime,<br />
create per l’occasione dallo<br />
svizzero Werner Strub (già collaboratore<br />
di Benno Besson, Jean-Louis Barrault e<br />
Giorgio Strehler, formatosi nella bottega<br />
padovana di Sartori), Franceschi presenta<br />
al Teatro delle Passioni (dal 23 al 27<br />
novembre ore 21) cinque monologhi. A<br />
corpo morto, diretto da Marco Sciaccaluga,<br />
dà v<strong>it</strong>a a cinque riflessioni sull’esistenza<br />
umana che finiscono col congiungersi in un<br />
comune sentiero portando sul palcoscenico<br />
uno spettacolo che parla con leggerezza e<br />
con affettuosa partecipazione del dolore<br />
universale di fronte alla morte, ma testimonia<br />
anche tutta la gioia della v<strong>it</strong>a. Lo schema<br />
scelto da Franceschi è quello classico: un<br />
prologo precede i monologhi segu<strong>it</strong>i poi da<br />
un epilogo. Si tratta di un pezzo di teatro su<br />
tema serio ma non serioso, lieto e grottesco<br />
al contempo. Un ragazzo si rivolge alla<br />
compagna sempre amata in silenzio, una<br />
moglie al mar<strong>it</strong>o con cui ha vissuto tutta la<br />
v<strong>it</strong>a, un padre al figlio, una figlia alla madre<br />
e un barbone a un compagno di strada:<br />
le maschere di Franceschi dialogano con<br />
altrettanti personaggi defunti. L’idea di ricorrere<br />
ad un unico interprete nasce per<br />
il regista da un rischio: “La presenza dei<br />
monologhi – spiega Sciaccaluga - avrebbe<br />
di per sé creato una competizione tra gli<br />
interpreti, verso il più bravo della serata.<br />
Guai a dar v<strong>it</strong>a a un saranno famosi su un<br />
tema così sacro». Le maschere, inoltre,<br />
sono da sempre presenti nella v<strong>it</strong>a personale<br />
ed artistica di V<strong>it</strong>torio Franceschi,<br />
soprattutto negli spettacoli di Besson<br />
(Edipo e Augellin bel verde). A vent’anni<br />
da quelle esperienze, confessa “Quando<br />
metto la maschera sono costretto a calcolare<br />
la gestual<strong>it</strong>à più precisamente, a<br />
far vibrare corde che normalmente non<br />
uso. Fosse per me ci lavorerei sempre<br />
perché quello che più mi importa è creare<br />
poesia e emozione”.<br />
teatro